Tanto tuonò che non piovve. La tappa numero 15 del Tour de France, la prima pirenaica, doveva promettere chissà cosa e invece si è risolta con un pugno di mosche. Almeno per quel che riguarda la classifica generale. Perché poi di spunti interessanti ce ne sono stati. E quello più importante riguarda il colpo tanto atteso di Vincenzo Nibali.
Ci si aspettava un segno dallo Squalo ed è arrivato. Non super, a dire il vero, come si sperava, però c’è stato. E questo è importante. Sulla salita più alta della Grande Boucle è stato anche autore di un tentativo.
Il colpo dello Squalo
Solita partenza a tutta e nasce una mega fuga di 30 e passa corridori. Dentro stavolta c’è Nibali. Il corridore della Trek-Segafredo ci aveva provato anche il giorno prima, ma non ci era riuscito. Ma per il team di Guercilena poco male: visto quel che aveva fatto Mollema.
Ma oggi era importante dare un colpo. Glielo chiedeva l’Italia, glielo chiedeva Cassani e, ne siamo certi, se lo chiedeva lui stesso. Con lui ci sono due compagni: Elissonde e Bernard, segno che credono in lui. Tira poco Vincenzo, pedala bene e si nota una certa agilità. Ci prova anche, come detto, sull’Envalira. Poi nel finale quando aprono il gas, Kuss e Valverde hanno qualcosa in più. Però lui risponde, ci prova e solo alla fine alza bandiera bianca.
«Oggi la tappa è stata difficile, tutta – ha detto Nibali dopo il controllo antidoping – Oltre 4.000 metri di dislivello, specie dopo la tappa di ieri in cui ci avevo provato. Nella parte finale della gara, ad oltre 2.000 metri abbiamo pensato di fare un po’ di ritmo, ma c’era vento. Quando abbiamo preso l’ultima salita ognuno ha giocato tutte le sue carte e si è rotto tutto il gruppetto. Ma tutto sommato è stata una giornata importante nella quale abbiamo “messo” tanta fatica nelle gambe».
Ultimo Tour?
Quindi? Queste due settimane di Tour a cosa sono servite? Ci prendiamo la voglia di lottare, la condizione sicuramente migliore di quanto non fosse a Brest (e in crescita verso Tokyo) e mettiamoci anche un po’ di fiducia in più. Cosa che non guasta mai, anche se ti chiami Nibali e hai un palmares grosso così. La speranza è che questa fiducia lo Squalo l’abbia trovata. Ma questo lo può sapere solo lui. «La tappa di oggi è servita per testare anche un po’ la condizione – ha detto Nibali – che sinceramente è così, così…». Ma Vincenzo lo conosciamo da anni e spesso ha “rigirato la frittata” risorgendo dal nulla. E gli basta un barlume di luce perché riesca ad esaltarsi.
Il suo Tour de France finisce oggi. Potenzialmente potrebbe essere stata la sua ultima tappa in assoluto alla Grande Boucle. Non sappiamo cosa farà il prossimo anno. Vincenzo aveva dichiarato durante lo scorso giorno di riposo che si sarebbe fermato ad Andorra, al termine della seconda settimana. Testa e gambe sono, giustamente, tutte rivolte a Tokyo.
Da Rio a Tokyo
Molti hanno fatto il paragone con le Olimpiadi di Rio 2016. Si è detto che anche in quel Tour Nibali non aveva brillato e poi in Brasile, al netto della caduta, andò fortissimo. Però è un paragone sbagliato a nostro avviso. Innanzi tutto sono passati quattro anni e, volenti o nolenti, per chi va per i 37 anni non sono pochi. Poi Nibali in quel Tour sfiorò la vittoria due volte e veniva dalla conquista del Giro. I presupposti erano ben diversi.
Giusto fermarsi. Tokyo non è Rio. Il fuso orario è maggiore, c’è una pandemia in corso e la preparazione è diversa. Semmai “errore” c’è stato (o dovesse esserci), questo è da far risalire alla caduta prima del Giro. Ma non è imputabile a Nibali. In un ciclismo di perfezionismo, in cui tutto è al limite, quella era una fase cruciale per il Giro e per la stagione. Ed è stato un colpo, ma a senso inverso.
Perché? Perché Nibali stava facendo un certo tipo di lavori, molto mirati all’esplosività, e questo gli avrebbe consentito di correre un altro Giro. A catena poi sarebbe seguito un altro recupero e magari anche con altre sensazioni. Conoscendolo sappiamo che non mollerà fino alla fine. E quando toccherà a lui (il 24 luglio, ndr) a Tokyo quello sarà il giorno in cui andrà più forte in tutto l’anno. Su questo potremmo quasi metterci la mano sul fuoco.
Ma Valverde…
Prima di chiudere non si può non parlare di Valverde. Anche il murciano, 41 anni, sarà a Tokyo. Anche lui era nella fuga. Solo che le sue menate in salita hanno fatto male. Solo Sepp Kuss lo ha tenuto e poi lo ha anche staccato. Ma caspita che Alejandro!
Quello di Valverde non è stato un colpo: è stato un vero e proprio “presente”. Soprattutto se si pensa alla sua abilità nelle corse di un giorno, al suo sangue freddo e al suo spunto veloce. Quest’anno solo quel fenomeno che è Pogacar lo ha battuto a Liegi. E se pensiamo che Alaphilippe non ci sarà e che Tadej ha corso per la classifica e potrebbe essere stanco, per lo spagnolo il podio olimpico è ben più che una chimera.