Il tema della precocità fra gli juniores continua a far parlare. E anche se c’è sempre chi minimizza e dice che va bene, da altre parti arrivano segnalazioni di pratiche eccessive addirittura fra gli allievi. Di sicuro sarà utile ascoltare anche chi, come Adriano Malori, non è coinvolto direttamente nelle squadre eppure allena o segue o conosce alcuni juniores e il loro ambiente.
«Vanno forte come gli under coi pro’ – dice – che ora passano e vincono subito. Vedo anche io qualche junior che seguo. Tutti parlano già di watt per chilo, di aerodinamica, di misuratore di potenza e roba del genere. Sono così attaccati a questi aspetti, che quando passano hai già un problema. Se invece di andare alla Ineos, che gli fanno usare la Bolide, vanno in una squadra che gli dà mezzi inferiori a quelli di prima, vanno in crisi. Allora cominciano a dire che non vanno per colpa della bici e del misuratore di potenza, perché anziché l’Srm ne hanno un altro e non si trovano».
Maledizione 1990
Malori è nato nel 1988 e già fra i suoi coetanei e quelli nati poco dopo fra il 1989 e il 1991 si parlava di attività eccessiva che li portava al rischio di carriere brevi. E forse sarà per caso oppure no, che tanti di loro non siano riusciti a mantenere le altissime aspettative con cui erano passati al professionismo. Da Battaglin a Moreno Moser, fino a Ulissi con i suoi due mondiali da junior (una polemica investì la Vangi in cui correva per tabelle di lavoro eccessive fra gli juniores: si parla del 2007). Poi Aru fortissimo a sprazzi e appena ritirato e Cattaneo che si è ripreso solo da poco.
Che cosa succede se spingi troppo fra gli junior?
A quell’età, devi scoprire i tuoi limiti. Vedi che hanno ancora il 52×14, non è per caso. Sono atleti che devono riconoscere la crisi di fame, il non mangiare, il modo di gestirsi. Io da junior sapete quante volte sono scattato perché convinto di vincere e poi sono esploso? Da under, anche da pro’. Io sono dell’idea che per fare il professionista devi essere professionista.
Invece adesso si passa dopo due anni da junior e puoi finire nella continental o nella professional.
E magari capita un ragazzino che fa una prestazione buona e lo mettono di riserva. Poi magari il titolare si ammala e buttano dentro un neoprofessionista che ha 20 anni a fare il Giro d’Italia, solo perché aveva il nome da under 23.
Difficile di questo passo trovare un nuovo Nibali, no?
Non troveremo mai più un Nibali, soprattutto per la longevità, perché sono spremuti troppo subito. Ce ne sono tanti delle classi 89-90 che sembravano dei fenomeni, poi sono passati e sulla soglia dei trent’anni hanno le tasche abbastanza vuotine. Se guardate quelle classi lì, ci sono stati rendimenti altissimi, ma di breve durata.
Il punto è proprio capire se e quanto dureranno. Bernal ha vinto il Tour a 22 anni e il Giro a 24, ma se ne parla come un atleta già in declino…
Quando Bernal ha vinto il Tour, ho detto subito che doveva passare la fascia di età dei colombiani. Perché fanno tutti così.
Così come?
Fanno un paio di anni fortissimo e poi non si ripetono più. Sono tanto prematuri perché vivono in altura. Quintana vive a 2.500 metri, se lo guardi, dimostra cinque anni in più. Chiaramente sono precoci fisicamente, vivere a 2.500 metri consuma e giustamente il loro fisico, a 30 anni è come se ne avesse 40.
E poi subentra anche il discorso economico…
E poi c’è il discorso economico. A casa loro con uno stipendio WorldTour si vive da re e tanti perdono la testa. Altri, è successo con tanti russi, si ritrovavano nei bar a bere e smettevano di correre. Si comincia a correre per fame o ambizione, poi arrivano i soldi e la fame scende. I corridori della mia classe di cui parlavamo prima sono passati a 22-23 anni, avevano uno spessore. Ma se adesso passano a 19-20 anni che solidità possono avere?