Due settimane dopo la fine del Giro d’Italia, il capo è fresco reduce da una call con gli sponsor americani. Scherzando diciamo che c’è stato un tempo in cui quelli di Trek vincevano Tour a grappoli con l’americano, ma che poi è bastato un colpo di spugna per fargli sembrare un bel colpo anche il podio di Porte…
«Se è per questo – sorride Luca Guercilena – abbiamo preso Mollema e Pedersen senza spendere troppo e ci hanno vinto un Lombardia e un mondiale. Si prende quel che viene…».
Parlare con il manager della Trek-Segafredo è interessante per i suoi trascorsi da grande preparatore e il fatto di aver portato finalmente al Giro un certo Vincenzo Nibali, pur rispedito al mittente da giovani arrembanti, dall’anagrafe e da numeri da interpretare.
Che opinione ti sei fatto?
Per me è stata una grande sorpresa vedere giovani così competitivi, a fronte di atleti di esperienza come Nibali, Fuglsang e Pozzovivo. C’è un fortissimo ricambio generazionale su cui riflettere. Prima sul piano fisiologico, poi su quello tattico. I ragazzi del Giro hanno fatto la differenza nella seconda settimana, mantenendo il vantaggio nella terza. Ora c’è da vedere come il mercato cambierà…
Perché dovrebbe?
Perché si comincia a essere vecchi a 30 anni. Vedendo poi quanto si dura…
Secondo Bartoli il fatto di durare poco non è automatico.
Se siamo in presenza di uno sviluppo fisiologico esasperato, si finisce come le ginnaste che durano poco. Ma concordo con Bartoli che tanta parte ce l’ha l’aspetto mentale. Contador sapeva che fisicamente poteva ancora dire qualcosa, ma era logorato mentalmente. Cancellara stessa cosa. Idem Bettini. Quando hai vinto tanto, la motivazione cala. Vero però che a vent’anni la reggi meglio, ma quanti ragazzi negli ultimi anni hanno smessi per lo stress?
Si fa un gran parlare dei portenti stranieri, ma se ci fosse stato Ciccone…
Sono d’accordo. Per come si era messo il Giro, Giulio sarebbe stato protagonista di sicuro.
Credi che Ciccone sia l’uomo su cui puntare per i grandi Giri?
Sono certo che abbia potenzialità di classifica per i Giri in cui l’importanza delle crono è relativa. Dispiace che non abbia potuto seguire il piano di aiutare Vincenzo e poi di andare alla Vuelta. Dove c’è salita, può fare la differenza. Ma al contempo deve imparare a gestirsi.
Quindi non sei a favore del processo al ciclismo italiano?
Quando viene a mancare una squadra di alto livello, è come avere un porto senza faro. Manca coordinamento, è una diaspora di talenti. E chi ha il carattere più italiano, si perde. E poi…
E poi?
Bastava che fosse venuto Caruso, sarebbe stato lì davanti a lottare. La gente vuole il campione che vince, ma in alcuni anni si sono vinti Giro e Tour senza scommetterci sopra un euro. Il ciclismo è diventato uno sport globale.
E questo, capo, cosa c’entra?
Il limite della nostra cultura è che a livello giovanile è tutto privato. In Gran Bretagna e Slovenia, invece, ci sono i piani del Governo. L’obiettivo è avere una popolazione sana, atletica e sportiva. Loro fanno crescere i ragazzi, da noi invece i privati vogliono un ritorno.
Come vi muoverete sul mercato?
Per scelta abbiamo riconfermato i corridori in scadenza, un gruppo solido. A proposito di giovani, inseriremo Tiberi. Poi faremo valutazioni attente.
Tiberi può essere uno dei super giovani di cui si parlava poco fa?
Tanti passano e non sopportano il cambio. Antonio per come lo vedo è tranquillo e pacato, ma ha chiaro quello che deve fare. Si è inserito come personalità, avendo partecipato ai ritiri. E’ corretto e ben accetto.
Un altro giovane di questo livello è Quinn Simmons, quello del tweet su Trump…
E’ forte, ma deve capire che tra i pro’ la differenza si fa negli ultimi 20 chilometri. Ha 19 anni, deve adattarsi. Però nella prima corsa in cui ha usato la testa, al Giro di Ungheria, è arrivato secondo. Deve maturare.
Non solo in bici, temiamo…
L’episodio del tweet sulla politica è l’esempio di come a un certo punto debbano capire che sono qui per correre e che, essendo personaggi pubblici, ogni loro gesto viene amplificato (Simmons aveva manifestato il proprio supporto al presidente Trump, in risposta a un messaggio scritto di una giornalista belga, che invitava i sostenitori del presidente americano a non seguirla più su Twitter. Simmons aveva salutato con un “bye” accompagnato da una manina di colore: simbolo che, usato in simili circostanze, ha connotazioni razziste. E per questo era stato sospeso dalla squadra, ndr).
Ha imparato la lezione?
A 19 anni è facile perdere il senso delle proporzioni. Per questo chi li gestisce deve stare attento. I giovani vivono tutto con leggerezza. Che è un bene, ma può ritorcersi contro.