«Grazie ragazzi». Julian Alaphilippe non è neanche sceso dalla bici, che si “aggrappa” al bottoncino della radio e ringrazia i compagni ancora intenti a sgambettare sul muro d’Huy. In questo modo li informa anche della sua vittoria. E infatti Vansevenant all’improvviso esulta e chi gli sta attorno, se non fosse del mestiere, lo prenderebbe per matto.
Il “Loulou” spavaldo
“Loulou” è il ritratto della tranquillità e della sicurezza. E questa nostra sensazione trova conferma mezz’ora dopo l’arrivo durante le interviste di rito. Quando Alaphilippe risponde schietto, veloce e con una battuta, vuol dire che sta bene.
La gara è andata secondo i programmi per la Deceuninck-Quick Step. La fuga, tra l’altro con dentro due italiani, Diego Rosa e Simone Velasco, è stata il pass per arrivare sotto al Muro nelle prime posizioni e con le gambe piene. E in questa situazione da “botta secca”, viste le sue caratteristiche, Alaphilippe era il favorito. Roglic è più scalatore e meno esplosivo di lui. Pogacar non è partito per i “presunti” casi di Covid in seno alla UAE e Pidcock, forse il più pericoloso, è rimasto coinvolto in una caduta.
Sicurezza Deceuninck
“Loulou” era tranquillo, dicevamo. Al penultimo passaggio sul Muro era piuttosto indietro. Non esageriamo se vi diciamo di averlo visto in 60ª posizione, almeno… Però è anche vero che si voltava a cercare i compagni e che la sua bocca era socchiusa. Insomma stava bene. Era in pieno controllo. E quando glielo facciamo notare, lui risponde così.
«L’importante è essere stati davanti nell’ultimo di passaggio! Scherzi a parte, non ero mica tanto tranquillo, ma ho chiesto alla squadra di portarmi davanti nel momento giusto, sapevo che potevano farlo. E infatti alla “flamme rouge” (all’ultimo chilometro, ndr) avevo un’ottima posizione e ho rifinito il loro lavoro con le mie gambe». In poche parole, il “Wolfpack” ha colpito ancora!
Roglic come Niewiadoma
Giusto la mattina, al via da Charleroi, Julian aveva detto che sarebbe stato importantissimo azzeccare il momento dell’attacco, perché questo muro ti inganna. E forse è quel che ha sbagliato Roglic, che era al debutto alla Freccia Vallone e ha anticipato un po’ i tempi. Lo sloveno però a fine gara ha detto di non aver rimpianti.
Roglic ha ricalcato esattamente quello che aveva fatto Katarzyna Niewiadoma poche ore prima. La polacca aveva sferrato l’affondo decisivo un po’ troppo presto, cioè all’uscita dalla S del Muro. E il risultato è stato lo stesso. Tra l’altro anche in quel caso a vincere era stata la campionessa del mondo.
«Dopo essere passati sotto l’ultimo chilometro, con la posizione che avevo ho solo controllato il più possibile – ha detto Alaphilippe – poi quando Roglic è partito e ho visto che ha fatto il vuoto dietro di lui… ho dato tutto.
«Oggi i ragazzi hanno fatto tutti un grande lavoro, devo ringraziarli. Honorè? Sì, lui sta facendo una grande primavera e sta correndo in un modo importante. Ha dato il massimo».
Erede di Evans
Quando Alaphilippe taglia il traguardo si leva un piccolo boato nell’aria, neanche fossimo in Francia. Sarà che ad organizzare la Freccia è l’Aso, la società del Tour, sarà che Alaphilippe è “internazionale”, ma non ci aspettavamo tanto clamore.
Vansevenant cerca Julien e si abbracciano. E lo stesso fa Valverde. Il murciano gli dà una carezza, come fosse un passaggio di testimone. Lui la Freccia l’ha vinta cinque volte e nonostante i suoi 40 anni (li compirà domenica durante la Liegi) è arrivato terzo. Primo dei “terrestri” a 6 secondi da Roglic e Alaphilippe. Questo per dire che i due hanno fatto gara a sé, ma anche per sottolineare che Alejandro c’è sempre. Avesse avuto cinque anni in meno, magari le sue gambe avrebbero avuto ben altra esplosività.
Testa già alla Liegi
Con la sua vittoria, Alaphilippe riporta la maglia iridata in testa sul Muro d’Huy. Non accadeva dal 2010, quando tale onore toccò a Cadel Evans.
«Eh sì, vincere qua con questa maglia è veramente speciale – ha aggiunto il francese – è solo la seconda dell’anno, ma è una vittoria importante. Non è mai facile vincere. Avevo la stessa fiducia in me stesso anche l’anno scorso, ma le cose non sono andate allo stesso modo. Bisogna sempre lavorare. La condizione è buona, ho lavorato per questo. E spero di fare bene anche alla Liegi, ma già così è qualcosa di super».
Tre volte la Freccia Vallone non è poco, specie se si hanno “solo” 28 anni. Julian volendo può agguantare e superare Valverde. «Non guardo a queste cose, veramente. I record verrano», ha detto.
A fine intervista, con l’adrenalina un po’ scesa, lo sguardo di Julian era di nuovo quello famelico visto la mattina al via della Freccia. A Liegi lo rivedremo molto, molto competitivo.