Certe vite sono scandite dalle date, quasi fossero un libro di storia. Probabilmente se un giorno Fariba Hashimi scriverà la sua biografia, la prima sarà quella del 22 aprile 2003, il giorno della sua nascita a Maimanah, nel nord dell’Afghanistan, ma noi partiamo da un’altra giornata, quella del 14 agosto 2021 perché in fin dei conti è quella della sua seconda nascita. Quel giorno la giovanissima afghana affrontò un bivio che poteva portarla verso una fine prematura o un’esistenza contrassegnata dalle privazioni, dalle umiliazioni e dalla sofferenza. Oppure, com’è stato, dalla libertà.
Un volo per l’Italia
Kabul. I talebani sono tornati a comandare in Afghanistan. Appena gli americani si sono tirati fuori dopo una guerra ultradecennale, loro sono calati come cavallette su villaggi e città, riannodando la storia esattamente a quel che avevano lasciato. Con loro cala il terrore: i più giovani sanno che cosa significa la loro dittatura religiosa solo attraverso i drammatici racconti di chi ha qualche anno in più. In città c’è confusione: gli occidentali stanno scappando via con gli ultimi aerei e con loro anche tanti afghani pronti a viaggiare verso l’ignoto, chi può farlo, chi può permetterselo.
Squilla il cellulare di una delle sorelle Hashimi. Messaggio: «Vieni subito a Kabul, forse c’è un volo per l’Italia». Le ragazze sono nel Faryab, oltre 800 chilometri a nord. Inizia un viaggio attraverso la paura, mille insidie come quando prendono un taxi per andare a cambiare il cellulare. Posto di blocco: le ragazze vengono fatte scendere violentemente e strattonate perché lo hijab non è indossato correttamente. Per fortuna vengono lasciate andare e proseguono con mezzi di fortuna.
«Strisciavamo muro muro – racconta una di loro – arrivammo all’Abbey Gate il 24, in un caos apocalittico. Sentivamo i colpi di mitraglietta e le esplosioni, ma non so come ci ritrovammo sull’aereo, appena due ore prima dell’attentato che sparse sangue e morte».
L’Afghanistan è un ricordo
Arrivano in Italia, sono in 5, grazie all’incredibile lavoro dell’ex iridata Alessandra Cappellotto e della sua organizzazione Road to Equality. La fine del viaggio è anche l’inizio, perché inizia una nuova vita in un luogo lontano, dove ci si fa forza l’un l’altra, dove però c’è tantissimo da fare per potersi inserire nella società. L’Afghanistan è diventato un ricordo, soprattutto l’Afghanistan dove erano libere di fare sport, di pedalare. Fariba e le sue sorelle hanno sempre amato il ciclismo e gareggiavano nelle prove locali, sognavano un giorno di rappresentare la loro nazionale alle Olimpiadi. Ma nel “nuovo” Afghanistan una donna che fa sport commette peccato mortale, come anche studiare o lavorare.
Alessandra si dà un grandissimo da fare per aiutarle. Trova una scuola per straniere gestita dalle cooperative venete, dove le ragazze vanno ogni mattina e stanno pian piano imparando l’italiano e l’inglese, poi dopo pranzo tutte in bici. Valentino Villa ha provveduto a far avere loro tutto il materiale e dall’1 agosto 2022 Fariba è entrata a pieno titolo nella Valcar Travels & Service. Un’altra data, un altro capitolo…
Il giorno di Aigle
Le giornate proseguono attraverso una quotidianità affrontata con entusiasmo misto a quel normale pizzico di malinconia per la terra e la famiglia lontane. E si arriva a un’altra data fatidica: 23 ottobre 2022.
Aigle, città svizzera sede del centro Uci di allenamento. Il massimo ente allestisce in terra svizzera il campionato nazionale afghano, recuperando la gara del giugno 2021 che era stata sospesa per l’esplosione di un camion bomba. Partecipano oltre 40 atlete, tutte fuoriuscite dal Paese in quei giorni tremendi. Sono ora sparse nel mondo, ma si ritrovano per una gara che vale molto di più del titolo nazionale, almeno a livello morale. Ci sono tutte le 5 ragazze arrivate in Italia, due di loro, Fariba e Yulduz, dopo appena 3 chilometri salutano la compagnia e fanno il vuoto.
Procedono di buona lena le sorelle Hashimi, si danno cambi regolari e il vantaggio cresce. «Che si fa?» chiede una: «Semplice, ce la giochiamo alla pari» risponde l’altra. E’ una gara tra sorelle, senza esclusione di colpi, ci si gioca il successo sul filo dei centimetri. Vince Fariba, le due si abbracciano, aspettano l’arrivo delle altre con Zahra e Nooria loro compagne di squadra che arrivano terza e quarta per il tripudio della Valcar. Si avvicina a loro un distinto signore: si chiama Sylvan Adams, è un miliardario canadese che ha messo su un team arrivato al WorldTour, la Israel Premier Tech. Sta sviluppando il corrispettivo femminile e le fa una proposta clamorosa: entrare a far parte del team, con un contratto di due anni e la promessa di essere al via del prossimo Tour de France.
Insieme nel WorldTour
Fariba vorrebbe dire sì, ma ripensa a quei centimetri che hanno fatto la differenza, magari se erano a suo sfavore la proposta andava a Yulduz. Accettare significa separarsi, lasciare la sorella e le amiche. Fariba non sa che fare, Alessandra Cappellotto vede il suo sgomento e si mette in mezzo, iniziando una lunga contrattazione con Adams. Alla fine il contratto viene esteso anche a Yulduz che gareggerà però nel team satellite, mentre le altre avranno un supporto per continuare ad abbinare studio e ciclismo.
Le ragazze si abbracciano e scoppiano in un pianto dirotto. E’ come se quel lungo viaggio, iniziato in una Kabul illuminata dagli scoppi di bombe, abbia trovato un suo termine. In attesa che arrivi un’altra fatidica data, magari quella dell’inizio del prossimo Tour de France Femmes…