Alessandro Fedeli, secondo sull’arrivo in salita di Termessos, ha un diavolo per capello. Dice che il vincitore della Uno-X lo ha chiuso nella rimonta, ma Madsen Jacob Hindsgaul rimanda tutto al mittente. E se per il veronese della Gazprom-RusVelo l’eventuale vittoria sarebbe stata per sua stessa ammissione una sorpresa, per il danese del team in maglia giallorossa il compito è riuscito per come l’avevano progettato. Nulla si inventa, neanche al Tour of Antalya.
«Eravamo venuti a vedere la salita nei giorni scorsi – dice ai piedi del podio – l’obiettivo era vincere, per cui dal mattino eravamo molto motivati e sono riuscito a finalizzare. Avevo messo da tempo gli occhi su questa tappa, la forma è buona, ma si tratta pur sempre della prima vittoria da pro’, quindi un po’ di sorpresa c’è. I compagni sapevano di dovermi portare davanti all’ultima curva, perché in un gruppetto di venti potevo vincere. Invece ci sono arrivato in quinta, sesta posizione, più indietro di quanto volessi. Per questo ho dovuto rimontare dall’esterno a tutto gas e un po’ chiudere la traiettoria. Ma spazio per passare ce n’era di certo…».
Le immagini mostrano che Hindsgaul ha effettivamente chiuso la traiettoria, ma anche che rispetto a Fedeli veniva su a una velocità sensibilmente superiore. Per questo alla fine le rimostranze sono durate appena un battito di ciglia.
Anche al Tour of Antalya l’assistenza neutra è assicurata da Shimano L’anfiteatro di Termessos sorge a 1.000 metri di quota, 30′ di cammino dal traguardo
Turisti per caso
Il primo arrivo in salita della stagione lascia comunque il segno, anche se la pendenza non era da capogiro. Quando la Uno-X si è messa davanti a scandire il passo si è capito comunque che qualcosa bollisse in pentola, mentre dietro i corridori si staccavano come schegge.
Neve ai lati della strada, tornanti e il traguardo alla fine della strada, dove un parcheggio per turisti suggerisce la visita all’antica Termessos e alle sue rovine a mille metri di quota. Un viaggetto da turisti da queste parti varrebbe la pena considerarlo, ma mentre i corridori delle retrovie continuano a raggiungere la vetta alla spicciolata, il lavoro ci strappa alla riflessione e ci buttiamo nuovamente nella mischia inzaccherata della terra turca.
Vizietto di… famiglia
Nello stesso giorno in cui il compagno Charmig Anthon, 23 anni (1,82 per 66 chili), ha vinto sul traguardo di Qurayyat al Tour of Oman e una settimana dopo la vittoria di Johannessen, 22 anni (1,76 per 64 chili) all’Etoile de Besseges, ecco un altro danese longilineo che vince in salita. Un metro e 87 per 67 chili, magrissimo, sicuro e veloce. Del modo di lavoro della squadra e di questi scalatori danesi e norvegesi ci aveva già raccontato Kurt Asle Arvesen che li guida, ma certo è insolito riscontrare il dominio in salita di corridori di tal fatta.
«Vivo in Danimarca – sorride – in una zona che più pianeggiante non si potrebbe. Non credo serva vivere su un monte per andare forte in salita, puoi prepararti bene nei training camp in montagna e quando sei a casa rilassarti e recuperare gli sforzi. Un esempio può essere Jonas Vingegaard. Anche lui vive in Danimarca, ma è arrivato terzo al Tour. E vincere il Tour è il mio sogno da quando sono salito su una bicicletta da corsa, anche se a dirlo adesso può sembrare che mi dia delle arie».
Subito fra i grandi
Chi segue le cose dei dilettanti lo ricorda vincitore del prologo al Giro di Val d’Aosta del 2019 quando aveva da poco compiuto 19 anni (poi però si ritirò), quindi secondo al Piccolo Giro di Lombardia dell’anno successivo, alle spalle di Sweeny.
«Ho cominciato a correre da junior – dice – e non ho pensato di farne un mestiere fino al piazzamento nel Tour de l’Avenir dello scorso anno. Entrare a 19 anni nel team Uno-X e confrontarmi subito con i corridori del WorldTour all’inizio mi era parso un pensiero selvaggio, perché sono i migliori ciclisti del mondo e fino al 2020 li guardavo sfidarsi in televisione. Nonostante questo, cerco di ricordare a me stesso che sono solo ragazzi come me, che si divertono ad andare in bicicletta. Purtroppo il 2020 non è stato un grande anno e sono stato fra quelli che si è speso tanto nelle sfide virtuali, ma ora è ciclismo vero».
Dopo il traguardo Fedeli spiega ai compagni le sue disavventure Sul podio, oltre a Fedeli e Hindsgaul, anche l’olandese Wirtgen
DOpo il traguardo Fedeli spiega ai compagni le sue disavventure Sul podio, oltre a Fedeli e Hindsgaul, anche l’olandese Wirtgen
Ottimismo Fedeli
Così vero che, salvo sorprese, domani si porterà a casa anche la classifica generale, mentre Fedeli dopo il podio ha ritrovato il sorriso e ammette lo stupore per una prestazione così buona.
«Di stare bene lo sapevo – ammette – ma non così bene. Salite lunghe non le ho mai fatte negli ultimi anni, a parte da dilettante al Giro di Val d’Aosta, quindi parecchio tempo fa. Tutto bene, sono contento. All’ultima curva sono rimasto chiuso. A metà tappa mi hanno urtato e il cambio ha smesso di funzionare, anche se mi sono fermato per raddrizzarlo. Giornata difficoltosa, in situazione ottimale avrei potuto vincere. Sto bene, sono sereno di testa. Ho trovato la squadra dove mi trovo veramente bene, spero di continuare con questo morale. L’anno scorso ho toccato il fondo quindi adesso vedo tutto roseo, questa squadra è veramente organizzata. Il secondo posto un po’ dispiace, ma sono le prime gare…».