Tour de France 2020, Tadej Pogacar, cronoscalata Planche des Belles Filles

Peiper, il regista della Planche, alla corte di Remco

15.11.2025
6 min
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Dalla Garmin in cui vinse il Giro con Hesjedal alla BMC per sei anni e poi al UAE Team Emirates del primo Tour vinto con Pogacar. Poi Allan Peiper ha dovuto affrontare la lotta contro il cancro. E adesso una nuova sfida lo porta alla Red Bull. E’ singolare seguire l’australiano che da anni fa base in Belgio nelle sue migrazioni. Il più delle volte a richiamarlo è stato il gusto per nuove sfide, ma probabilmente nella squadra numero uno al mondo per lui non c’erano più gli stessi spazi. Al contrario, l’offerta dei tedeschi di fare di lui lo stratega dietro le quinte, mettendo in gioco la sua capacità di plasmare il gruppo, lo ha stimolato.

«Sono molto entusiasta – ha detto appena la notizia è diventata ufficiale – di far parte di questo progetto. Red Bull-Bora-Hansgrohe ha fatto progressi impressionanti negli ultimi anni e vedo un grande potenziale per rafforzare ulteriormente questa struttura. Si tratta di vivere una visione sportiva chiara e trasformarla in prestazioni quotidiane: questo è ciò che mi motiva. Vincere il Tour con Tadej è stato sicuramente il momento più bello della mia vita. L’ho conosciuto che era un ragazzino, ma sempre molto equilibrato. Ancora oggi si sveglia la mattina con un sorriso ed era sempre felice. Dice “grazie”, “ciao”, non urla mai. Non sente la pressione di essere il leader, eppure ha l’atteggiamento giusto. Se penso a quella mattina della Planche des Belles Filles, alla vigilia della crono in cui avrebbe vinto il primo Tour, credo sapesse già che avrebbe concluso in giallo, ma non ne parla mai».

Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E' stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)
Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E’ stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)
Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E' stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)
Allan Peiper è australiano, ha 65 anni. E’ stato alla UAE dal 2020 (foto Fizza/UAE Team Emirates)

Due ragazzini in Alta Saona

Quel giorno fu magico, ma davvero non ci fu nulla di improvvisato o imprevisto, se non il crollo di Roglic. Nel villaggio di Plancher les Mines, nell’Alta Saona, ricordano ancora quando in un giorno di luglio, davanti a una pensione ai piedi della salita, arrivò l’ammiraglia della UAE Emirates. La Grande Boucle si sarebbe corsa alla fine di agosto, nel calendario confuso ed elettrizzante nell’anno del Covid che a fine stagione avrebbe proposto il Giro in ottobre.

Ne scese proprio Peiper, che chiese all’anziana padrona se i due corridori che avevano appena provato la salita della Planche des Belles Filles potessero fare la doccia nella sua struttura. Erano due ragazzi di 21 anni: Pogacar e Bjerg. Quella salita sarebbe stato il teatro d’arrivo della penultima tappa del Tour, a capo di una crono di 36,2 chilometri con partenza da Lure. Era stato utile provarla e simulare una serie si situazioni di gara, a partire dal cambio della bici.

Sulla Planche des Belles Filles, provata e riprovata il mese prima, Pogacar visse un giorno perfetto. Uno dei suoi…
Sulla Planche des Belles Filles, provata e riprovata il mese prima, Pogacar visse un giorno perfetto. Uno dei suoi…

Il viaggio di Peiper

Peiper c’era già stato a giugno, subito dopo la fine del lockdown. Era partito dal Belgio facendo quasi 600 chilometri. Diluviava, il tergicristallo non si era mai fermato. E se in un primo momento aveva dubitato della bontà dell’iniziativa, vista la salita si era reso conto che lì si sarebbe deciso il Tour. Nessun dubbio al riguardo.

Rimase per due giorni in quella zona. Fece la salita più di una volta, prendendo nota delle curve, dei cambi di pendenza, percorrendo a piedi gli ultimi metri in cui la pendenza passa al 20 per cento. E poi, non pago, la scalò anche in bicicletta rendendosi finalmente conto che quella tappa avrebbe cambiato la storia. Dopo i tanti giorni sulle grandi salite, passare nuovamente alla posizione da crono sarebbe stato un’incognita.

L’osservazione che aveva portato via con sé, custodendola con cura, riguardava il punto in cui cambiare la bici. Era chiaro infatti che non si potesse arrivare in cima con quella da crono. Sull’altimetria aveva individuato il punto giusto al chilometro 31,1: poco più di 5 chilometri dal traguardo. In quel punto in cui la velocità sarebbe scesa ai 15 all’ora e la bici da crono sarebbe diventata di difficile gestione. Lo segnalò a Gouvenou, direttore tecnico del Tour, e grazie alle sue segnalazioni le transenne di quell’area cambio vennero messe nel punto esatto da lui individuato.

Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE
Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE
Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE
Tour 2020, quello del Covid: intorno ai corridori con le mascherine. Qui Luke Maguire, addetto stampa UAE

Cambio bici e pacco pignoni

Gestire un cambio bici come quello non è semplice, né semplice sarebbe stato scegliere la bici giusta. L’intuizione fu nuovamente di Peiper, che propose di montare sulla bicicletta di Pogacar una cassetta pignoni da juniores, una 19-25 a sei velocità, che avrebbero permesso di cambiare un solo dente alla volta, rispetto ai due delle cassette normali.

La salita era molto ripida, con tratti al 15 e anche 20 per cento e per gestirla non si potevano cambiare i rapporti bruscamente. La cambiata doveva essere fluida per mantenere la stessa cadenza e non mettere troppa pressione sulle gambe. Nel primo dei due giorni trascorsi sui Vosgi con Bjerg, Pogacar fece tre ricognizioni del percorso. Per il tratto di pianura invece avrebbe usato una monocorona anteriore da 58 denti senza deragliatore.

Si diceva della gestione del cambio bici, provato per almeno dieci volte dai due corridori. Fu l’intuizione del meccanico Vasile Morari a dare la svolta. Sarebbe stato Pogacar a portare la bici da crono verso l’ammiraglia, mentre lui gli avrebbe passato la bici da strada presa dal tetto dell’ammiraglia. Avrebbero così risparmiato il tempo del doppio passaggio del meccanico. Non è frequente assistere a simili prove e fu proprio Peiper a guidare le operazioni, puntando alla perfezione assoluta.

La resa di Roglic alla Planche des Belles Filles amplificò ancora di più la grande prova di Pogacar
La resa di Roglic alla Planche des Belles Filles amplificò ancora di più la grande prova di Pogacar

In lacrime nel parcheggio

In corsa andò tutto alla perfezione e sappiamo tutti come finì la storia. Ci fu anche il tempo per assistere al crollo di Roglic. La Jumbo Visma sprofondò in una confusione pressoché totale. Non effettuarono il cambio bici nel cambio di pendenza indicato da Peiper, ma più avanti tra la gente, tanto che per un po’ si credette che la maglia gialla volesse arrivare in cima con la Cervélo da crono. E fu l’ammissione successiva di un tecnico a far trapelare la verità su quel casco scomposto sul suo capo: un modello usato quel giorno per la prima volta, più pesante del precedente, a causa del quale Roglic perse terreno e fiducia.

Dopo aver scherzato con Pogacar al mattino, mentre i meccanici preparavano la bici bianca per la tappa del giorno dopo, sul fatto che la squadra non credesse nella sua possibilità di vincere il Tour, Peiper si ritrovò a piangere nel parcheggio delle ammiraglie. Era incredulo. Aveva bisogno di tempo per capire, così rimase seduto per qualche minuto e poi andò alla macchina della Jumbo-Visma per esprimere la sua solidarietà.

La nuova sfida di Peiper riguarda Evenepoel: la cura dei dettagli lo porterà al livello di Pogacar e Vingegaard?
La nuova sfida di Peiper riguarda Evenepoel: la cura dei dettagli lo porterà al livello di Pogacar e Vingegaard?

La sfida Evenepoel

La storia di Pogacar al Tour de France iniziò in quel modo indimenticabile, con la vittoria alla prima partecipazione. Peiper non sapeva ancora dei problemi di salute che avrebbe dovuto fronteggiare di lì a pochi mesi e che gli avrebbero impedito di seguire il secondo Tour del suo pupillo. Alla Red Bull, che sta facendo incetta di tecnici avendo allontanato quelli già vincenti che aveva in casa, è bastato saperlo in salute per offrirgli un incarico di grand importanza. Lavorerà accanto a Zak Dempster, preso dalla Ineos Grenadiers, e a Sven Vanthourenhout, l’ex tecnico della nazionale belga che ha ottenuto con Evenepoel le vittorie più belle. La prossima sfida di Peiper sarà proprio Remco. E un po’ di curiosità, dobbiamo ammetterlo, inizia a farsi largo.

Peiper e Dunbar, le nuove armi del team Jayco

17.05.2023
5 min
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L’approdo di Allan Peiper al Team Jayco AlUla non è una notizia di poco conto. Professionista dal 1983 al 1993 con ben 22 successi in carriera, l’australiano ha poi intrapreso con profitto la carriera di dirigente, passando per molti team fino ad approdare nel 2019 alla Uae, dov’è stato uno degli artefici non solo dei successi di Pogacar, ma della costruzione di tutta l’intelaiatura tecnica intorno allo sloveno. Per molto tempo Peiper è stato lontano dalle corse per curare un tumore alla prostata, con il team c’era da rinnovare il contratto, le cose sono andate per le lunghe e Brent Copeland ha approfittato dell’opportunità portandolo al Team Jayco. A casa.

Non è infatti trascurabile il fatto che il Team Jayco abbia una profonda radice “aussie”, lo sottolineava anche Kaden Groves parlando delle sue radici e di come sia importante per i ragazzi oceanici avere un riferimento nel WorldTour, ma Copeland, impegnato in questi giorni al Giro d’Italia, tende a dare il giusto peso alla cosa.

Peiper ha avuto una bella carriera pro, vincendo anche una tappa al Giro 1990
Peiper ha avuto una bella carriera pro, vincendo anche una tappa al Giro 1990

«Due mesi fa sono nati i primi contatti con Allan – racconta il cinquantunenne manager sudafricano – c’era la possibilità di portarlo nel nostro team, ne ho parlato con il titolare e abbiamo subito trovato un’intesa non tanto economica, quanto sul nostro progetto che Peiper intende fare suo e portare avanti».

Che può dare Peiper alla squadra?

Allan è un australiano che nel tempo è diventato molto europeo, vive da quando era professionista in Belgio, conosce nelle più intime pieghe il ciclismo professionistico che per la sua gran parte si svolge nel Vecchio Continente. E’ entrato nel team nelle vesti di consigliere perché a noi serve qualcuno che veda il funzionamento di tutta la macchina organizzativa dall’esterno, con un occhio esperto. Sono convinto che possa migliorate il team in molte aree di azione e possa coadiuvare l’impegno di Marco Pinotti per far crescere il team ancora di più.

Brent Copeland, manager del Team Jayco, ha fortemente voluto Peiper nel team come Advisor
Brent Copeland, manager del Team Jayco, ha fortemente voluto Peiper nel team come Advisor
Si sottolineava il fatto che Peiper torna a casa, approdando in un team australiano.

Anche questo ha avuto il suo peso, non lo nego. Il Team Jayco ha un cuore fortemente australiano, ma resta multinazionale: qui ci sono, fra atleti e staff, persone appartenenti a una ventina di Paesi differenti. Certo, Allan è australiano, ma come detto ha ormai radici profondamente europee e questo alla fine conta parecchio. La cosa che mi piace di più del suo ingresso è poter approfittare della sua meticolosità e del suo perfezionismo: sono caratteristiche che possono dare alla squadra quel salto di qualità di cui c’è bisogno.

La sua età dice che è un appartenente alla vecchia guardia. Come si adatta a un ciclismo che è profondamente cambiato nel corso degli anni rispetto a quando correva lui?

E’ questione di mentalità. Anche Allan, come me e come tanti altri che gravitano in questo mondo, ha vissuto questi cambiamenti sulla propria pelle, ha assommato esperienze anno dopo anno e il ciclismo come lo intendiamo oggi, quello spettacolare legato a un numero incredibile di fuoriclasse lo ha visto nascere e crescere. Lui può trasmettere questa esperienza.

Dunbar è l’uomo di punta per le corse a tappe. Al Giro è 9° a 2’32” dal vertice
Dunbar è l’uomo di punta per le corse a tappe. Al Giro è 9° a 2’32” dal vertice
Allarghiamo un po’ il discorso, Allan arriva in quale momento del team?

Devo dire la verità, per come sono andate le cose nella prima parte dell’anno non posso essere del tutto soddisfatto. Abbiamo ottenuto finora 6 vittorie, molti piazzamenti ma siamo in fondo al ranking Uci e questo non può far piacere. La causa? Se ripercorro questi ultimi mesi, non posso non notare che abbiamo avuto un carico di sfortuna non irrilevante: Matthews ha preso il Covid prima della Sanremo; Dunbar si è infortunato alla mano alla Volta Valenciana rimanendo fuori dalle gare per due mesi; Hamilton ha perso il padre e così via. Non c’è molto da recriminare, ci sono stagioni dove devi superare molti ostacoli e questa è una di quelle.

Il Giro come sta andando?

E’ un po’ lo specchio della stagione: con Matthews abbiamo ottenuto una vittoria importante, ma il Covid ha messo fuori gioco Scotson e un altro corridore ieri è stato male. Siamo un po’ sul chi vive, la corsa la stiamo affrontando bene e con buone prospettive, cambiando anche le tattiche di gara quando serve. Diciamo che sarebbe importante riscuotere un po’ di quel credito con la fortuna di cui si parlava prima…

Il ritiro di Scotson per Covid è una perdita pesante, era l’aiutante di Dunbar in salita
Il ritiro di Scotson per Covid è una perdita pesante, era l’aiutante di Dunbar in salita
Accennavi a Dunbar, del quale si dice un gran bene come interprete delle corse a tappe. Secondo te può essere un leader per i grandi giri?

Lo abbiamo preso dalla Ineos Grenadiers proprio con questa idea, per me ha un grande potenziale ma ha bisogno di fare esperienza, soprattutto in un grande giro da affrontare con la responsabilità di fare classifica. Si sta comportando bene, ma siamo ancora a metà del cammino e tutte le difficoltà maggiori devono ancora arrivare. E’ un ragazzo d’oro con tantissime prospettive, ma non dobbiamo mettergli pressione perché non ha mai corso con una responsabilità così grande addosso. Vedremo come si muoverà nelle tappe che verranno e come ci muoveremo noi di conseguenza.