La Iseo Rime Carnovali forse è meno lontana dai riflettori di molte Continental italiane e pure lavora sodo e la crescita dei ragazzi è la priorità, come sostengono i due direttori sportivi, Mario Chiesa e Daniele Calosso.
Siamo nel bresciano e questa squadra ha molto della sua terra. Già il solo fatto che Chiesa era di questa provincia, che correva nella Carrera (bresciana anch’essa) circondata da altri compaesani: Bontempi, Martinelli, Inselvini… la dice lunga. Con certi nomi si capisce presto quanto possa trasmettere ai suoi ragazzi.
Dalla Carrera alla Iseo
«Nella mia carriera – racconta Chiesa – ho ottenuto successi e imparato molto. Il ciclismo è la mia passione, pedalo dal 1975, ho fatto tutte le categorie e sono riuscito a realizzare il sogno di diventare professionista. Quando smisi di correre diventai subito direttore sportivo, ma una volta era diverso. Sì, stavano arrivando figure nuove come il preparatore, ma era ancora tutto molto famigliare. Poi dopo parecchi anni, soprattutto dopo l’arrivo del WorldTour sono cambiate tante cose. Ci sono team di 70 anche 100 dipendenti, gente che quasi non conosci e che rischi di vedere solo al primo ritiro della stagione e poi non incontri per un anno intero. Rapporti diversi, più professionali, ma anche più freddi. Insomma non era più il mio ciclismo».
E per questo tornare tra i dilettanti o comunque in una dimensione più piccola ha ridato a Chiesa il sapore del suo ciclismo. Familiarità, rapporto umano e quella cosa bellissima che si chiama insegnare ai giovani.
«La squadra è bresciana, io sono bresciano e mi hanno chiesto di dare una mano, di mettere la mia esperienza al servizio del team e dei ragazzi in modo professionale. Ho accettato. Lavorando coi giovani … mi sento giovane! Pensate che ho ripreso la bici dopo 20 anni, a volte esco con loro. E’ questo il vero ciclismo».
Giovani… professionali
Vero ciclismo, ma il dilettantismo di oggi è cambiato. Anche qui non si lascia più nulla al caso.
«Come in tutte le cose anche qui si stanno adeguando. Aumentano i costi, ci sono più test nella preparazione, più figure… E’ un semiprofessionismo. I ragazzi hanno comunque un contratto di lavoro.
«Qui puntiamo sui giovani. E l’obiettivo è di dargli la mentalità giusta per capire come funziona dall’altra parte, quella dei pro’. Per esempio non facciamo troppi ritiri, né li teniamo vicini per tutto l’anno. Facciamo i ritiri fondamentali, come quello di gennaio o magari prima di una grande corsa. Lasciamo ai ragazzi più libertà e più responsabilità. Quanti dilettanti vincevano 10 corse e poi passavano e neanche le finivano più? Perché? Perché dietro avevano un sergente che li seguiva in ogni momento.
«La tendenza è di fare team di giovani – riprende Chiesa – ma il problema è, almeno in Italia, che non ci sono abbastanza squadre professionistiche. Vanno all’estero, ma lì quasi tutte hanno il loro vivaio. Ai miei tempi avevamo 10-11 team pro’, alcuni di primissimo piano. Passare era più facile, anche per un terzo anno… Non capisco perché in Francia ci siano squadre WorldTour, professional e persino delle continental e da noi no. Perché loro riescono a trovare degli sponsor e noi no. In Italia si preferisce investire nel calcio, quando nel ciclismo si avrebbe molto più ritorno».
Calosso cosa dice?
L’altro tecnico e pilastro della Iseo Rime Carnovali è Daniele Calosso, in ammiraglia da ben oltre un decennio. Uno che coi giovani ci sa fare e che li sa “leggere”. Oggi gli U23 sembrano già pro’, ma possibile non abbiano paure ed incertezze? Possibile siano già delle macchine?
«Io ho notato – dice Calosso – che hanno minor senso di responsabilità, ma non solo i ciclisti, parlo della generazione che ha dai 15 anni in su. I ragazzi oggi hanno tanto e sono meno determinati a lottare per raggiungere gli obiettivi. Sono abituati ad avere molto e con poco sforzo e se non raggiungono l’obiettivo subito, tendono a mollare. Un ragazzo che è abituato a vincere in una categoria ci sta che accusi il passaggio, ma oggi si lascia andare. Attenzione però, i ragazzi di oggi non sono stupidi. Hanno in mano una tecnologia che 20-30 anni fa non c’era. La favola a loro non la puoi raccontare più.
«Come si tira fuori il carattere? A nostro avviso servono figure di riferimento intorno. Già il fatto stesso che oggi ci siano molti più genitori separati è un fatto. Una volta in famiglia sia parlava di più. Tanti ragazzi non dico che abbiano bisogno di un secondo padre, ma quasi. Ci siamo rivolti anche ad uno psicologo dello sport, una ragazza, che ha parlato loro del lavoro di squadra, della leadership. In quell’occasione c’era anche Cassani. Un motivatore sportivo serve. E’ quella figura utile anche per sfogarsi. Ma non deve essere né l’amico che ti dice sempre sì, né il genitore. Deve saperti dare il bastone e la carota».
Verso le prime corse
Con Calosso si parla anche di cose più concrete. Come il calendario che vedrà protagonista la Iseo Rime Carnovali.
«Inizieremo a fine febbraio – conclude Calosso – con la San Geo e la Firenze-Empoli. Poi una parte del team resterà in Toscana. La prima corsa a tappe sarà il Giro di Romagna ad aprile, quindi classiche come il Piva, Belvedere, Recioto. Dovrebbe tornare il Liberazione, corsa splendida, imprevedibile: il mondiale di primavera. E poi ci sarà il Giro U23, che per noi è la corsa più importante. Anche per questo ci siamo rinforzati un po’ sul fronte degli scalatori: abbiamo Alex Raimondi, Yaroslav Parashak ed El Gouzi Omar. Nel complesso la squadra è giovane, abbiamo 15 corridori, cinque dei quali arrivano dagli juniores».