Splendida, immensa, bravissima… aggiungete pure tutti gli aggettivi che volete. Marta Cavalli ha vinto l’Amstel Gold Race femminile con un’azione magistrale. Perfetta nei tempi e nella forza delle gambe.
Il volto della portacolori della Fdj – Nouvelle Aquitaine Futuroscope stamattina era il ritratto della serenità. Non che Marta non lo sia, ma conoscendola, a volte è più tesa. O quantomeno concentrata. Invece chi le era vicino ha esaltato questa sua serenità. Tranquilla e sorridente, si preparava al via.
Partenza tra la folla dal cuore di Maastricht Marta Cavalli (classe 1998) sorridente stamattina al via
Quei gambali…
Anche se stavolta siamo in Olanda, lassù il clima non è ancora primaverile. Non è freddo come al Fiandre di domenica scorsa, ma neanche fa caldo. E per questo Marta, quasi unica in gruppo, decide di correre con i gambali. Scelta che forse alla fine paga.
Forse, perché come diciamo sempre oggi spesso sono i dettagli a fare la differenza e per chi è super magra come lei il freddo si sente di più. E fa consumare di più. Magari anche per questo nel finale aveva un briciolo di energia in più.
Ma torniamo in corsa. L’Amstel è un budello: un saliscendi, un destra-sinistra continuo. Per assurdo è quasi peggio della Ronde. Bisogna stare davanti e la Cavalli con le sue compagne è sempre guardinga in testa al gruppo.
Si fa selezione, ma alla fine è il Cauberg il giudice supremo. Restano sempre in meno. Scappa una decina di atlete, forse anche meno. Proprio allo scollinamento il drappello rallenta e come una freccia esce Marta Cavalli. Un chilometro e mezzo da fare a tutta. Pancia e sguardo a terra. Non si vede il suo volto ma solo il suo casco. Spinge, vola. Guadagna un decina di secondi che in quel frangente sono oro.
Finale chirurgico
Solo ai 900 metri si volta e capisce che davvero può farcela. E ce la fa. Ha persino il tempo di godersi il finale e di capire che ha vinto l’Amstel.
«In settimana – ha spiegato dopo l’arrivo – avevamo provato il percorso e due cose erano importanti. Pendere bene la curva a sinistra che immetteva sul Cauberg e la possibilità di un rallentamento in cima. E così è stato. A quel punto, ho messo in pratica il nostro motto: o tutto o niente. E sono andata.
«Col nostro diesse ne avevamo parlato. Sapevamo che si sarebbero potute controllare e partire con velocità da dietro significava sprecare energie per inseguire e non per fare la volata».
Dalla radio il suo diesse Nicolas Maire, la incita e per quel che è possibile le dà i distacchi. Questo fa sì che Marta non si volti mai. Può pensare solo a spingere.
«E’ sicuramente il successo più importante della mia carriera. Devo ringraziare tutto lo staff. E’ un sogno. Da parte mia ho spinto fino alla fine. Fino agli ultimi 20 metri, mai mi sarei perdonata di perdere perché non avevo dato tutto.
«Quando mi sono voltata -spiega con passione la Cavalli – ho visto che avevo margine. In quel momento ho capito che il più era fatto, ma che anche bisognava spingere. La cosa bella è che di solito queste immagini le vedevo in Tv con altre protagoniste. Stavolta invece ero io, in prima persona. E’ stata una vera emozione. Le energie si sono moltiplicate».
Vittoria nata al Fiandre
Sul podio Marta dà un sorso al mega boccale di birra. Si gode il momento. Ha scritto una pagina di storia. E’ la prima italiana che vince questa classica. Tra l’altro infilando una delle favorite di casa, Demi Vollering.
E dire che le cose non si erano messe bene per lei, dopo le prime gare. Il problema con il lattosio l’aveva costretta allo stop. Tanto che al via della Strade Bianche la incontrammo, stupiti, in borghese.
Il suo successo, se vogliamo, è iniziato il giorno dopo il Fiandre. Era tornata in Italia visto che era al Nord già da un bel po’ e che poi sarebbe dovuta tornare per le Ardenne. E archiviata una Ronde nella quale sarebbe voluta andare meglio ad un certo punto aveva voltato pagina. Su Instagram aveva scritto: «Ronde alla spalle, tempo di guardare avanti, all’Amstel Gold Race». Oggi era la capitana.
La prova del percorso, la voglia di arrivare, il fatto che dai tempi della Valcar – Travel & Service abbia modificato il suo fisico e da velocista si sia trasformata quasi in una scalatrice: c’erano tutti gli ingredienti per fare bene. Alla fine è perfetta per corse così.
La ricognizione è stata vitale. Marta sa osservare ed ascoltare come poche. Già lo scorso anno la osservammo da vicino durante quella della Liegi, che per un problema al ginocchio, fece in auto. Studiò ogni millimetro del tracciato con la massima attenzione. E con la squadra hanno messo in pratica tutto alla perfezione. Anche gli applausi, unite sotto al podio.
«Sono tornata su, in Olanda, venerdì – conclude la Cavalli diretta in aeroporto – all’ultimo ho deciso di fare qualche giorno a casa e adesso sto già ritornando. Dicevo: sono arrivata venerdì. Sabato ho fatto questa accurata sgambata con la squadra. Il colloquio con il diesse e oggi la corsa. Se me la sentivo? A dire il vero no. Non stavo male, ma neanche benissimo nel finale. E come spesso succede le corse si vincono anche così, con sensazioni non super, proprio perché essendo meno spavalda sprechi meno energie».