PISA – E dopo la tappa di Siena è ancora una tappa toscana a sconquassare la classifica. La Toscana, ma anche il cronometro e la pioggia. Una pioggia intermittente che non ha fatto correre tutti sullo stesso piano. Senza dubbio Daan Hoole è stato bravissimo: è il campione olandese della specialità e vista la sua superiorità anche su Joshua Tarling, magari avrebbe vinto lo stesso. Ma già dai primi intermedi si è capito che questa poteva essere la sua giornata. Onore all’olandese.
Stamattina, nelle lunghe ore tra i bus prima del via a Lucca, si parlava di rapporti, ma anche di meteo. Quando arriva la pioggia? E il vento? Quanto sarà forte? Marco Pinotti, quando c’è da parlare di numeri e tattiche è sempre in prima linea, stava giusto valutando il meteo radar. E storceva il naso…


Pioggia caotica
Succede che Primoz Roglic, Egan Bernal e in parte anche Antonio Tiberi trovano le condizioni peggiori nel punto più tecnico della corsa. Proprio stamattina, parlando con i tecnici dei vari team, si diceva come queste bici da crono siano pressoché “inguidabili” se non si è esperti: baricentro verticale stretto e peso sbilanciato in avanti. Inizi a piegare e la bici resta dritta, poi “cade” all’improvviso. Più o meno quello che è successo a Roglic durante una viscida ricognizione.
Di buono c’è che si annuncia una grande sfida. E la cosa positiva, molto positiva, per Roglic è che la gamba c’è. Un dato fa riflettere: negli ultimi 8 chilometri lo sloveno ha guadagnato circa 30” sullo spagnolo.
E così la classifica è di nuovo scombussolata. Isaac Del Toro resta in rosa. Juan Ayuso lo morde sul fianco. Roglic è quinto a 1’13” e in mezzo ci sono Tiberi e Simon Yates.
«Ho fatto una crono senza prendere troppi rischi. Sarà la corsa a mettere tutti nelle loro posizioni – ha detto Del Toro – La cosa più bella per noi è la classifica: siamo messi molto bene. Se dovrò difendere la maglia rosa o aiutare i miei compagni, lo farò. Immagino che ci saranno altre giornate difficili come quella di Siena».


L’occhio del cittì
Per analizzare la crono abbiamo chiesto un parere a Marco Villa, commissario tecnico della nazionale, presente a Pisa e anche stamattina a Lucca. Il cittì ha parlato con diversi corridori e ha osservato da vicino le dinamiche della giornata.
Le buone notizie per lui, in ottica mondiali e non solo, arrivano da Mattia Cattaneo, quarto, da Edoardo Affini, quinto e anche da un superlativo Marco Frigo, ottavo: tutti a meno di 1′ da Hoole.
Cittì, partiamo da Antonio Tiberi. Che crono ti è sembrata la sua?
Antonio ha chiuso una crono in linea con quanto fatto finora: sempre nella posizione giusta, dentro i suoi target. Non si è ancora esposto più di tanto. Anche sugli sterrati e in salita è stato puntuale, sintomo che sta bene. E ha una squadra per lui, a cominciare da Damiano Caruso, che è andato bene anche oggi.


Va detto che lui, Bernal e Roglic hanno preso l’acquazzone nella parte più tecnica…
Vero, però l’importante era non perdere troppo. Questo vale soprattutto per Roglic, che ha qualcosa in più.
Capitolo UAE Team Emirates, passano le prime salite, gli sterrati e la crono ed ecco che ne piazza quattro nei primi sette. Se fossi il loro DS, che corsa faresti adesso?
Non mi pronuncio, ognuno in casa propria sa cosa ha a disposizione, come ha programmato di correre e quali problemi può gestire. La UAE è una squadra così organizzata che non ha certo bisogno dei miei consigli.
Ma da tecnico, meglio averne tanti davanti o gerarchie più definite?
Logico che andando avanti bisognerà decidere. Tante volte è la strada a farlo: la selezione naturale sistema le cose. Tra il non averne e l’averne tanti davanti, meglio averne! Quei quattro così davanti nella generale non danno fastidio alla UAE, ma agli altri sì.


Uno dei primi avversari di Ayuso e Del Toro resta Roglic: quel recupero nel finale è un segnale?
Sì, anche perché era caduto domenica, è caduto stamattina e magari in discesa con l’acqua ha scelto di rischiare meno. Però quando ha dovuto spingere, le gambe le aveva. Se ha chiuso così la crono, vuol dire che è arrivato con buone sensazioni. E’ quello che deve fare se vuol vincere il Giro d’Italia: per me era il favorito all’inizio.
E lo è ancora?
Secondo me sì. E’ lunga arrivare a Roma: ma la sua esperienza e quello che ha fatto vedere al Catalogna parlano chiaro.
C’è qualcuno che t’ha colpito?
La tranquillità di Tiberi e lo spirito di Giulio Pellizzari. A Siena mi è piaciuto moltissimo. Stamattina ci ho parlato, mi sembra bello sereno e di buon umore. Vuol dire che sta bene. Mi sono segnato anche la prova di Giulio Ciccone domenica.






Cioè?
Cicco sta bene. A Siena ha buttato una vittoria, viste le gambe che aveva nel finale. Quello strappo finale è un bel segnale anche per lui.
Guardiamo avanti: domani c’è la tappa del San Pellegrino in Alpe. Garzelli dice che è la più dura del Giro. Possono provarci Ciccone, Bernal, Carapaz?
Per me non ci saranno attacchi così lontani dal traguardo. Quelli che avete nominato guardano alla classifica. Attaccare sul San Pellegrino significa buttarsi allo sbaraglio. A dieci giorni dalla fine è troppo. Semmai dovranno conoscersi, capire che tipo di gambe hanno loro e gli altri. Se vuoi azzardare, o sei disperato o hai capito dove colpire. Ma non credo che attaccheranno da così lontano.
Insomma, sarà una tappa che misurerà la febbre?
Certo. Domani chi non ha recuperato, chi sta male, paga. Quella salita lì io l’ho fatta e… stavo molto male!