Lo Svizzera di Velasco, fra mal di gambe e un piano tricolore

11.06.2024
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Sta diventando un tema. Andare a fare una corsa a tappe pochi giorni dopo il Giro d’Italia non è più semplice come una volta. Lo aveva raccontato Fortunato al Delfinato, lo ha confermato ieri Bartoli. La voce che si aggiunge oggi è quella di Simone Velasco. Il campione italiano però al Giro di Svizzera c’è andato con due motivazioni speciali. La prima è vincere una corsa con la maglia tricolore, prima di rimetterla in palio il 23 giugno a Firenze. La seconda è riconquistarla, in modo da continuare il suo viaggio da ambasciatore italiano nel mondo.

«Io gliel’avevo detto a Fortunato che il Delfinato era troppo vicino – dice scherzando il bolognese – poi alla fine è andato anche abbastanza bene, perché è riuscito a prendere la maglia degli scalatori. Gli ho detto che al suo posto ci avrei pensato e che facendo invece lo Svizzera avrebbe avuto più tempo per recuperare, però ormai è andata così».

Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
A te invece come sta andando?

Sicuramente non ho potuto mollare più di tanto, altrimenti qui non ci sarei nemmeno arrivato. Quindi ho fatto 4-5 giorni abbastanza tranquilli e poi ho ripreso ad allenarmi, non proprio come se non avessi fatto il Giro, però comunque due o tre allenamenti belli tosti li ho messi dentro. Adesso siamo qua e la condizione è un giorno buona e un giorno male, come succede sempre dopo il Giro. Ho cominciato a notarlo nella tappa di ieri. Ci sono dei momenti che ti senti da Dio e dei momenti che sei morto, però questo si sa. L’anno scorso ero messo forse peggio, perché il Giro l’avevo chiuso al lumicino. Perciò spero di fare un bel risultato in qualche tappa. Con la maglia tricolore ho fatto tanti bei piazzamenti, ma non ho mai vinto e forse è l’unico rammarico che ho di questa stagione.

Quindi il Giro non ti ha dato condizione?

La condizione non te la dà più un Grande Giro, ma solo l’allenamento fatto bene in quota e qualche corsa. Una breve corsa a tappe o una serie di gare di un giorno. Il Giro, come il Tour e la Vuelta, possono darti la gamba buona, ma devi avere il modo di recuperare e per farlo ci vuole del tempo. Qualche anno fa i Grandi Giri erano meno tirati, difficilmente arrivavi alla fine così al lumicino.

Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
In compenso Van der Poel arriva al Tour avendo fatto in stagione soltanto sette classiche.

Anche da questo si vede che è diventato un cecchino. Prepara gli appuntamenti, vuole arrivarci ben preparato e consapevole della condizione che ha. Effettivamente non si può che dargli ragione, perché quest’anno ne ha sbagliati veramente pochi, anzi direi quasi nessuno. Tutti i grandi corridori vanno mirati agli appuntamenti principali. Addirittura tanti di quelli che andranno al Tour salteranno i campionati nazionali per restare in altura. Siamo arrivati a questi livelli…

Anche tu avresti preferito essere in altura e non allo Svizzera?

Se avessi dovuto scegliere, forse quest’anno non avrei neanche fatto il Giro. Le tappe alla mia portata erano veramente poche e forse mi sarei orientato sul Tour. Avrei fatto una preparazione più centrata sulle classiche e poi l’altura a giugno, per cui sarei arrivato ai campionati italiani molto più fresco. Però d’altro canto con la maglia tricolore è anche bello partire nella corsa di casa. In ogni caso dopo il Giro, avrei preferito staccare un po’, andare in altura e preparare l’italiano. Solo che non andando al Tour, avrei fatto l’altura per una sola gara. Se va bene, sei stato un grande. Se va male, ti prendono per stupido.

Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
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Come è stato questo anno in maglia tricolore?

Sicuramente un anno speciale, un motivo di orgoglio. Mi ha dato tanto e penso di essere cresciuto anche a livello fisico e mentale. Sarà difficile riconfermarsi, ma sono convinto che domenica 23 sarò in buona condizione. L’importante sarà vincerlo di squadra, se poi riesco a riconfermarmi io, ancora meglio. Comunque uno l’ho portato a casa e lo terrò sempre con me. Il tricolore è qualcosa di importante in tutto il mondo, tutti conoscono l’Italia. In Canada è capitato in due o tre occasioni che mi avvicinasse qualcuno per fare una foto insieme e mi dicesse di essere italiano. Sono cose che ti toccano, insomma…

L’anno scorso la vittoria fu tua e di Martinelli che ti guidò dall’ammiraglia.

Anche quest’anno si parte per fare bene. Poi sono le gambe a dare le sentenze finali. Non tutti gli anni sono uguali e penso che quest’anno quelli che poi andranno al Tour verranno a Firenze con la voglia di fare bene. Non sono tanti, ma sono tutti papabili vincitori.

Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Cosa sai del percorso?

Non ho mai corso la Per Sempre Alfredo, che è alla base degli italiani. Però ho parlato con Bennati che mi ha mandato il file del percorso gara e l’ho guardato. Sicuramente andrò giù un giorno prima per visionarlo. Potrebbe svolgersi sulla falsa riga dell’anno scorso, forse è leggermente più duro. Dall’ultimo scollinamento mancherà un po’ meno all’arrivo e la discesa è tecnica, quindi sarà anche difficile ricucire in caso di un attacco forte. Bisogna solo farsi trovare pronti e non mollare. Mordere il manubrio e poi sperare di avere buone gambe. Perciò adesso si prova a fare qualcosa anche qua e poi… ci vediamo in Toscana!