Forse la partecipazione della VF Group-Bardiani al Giro d’Italia non è mai stata in discussione. Nonostante ciò, vedere il proprio nome fra quelli che il 4 maggio prenderanno il via da Torino ha portato in casa Reverberi la serenità per continuare sulla strada intrapresa a dicembre nel primo ritiro.
«Per una squadra italiana – spiega Roberto Reverberi – l’ufficialità del Giro è questione di vita o di morte. L’80 per cento della pubblicità di uno sponsor è legata a questo. E’ vero che non è un diritto, a meno che non arrivi fra le prime due professional. Ma noi l’anno scorso siamo arrivati sesti nella classifica europea, ci ha passato la Q36.5 per una multa presa da Henok e i punti che gli hanno tolto. Per cui certi commenti sul nostro organico e sul fatto che non meriteremmo il Giro li rimando al mittente. Siamo stati la prima squadra italiana, da qualche parte quei punti li avremo pur fatti…».
Avevate già pronto il piano B?
No, zero. Abbiamo programmato tutta la stagione in previsione del Giro. Facciamo sempre doppia e anche tripla attività, il piano B sarebbe stato fare richiesta per qualche gara a maggio. Ma onestamente non abbiamo mai pensato al rischio di non esserci. Insomma, avevamo già prenotato due ritiri in altura con le date per il Giro.
Esiste anche una lunga lista di nomi?
Proprio per un fatto di programmazione, abbiamo un gruppo di 10 corridori ai quali però si potrebbe unire qualcun altro, se durante l’anno dovesse andare bene. A quel punto si potrebbe inserirlo nel secondo ritiro, come pure non è da escludere il coinvolgimento di qualche giovane all’ultimo momento, come già capitato in passato.
Pellizzari fa parte di quella lista. Quale potrebbe essere un suo obiettivo realistico al Giro?
Finirlo sarebbe già una cosa importante. Il massimo con un giovane così, visto che qualcosina l’ha già dimostrata, sarebbe provare a vincere una tappa. Non avrà l’assillo della classifica e allora potremmo puntare sulle 2-3 giornate importanti, con percorsi adatti e dove magari c’è meno controllo. Potenzialmente una potrebbe anche giocarsela: vincere è difficile, fare un bel piazzamento è alla sua portata. Lo ha dimostrato l’anno scorso al Tour of the Alps. Poi conoscendolo, quando si trova là davanti, gli viene anche più grinta. Credo sia presto pensare alla classifica, visto anche il livello dei partecipanti.
Chi altri, oltre a Pellizzari?
Uno potrebbe essere Martinelli che finora non è stato troppo costante per problemi di salute, tra cui il Covid. Finalmente ha risolto un problema al ginocchio e se trova la sua dimensione, può mettersi in luce. Di solito programmiamo tutto, ma se venti giorni prima uno di quelli prescelti non va e c’è un giovane che ha dimostrato qualcosa, lo mettiamo dentro. E a volte succede come con Ciccone, che prima del Giro 2016 aveva fatto vedere qualcosa e ha vinto la tappa di Sestola da neoprofessionista.
Come capisci se un giovane è pronto per debuttare al Giro?
Lo vedi dalle prime corse. Li vedi fare certi numeri che ad altri non riescono. Li riconosciamo noi dall’ammiraglia, ma se ne accorgono anche i corridori più grandi. Tonelli è uno dei più esperti, quello su cui si fa un po’ più affidamento. Penso a Modolo, brillante dall’inizio. Di Ciccone abbiamo detto. Colbrelli che per poco vinceva il Giro del Piemonte da stagista. Oppure Battaglin. Si vedono subito, non c’è bisogno di aspettare tanto.
Avere un corridore esperto e forte con cui misurarsi e confrontarsi fa crescere prima: perché non avete mai valutato di riprendere Pozzovivo?
Per una squadra come la nostra, al limite potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra.
Non è un fatto di stima.
Per lui ho tanto rispetto e ammirazione, è il corridore più serio che abbia mai visto. Domenico è stato anche sfortunato. Nell’ultimo anno con noi vinse cinque corse, compresa la tappa di Lago Laceno al Giro, l’ultima che ha portato a casa. Capisco che non sia facile smettere quando hai passato tutta la vita a fare questo lavoro, specialmente quando sai di essere ancora competitivo. Magari non è proprio un vincente, però capisco la voglia di chiudere la carriera in modo dignitoso e non perché qualcuno ti dice che devi smettere perché sei vecchio.
Facciamo un passo indietro, dove farete i due ritiri in altura?
Entrambi sull’Etna. Bisogna stare dietro a quello che fanno anche gli altri. Il gap rispetto agli squadroni è già abbastanza grande: se non fai le cose nel modo giusto, la differenza aumenta e fare risultato è impossibile.
Senza dimenticare che avendo messo in piedi una struttura di preparatori, anche loro spingeranno in questa direzione, no?
Hanno messo tutto nero su bianco. Il dottor Vicini, che rappresenta lo staff tecnico, ha preteso una serie di cose ben precise. E noi a quel punto gli abbiamo dato carta bianca. Almeno arriveremo al Giro senza rimpianti per quello che si sarebbe potuto eventualmente fare.
I corridori sembrano soddisfatti del lavoro fatto in ritiro a gennaio.
Abbiamo lavorato bene. Borja, il nostro allenatore spagnolo, è veramente bravo. Segue anche gli allenamenti delle squadre WorldTour, così abbiamo dei parametri di riferimento che vengono condivisi anche con i corridori. E proprio per questo i ragazzi hanno capito che devono lavorare il doppio rispetto a quanto facevano prima. Borja è un vero ricercatore. Dopo ogni corsa ha già in mano i dati dei protagonisti e li confronta con quelli dei nostri. L’altra mattina Zoccarato gli diceva di avere mal di gambe. E lui gli ha risposto che va bene, significa che ha lavorato come doveva. Se ti alleni forte, il mal di gambe fa parte del pacchetto…