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Mononucleosi, Covid, soprasella: il calvario di Masnada

27.11.2022
5 min
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Tra essere amatori e professionisti c’è un abisso. Ma alcune dinamiche che si verificano nella vita professionale di un pro’ possono aiutare anche i pedalatori della domenica. Soprattutto quando di mezzo c’è la salute. L’esperienza che ha vissuto Fausto Masnada nella stagione appena conclusa, cui aveva accennato l’altra sera durante la festa del suo Fans Club a Laxolo, è un caso pilota che offre spunti per evitare spiacevoli guai.

Il suo 2022 è stato tempestato di problemi di salute: la mononucleosi, il Covid e un’infiammazione al soprasella molto fastidiosa che non gli ha dato pace, dalla preparazione invernale fino all’ultima corsa di settembre. Per le prime due, mononucleosi e Covid, c’è poco da fare: malanni che capitano a tutti e i cui consigli lasciamo a medici ed esperti. Per l’infiammazione al soprasella invece la questione si fa più tecnica e “ciclistica”.

Già dalla primavera, finita la mononucleosi, Masnada si è trovato alle prese con l’infiammazione
Già dalla primavera, finita la mononucleosi, Masnada si è trovato alle prese con l’infiammazione

Il riposo trascurato

Masnada ha provato talmente tanto dolore, correndo sempre con un paio di marce in meno, che ha dedicato una buona fetta della pausa tra la vecchia stagione e la preparazione della nuova a capire l’origine del problema.

«Quando arrivi a fine anno – spiega – tiri una riga dei risultati. Le cose che sono andate bene e, soprattutto, quelle che sono andate male, per non ripetere eventuali errori commessi. Ebbene, l’infiammazione di cui sono stato vittima è iniziata poco dopo la mononucleosi. Fermarsi nuovamente significava chiedere alla squadra altre tre settimane di attesa e non volevo farlo. Il parere degli esperti era uno solo: riposo. Ma non me la sono sentita di ascoltarli e ho proseguito».

Durante il Giro, Masnada è ripartito da Livigno, ma la situazione non era davvero risolta (foto Instagram)
Durante il Giro, Masnada è ripartito da Livigno, ma la situazione non era davvero risolta (foto Instagram)

Prima bisogna guarire

Così facendo, il corridore della Quick-Step Alpha Vinyl Team si è messo a disposizione, ma non riuscendo mai ad essere al top della sua condizione, dovendo saltare – ad esempio – il Giro d’Italia e il Giro di Lombardia che nel 2021 lo aveva visto giungere sul traguardo di Bergamo secondo, alle spalle di Pogacar. Primo insegnamento: prima di ripartire, guarire al meglio.

«Ho continuato ad assumere antibiotici, antinfiammatori, antidolorifici – spiega – ma il dolore era davvero limitante. Alla Vuelta, dopo 10 minuti di corsa, sentivo un male atroce. Del resto la sella è una delle poche parti del corpo su cui poggia continuamente una parte delicata del nostro corpo».

Proseguire in queste condizioni ha sicuramente temprato nello spirito e nella grinta Masnada che è riuscito ad arrivare a Madrid, scortando la maglia rossa di Remco Evenepoel, solo grazie alla sua tenacia e al tifo dei suoi compagni: «Volevano tutti che arrivassi alla fine e ce l’ho fatta, è stata una dura prova, ma arrivare in fondo era il mio unico obiettivo».

Masnada ha concluso la Vuelta aiutando Evenepoel a vincerla, nonostante la grande sofferenza
Masnada ha concluso la Vuelta aiutando Evenepoel a vincerla, nonostante la grande sofferenza

Sei settimane di stop

Finita la stagione, si volta pagina e si correggono gli errori. «A proposito del recupero – spiega il 29enne bergamasco – ho deciso di rimanere lontano dalla bicicletta per 6 settimane dopo l’ultima corsa di settembre. Solitamente ne faccio solo quattro, ma quest’anno sentivo davvero il bisogno di guarire al meglio. Ho continuato con gli antibiotici, ma mi sono concesso una lunga vacanza prima di tornare a pedalare. Ora va decisamente meglio, sto seguendo i miei programmi e il dolore è solo un ricordo».

Quest’anno Masnada si è concesso uno stacco di 6 settimane: qui in Giordania con la compagna Federica (foto Instagram)
Quest’anno Masnada si è concesso uno stacco di 6 settimane: qui in Giordania con la compagna Federica (foto Instagram)

Una nuova sella

Riposo, certo, ma anche qualche fondamentale accorgimento per quanto riguarda l’assetto in bicicletta. Obbligatorio, per Masnada, rivolgersi al suo mentore: il bergamasco Aldo Vedovati.

«Insieme a lui – spiega Masnada – abbiamo corretto la posizione in sella per ridurre al minimo lo sfregamento del soprasella. Questo anche perché io sono molto delicato in quella zona, avendo subito un’operazione nel 2020. Ho cambiato il modello di sella, ho aggiustato il suo arretramento e corretto anche l’altezza del manubrio. Sto bene, mi sento stabile e riesco a dare il massimo».

L’infiammazione di Masnada potrebbe essere derivata da un’igiene non perfetta del fondello, lavato negli hotel
L’infiammazione di Masnada potrebbe essere derivata da un’igiene non perfetta del fondello, lavato negli hotel

L’igiene del fondello

Messi a posto riposo, recupero e assetto, c’è un altro aspetto però che andrà curato al termine di ogni uscita: l’igiene. Una delle cause dell’infiammazione che ha rilevato Masnada sta nella pulizia del fondello. 

«Il problema – spiega – è sorto in un periodo in cui ero sempre lontano da casa, alloggiavamo in albergo, lavavano lì i nostri indumenti, ma non si sa mai come li trattino. Curare la pulizia invece è determinante per prevenire problemi come il mio. Quest’anno dunque presterò particolare attenzione alla pulizia di maglietta, pantaloncini, calzini disinfettando sempre tutto ogni volta che li utilizzo».

Piccoli segreti da World Tour, che possono cambiare la vita a tutti.

Nel mondo di Vedovati, il mago della posizione

17.02.2021
5 min
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Nell’era in cui tutto è super tecnologico, proprio laddove si presuppone la tecnologia la faccia da padrona c’è chi invece si affida ad occhio ed esperienza. E’ Aldo Vedovati, vero guru della biomeccanica.

Attenzione però, Vedovati a macchinari, millimetri e dime ci ricorre eccome, ma come vedremo l’occhio dell’esperienza ha la meglio. E se tanti, ma proprio tanti professionisti vanno e tornano nel suo laboratorio, un motivo ci deve essere.

Lo storico gruppo della Colpack fa riferimento a Vedovati (in foto) da molti anni
La Colpack fa riferimento a Vedovati (in foto) da molti anni

Da Zandegù al laboratorio

La storia di Vedovati comincia oltre 30 anni fa. Iniziò a lavorare nel negozio di bici, Cicli Vedovati, che aprì suo padre.

«Poi – racconta lui stesso – feci il meccanico nella squadra di Zandegù nei primi anni 80, ma già dal 1984 lasciai le corse per il negozio e il posizionamento. Dal 2008 invece seguo solo il reparto di biomeccanica nel mio studio al Albino, Bergamo. Il negozio l’ho ceduto.

«Seguo il posizionamento dalla A alla Z. Ho tantissimi corridori (alcuni non può dirli per ovvie questioni di sponsor, ndr). Per esempio uno dei tanti che è passato da me è stato Paolo Savoldelli che è delle mie zone, ma anche Ivan Basso, e poi oggi seguo Nizzolo, Ciccone, Colbrelli, Villella… ne ho una trentina buona».

Le tre fasi di Vedovati

Fino a qualche tempo fa la “biomeccanica” era semplice: “stai più lungo e stai più basso”. 

«Oggi – spiega Vedovati – è cambiato tanto, anche perché sono cambiati i componenti. Ma prima di tutto va detto che c’è chi cerca la posizione per lavoro, il professionista, e chi quella per divertirsi, l’amatore. Dal pro’ devi cercare di tirare fuori la miglior resa possibile da quella posizione. Quello che per me è importante è vederlo su strada, in azione. E’ la prima cosa. Esco in bici con i corridori prima e dopo il test. Ho preso una bici con pedalata assistita per seguirli, specie quando andiamo in salita. Ho un lungo rettilineo con scarsissimo traffico dove li porto. Lì, li osservo, li studio.

«La seconda “tappa” della mia visita passa poi per le scarpe. Analizzo bene la posizione del piede e della scarpa, come spinge quando pedala. Per me è importantissimo perché i piedi sono le fondamenta della posizione. Terza fase, passo alla sella: arretramento, inclinazione, altezza. Da lì sistemo poi anche la parte del manubrio, ma è una conseguenza».

Per Ciccone posizione sul manubrio bassa ma non eccessivamente lunga
Per Ciccone posizione bassa ma non eccessivamente lunga

Basso e lungo…

«Stare bassi e lunghi, come si diceva fino a qualche anno fa, oggi non vale più. Bassi magari sì, l’aerodinamica resta importante, ma non c’è questa ricerca estrema come prima. E lo stesso vale per gli attacchi manubrio: una volta si vedevano i 130, 140 e anche 150 millimetri. Adesso invece si sono accorciati perché si sono allungati gli orizzontali. E per me è meglio, la bici è più stabile. Anche se per esempio Basso fino alla fine non ne ha voluto sapere ed è rimasto con i suoi attacchi lunghi.

«Stando meno schiacciati i corridori respirano meglio e questa regola ormai vale anche a crono, lì ne guadagna anche la guidabilità. Respirando meglio va da sé che il corridore renda di più. Bisogna sempre trovare il giusto compromesso con l’aerodinamica».

E la sella?

L’esperienza conta, specie per Vedovati che quasi non utilizza i computer.

«Utilizzo poco il computer, ma ho i miei strumenti e le mie dime, che mi sono fatto fare appositamente su miei disegni. Oggi si tende a stare più avanti e per me in alcuni casi si esagera anche un po’. Spesso si vede la rotula superare la verticale sull’asse del pedale quando questo è orizzontale. Il che può anche andare bene per una crono, per una brevissima tappa di salita o per qualche corsetta amatoriale… ma non per sforzi prolungati perché in quel modo il quadricipite, il muscolo più importante, è chiamato ad uno sforzo enorme. Per me quindi okay la posizione aggressiva, ma non troppo.

«Sempre per lo stesso motivo non do mai l’altezza di sella massima consentita dal cavallo, perché dopo parecchio tempo la pressione si fa sentire e il muscolo si accorcia. Il risultato? Il corridore inizia a basculare. Mediamente mi tengo più basso di un paio di millimetri, il che non guasta neanche per la guida».

Vedovati dedica moltissima attenzione al “reparto piedi”: pedali, tacchette, suole, scarpe
Grande attenzione al “reparto piedi”: pedali, tacchette, suole, scarpe

Ancora sui piedi

Prima di congedarci Vedovati, richiama l’attenzione sui pedali. Per lui il “reparto piedi” è davvero il più importante. Il biomeccanico bergamasco dedica moltissimo tempo alle scarpe. Ogni corridore gli lascia un “clone” del suo modello con le tacchette da lui posizionate e così quando deve cambiare scarpe nel corso della stagione Vedovati sa già come le deve fissare, tanto che alcune aziende inviano le scarpe direttamente nel suo laboratorio e non all’atleta.

«Il piede – conclude Vedovati – deve essere il più possibile vicino all’asse del pedale, laddove c’è il punto di spinta. Per questo faccio utilizzare suole basse. La scarpa, credetemi, è davvero importante. Io analizzo il tutto al podoscopio e valuto se poi c’è bisogno del plantare. In quel caso li mando da un ortopedico, non uno qualsiasi, ma uno che abbia esperienza con i ciclisti. Non serve un plantare per camminare, ma per pedalare.

«Le tacchette? Quelle fisse vanno bene solo per chi davvero non ha problemi, altrimenti un minimo di mobilità serve sempre. Anche per la posizione dei piedi preferisco vedere gli atleti su strada e non sui rulli. Sui rulli viene meno la componente dell’equilibrio che riguarda principalmente proprio i piedi».