I discorsi motivazionali di Madiot. Quando Lorenzo Germani nei giorni scorsi ce ne ha parlato, sapevamo esattamente di cosa stesse parlando. E da uno di questi interventi è iniziato il 2022 della Groupama-Fdj (in apertura gli uomini del Tour de France, come nella locandina di un grande film).
«Durante il briefing generale nel ritiro di Calpe – ha raccontato Marc a L’Equipe – ho fatto un confronto che potrà sembrarvi sconcertante, ma stavamo per iniziare la nuova stagione e avevamo le nostre domande. Ho pensato al 5 giugno 1944, a tarda sera, quando dei ragazzi salirono sulle loro barche. Non parlavano una parola di francese, non avevano mai messo piede in Francia, non era la loro guerra. Gli era stato detto: “Sbarcate! Molti di voi moriranno lì e gli altri, gli altri dovranno provare a conquistare Pointe du Hoc (il promontorio in cui si svolse la battaglia più dura, ndr)”. Così ho detto alla squadra: “Amici miei, salite sulla vostra barca. Non vi spareranno, ma ci sarà qualcosa davanti. Frontiere. Pavé. L’Alpe d’Huez. Volate. Quindi poche storie, andate!”».
Il terzo gradino
Ci sono stati finora molti segnali che la squadra francese di Pinot, Gaudu e Demare voglia partire con il piede giusto e punti decisamente in alto. Il fatto che il leader più solido abbia in apparenza superato i suoi problemi fisici ha portato nuova fiducia. E con la necessaria dose di cinismo di quando si punta così in alto, l’incidente di Egan Bernal ha riaperto una porta sul podio del Tour che altrimenti sarebbe stato probabilmente già assegnato.
«Se guardo i ragazzi che lo hanno conquistato negli ultimi anni – ha spiegato Madiot – perché non noi? E poi se non ci fissiamo questi obiettivi, tanto vale mettersi da una parte a vedere correre gli altri. Hanno due braccia, due gambe, quindi ci siamo anche noi. Pogacar e Roglic potrebbero essere un po’ sopra, ma c’è da occupare un altro gradino. E poi, guardate cosa è successo l’anno scorso a Roglic… Il nostro obiettivo sarà salire sul podio, dobbiamo sentire che è possibile. Pinot l’ha già fatto (3° nel 2014), Gaudu (11° nel 2021), se cresce un po’ non sarà lontano».
La rifondazione
A Madiot, che ha 63 anni e da corridore vinse due Roubaix, non è sfuggito che il 2021 sia stato al di sotto delle aspettative. La squadra ha investito parecchio, ma per vari motivi i risultati non lo hanno soddisfatto.
«Credo che abbiamo gestito bene il 2020 – ha detto – che tranne per l’incidente di Pinot, aveva dato dei bei responsi. Nell’inverno successivo invece siamo stati traballanti, non abbiamo fatto i soliti ritiri, non siamo mai riusciti a riunire tutto il team e così l’anno scorso siamo stati sempre fuori passo, mancava qualcosa. L’unico che ha fatto bene nel complesso è stato Gaudu, ma è passato in secondo piano per le difficoltà di Thibaut e di Demare. Perciò finito il Tour, ho pensato che fosse ora di fare un check-up generale. Abbiamo dedicato molto tempo ad analizzare il funzionamento della squadra. Ci sono stati tagli, persone che non ci sono più, sono state fatte delle scelte e siamo tornati in una dinamica diversa. E finalmente nel ritiro di Calpe a dicembre ci siamo ripresi tutti insieme».
L’unione sacra
Il paragone con lo Sbarco in Normandia. La necessità di avere una squadra e non un insieme di persone vestite allo stesso modo. Il richiamo a uno spirito più elevato. Il Covid ha fatto perdere il senso dell’unità. Allenarsi insieme ha rimesso in moto la sana concorrenza interna di cui ha parlato anche Pinot.
«Lo scopo di quel discorso – ha sorriso – era di far capire loro che dipende soprattutto da loro, da noi. Non voglio più sentire che domani andrà meglio. No, dobbiamo far andare bene l’oggi. Voglio che fra tutti quelli che vestono questa maglia ci sia una forma di unione sacra. Devono credere in quello che sono. A Pinot è stato detto che deve credere in se stesso e che si riprenderà. Ma ha anche bisogno di essere convinto. Perché il dolore tornerà e lui deve sapere di poterlo superare. E’ presto per parlare di gerarchie al Tour, ma credo che fra questi ragazzi coraggiosi ci sarà competizione. La mezza ruota in allenamento che fa male agli amici si fa ancora. C’è sempre un momento in cui c’è un confronto tra le forze. Anche in ritiro, delimiti il tuo territorio. Ho parlato con Thibaut, mi ha detto: “Dannazione, a Calpe non sono stato il migliore”. Beh, questo mi rassicura».