Raccagni: il 2024 da correre sotto lo sguardo di Lefevere

05.03.2024
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Il rumore di sottofondo dell’aeroporto di Charleroi fa da cornice alla nostra intervista con Andrea Raccagni Noviero (foto Instagram in apertura). La stagione 2024 si è aperta anche per il devo team della Soudal-Quick Step e il giovane italiano ha raccolto due podi importanti. Il secondo al Tour des 100 Communes, corsa francese di categoria 1.2. 

«Nell’ultimo fine settimana – racconta – ho assaggiato più volte la terra belga, nel vero senso della parola, visto che sono caduto nelle canaline a bordo strada. Ho solo qualche botta, nulla di che, tant’è che ora dal Belgio andrò direttamente in Croazia. Correrò l’Istrian Spring Trophy. Raggiungiamo il resto della squadra a Treviso e poi in pullman arriveremo in Croazia».

Prime gare

Tre corse e due podi, un risultato niente male per un corridore che inizia il suo secondo anno da under 23. Un risultato di prestigio è quello raggiunto al Tour des 100 Communes, dove la concorrenza era alta. 

«In realtà non si scherzava nemmeno alla Brussel-Opwijk – spiega Raccagni – era una corsa nazionale, ma erano presenti tutti i devo team delle formazioni WorldTour. La gara è sempre stata molto tirata e non è stato facile tenere il controllo, ad un certo punto in fuga c’erano sei corridori della Lotto Dstny Development. Siamo riusciti a rientrare io e un mio compagno, ma con fatica e nella volata del gruppetto sono arrivato terzo.

«Al Tour des 100 Communes – prosegue – la corsa era ai limiti per freddo e pioggia. C’erano 5 gradi, ha piovuto tutto il tempo e la distanza era impegnativa, ben 183 chilometri. A 80 chilometri dall’arrivo il gruppo si è selezionato e siamo rimasti in pochi davanti. Anche in quel caso mi sono buttato nella volata, arrivando ancora terzo».

In inverno tante ore in più di allenamento per Raccagni (foto Instagram)
In inverno tante ore in più di allenamento per Raccagni (foto Instagram)

Inverno solido

Durante il periodo di preparazione i profili social di Raccagni Noviero erano pieni di foto e video che lo ritraevano con la divisa estiva. Il corridore ligure ha preferito allenarsi al caldo, inserendo un diverso tipo di preparazione.

«Ho fatto due mesi e mezzo fuori casa – dice – volevo essere pronto al 100 per cento e partire forte. Anche da U23 secondo anno è importante arrivare alle corse preparato e brillante. Stare lontano da casa mi ha aiutato a trovare bel tempo e non avere intoppi con il lavoro. Tra novembre, dicembre e gennaio ho fatto il 20 per cento in più delle ore che ho messo insieme lo scorso anno. Però ho mantenuto molto bassa l’intensità, praticamente fino al ritiro di febbraio con la squadra. Volevo arrivare alle prime gare il più fresco possibile perché questo è un anno molto importante per me e la mia crescita».

L’obiettivo dl 2024 è cercare di fare più risultati possibili, il momento della maturazione è arrivato (foto Instagram)
L’obiettivo dl 2024 è cercare di fare più risultati possibili (foto Instagram)

Uno step in più

Nel sentir parlare Raccagni si ha la sensazione che il cammino di crescita lo abbia fisso in testa. La Soudal-Quick Step Devo Team crede in lui e lo dimostrano i passi in avanti fatti insieme. 

«Nel programma – racconta con lucidità – abbiamo aggiunto molte gare. Nel 2023 ho fatto solo 30 giorni di corsa, davvero pochi. Quest’anno saranno 25 solamente fino a inizio maggio, un bel passo in avanti. La squadra crede in me, alla fine fa strano dirlo ma sono uno dei più “vecchi” perché abbiamo tanti ragazzi di primo anno. Nel 2024 il team vuole testarmi nelle massime gare di livello per la categoria, quindi anche corse 1.2.

«Il salto in avanti c’è stato – prosegue – sia mio che del team. In queste prime corse l’obiettivo è cercare il risultato, nella passata stagione non era così. Quando arrivavo a 30 chilometri dall’arrivo con le gambe finite sapevo di avere un compagno pronto a entrare in gioco. Nel 2024 sono io che devo entrare in azione nei finali e farmi trovare pronto. Ora ho corso molto all’attacco e va bene, è utile anche per costruire il ritmo gara. Ma da qui in avanti servirà centellinare le energie e saper risparmiare, per provare a vincere qualche gara».

Nel 2023 solamente 30 giorni di gara per lui, nel 2024 aumenteranno sensibilmente (foto DirectVelo)
Nel 2023 solamente 30 giorni di gara per lui, nel 2024 aumenteranno sensibilmente (foto DirectVelo)

Fiducia e Lefevere

Al primo anno nella Soudal-Quick Step Devo Team tutto era nuovo e da scoprire. Ogni corsa portava una novità e il modo di gareggiare poteva creare qualche difficoltà. Un anno dopo, però, la consapevolezza di come si corre a certe latitudini è maggiore e questo aiuta. 

«Ho avuto la sensazione – ammette Raccagni Noviero – che le corse si decidano ancora prima rispetto al 2023. Nella prima gara la fuga giusta è andata via a 150 chilometri dall’arrivo, mentre sabato scorso a 80. Conosco le strade, il modo di correre, le insidie e questo mi aiuta a non rimanere sorpreso. In Belgio si deve correre sempre davanti, non ci sono scuse, perché l’azione decisiva può arrivare in qualsiasi momento».

«Un’altra novità rispetto al 2023 – conclude – è il maggior coinvolgimento con il team WorldTour. Abbiamo i magazzini vicini e capita spesso che gli staff si mischino. Preparatori e diesse del team WorldTour hanno accesso ai nostri dati su Training Peaks, anche Patrick Lefevere è più coinvolto. Passa a salutarci, a parlare, ci chiama dopo le gare e ci incoraggia molto. Ha una personalità molto forte, quando parla si capisce che è un grande capo. Ha molto interesse in noi, quando corriamo la domenica lui non c’è, ma lunedì ha già tutte le informazioni e ci chiama per farci i complimenti o per incoraggiarci. Domenica (3 marzo, ndr) ci ha chiamati dopo la corsa per dirci che gli era piaciuta la tattica di squadra, questo rapporto è molto importante per noi corridori».

Favero alla Soudal, una scelta per crescere a 360°

25.11.2023
5 min
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Due giorni per conoscersi. Per assaggiare che cosa significa far parte di una grande famiglia ciclistica, una di quelle che sono considerate il vero riferimento delle due ruote. Per approdare alle porte del “Wolfpack”, da vero cucciolotto che ambisce a essere “uno del branco”. Renato Favero (in apertura nella foto Scanferla) ha iniziato la sua avventura alla Soudal QuickStep, nel cui team Development correrà il prossimo anno, attraverso un primo incontro in Belgio, per conoscere compagni e staff e ha subito avuto il polso di quel che lo aspetta.

Nel suo racconto traspare un mix di emozioni proveniente da una scelta coraggiosa e difficile, per un ragazzo alle soglie della maggiore età: «La cosa che più mi ha colpito è la professionalità del team, sin da quando il diesse mi è venuto a prendere all’aeroporto di Charleroi. Parlava un po’ d’italiano, così mi ha messo a mio agio per tutto il viaggio verso l’hotel».

Foto di gruppo per i partecipanti al primo raduno in Belgio, riservato al Team Devo (foto organizzatori)
Foto di gruppo per i partecipanti al primo raduno in Belgio, riservato al Team Devo (foto organizzatori)
Il primo incontro in che cosa è consistito?

Innanzitutto in un primo incontro con tutto lo staff, c’erano anche i vertici del team, ho avuto la possibilità di conoscere Lefevere e Bramati. Abbiamo fatto tutte le operazioni legate alla bici Specialized che mi è stata data in consegna per gli allenamenti, poi alla sera c’è stata la cena ufficiale con tutti i compagni e i dirigenti. Io in hotel ero in camera con Raccagni Noviero che ha iniziato a spiegarmi tutti i segreti del team. La squadra è formata da 15 elementi, una vera multinazionale, quindi è importante anche potersi esprimere con tutti, dovrò migliorare la mia padronanza delle lingue…

Tu avevi una Pinarello prima, dovrai apportare delle modifiche sulla nuova bici in base alle tue misure?

No, abbiamo fatto tutto lì in Belgio, hanno regolato tutte le misure necessarie, infatti c’è voluto un po’ di tempo per effettuare tutti i passaggi, ma ora non vedo l’ora di provarla e pian piano abituarmi alla mia nuova bici.

In azzurro ai mondiali 2022. Le sue doti a cronometro sono un suo segno distintivo
In azzurro ai mondiali 2022. Le sue doti a cronometro sono un suo segno distintivo
Che cosa ti ha portato a scegliere la Soudal?

Non c’è voluto molto per convincermi, stiamo parlando di un autentico riferimento del ciclismo di vertice, il team che ha vinto tutto nelle classiche e che ha un leader assoluto come Evenepoel nelle sue file. Entrare in un Devo team come questo significa essere trattato alla stregua di un professionista. Avere la possibilità, se riuscirò a crescere abbastanza come prestazioni, di correre anche nella prima squadra al fianco dei migliori, di gente già esperta e quindi imparare ancora di più.

Hai preso in considerazione la possibilità di fare una scelta italiana?

Sinceramente, sentivo il bisogno di uscire dalla mia “comfort zone”, fare un passo difficile, mettermi alla prova anche dal punto di vista esistenziale, umano. E’ una grande scommessa, anche se ho notato che, tra staff e compagni, ci sono molte persone che parlano italiano e questo, non avendo ancora dimestichezza con l’inglese, mi ha messo a mio agio.

Su pista, Favero ha portato il quartetto al record e titolo mondiale. Una passione che vuole mantenere viva
Su pista ha portato il quartetto al record e titolo mondiale. Una passione che vuole mantenere viva
Al momento della notizia del tuo ingaggio, molti addetti ai lavori hanno sollevato alcune perplessità conoscendo la tua propensione per la pista, le tue grandi prospettive. Che cosa dicono nel team, avrai libertà di movimento in tal senso?

Non ne abbiamo ancora parlato, lo faremo al primo ritiro quando ognuno di noi avrà a disposizione una bozza di calendario. Magari se ne parlerà a fine mese quando dovrò svolgere dei test in Belgio. Chiaramente sanno dei miei risultati, ma si valuterà in base agli impegni e alle chiamate da parte del cittì Villa. Io vorrei assolutamente continuare, ma è naturale che la strada sia il primo obiettivo perché la carriera si costruisce innanzitutto lì. Spero che si riesca a trovare il giusto compromesso, considerando anche le prove a cronometro alle quali tengo molto.

Quando è nato il contatto con la squadra?

Sono venuti a cercarmi dopo le mie prestazioni all’Eroica juniores, con la vittoria nella cronosquadre inaugurale e il secondo posto nella semitappa successiva. Le loro parole mi hanno subito convinto, era la scelta giusta da fare. Tutto ciò mi ha fatto anche riflettere: sono convinto che per un corridore italiano partecipare alle gare della Nations Cup sia un’esperienza fondamentale, soprattutto se si corre all’estero perché è un modo completamente diverso di gareggiare, intanto perché si affrontano soprattutto gare a tappe alle quali gli stranieri sono più abituati, poi perché sono una vetrina privilegiata presso i team di maggior rilievo.

La vittoria di Kral nella seconda semitappa all’Eroica battendo Favero. Per l’azzurro è iniziato tutto lì (foto Fruzzetti)
La vittoria di Kral nella seconda semitappa all’Eroica battendo Favero. Per l’azzurro è iniziato tutto lì (foto Fruzzetti)
Che cosa ti aspetti da questa prima presa di contatto con un mondo completamente nuovo?

Io vorrei crescere a 360°, fisicamente, mentalmente, anche dal punto di vista tattico. So che per me cambia tutto, anche se apparentemente non è così visto che continuerò ad allenarmi a casa. D’altronde ho gli esami a fine anno scolastico e nel team tengono molto che nel mio primo anno lo studio sia preminente, infatti già so che la prima parte della stagione sarà più tranquilla. Come è giusto che sia.

Raccagni Noviero ha un obiettivo: il professionismo nel 2025

26.09.2023
5 min
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Con l’arrivo dell’autunno la stagione volge al termine, si fanno i primi conti e si pensa già all’anno che verrà. Andrea Raccagni Noviero (foto Instagram in apertura) in questi giorni si sta rilassando insieme a qualche amico. Una piccola pausa prima di immergersi nelle ultime gare del calendario. 

«Oggi (ieri, ndr) sono andato con qualche amico a raccogliere funghi – racconta mentre torna a casa in macchina – ma non è andata come aspettato. La stagione dovrebbe essere buona, ma non abbiamo trovato molto. Eravamo in quattro amici, quindi anche tanti, ma la spedizione è stata negativa».

Andrea Raccagni Noviero ha continuato il processo di crescita iniziato nei primi mesi del 2023
Andrea Raccagni Noviero ha continuato il processo di crescita iniziato nei primi mesi del 2023
La stagione con il Devo Team della Soudal-Quick Step, invece?

A inizio anno ero già sorpreso di quanto fatto, ne avevamo parlato. Direi che lo stupore per le mie prestazioni è rimasto, anche se non ho fatto una stagione “lineare”. 

In che senso?

Non ho avuto una grande continuità nelle corse, complice anche un periodo in cui sono stato fermo a causa di un leggero malanno. Ho fatto una settimana intera senza bici proprio a ridosso della Parigi-Roubaix U23. Ho alternato periodi più o meno lunghi di corsa a periodi a casa, dove mi sono allenato seriamente.

Mancavano gare in calendario o è stata una scelta di squadra?

Entrambe le cose. In Belgio è un po’ diverso, non è detto che ogni fine settimana ci sia una gara. Capitano periodi in cui si sta fermi. In altri casi, invece, la squadra non ha corso, nel periodo del Giro Next Gen non c’è stata la doppia attività. 

Per Raccagni Noviero meno lavori di forza e tanto fondo, anche durante la stagione (foto Instagram)
Per Raccagni Noviero meno lavori di forza e tanto fondo, anche durante la stagione (foto Instagram)
Come ti sei trovato con questo metodo?

In realtà bene, perché sono uno che ama allenarsi a casa. Anzi, mettere insieme tante ore di allenamento mi piace. E’ un metodo che funziona, alle gare arrivo pronto e riposato mentalmente, sono più “affamato”. Alla prima uscita magari manca un po’ il ritmo corsa, ma lo riesco ad allenare bene con il dietro moto e con la prima gara che disputo. Ho notato tanti miglioramenti.

Quali?

Il primo è legato ai numeri. Nei periodi prima dei blocchi di gare, che quest’anno sono stati tre, ho battuto per tre volte i miei record di potenza. Non facevo i miei migliori numeri in gara, ma prima. Questo vuol dire che il metodo di lavoro funziona e anche bene.

Non ti è mancata la continuità di corsa?

Direi di no. Correre è uno stress, soprattutto per la mente, una volta finite le gare devi recuperare. Se ti alleni, invece, arrivi fresco e pronto, sia fisicamente che mentalmente, hai proprio voglia di dimostrare. Considerando che in allenamento magari carichi tanto, anche con delle triplette, ma prima di correre recuperi.

Tanti podi, alcuni arrivati per “colpa” di compagni meglio piazzati in fuga, ma la condizione si è fatta vedere (foto Instagram)
Tanti podi, alcuni arrivati per “colpa” di compagni meglio piazzati in fuga, ma la condizione si è fatta vedere (foto Instagram)
Qualcosa ti è mancato però, il guizzo per vincere…

Ho fatto sei podi, questo vuol dire che sono andato bene ma effettivamente non ero mai al meglio per vincere. In alcuni casi avevo un compagno davanti, quindi a causa della dinamica della corsa mi trovavo bloccato. In altre situazioni, invece, perdevo allo sprint. Non è un aspetto che ho curato tanto in questa stagione, non ho avuto un grande focus sulla palestra. L’anno scorso (ultimo anno da junior, ndr) i miei valori in volata erano migliori. Ma è una strategia della squadra.

Spiegaci…

Ne avevo già parlato con il preparatore a inizio anno. L’obiettivo era arrivare a fine gara con un picco di forza ancora elevato. Per fare un esempio: se in allenamento ho come picco 1.400 watt, l’obiettivo a fine gara è farne 1.350. Non ha senso fare picchi di 1.600 watt in allenamento e arrivare allo sprint in gara spento. 

Hai alzato il livello generale quindi?

Sì, ho fatto uno step indietro nello sprint, ma ne ho fatti cinque in avanti in altri campi. 

Su cosa hai lavorato in particolare?

Tantissimo nella resistenza. Gran parte delle mie ore di allenamento sono in Z2 alta in inverno e Z2 media in estate. Questo a causa delle alte temperature. 

Quando dici tante ore cosa intendi?

Che quando sono in periodo di gare faccio: corsa, recupero e corsa, con meno ore di allenamento, tra le 15 e le 18. A casa, in preparazione metto insieme 25-30 ore in bici. Con tanta Z2 e qualche lavoro specifico.

Per il 2024 l’obiettivo quale sarà?

Non ho ancora parlato con la squadra, posso però dirvi i miei. La volontà principale è quella di fare un calendario più importante, non che abbia fatto corse minori ma vorrei fare di più: le Classiche del Nord di categoria e il Giro Next Gen, ad esempio. E poi vorrei che il 2024 sia il mio ultimo anno da U23

La crescita passerà anche dagli impegni con la nazionale, uno degli obiettivi del 2024 (foto Instagram)
La crescita passerà anche dagli impegni con la nazionale, uno degli obiettivi del 2024 (foto Instagram)
Come mai?

Perché con la squadra ho due anni di contratto e mi piacerebbe passare con i professionisti alla fine della prossima stagione. Alla fine del 2022 l’obiettivo era fare tre anni da under 23, ora ho abbassato questa asticella. Mi sono accorto, nelle corse di fine stagione, che vado forte anche tra i pro’. Ho fatto qualche gara in Belgio e mi sono comportato bene. Chiaramente mi piacerebbe passare ma con le dovute precauzioni e nei modi corretti, senza assilli. Pensiamo prima a fare un buon finale di stagione: ho ancora tre gare da disputare. Poi penseremo al 2024.

Raccagni: i due podi e il racconto dei primi mesi in Belgio

22.03.2023
7 min
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Uno dei nostri italiani all’estero ha iniziato la stagione con il piglio giusto: si tratta di Andrea Raccagni Noviero (in apertura a destra). Con la maglia della Soudal Quick Step Devo Team ha già trovato due volte la via del podio. Due bei risultati che danno fiducia nel suo percorso, ancora lungo, di crescita. Insieme a Raccagni leviamo la tenda al sipario del neonato Devo Team, guardando dietro le quinte della squadra più importante del Belgio

«Le prime gare sono andate sorprendentemente bene – racconta da casa – la prima era una gara 1.2, quella di domenica una corsa del calendario nazionale. Però sono risultati inaspettati, l’anno scorso avevo già fatto un po’ di esperienza in prove del genere, ma non ero in grado di correre da protagonista. Quest’anno, invece, riesco ad essere pronto e performante, considerando che nelle corse 1.2 abbiamo trovato anche squadre professional».

Raccagni arriva da due anni fra gli juniores alla Work Service
Raccagni arriva da due anni fra gli juniores alla Work Service
Cosa è cambiato dallo scorso anno?

Gli allenamenti sono cambiati e tanto. La squadra ha un unico preparatore di riferimento ed è davvero in gamba. E’ soprattutto grazie a lui se ora dopo 150 o 170 chilometri riesco a fare buoni numeri. 

Hai lavorato tanto in inverno?

Ci siamo concentrati molto su allenamenti e recupero. A dicembre e gennaio ho messo nelle gambe tante ore, e per migliorare ancora di più sono andato in ritiro da solo in Spagna. 

Cosa è cambiato negli allenamenti?

I volumi direi, faccio tante ore rispetto all’anno scorso, sono molto più controllato. Il preparatore carica l’allenamento su Training Peaks e io me lo ritrovo sul Garmin, è tutto molto semplice. Mentre pedalo ho una linea che si muove sullo schermo e io devo rimanere nei parametri indicati.

Raccagni (a destra) dopo il podio ottenuto domenica alla Zuidkempense Pijl-Gp Wilfried Peeters, ds della Soudal (al centro)
Raccagni (a destra) dopo il podio ottenuto domenica alla Zuidkempense Pijl-Gp Wilfried Peeters, ds della Soudal (al centro)
Hai lavorato in palestra?

Sì, ho messo su un po’ di massa, però alternando varie attività. In palestra sono andato molto in inverno, fino a tre volte a settimana. Il giorno più duro durante la preparazione era il mercoledì: tre ore di bici, un’ora in palestra e la sera corsa.

Quindi anche tanta corsa a piedi? Come mai?

Riesci a fare volume, io la facevo principalmente a bassa intensità. Poche volte mi sono ritrovato a fare delle ripetute. La corsa poi ti aiuta a sviluppare anche la forza, ed è una buona alternativa alla palestra. 

Hai aumentato l’intensità in bici?

No. Quando faccio intervalli di lavoro come il VO2Max o i 30-30 non sono mai al massimo dello sforzo. Però, quando poi mi trovo in corsa e devo andare a tutta, riesco ad avere wattaggi migliori. 

E sul recupero?

Ho un orologio, ed il preparatore, tramite uno strumento, collegato a Training Peaks, monitora le ore, i battiti e la variabilità cardiaca. In questo modo riesce sempre a sapere come ho dormito e se ho recuperato nella maniera giusta. Più dormi e meglio stai, e di questo me ne accorgo anche quando salgo in bici. Per esempio: ieri sono tornato all’una di notte dal Belgio ed ho dormito solo sette ore. Se oggi dovessi fare una gara non riuscirei a performare al meglio. 

Correre al Nord è differente, la gara viene gestita in maniera più aggressiva dai corridori
Correre al Nord è differente, la gara viene gestita in maniera più aggressiva dai corridori
Come sei riuscito a migliorare il ciclo del sonno?

In Belgio si hanno ritmi di vita diversi, si cena molto presto, capita che alle 19 siamo già a tavola. Una volta finito di cenare, c’è ben poco da fare quindi si va a letto prima. Anche la notte prima delle corse riesco a dormire otto o nove ore. Complice il fatto che le gare partono sempre intorno a mezzogiorno, ed in Belgio in un’ora e mezza sei ovunque. 

Come si organizzano le corse: trasporti, bici e tutto il resto?

Per me è un po’ diverso, perché io prendo l’aereo ogni settimana da casa per andare in Belgio a correre. Di solito parto il sabato mattina e torno la domenica sera. Quando arrivo però è tutto perfetto: ho già la bici pronta per la sgambata e un pulmino che mi porta all’hotel. Gli altri ragazzi, quelli belgi, sono più autonomi.

Un trattamento da professionisti insomma…

Siamo sicuramente seguiti in maniera perfetta, però non è tutto così estremizzato. Per esempio, sul lato dell’alimentazione siamo molto liberi. Le gare che andiamo a fare non hanno tanto dislivello, per cui possiamo avere qualche chilo in più, uno o due, sia chiaro. Lo stesso preparatore ci dice che è meglio, così da non arrivare tirati alla fine ed avere più potenza da scaricare sui pedali.

Raccagni ha colto il primo podio in Olanda, alla Dorpenomloop Rucphen, sua terza gara stagionale
Raccagni ha colto il primo podio in Olanda, alla Dorpenomloop Rucphen, sua terza gara stagionale
In corsa come vi comportate?

Non abbiamo mai un capitano designato, ognuno può giocarsi le proprie occasioni. In gara dobbiamo comunicare tanto ma questo non è un problema. Domenica abbiamo attaccato tutto il giorno, non puntiamo a controllare la corsa ma a porci sempre in vantaggio, mettendo un uomo in fuga o anticipando i velocisti. Il mio compagno, Jonathan Vervenne, proprio domenica, ha vinto con una sparata negli ultimi cinque chilometri. 

I percorsi ed il modo di correre sono nuovi per te?

Come detto qualcosa avevo già provato gli anni scorsi, ma non con così tanta varietà. La difficoltà maggiore sono i ventagli, è un continuo aprire il gruppo. Molte volte i diesse, nelle riunioni prima della gara, ci dicono di spezzare il gruppo anche dopo solamente 20 chilometri. Quando si può fare la differenza è sempre bene cogliere l’occasione, ti ritrovi in vantaggio e gli altri devono inseguire. Poi rientrano sempre, perché dopo pochi chilometri le ammiraglie non fanno barrage, ma per farlo mettono nelle gambe una fatica incredibile. Una volta che ti stacchi, per qualsiasi motivo, è difficile che rientri in cinque minuti, anzi, spesso ci metti chilometri e chilometri. 

Ti è capitato di trovarti ad inseguire il gruppo?

Urca! Nelle prime cinque gare ho forato quattro volte e ne sono caduto una. Quando sei all’inseguimento del gruppo è una faticaccia. Si è sempre con la gamba in tiro, la corsa di domenica l’ho finita con 285 watt medi. La domenica precedente, dove sono arrivato terzo anche in quel caso, ho finito con 300 watt medi.

Si è piazzato alle spalle di Laurenz Rex (1°) e di Gianluca Pollefliet (2°)
Si è piazzato alle spalle di Laurenz Rex (1°) e di Gianluca Pollefliet (2°)
Cosa hai capito da queste prime esperienze?

Che correre davanti è fondamentale, perché se ti trovi dietro nel momento sbagliato sei finito. Meglio stare sempre nelle prime posizioni, prendi un po’ di vento ma è preferibile al rincorrere. In gruppo non si sta bene, non c’è la fase tranquilla di corsa, “colpa” anche dei percorsi. 

Che percorsi hai trovato?

Oltre al vento, che più vai verso l’Olanda più aumenta, tante curve e strade strette, è un continuo rilanciare. Non facciamo molto dislivello ma la fatica è sempre tanta, le corse vengono dure a seconda di come le interpreti. In gruppo non si sta mai bene, i velocisti devono avere una grande resistenza. E anche se rimangono attaccati sprecano tanti uomini per restare in gruppo o per chiudere sulle fughe. Domenica il mio compagno ha fatto un’azione incredibile negli ultimi cinque chilometri, che ha messo nel sacco tutti i velocisti. E’ partito ed è arrivato al traguardo con tre secondi di vantaggio, è rimasto sempre a quella distanza. Quegli ultimi cinque chilometri li abbiamo fatti a 52 di media e lui davanti era da solo, con cinque, massimo sette, secondi. 

In queste gare c’era anche Delle Vedove, ti sei confrontato con lui?

Sì, avendo lo stesso procuratore, siamo spesso in contatto. Proprio domenica mi raccontava di come alla Intermarché abbiano un modo di correre differente. Loro lavorano per un uomo solo, il velocista, che domenica era proprio lui. Noi alla Quick Step partiamo con diverse opzioni, anche perché non è facile capire cosa succederà poi in corsa. 

Raccagni (a sinistra) sulle pietre del Nord ha ritrovato Delle Vedove (al centro), suo compagno di team nel quartetto iridato a Tel Aviv (foto Uci)
Raccagni (a sinistra) al Nord ha ritrovato Delle Vedove (a sinistra) suo compagno nel quartetto iridato a Tel Aviv (foto Uci)
Tu sei arrivato anche a giocarti la vittoria alla Dorpenomloop, com’è stato?

Tostissimo. E’ stato il podio più importante dei due conquistati, perché la corsa era una 1.2, proprio per questo gli avversari erano fortissimi. Il ragazzo della Intermarché che ha vinto, Laurenz Rex, corre nella WorldTour, ha fatto gare come la Volta a Andalucia. Siamo arrivati in tre a giocarci la vittoria in volata: il ragazzo della Intermarché, uno della Lotto Dstny ed io, ma gli altri due erano più forti. 

Un bell’inizio insomma, che dà fiducia.

Assolutamente. Anche perché la squadra è contenta e mi sta dando tante occasioni per mettermi in mostra. Mercoledì non dovevo correre la Younger Coster Challenge, ma visto che sto andando bene la squadra mi ha dato fiducia e continuerà a farlo se ne darò la motivazione. 

Raccagni Noviero: «In Belgio per diventare grande»

14.11.2022
5 min
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Con l’arrivo di Andrea Raccagni Noviero si chiude il duo di junior italiani che passeranno alla Soudal-Quick Step Devo Team. Il tema dei giovani con le valigie in mano è caldo e scottante, perché pesa sul futuro del movimento italiano. 

«La mia aspirazione – racconta dal treno Raccagni – dall’inizio dell’anno, ma anche dalla scorsa stagione, era di andare a correre fuori Italia. Il movimento nostrano lo vedevo un po’ monotono, passare under 23 la considero una continuazione della categoria juniores. L’obiettivo della stagione era mettermi in mostra: su strada non ho vinto molto e fino ai mondiali su pista non avevo contatti con squadre estere. Poco prima del ritiro ho incontrato Moreno Nicoletti, il mio procuratore, ed abbiamo pensato alla possibilità di andare via. Non c’era nulla di concreto fino ai mondiali, lui aveva il contatto con la Soudal-Quick Step e in breve tempo si è concretizzato tutto».

Le maglie del Lunigiana: verde (leader) Morgado, blu (punti) Nagnier, poi (GPM) Morgado, bianca (giovani) Gualdi, arancione (TV) Raccagni, azzurra (italiani) Gualdi
Le maglie del Lunigiana: verde (leader) Morgado, blu (punti) Nagnier, poi (GPM) Morgado, bianca (giovani) Gualdi, arancione (TV) Raccagni, azzurra (italiani) Gualdi
Come ti sei sentito a trattativa conclusa?

Sentivo di aver realizzato un mio sogno. 

Da dove arriva la considerazione che hai fatto prima sugli under 23?

Quest’anno grazie al movimento con la nazionale abbiamo corso molto all’estero. Ci siamo messi alla prova su strade e percorsi diversi. Ho notato che correre delle gare internazionali era diverso rispetto a fare delle corse under 23 in Italia. 

Tra gli under 23 non hai corso però.

Vero, ma tra corridori parliamo, soprattutto noi che alla Work abbiamo la squadra under. In più le gare le vedo.

Il quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni (riserva), Giaimi, Delle Vedove, Fiorin e Favero (foto Uci)
Tre componenti del quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni, Giaimi e Delle Vedove (foto Uci)
Ritorniamo agli junior, quale differenza hai notato nel correre all’estero e qui?

Innanzitutto hanno già dei metodi di allenamento diversi, in Italia si pensa a fare tante ore al medio invece lì curano molto l’intensità. Anche la mentalità è differente, sono più spavaldi, ricordano il modo di correre di Van Der Poel o Van Aert, sempre “full gas”. Sono ragazzi molto forti fisicamente e mentalmente. 

Sono le squadre che insegnano a correre in quel modo…

Vero, i metodi di allenamento sono sicuramente diversi, in più fare gare internazionali e per di più a tappe ti fa crescere moltissimo. Sono abituati ad un livello superiore, per forza di cose quando noi ci scontriamo con loro soffriamo. 

Facci capire.

Vi faccio un esempio: se un corridore da noi si gioca la vittoria ogni domenica lì deve stare attento a non rimanere incastrato nei ventagli o nelle stradine. Non esiste che la corsa si giochi in volata o sull’ultima salita, c’è sempre il ritmo alto, è una guerra continua. In Italia quest’anno la cosa era un po’ diversa perché molti ragazzi hanno corso all’estero e hanno portato qui quella mentalità.

Raccagni nei suoi due anni da junior ha corso con la Work Service Speedy Bike
Raccagni nei suoi due anni da junior ha corso con la Work Service Speedy Bike
C’è più intensità?

Assolutamente. Eravamo a correre in Olanda, il ragazzo che ha vinto, Max van der Meulen, ha fatto un’azione in un tratto di curve prima di una zona di vento che ha tagliato le gambe a metà gruppo. Quelle sono tattiche preparate, studiate, cose che in Italia non si vedono. Sanno quando stare davanti, se attaccare, quando spingere…

Tu che ci hai corso contro a questi ragazzi pensi di aver già imparato qualcosa?

Ho imparato molto a livello di posizione, alla Gent-Wevelgem juniores per prendere gli strappi in pavé davanti dovevi passare sui marciapiedi… Robe da matti! La gara e la fatica vera si fanno prima di prendere lo strappo, quello è una conseguenza di tattiche e movimenti studiati prima. 

In quei Paesi fanno molta attività di ciclocross, qui in Italia si fa solo pista, manca un po’ di differenziazione?

Io stesso faccio pista e mi ha dato molto. Si sa che molti ragazzi anche vincenti, come Herzog, fanno Mtb o ciclocross. Fare quel tipo di doppia attività gli permette di dare qualcosa in più. 

Forse non è un discorso sull’immediato ma su quello che possono imparare?

Sono discipline che ti lasciano molto anche dopo, è una mentalità diversa. Se ci pensate un corridore italiano è abituato ad arrivare a fine stagione e smettere, loro attaccano il numero e si buttano nel fango. Potrebbe essere un’arma a doppio taglio, ma se impari a gestirti puoi farlo per gran parte della carriera. Sono tanti i pro’ che si dilettano nella doppia attività, basta trovare l’equilibrio giusto con la squadra. 

Si tratta di avere connessione tra tutte le sfaccettature della bici: squadra, discipline e tra categorie…

La connessione tra under 23 e professionisti è fondamentale. Un corridore italiano per passare deve vincere e essere sempre davanti, ed anche lì in alcuni casi si fa fatica. Quello che secondo me è il valore aggiunto di una Devo è che anche se non sei vincente ma vai forte, sei già dentro. Valutano altre caratteristiche, ti permettono di avere più sbocchi. E’ quello che dice Bragato nella vostra intervista.

Il ligure ha fatto parte del quartetto che ha vinto l’oro di categoria agli europei su pista nell’inseguimento a squadre (foto UEC)
Il ligure ha fatto parte del quartetto che ha vinto l’oro di categoria agli europei nell’inseguimento a squadre (foto UEC)
L’hai letta? Che ne pensi?

Mi trovate pienamente d’accordo. In Soudal-Quick Step si è già parlato di periodizzazione del piano di allenamento, vuol dire programmare i periodi per quando essere pronto ed andare forte. Sono anche dell’idea che se le squadre under 23 italiane avessero la possibilità di andare a correre in Europa ci andrebbero. Gli sponsor però non sono tutti favorevoli, i costi si alzano e le vittorie diminuiscono. In Work era differente.

In che senso?

Loro ci hanno permesso di correre molto all’estero, preferivano portarci a fare esperienza piuttosto che farci vincere una gara in una volatina qui. E’ stato un bel libro su cui studiare, e mi ha dato la mentalità e la spinta giusta per guardare, provarci fino in fondo e lanciarmi in questa esperienza. 

Cosa ti aspetti da questa nuova avventura?

Il primo anno imparerò molto e prenderò tante bastonate. Dovrò essere pronto per dare una mano ai miei compagni tra febbraio e aprile, mesi della mia prima fase di periodizzazione. Poi vedremo il secondo anno cosa potrò fare. 

E la pista?

Non vorrei abbandonarla. Abbiamo solo un velodromo, quello di Montichiari e se sei lì non puoi allenarti su strada. Ma se e quando il cittì chiamerà io risponderò presente, la maglia azzurra va onorata, sempre.