«Siamo campioni del mondo! E’ nostro», urlava Liam Bertazzo a Francesco Frassi al telefono ancora col fiatone per quei fantastici 4.000 metri sul parquet di Roubaix. Poco dopo lo stesso padovano aveva ringraziato il suo tecnico ai nostri “microfoni”. «Ho trovato un tecnico che ha creduto in me. Quasi un papà», ci disse Bertazzo.
E riavvolgendo il nastro dei nostri ricordi di questa stagione ci siamo ricordati che Frassi veramente ci parlò di Bertazzo già lo scorso febbraio. Parlò di lui in un giorno che andammo in ritiro dalla Vini Zabù ed eravamo in ammiraglia con Francesco. «Bertazzo – disse – con le sue caratteristiche è in grado di portarti fuori a 60 all’ora. Ottimo per Mareczko».
E Bertazzo addirittura lanciò i suoi compagni all’imbocco delle salite durante quell’allenamento, poi da buon pistard che pesa almeno 15 chili in più dei suoi compagni “metteva la freccia” e saliva del suo passo.
Quella sera a Roubaix
Bertazzo aveva parlato di un bel rapporto con il diesse alla Vini Zabù e che una buona fetta di quel successo era anche la sua. Per la sua vicinanza, per il supporto morale.
«Io tratto tutti allo stesso modo – racconta Frassi – sia il corridore che vince che quello che magari arriva dietro o è in difficoltà. E inevitabilmente quest’ultimo si avvicina. Nasce un bel rapporto.
«La prima volta che diressi Bertazzo fu alla Sanremo del 2019 e poi alla Coppi e Bartali. Successivamente in Colombia cadde nella cronosquadre e si ruppe i denti. Da lì iniziò il suo calvario con la schiena. Doveva venire in Argentina nel 2020 alla Vuelta a San Juan ma decise di operarsi. Poi ancora ci fu il lockdown. Infine prese il Covid. Insomma fino a quest’anno lo avevo visto molto poco. Anche perché nei ritiri che facevamo spesso lui arrivava dopo o andava via prima per via degli impegni su pista. Tuttavia notai subito che era molto educato, disponibile. Mi piaceva».
Nel treno per Kuba?
Frassi, 42 anni, toscano, è tecnico già dal 2009. Aveva messo su una squadra giovanile con suo papà Roberto. E’ stato cittì dell’Albania, diesse all’Amore & Vita ed è arrivato alla corte di Citracca nel 2019. Col Covid di mezzo ha avuto poche occasioni per stare con i ragazzi della Zabù. Però quest’anno con l’arrivo di Mareczko c’era nuova linfa. C’erano begli stimoli. E in questo progetto Bertazzo era chiamato ad un bel ruolo. Un passista potente come lui, un pistard, ci sta alla grande in un treno per un velocista. Ma tra il dire e il fare…
«Liam era molto considerato pensando al treno per Kuba. In più avere certi obiettivi gli era buono anche per la pista, visto che di fatto non correva su strada da due anni e sappiamo quanto conto ormai».
«Avevamo ipotizzato per la volata Gradek, Bertazzo, Stacchiotti e Mareczko. Liam era un bel po’ che non sgomitava e forse non era il caso di fargli fare l’ultimo uomo. Con questa idea andiamo alla prima corsa. Dopo 20 chilometri torna indietro all’ammiraglia e mi fa: io non me la sento di ricoprire quel ruolo, non ho le gambe. Lavoro prima e tengo la corsa chiusa».
Baratro sfiorato
«Io rimasi zitto e cercai di assecondarlo. E Kuba vinse… Qualche giorno dopo in Croazia, alla seconda tappa dell’Istrian Spring Trophy vedo che fa una fatica enorme. Liam si stacca e rientra. Si stacca e rientra. Fino a che non resta dietro definitivamente e in malo modo. Lo guardo e mi fa: non vado avanti. Aveva dolori fortissimi alla schiena. Li vicino c’era un punto di rifornimento dove c’era uno dei nostri meccanici che lo riporta al bus. Quando ripasso prima dell’arrivo in salita (i bus erano ai piedi della scalata finale, ndr) lo vedo fuori dal bus già cambiato e sale in ammiraglia. Sale e si mette a piangere. Disperato, mette le mani avanti: vi prego fatemi correre, non abbandonatemi. Io l’ho consolato dicendogli che in fin dei conti eravamo solo a marzo, che ci sarebbero state altre occasioni. Cos’altro potevo fare? Restò con noi, si parlò dopo cena e gli dissi di andare a casa. Di farsi trattare la schiena e che sicuramente era stato il freddo».
«E andò proprio così. Da lì i messaggi s’intensificarono e il rapporto tra noi divenne più forte. Lui mi scriveva e anche io gli facevo parecchie domande, perché un pistard di quel livello non lo avevo mai avuto ed ero curioso. Man mano Liam stava meglio. Iniziai a dirgli: abbiamo un sogno di una notte di mezza estate. Pensando al fatto che le Olimpiadi di Tokyo le avremmo viste di notte».
Un ultimo step
Le cose miglioravano. Liam riusciva a fare buone prestazioni sia in pista che su strada, ma la paura per l’incidente nella cronosquadre del Colombia era ancora forte e alla fine la resa non era ottimale in gruppo. I mesi passano e la Vini Zabù va in ritiro a Livigno, dove c’è anche il suo Bertazzo ma con la nazionale di Marco Villa.
«E lì me lo sono goduto perché ero sì il suo diesse, ma non in quel momento – riprende Frassi – scherzavamo, lo osservavo da vicino… Senza contare che in allenamento spesso ci incontravamo. Quante risate con lui e con Jonathan Milan che era in camera con lui».
«Scendiamo da Livigno e nella tappa degli sterrati all’Adriatica Ionica Race all’improvviso ecco un Bertazzo diverso – riprende Frassi – Tutto il giorno in testa a tirare. Addirittura ad un certo punto il gruppo si spezza. Lui si sfila e riporta dentro il drappello di Mareczko. Viene in ammiraglia e mi fa: oggi vinciamo con Kuba. Capito? In testa sugli sterrati. Tira come un forsennato sino ai meno cinque. Si sposta, quando te lo rivedo là davanti. Kuba era rimasto un po’ isolato e Liam lo tira fino ai 500 metri! Peccato solo che poi Viviani abbia vinto per un centimetro… La tappa finiva non lontano da casa sua e Liam invitò me e Thomas Gil, altro diesse a casa sua a cena. Mi disse: sono tornato!».
I messaggi da Tokyo…
A quel punto ci sono solo le Olimpiadi nella testa di Liam. Lui e Frassi si tengono in costante contatto.
«Aveva una grinta pazzesca nei giorni dei Giochi. Si sapeva che probabilmente non sarebbe stato titolare, ma lui mi diceva: io fino ad un’ora dal via ci credo e mi comporto come se dovessi correre. Pensate che serietà».
«Quando poi è atterrato di ritorno dal Giappone, ci siamo incontrati in un bar e gli dissi, forse anche in modo un po’ troppo diretto: adesso però voglio l’iride da titolare sennò non conta nulla tutto questo lavoro. Così eccolo nel quartetto in semifinale. Credevo che fosse un premio che voleva dargli Villa. Liam però qualche giorno prima della finale mi aveva detto che avevano fatto una prova un po’ particolare con Milan partente. E mi disse che aveva fatto un buon lavoro».
E la gioia di Roubaix
E siamo arrivati al giorno del mondiale. L’ho vista da casa ed è stata un’emozione bellissima. Quando poi, dopo pochissimi minuti dal termine, ancora prima di salire sul palco, vedo il suo numero che mi chiama quasi non ci credevo: «Siamo campioni del mondo».
E adesso? La speranza è di continuare ad allenare il suo pupillo, ma… ci sono tanti ma: «In Vini Zabù viviamo giorni di grande incertezza. Dopo quel che è successo non è facile per Angelo Citracca trovare sponsor e andare avanti. Vedremo».