Oggi Sonny Colbrelli torna in gara al Gran Piemonte ma è ancora lunga, lunghissima l’onda della sua Parigi-Roubaix. Analisi tecniche, emozioni, punti di vista si susseguono. E in questo articolo, nato a “mentre fredda”, rivediamo i tre punti chiave della corsa del corridore della Bahrain-Victorious, le tre mosse azzeccate da Sonny e quelle che secondo noi gli hanno permesso di portarsi a casa la mitica pietra del Nord.
Setup perfetto
Posto che in primis contano le gambe e il tanto allenamento, una bella fetta della torta in una gara come la Roubaix spetta al mezzo meccanico. E qui abbiamo visto come Colbrelli e il suo staff non abbiano lasciato nulla al caso.
Forse proprio perché era alla sua prima partecipazione alla Roubaix, Sonny ci è andato con i piedi piombo. Magari se non fosse stato così ed inesperto non avrebbe scelto le gomme da 32 millimetri, ma quelle da 30. E queste si sono fatte sentire, tanto più con il gonfiaggio super basso che aveva impostato, ben al di sotto delle 4 atmosfere. E si è visto nella guida, sempre sciolta, e nella capacità di far fronte anche agli ostacoli, come lo scarto effettuato nella Foresta di Arenberg. Alla sterzata improvvisa altri sono caduti, lui ha solo sbandato.
Inoltre in casa Bahrain avevano studiato al dettaglio le condizioni meteo, e questo ha influito molto sul setup della bici. Non solo gomme e pressione giusti, ma anche rapporti, tipologia di nastro manubrio… In poche parole un pezzetto di Roubaix, Colbrelli se l’è portata a casa già prima del via.
Alimentazione: puntualità svizzera
Ogni volta che le telecamere lo inquadravano e non si era sui tratti in pavé, Sonny mangiava o beveva. Sempre. Solo negli ultimi 50 chilometri lo abbiamo visto mettere le mani nelle tasche per prendere qualcosa da mandare giù non meno di quattro volte. L’ultima delle quali poco dopo l’uscita dall’ultimo settore (il penultimo considerando la “passerella” dentro Roubaix).
Questo, oltre che un segno di lucidità, ha consentito al campione europeo di avere sempre la benzina migliore, i carboidrati (gli zuccheri), a disposizione per i suoi muscoli. Cosa stra-importante in una corsa che tende a distruggerli in quanto al consumo energetico assomma quello delle contrazioni ulteriori dovute ai sobbalzi. Il tutto senza contare che faceva anche abbastanza fresco. Ma questo aspetto però si potrebbe anche tralasciare visto che Colbrelli ama il maltempo e le temperature più basse.
E la stessa cosa vale per i liquidi. Era l’unico del gruppetto inseguitore di Moscon ad avere la doppia borraccia fino alla fine. Sonny è stato fedele ai dogmi di Artuso: in corsa si mangia, in allenamento di dimagrisce.
«Ho mangiato – dice Colbrelli stesso – tre paninetti con la marmellata, bevuto 5 borracce di maltodestrine, 4 borracce di carboidrati che sono come le malto ma con il doppio del dosaggio e 11 gel. Alla fine ho bruciato circa 7.000 calorie».
Anticipo: energie risparmiate
E poi la tattica. Okay il correre nelle prime posizioni, cosa che diventa più un fatto di gambe che non di abilità col passare dei chilometri, e sulla quale Sonny è stato perfetto. Okay, francobollare Van der Poel come un vecchio difensore fedele alla marcatura ad uomo, ma una “genialata” Colbrelli l’ha fatta dopo la prima grande scaramuccia fra Van der Poel e Van Aert.
Quando il belga è rientrato il gruppo si è aperto un po’. Tutti ne hanno approfittato per mangiare dopo l’ennesimo settore di pavè. Sonny invece no: perché lo aveva già fatto! Come abbiamo scritto anche sopra, mangiare era la prima cosa che faceva non appena la sua ruota posteriore aveva lasciato il pavè. E così ha approfittato dell’allungo di Boivin, comprimario che in pochi hanno calcolato. Lui ha chiuso senza neanche scattare, sotto lo sguardo noncurante dei favoriti, molti dei quali erano intenti proprio a mangiare. A loro due si è aggiunto Planckaert. Un terzetto perfetto.
Con questa azione a circa 60 chilometri dall’arrivo di fatto Colbrelli ha anticipato la furia di Van der Poel. Ha guadagnato una trentina di secondi ed è andato via regolare. Regolare, concentratevi su questo termine. In questo modo si è risparmiato tre-quattro trenate infernali dell’olandese, intento a staccare l’eterno rivale belga e a guardare alla testa della corsa. E chissà, magari sono state proprio quelle, le energie che hanno fatto la differenza nella volata finale…