LA NUCIA (Spagna) – Nel giorno in cui Pogacar annunciava il suo piano e Matxin lo descriveva, Ulissi osservava la scena con il pizzico di ironia tipica dei livornesi (in apertura, foto Fizza/UAE Emirates). Far parte della squadra numero uno al mondo è coinvolgente, aver concorso al primato con vittorie e punti è motivo di orgoglio, resta da capire come sia ritrovarsi ai margini delle grandi manovre.
Forse quello che aiuta Ulissi è il realismo che lo ha sempre accompagnato e lo ha tenuto lontano da scelte affrettate, come quella di cambiare squadra all’indomani di un bel risultato, attratto dalle proposte che spesso si fanno sotto come sirene. Un corridore come lui, che ha vinto per due anni di seguito il mondiale juniores, oggi sarebbe stato al centro di un mercato serrato. Quel che traspare conoscendolo è che il suo centro sia la famiglia (abbiamo parlato giusto ieri del terzo figlio in arrivo) e che il ciclismo sia il modo di conquistarsi un posto migliore nel mondo. Il suo punto di vista è venuto fuori parlando di Matteo Trentin, che ha la stessa età.
«Devi capire in che squadra sei – dice – devi anche capire che gli anni passano e in che squadra sei. Diventa sempre più difficile, però anche la scelta di Matteo la posso capire. Negli ultimi anni ha dimostrato di essere ancora un corridore molto forte e ritrovarsi in una squadra di giovani, potendo anche levarsi delle belle soddisfazioni, è una bella motivazione».
Tu sei rimasto sempre nella stessa squadra, come mai?
Semplicemente perché alla UAE Emirates ho trovato il mio ambiente ideale. Ho sempre fatto bene, non mi hanno fatto mancare niente e mi hanno sempre premiato. Sono rimasto sempre volentieri. Nel mio percorso ho trovato persone veramente speciali a cui sarò sempre grato. Prima Saronni, poi Gianetti e Matxin.
Prima era Lampre, poi è diventata UAE Emirates.
Quando c’è stato il passaggio, chiaramente ho dovuto prendere delle decisioni. Però ci conoscevamo e con Matxin avevo già lavorato quando era direttore sportivo alla Lampre. Insomma, non ho avuto alcun dubbio e la scelta mi ha premiato.
Ci sono state offerte che ti hanno fatto vacillare?
Certo che ci sono state, soprattutto quando ero più giovane. Però non ho mai vacillato, anche se venivano dalle squadre più forti che c’erano in quel momento. Però in questo ambiente ci stavo benissimo e a quel punto il mio sogno è diventato arrivare a fine carriera con gli stessi colori. Mi sono messo nelle condizioni di riuscirci. Ho sempre fatto tutto bene, sono venute vittorie e punti e la squadra me lo ha riconosciuto.
Nel frattempo la squadra si è riempita di giovanissimi: l’età media è molto bassa.
E’ vero. Majka, Laengen ed io siamo del 1989 e siamo i più vecchi. Però è un valore, è importante mettere la mia esperienza al servizio di questi giovani. Ci parlo molto durante gli allenamenti e nei momenti di riposo. Sono anche io a loro disposizione.
I corridori più maturi dicevano che più passa il tempo, più ci si deve allenare. E’ ancora vero?
Per fortuna un po’ è cambiato, perché con i nuovi allenamenti non c’è più l’esigenza di fare tante ore: si punta sulla qualità, ma è normale che devi stare più attento. Dallo stretching alla palestra, facendo tutti i lavori che ti mantengono vivo. Piuttosto è vero che non conviene fermarsi troppo a lungo a fine stagione, perché ritrovare il ritmo diventa più difficile. Ai primi anni da professionista, stavo anche un mese e mezzo senza bici, adesso non stacco mai per più di tre settimane. E ho la fortuna che non ingrasso più di tanto.
Quest’anno nel tuo calendario non ci sarà il Giro d’Italia.
Farò un calendario differente rispetto alle scorse stagioni. Nessun grande Giro, perché mi concentrerò sulle classiche Monumento a partire dalla Sanremo, poi la campagna delle Ardenne. E farò altre gare, alla ricerca di punteggi che dal prossimo anno tornano decisivi.
Quindi l’assenza dal Giro non dipende dalla presenza di Pogacar?
Il discorso non è questo, anche perché negli ultimi anni c’era Almeida e ho lavorato bene per lui. Matxin ha pensato a questo programma, dicendo che posso fare risultato e non avrebbe senso portarmi alle corse per tirare. Per me va benissimo, non ho alcun problema.
Quanto conta il discorso dei punti?
Tantissimo, è molto importante, sia per le squadre di alta classifica sia per quelle di bassa. E’ un aspetto che nel corso degli anni è cambiato. Prima si puntava molto di più a determinate gare. Chi preparava i grandi Giri, chi le classiche e cercava di arrivare all’obiettivo al 100 per cento. Adesso invece devi cercare una condizione più continua, per essere ad alto livello tutto l’anno.
Avete festeggiato la vittoria del ranking?
Abbiamo cominciato nel ritiro di Abu Dhabi e abbiamo proseguito qua. Abbiamo ripercorso la stagione. Siamo i primi al mondo ed è una grande soddisfazione per noi e per i nostri capi.
Per come lo conosci, che cosa c’è da aspettarsi da Pogacar al Giro?
Tadej è un corridore sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuovi stimoli. Negli ultimi anni correre in Italia gli è sempre piaciuto. L’ambiente italiano gli va a genio, ha vinto due volte la Tirreno, è stato protagonista alla Sanremo, ha vinto per tre volte il Lombardia. Penso che per come è disegnato il Giro d’Italia, proverà certamente a vincerlo.
E poi il Tour?
Intanto il Giro, poi si vede. Insomma, come si dice? L’appetito vien mangiando…