Strettoie, vento, borracce: in avanscoperta con Algeri

13.03.2022
6 min
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Parte l’ultima tappa della Tirreno-Adriatico, prosegue il nostro viaggio dietro le quinte. Oggi con Vittorio Algeri, uno di quei direttori sportivi cui spesso tocca il singolare compito, a metà fra la staffetta e l’osservatore, di andare in avanscoperta. Li vedi partire davanti, soprattutto nelle giornate di vento o salita. Le ammiraglie che anticipano il gruppo e dalla testa della corsa segnalano il vento ed eventuali difficoltà che i corridori si troveranno sotto le ruote.

Vittorio Algeri in avanscoperta per il Team Bike Exchange, con la seconda ammiraglia
Vittorio Algeri in avanscoperta per il Team Bike Exchange, con la seconda ammiraglia

«Un’abitudine che c’è da tanto – dice Algeri, direttore sportivo del Team Bike Exchangediciamo almeno degli ultimi dieci anni. Non si fa sempre, solo quando serve ed è possibile. Soprattutto al Giro d’Italia. Avere qualcuno davanti è sempre importante per le condizioni del tempo, il vento, gli intoppi dell’ultimo momento. Ci sono talmente tanti ostacoli adesso, che è sempre meglio vedere, capire come funziona».

Come comunichi con la prima ammiraglia?

Di solito con i messaggi whatsapp. Scriviamo che al chilometro tot si gira a destra e c’è il vento che arriva da sinistra. Oppure che c’è una salita nel centro abitato o la strada è molto stretta. Tutte queste cose insomma, che fanno parte del nostro lavoro.

Da dentro la macchina riesci a valutare bene il vento?

Il vento si vede dagli alberi e dalle eventuali bandiere. Speriamo sempre che ci sia qualche bandiera (ride, ndr). Il rischio di ventagli è sempre dietro l’angolo. Avevo una tecnica per vedere da che parte tirasse il vento, annodavo un filo di lana all’antenna della radio. Alcuni hanno l’anemometro? Può essere uno strumento utile.

Quanto sei avanti rispetto al gruppo?

Intorno ai 5-6 chilometri, al massimo 10. Stando troppo avanti, il traffico sarebbe ancora aperto. Ti devi fermare a tutti i semafori. Invece stando più vicino, trovi le strade già chiuse.

Ti è mai capitato di segnalare qualcosa che sarebbe stato davvero pericoloso?

Più di una volta. Non mi ricordo in quale gara, capitò che una macchina avesse perso del gasolio in una curva. Ho avvisato dietro perché stessero attenti e passassero a destra. Sono segnalazioni che fanno anche gli organizzatori e grazie alle radioline riusciamo a comunicarle tempestivamente ai nostri corridori. Ecco, l’uso delle radioline io l’ho sempre inteso come strumento di lavoro e anche tattico. Ci sono tante persone contrarie e per certi versi forse è giusto. Però io le ho sempre intese come uno strumento di lavoro.

Il rifornimento dall’ammiraglia può essere dispendioso, così si ricorre a punti fissi
Il rifornimento dall’ammiraglia può essere dispendioso, così si ricorre a punti fissi
Gli attacchi con i ventagli quindi nascono quando da davanti segnalate il vento giusto?

In questo soprattutto, il maestro è stato Manolo Saiz ai tempi della Once (direttore sportivo spagnolo attivo dal 1989 al 2006, ndr). Lui è stato il primo ad avere la macchina davanti di poco. Era maniaco di queste cose ed era anche uno spettacolo. Appena c’era un po’ di vento, metteva la squadra a tirare, perché aveva corridori molto forti e poteva permetterselo. E’ stato il primo che appena c’era una piccola possibilità di fare i ventagli, li faceva.

Che cosa si segnala oltre alle chiazze di gasolio?

Gli incroci. Le rotonde… E’ diventato un problema. Ci sono talmente tanti ostacoli… Se poi andiamo in Paesi come l’Olanda e la Svizzera, fra spartitraffico, fioriere e rotonde, c’è di tutto e di più. Bisogna stare molto attenti anche in macchina, perché gli ostacoli sono molteplici e questa è un’altra delle cose risolte grazie alle radioline. Non abbiamo più bisogno di andare in mezzo al gruppo a parlare con i corridori. Un’altra cosa molto pericolosa sono i dossi. I corridori li saltano via, alzano le bici e saltano. Con la macchina non lo puoi fare. E se tu fossi in gruppo con dei corridori dietro, dovresti frenare e sarebbe un’altra cosa molto pericolosa.

I dossi rialzati sono fra i pericoli da segnalare, per i quali è bene che l’ammiraglia non sia in gruppo
I dossi rialzati sono fra i pericoli da segnalare, per i quali è bene che l’ammiraglia non sia in gruppo
Nel finale vai via oppure racconti anche gli ultimi chilometri?

L’ultimo chilometro è il più importante, soprattutto nei casi di arrivi in volata. Anche l’autista del bus che arriva parecchio tempo prima, lo mandiamo a vedere l’ultimo chilometro, a descrivere la curva. Se è meglio impostare la volata a destra piuttosto che a sinistra. Il vento e l’eventuale pendenza della strada. I 2 chilometri finali sono molto importanti, è necessario che i corridori sappiano tutto.

Se ogni squadra manda un’ammiraglia, davanti ci sarà un bel traffico?

Adesso c’è anche un altro motivo per cui si va avanti con tante macchine. Ha iniziato un po’ di anni fa sempre la Sky. Avendo spesso il leader della corsa, avevano per tanti chilometri la squadra in testa al gruppo. E allora, piuttosto che mandare un corridore in coda per prendere le borracce e costringerlo poi a risalire, si sono inventati di mandare avanti due o tre macchine per fare dei “bottle point”, così li chiamano: punti borracce. Se la squadra in testa ne ha bisogno, un’ammiraglia davanti si ferma e li aspetta. E’ nata come loro idea e adesso è un’abitudine per tutte le squadre che cercano di adeguarsi. 

L’antenna sull’ammiraglia permette i collegamenti con i corridori
L’antenna sull’ammiraglia permette i collegamenti con i corridori
Quindi altri punti di rifornimento da terra?

Esatto, un supporto che si somma al rifornimento della macchina, che si fa dai 30 chilometri fino agli ultimi 20 o 10, dipende dai percorsi. E visto che l’UCI ora ci lascia liberi di fare il rifornimento da terra dove vogliamo, ci sono anche queste ammiraglie davanti che si fermano e assistono la squadra.

Insomma Algeri, quando si viaggia là davanti, il tempo passa bene o si muore di noia?

Io sono sulla seconda ammiraglia, quindi sono col meccanico, perché la seconda in caso di una fuga, aspetta e si mette dietro. Poi ci sono altre ammiraglie che a turno fanno dei tagli dove si può per assistere i corridori in più punti possibili. Non sono da solo, la giornata passa bene. Non ci si annoia mai…

A fine stagione anche le ammiraglie… “riposano”

28.10.2021
5 min
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Il fine stagione vale anche per le ammiraglie. Anche le mitiche auto che da sempre accompagnano i corridori in corsa arrivano “stanche” al Giro Lombardia (e ormai anche dopo).

Ci sono tanti interventi che di continuo vengono fatti su queste auto tra manutenzione ordinaria e straordinaria. E questo periodo è di “recupero” anche per loro. Si fanno interventi un po’ più in profondità, che richiedono più tempo. 

Tra le cose a cui si dedica parecchia attenzione c’è il tetto della macchina, spesso ci sono gocce di lubrificante della catena
Tra le cose a cui si dedica parecchia attenzione c’è il tetto della macchina, spesso ci sono gocce di lubrificante della catena

Tagliandi e non solo

Interventi che riguardano anche la pulizia a fondo. Qualche segno nuovo c’è sempre. Una traccia di copertura sulla tappezzeria del tettuccio, qualche segno di grasso (anche se in generale sono molto puliti) i meccanici nell’abitacolo, lubrificanti della catena sul tetto, paraurti “mangiati” dalle gomme delle bici quando si mettono dietro per il dietro motore o per rientrare dopo una foratura… Ma la parte meccanica e motoristica resta al centro.

«Nel nostro magazzino in Belgio – dice Matteo Cornacchione meccanico della Ineos – soprattutto a fine stagione quando rientrano le ammiraglie c’è sempre un bel da fare. E’ un via vai con l’officina Mercedes. E tocca a noi meccanici portarcele. Ma anche durante la stagione c’è sempre qualche ammiraglia che ha bisogno di qualche intervento o di qualcosa da sistemare. I diesse tornano e dicono: questa macchina fa un rumorino. Questa ha questa ha questo problema…».

Revisioni e grafiche

E’ il momento dunque delle officine. A mano a mano le vetture vengono portate presso i centri di assistenza dei marchi affidatari: le Volkswagen nel caso dell’Astana.

«Noi – spiega Gabriele Tosello, capo dei meccanici del team turchese – disponiamo di 12 ammiraglie, senza contare i tre camion officina, i van che variano a di numero a seconda degli eventi, i bus… Parlando di ammiraglie: queste dodici vetture vengono assegnate ai diesse. Proprio in questi giorni ne mandiamo in officina e in carrozzeria due-tre per volta. Lì, eseguono i controlli di manutenzione, montano le gomme invernali, vengono spogliate delle decalcomanie e soprattutto vengono controllati i portabici. Questi sono revisionati per bene in tutto e per tutto.

«A tenere sotto controllo lo stato delle vetture è Francesca Martinelli. A lei i vari diesse di tanto in tanto segnalano i chilometri e lei sa quando una vettura deve fare il tagliando, deve sostituire le gomme… Quanti chilometri percorrono? Circa 60.000 chilometri l’anno ognuna. Per le classiche del Nord e la Strade Bianche utilizziamo quelle con trazione integrale: un po’ più robuste».

L’Astana prende le sue auto in leasing. La casa madre gliele lascia un paio d’anni al massimo per non andare troppo su con i chilometri, pensando ad un eventuale rivendita. 

Altro momento delicato è il rinnovo delle grafiche. «Di solito per il secondo ritiro, quello di gennaio, le auto sono pronte. Una tipografia ci fa due o tre bozze e poi Martinelli e ancora di più Vinokourov ne scelgono una. In linea di massima si cerca di non cambiare troppo. A meno che non c’è una rivoluzione in merito agli sponsor la base del colore resta la stessa».  

L’adesivo del Brama

Dicevamo di auto che sono affidate ad un diesse. Il tecnico in qualche modo personalizza la sua macchina. Se la mette “a misura” tanto per restare in tema ciclistico. Regolazioni del sedile, disposizione delle radio e dei tablet, le impostazioni dell’infotainment…

«Ogni diesse se la sistema – spiega Davide Bramati – Io prendo l’ammiraglia (per Deceuninck delle Bmw, ndr) magari a febbraio, prima della prima gara e la riconsegno al primo ritiro della stagione successiva (quello di novembre, ndr). Di solito parto per la Spagna, dove andiamo per il ritiro, con la macchina e torno in aereo. Qualcuno del personale s’incarica di riportare la vettura in Belgio, presso il nostro magazzino. In quell’intermezzo i meccanici eseguono i lavori che devono fare o le portano in assistenza».

«Proprio in questi giorni ho portato l’auto che mi è stata affidata in officina per le due radio: quella interna al team e radiocorsa. In assistenza hanno smontato tutto l’impianto perché va sostituito. Che dire: io cerco di tenerla al meglio. L’ammiraglia diventa un posto di cui in qualche modo sei geloso. Di base resta a me, io ho l’ammiraglia numero tre, ma può capitare che a volte me la prendano i belgi e vada a fare qualche altra corsa. Quando poi me la riportano trovo le impostazioni in fiammingo… e diciamo che non mi trovo benissimo! Un amuleto? C’è un adesivo che mi hanno attaccato dei miei amici che non posso togliere altrimenti non si vince! Noi italiani, si sa, siamo tutti un po’ scaramantici».

Saliamo “nell’ufficio” di diesse e meccanici

09.04.2021
4 min
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Non si viaggia certo comodi in ammiraglia! Le vetture che danno supporto ai corridori sono un’officina vagante per i meccanici e un ufficio per i diesse.

Da un paio di stagioni ormai, in virtù del Covid, si può stare solo in due almeno in certe corse. In Belgio era così. Mentre dietro, sul sedile destro siede il meccanico.

Bici sul tetto, ammiraglia pronta a partire
Bici sul tetto, ammiraglia pronta a partire

Il regno del meccanico

Sedile posteriore destro, dicevamo. Quella è la posizione strategica per poter intervenire sulle bici sporgendosi dal finestrino, o per saltare al volo giù dalla macchina e prenderne una dal tetto. A fianco del meccanico, quindi alla sua sinistra, ci sono ruote, non meno di due coppie, e gli attrezzi, almeno quelli di pronto intervento.

Qui la sistemazione è molto personale e a volte anche legata all’auto stessa. A volte si sfrutta il bracciolo posteriore per porre gli attrezzi di prima necessità: nastro isolante, brugole, olio… E, sotto alle ruote, si mette la cassetta degli attrezzi vera e propria. Altri invece preferiscono tenersi a portata di mano direttamente la cassetta. Anche una pompa o un “trapano”, come è definito in gergo il compressore portatile, non manca mai.

Il meccanico ha il promemoria con la disposizione delle bici sul tetto dei rispettivi corridori
Il meccanico ha il promemoria con la disposizione delle bici sul tetto dei rispettivi corridori

Radiocorsa obbligatoria

Nella parte anteriore dell’auto, chiaramente al posto di guida, siede il direttore sportivo. Gli strumenti principali del suo “ufficio” sono le radio. Sì, sono al plurale: una è quella di radicorsa che le squadre sono obbligate a tenere e l’altra è la radiolina.

L’organizzazione fornisce in sede di riunione tecnica le frequenze di radiocorsa e il team si sintonizza. Da qui si conoscono distacchi, andamento della gara, situazioni di pericolo e soprattutto si è avvertiti se un proprio corridore richiede l’intervento in fondo al gruppo. In quel caso l’ammiraglia richiamata può risalire la colonna e andare verso il corridore stesso e anche le altre vetture sanno che l’auto di quel team risalirà la fila.

Tasche piene di barrette nello sportello del guidatore
Tasche piene di barrette nello sportello del guidatore

Le regole non scritte

«Con le radioline il corridore viene un po’ meno in ammiraglia – dice Giovanni Ellena, diesse dell’Androni Giocattoli – e tutto diventa più veloce. Lui ti chiama per dirti che vuole l’acqua e tu in macchina già ti muovi. Tuttavia per regolamento il corridore deve alzare il braccio altrimenti il giudice non chiama l’ammiraglia in coda al gruppo e le altre vetture non ti lasciano passare facilmente. C’è poi una regola non scritta, di fair play, secondo cui in caso di guasto meccanico e ancora di più di caduta, le altre ammiraglie agevolano il passaggio di quella interessata».

Ruote e attrezzi a fianco al meccanico
Ruote e attrezzi a fianco al meccanico

La radio del team

La seconda radio è, appunto, quella con cui il diesse comunica con i propri corridori. Anche questo strumento è ormai un must. 

In più spesso si monta un tablet (le auto più moderne hanno direttamente un video) per seguire le gare dalla tv, un ulteriore modo per essere costantemente aggiornati in tempo reale. A volte gli schermi possono essere due: in uno c’è la gara e in un altro l’altimetria o la planimetria del percorso collegata al Gps per avere sempre sotto controllo il punto in cui ci si trova e magari dare indicazioni ai corridori. Per esempio: fra cinque chilometri inizia la salita. Oppure: attenzione perché dopo quella svolta troviamo vento laterale.

Ma se il meccanico non se la passa benissimo al diesse non va meglio. Lui deve anche pensare ad un rifornimento di soccorso. Ormai tutti i team riempiono la tasca dello sportello sinistro di barrette e gel. Tra l’altro, in alcune gare è imposta la regola del separé: si tratta di una “tendina” di plastica trasparente che divide i sedili anteriori da quelli posteriori a causa del Covid.

Il bagagliao con il frigo portatile e le borse del freddo
Il bagagliao con il frigo portatile e le borse del freddo

Bagagliaio full

E poi c’è il bagagliaio. Nella parte a ridosso dello schienale, quindi “facilmente” raggiungibile dal meccanico, viene posto un frigo “stile campeggio” con acqua e borracce. Questo in alcuni casi si trova anche nel sedile anteriore del passeggero, nella parte dei piedi, se si viaggia solo in due. 

Ci sono poi tutte le borse del freddo dei corridori in gara. Borselli tipo portascarpe, ma un po’ più grandi, nei quali ogni corridore prepara del vestiario di emergenza in caso di pioggia, freddo, caduta, ritiro. E sopra alle borse del freddo ancora altre coppie di ruote.

Radio e procuratori, Guercilena dice la sua

17.03.2021
4 min
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Dando uno sguardo d’insieme, si noterà come spesso e volentieri la figura del direttore sportivo si stagli come quella di un riferimento cardine del ciclismo, come gli allenatori lo sono per il calcio. Il fatto è che, mentre questi ultimi bene o male non hanno cambiato molto il loro profilo e il loro raggio d’azione rispetto al passato, il lavoro del Ds è profondamente cambiato. E’ finita l’epoca del “one man band”, ormai ogni grande squadra ha un direttore capo e una sfilza di assistenti, proprio perché la gestione del team è notevolmente cambiata nel terzo millennio. A dispetto della sua ancor giovane età, Luca Guercilena, attuale responsabile della Trek-Segafredo, ha un’esperienza che nel settore lo ha portato anche alla presidenza dell’Adispro, l’associazione che riunisce tutti i Ds italiani ed è ancora parte integrante del suo direttivo.

Giancarlo Ferretti, qui con Bartoli, è stato uno degli ultimi “deus ex machina” dell’ammiraglia
Ferretti gestiva le sue squadre in prima persona, dal budget alla tattica

«Io ho vissuto un po’ il passaggio da un vecchio modo di fare il direttore sportivo – dice – con personaggi come Ferretti, Boifava, Stanga che gestivano tutto con al limite un paio di collaboratori, all’attuale gestione corale (in apertura è con Bruno Reverberi, esponente della “vecchia guardia”, ndr). E’ impossibile al giorno d’oggi seguire tutto da soli. In ogni squadra c’è chi cura la strategia di gara, chi fa lo scouting dei percorsi, chi cura la logistica e la gestione del personale, chi tiene i contatti con i preparatori e ha il polso della situazione tecnica. Poi naturalmente serve colui che fa la summa del lavoro, ma tutto si basa su una forte sinergia, considerando che ormai in ogni gara servono almeno due Ds al seguito e tre nei grandi Giri».

In un team però ci sono anche riferimenti diversi, come quello dei preparatori…

Tutti i team del WorldTour hanno preparatori interni alla squadra, è importante che ci sia una comunione d’intenti, anche se poi i vari corridori hanno diverse persone che li seguono atleticamente. E’ importante però che poi ci sia il Ds che gestisca la preparazione di tutti e raccolga le informazioni necessarie per consentire al manager di preparare il calendario. Se si rompe questo meccanismo si va incontro a guai seri.

Bramati è uno dei tecnici della Deceuninck-Quick Step: in tutto sono 10
Bramati è uno dei 10 tecnici della Deceuninck-Quick Step
Poi ci sono i procuratori, che guadagnano sempre più spazio nel ciclismo com’è avvenuto nel calcio…

A dir la verità, il rapporto con i procuratori è più prerogativa del general manager che deve badare all’aspetto economico. Con i Ds i contatti dovrebbero essere molto limitati, per lo più ad inizio stagione nella definizione degli obiettivi. Certo, ci sono casi nei quali il procuratore interferisce nella gestione del calendario e allora si creano attriti che sono un grande danno.

Avendo una lunga esperienza nel settore, ti sono arrivate voci di interferenze non appropriate?

Purtroppo sì ed alcune sono anche diventate di dominio pubblico. A quel punto, “rotti i piatti”, le situazioni sono divenute ingestibili. E’ chiaro che la figura del procuratore sta acquisendo sempre più importanza, ma ci sono ancora corridori maturi che preferiscono non affidarsi a una figura esterna nella cura dei propri interessi, ma per farlo devi avere carattere.

Da quel che dici, collaborare e delegare sono i due verbi più importanti nella gestione di un team…

Sicuramente, anche perché bisogna considerare che non sono più squadre di 12-16 corridori: ora ti trovi a dover fare i conti con tanti ciclisti di tante nazioni diverse. Una volta c’era uno zoccolo duro nazionale che rappresentava anche il 90% della squadra. La globalizzazione ha portato a questo, ma anche il calendario allungato: una volta c’erano i ritiri prestagionali che servivano anche a conoscersi bene, ora spesso ci si parla per via telematica, tanti i ritiri neanche li fanno per questioni logistiche. Direi che è qui che si misura la qualità di un dirigente sportivo, nella sua capacità anche in condizioni estreme di riuscire a instaurare un rapporto umano con i corridori. E’ fondamentale.

La tappa di Castelfidardo alla Tirreno ha dimostrato che non sono le radio a condizionare la corsa
Castelfidardo ha dimostrato che le radio non condizionano la corsa
I corridori sono cambiati nel tempo?

Non direi, ci sono chiaramente quelli che hanno una forte personalità e quindi hanno minori necessità e quelli ai quali serve sempre il contatto giornaliero, anche solo per una parola, avere una figura di confronto. E’ una questione di maturità personale.

Sarebbe possibile come alcuni chiedono tornare a un ciclismo senza radio, senza la gestione continua dalla “panchina”?

Quello delle radio è un falso problema. Credo che le ultime corse, la tappa della Tirreno-Adriatico a Castelfidardo in primis, abbiano dimostrato che i corridori fanno la loro corsa indipendentemente da quel che gli si può dire ed è giusto così. A parte il fatto che l’uso della radio è soggettivo, nessun corridore è costretto a usarla, le tattiche si fanno prima della corsa e sono frutto dell’esperienza personale, dell’evoluzione della corsa, della fantasia. Le radio sono e restano fondamentali per la sicurezza, per la prevenzione dei rischi, per questo un ruolo fondamentale in squadra ce l’ha l’assistente che cura lo scouting dei percorsi. Le radio non influiscono sullo show, quello lo fanno sempre le gambe…