Tre orange ai primi tre posti: Casper Van Uden, Olav Kooij e Maikel Zijlaard. Uno sprint convulso, atipico e nervoso, come il circuito cittadino che lo precedeva. Strettoie (forse sin troppo pronunciate e brusche), curve, rotatorie, curve ancora nel chilometro finale: davvero uno sprint tosto. E tecnico.
Uno sprint che abbiamo voluto commentare con l’aiuto dell’ex cittì, Daniele Bennati: «Io non sono così d’accordo sul fatto che fosse un circuito pericoloso. Sì, c’erano un paio di strettoie importanti, ma siamo in città. Il fatto è che la prima volata di gruppo è sempre molto concitata, c’è molto stress. A vederla da fuori si fa fatica a giudicare».
«Piuttosto -riprende Bennati – penso che sia i corridori che, soprattutto, le ammiraglie non sapessero di quella strettoia decisa, prima del sottopassaggio. Di conseguenza i diesse non l’hanno comunicato. Si è visto proprio da come ci sono arrivati. Tanto è vero che al secondo giro tutto è filato liscio.
E’ un circuito che ho fatto anch’io. Posso dire che c’erano 12 chilometri di asfalto nuovo, perfetto. No, non me la sento di criticare per la pericolosità».


Big in allerta
La Alberobello-Lecce scorre più o meno secondo copione. Magari ci si sarebbe aspettati qualche uomo in più a far compagnia a Francisco Muñoz della Polti-VisitMalta e invece il gruppo lo lascia andare al suo destino.
Sono le squadre degli uomini di classifica ad accendere la miccia. Non per vincere, chiaramente, ma per togliersi dai guai. Ci riescono bene i Red Bull-Bora-Hansgrohe, benissimo gli EF Education-EasyPost di Carapaz e in modo sontuoso gli Ineos Grenadiers di Bernal: quanto ci piace vederlo lì davanti. Sarà un protagonista in più per la generale?
Altro momento inatteso: al traguardo volante la giovane UAE Team Emirates con Del Toro e Ayuso cerca di prendere qualche secondo di abbuono, ma incassa il “colpo in contropiede” di Roglic. Lo sloveno, attento, passa terzo e allunga, seppur di soli 2”, sullo spagnolo. Dettagli che però ci dicono quanto ci tengano a questo Giro. Un Giro d’Italia che secondo molti tecnici si deciderà sul filo dei secondi.


Pedersen, ancora un numero
Si decide tutto nel finale e a Lecce succede di tutto. Stavolta la Lidl-Trek non è fortunata. Mads Pedersen resta coinvolto in una caduta e poco dopo Giulio Ciccone ha una noia meccanica. La squadra si divide fra i due capitani. Cicco rientra con l’aiuto dell’immenso Jacopo Mosca, e Pedersen con Houle fa un numero.
Risale con il sangue freddo tipico della gente del Nord. Resta glaciale, non si innervosisce, spreca poche energie. Houle fa a spallate con chiunque e Mads lo segue. Risalgono da dentro il gruppo: chi ha corso sa quanto è difficile. Solo per riprendere la testa si allargano un attimo sull’esterno.
E al chilometro finale la maglia rosa è piazzata in modo perfetto. A nostro avviso a rompergli le uova nel paniere è Kaden Groves. Lo sprint è partito. Siamo agli 800 metri. L’australiano non ha il suo gregario: smette di pedalare. In quel momento cala la velocità e Pedersen resta un filo dietro.
«Ho capito perfettamente a quale momento vi riferite – spiega Bennati – è il corridore della Alpecin-Deceuninck che smette di pedalare e Pedersen viene un po’ chiuso. Magari se la sarebbe potuta giocare meglio fino alla fine. Però è anche vero che sulla carta ci sono sprinter con uno spunto più veloce di lui… almeno in una tappa piatta e facile. Perché poi alla distanza e su percorsi più duri lui è uomo di fondo e automaticamente torna ad essere il più veloce».
Come a dire che questa, al netto dei problemi avuti nel circuito e allo sprint, non era la tappa migliore per l’ex iridato.


Recriminazioni Kooij
E veniamo allo sconfitto: Olav Kooij. Edoardo Affini aveva fatto un ottimo lavoro e, forse, vista la velocità con cui è piombato sull’arrivo, chi ha più da recriminare è proprio Kooij. Van Uden ha toccato i 69,2 chilometri orari. Di certo Kooij ha demolito il muro dei 70.
«L’ho detto anche al Processo alla Tappa – continua Bennati – Affini ha svolto un lavoro esemplare, e Kooij ha sbagliato a non seguirlo. Semmai alla Visma | Lease a Bike è mancato un uomo (Van Aert? ndr), così mi è sembrato. Kooij non è uno sprinter che fa le volate di testa: per me si è spostato e si è lasciato scivolare un filo dietro. Ma ha sbagliato a seguire quell’istinto, in questo caso».
E a proposito dell’uomo in meno: era decisamente Wout Van Aert. Bennati ci aveva visto giusto. Il team manager dei gialloneri, Marc Reef, a fine corsa ha dichiarato che Wout voleva fare l’ultimo uomo, anche per questioni di stress inferiore. Il che ci sta, visto il momento che sta passando il fuoriclasse belga. Ma non ci è riuscito.
«Ha provato più volte, ma poi si è sempre ritrovato indietro – ha detto Reef a Wielerflits – immagino sia frustrato per non essere riuscito a svolgere il suo lavoro, tanto più che lui è un vero uomo squadra e aveva insistito per essere il lead-out».


Festa Van Uden
I ragazzi della Picnic- PostNL invece non hanno sbagliato nulla. Un lancio esemplare: compatti, veloci.
«Ammetto – continua Bennati – che Van Uden non l’avrei messo tra i superfavoriti per gli sprint. Poi magari vincerà tre tappe e parleremo di un velocista emergente. E’ stato molto bravo. Ha fatto una volata di testa, lunga, e ha mantenuto sempre una velocità molto alta. Nulla da dire».
Ma chi è Casper Van Uden? E’ un giovane olandese del 2001, ex pistard (passato che gli è tornato utile su questo circuito tortuoso), un ragazzone potente.
Lo avevamo visto anche in Turchia. Lì, a dire il vero, non aveva brillato. Ma ci dicevano stesse preparando il Giro d’Italia. Che quelle prestazioni erano figlie di un percorso di avvicinamento ad hoc al suo primo grande Giro. Evidentemente avevano ragione.
E proprio dalla Turchia parte Van Uden: «Non ho vinto da solo – ha detto subito – ha vinto tutta la squadra: i ragazzi che sono qui e tutto lo staff, anche coloro che lavorano in sede. Abbiamo fatto un ottimo lavoro con il treno fin dall’inizio della stagione, così come in Turchia la settimana scorsa, gara che ci è stata utilissima».
Van Uden aveva corso molto fino alle classiche veloci del Nord, fino alla Gand, insomma. Poi aveva salutato tutti e si era allenato sodo, anche se non sempre tutto è filato liscio.
«Ho vinto la prima volata del mio primo grande Giro, ma non credo sia una sorpresa. A volte dovrei credere in me stesso quanto ci credono i miei compagni. Non ho dovuto prendere vento fino ai 200 metri dal traguardo. So di avere una buona volata lunga, quindi ho dato il massimo e ho dato tutto quello che avevo fino al traguardo. Non so cosa riserverà il futuro, ma per ora sono felice di questa vittoria».
Il futuro non si sa cosa dirà, ma certo quei 1.590 watt di picco massimo e 1.280 medi nei 13 secondi di sprint poca cosa non sono!