Ai mondiali di Zurigo c’era un’assenza che ha fatto rumore. E’ quella di Marlen Reusser, la specialista della cronometro che sarebbe stata una delle più chiare speranze di podio per i padroni di casa. Sarebbe, perché l’elvetica non gareggia da maggio. Anzi, non si allena e non perché non ne abbia più voglia.
In un’intervista a SRF, la Reusser ha raccontato il suo calvario: «A fine primavera ho avuto un mal di gola trasformatosi in bronchite. Nonostante le cure continuavo a peggiorare. A giugno ho provato a riprendere ma con la febbre che saliva e scendeva non aveva senso. Ad agosto ho avuto la diagnosi di sindrome da Long Covid che mi ha trasformato in una malata cronica, con momenti buoni alternati ad altri molto brutti. E ho paura che non passerà».
Una diagnosi che dà da pensare e per questo abbiamo voluto allargare il discorso parlando con Carlo Guardascione, medico della Jayco AlUla per capire quanto il virus che quattro anni fa ha congelato non solo l’attività ciclistica ma la vita quotidiana di buona parte del mondo sia ora impattante nei suoi effetti: «Premesso che del caso in questione non possiamo saperne a sufficienza, se non quello che la ragazza ha detto, oggi con il Covid si viaggia a vista, ma mi sento di dire, anche in virtù della mia esperienza di medico di base, che i casi di long covid sono strettamente legati alla mancata vaccinazione. Chi ha fatto almeno parte delle dosi prescritte, è molto più garantito».
Quanto incide su chi fa attività ciclistica?
L’allenamento intenso influisce sulle difese immunitarie, le fa diminuire e quindi chi fa sport, senza un’adeguata protezione data dal vaccino, è più esposto. Che cosa è cambiato rispetto ai primi tempi? Ora il Covid è stato quasi sdoganato, quando si avvertono i sintomi come raffreddore e mal di gola, si pensa che siano solo questi, invece se si tratta di sintomi Covid, è importante che si stia fermi, si dia uno stop alla propria attività.
Per la sua esperienza sul campo, i casi sono molti?
Ce ne sono, e per quel che vedo nella stragrande maggioranza colpiscono chi non si è vaccinato. In base a quel che sappiamo, noi possiamo usare una terapia sintomatica, in presenza in particolare di quei segnali tipici del long covid: astenia, problemi a gusto e olfatto che persistono, turbe del sonno. E’ importante però che si agisca nei primissimi momenti, con integratori e farmaci per alzare le difese immunitarie, un po’ come avviene nella mononucleosi, per questo è importante fermarsi e riprendere solo quando il fisico tornerà a rispondere adeguatamente.
Nei team i controlli vengono fatti?
Noi prima di ogni corsa a tappe e di ogni serie di corse d’un giorno ravvicinate nel tempo e quindi riservate agli stessi atleti, facciamo una serie di tamponi a tappeto, a tutti i componenti della squadra, corridori e staff. Chi presenta sintomi viene fermato preventivamente. Anche noi vediamo che le maglie regolamentari sono diventate più larghe, che chi è positivo ma asintomatico viene fatto gareggiare, ma d’altronde abbiamo ormai acclarato che la risposta di ogni individuo al virus è diversa, anche in base a che cosa si è fatto come vaccinazione. Chi le ha fatte resta più protetto.
Di vaccini oggi si parla abbastanza poco. Quelli disponibili sono aggiornati alle ultime varianti del virus?
Sì, assolutamente. Il vaccino è consigliabile per bambini, anziani e persone fragili per malattie pregresse, per questi è bene fare il richiamo. Per gli altri, compresi i nostri atleti, è importante che facciano il vaccino antinfluenzale che agisce sui virus stagionali esponendo molto meno i soggetti. Anche il vaccino antinfluenzale è aggiornato alle variazioni dei virus e dà un’ottima protezione. Nel nostro team oltre l’80 per cento dei tesserati si vaccina contro l’influenza.
Il covid è ancora diffuso?
Sì, molto. Anche nell’ambiente ciclistico, abbiamo visto come al Giro di Francia siano stati tanti i casi e molti corridori presentando sintomi siano stati fermati. Io riscontro casi tutti i giorni di mia presenza a studio. L’unica differenza con il passato è che sono molti meno i casi che necessitano di ricovero e questo è frutto della campagna di vaccinazione.