Ad un certo punto arriva un momento della carriera in cui ti volti e ti accorgi che non sei più un ragazzino. Diego Ulissi, l’enfant prodige del ciclismo italiano, che si è sempre portato dietro l’impronta del corridore giovane.
Eppure da quel 6 febbraio 2010 ne è passata di acqua sotto ai ponti. Quel plumbeo giorno d’inverno il corridore della UAE Team Emirates disputò la sua prima gara tra i pro’: il Gp degli Etruschi. Corse quasi in casa. Vinse Petacchi, tanto per dire chi c’era ancora in gruppo.
Diego, dicevamo: non sei più un ragazzino…
Bene, significa che ne ho fatta tanta di strada ed è segno buono se sono ancora qui! Quest’anno compio 33 anni e questa è la mia 13ª stagione da professionista. Sembra ieri che sono passato pro’. Ma devo dire che mi sento bene, le motivazioni sono ancora tantissime e si lotta come quando avevo 20 anni. Su ogni cosa, in ogni corsa.
Lo scorso anno hai avuto dei grossi problemi di salute, al cuore per la precisione (miocardite). E’ più la noia per non aver potuto fare di più, del “tempo perso”, o la fortuna di essersene accorti proprio perché grazie alla bici hai fatto più visite?
Fondamentalmente io non mi ero accorto di nulla e per me aver scoperto questa cosa lo scorso anno è stata una sorpresa. E lo stesso è stato per chi mi seguiva da tanti anni. Che dire: sono ancora più contento di quanto fatto sin qui e di quanto ho vinto nella mia carriera: 42-43 corse, otto tappe al Giro, l’Emilia, la Milano-Torino… Mi rendo conto di quanto si sia appesi ad un filo. Alla fine il mio problema poteva essere molto grande. Col senno del poi, posso dire di aver rischiato di non passare professionista.
Cioè?
Il mio problema sembra essere derivato da un virus preso all’età di 17-18 anni e questo mi fa capire quanto sia stato fortunato. No, non ho nessun rimpianto e mi ritengo fortunato che posso continuare a correre.
E come prosegue questa tua avventura? Cosa ci possiamo aspettare dal 2022 di Ulissi?
Cercherò di fare una stagione costante nei risultati e nel rendimento, cosa che adesso è ancora più importante per fare i punteggi necessari ai team. Ogni gara è da affrontare al massimo. Se avrò la possibilità di alzare le braccia al cielo sfrutterò l’occasione. Ma oggi vincere è sempre più difficile, ogni gara è più difficile. Il livello è molto alto. I giovani passano e alzano l’asticella. Sono poche le gare in cui dici: vado per prepararmi. E già nelle prime corse in Francia (Ulissi ha preso parte all’Etoile de Besseges, ndr) si è visto come andavano.
Hai parlato dei punteggi: secondo te questo inciderà sull’andamento tattico delle corse?
Secondo me sì. Come dicevo, non ci sono più le corse dove vai per prepararti per questa classica o quel Giro. I ritmi sono talmente alti che non è possibile. Tutti vogliono fare bene proprio per andare a caccia dei punti, quindi sei costretto ad essere competitivo. In più c’è il discorso dei giovani: quando sono passato io avevano bisogno di 3-4 anni per competere in certe gare, adesso non è così. Adesso vanno e hanno subito la mentalità per provare a vincere.
In UAE Team Emirates ormai siete tantissimi campioni. E’ più difficile trovare spazio?
Più la squadra è forte meglio è. Più difficile trovare spazio? Io dico che negli ultimi anni in squadra sono sempre stato il secondo per punteggio, nonostante il nostro livello sia altissimo. Per me non ci sono problemi, la cosa importante è che a rotazione tutti possiamo andare forte e toglierci delle soddisfazioni. Poi so benissimo che se c’è il numero uno al mondo (il riferimento è chiaramente a Pogacar, ndr) ci si mette a sua disposizione.
Pogacar è forte davvero…
Me ne accorsi al primo ritiro che fece da pro’ con noi. Mostrò subito di avere qualcosa in più. Ma non solo nelle gambe, anche nella testa. Lui nei momenti difficili si esalta, rende di più, trova forze.
Raccontaci…
Eravamo nei pressi di Barcellona nel ritiro di dicembre e Tadej fu inserito nel mio gruppo. Io dovevo andare in Australia e chi deve andare laggiù va già abbastanza forte. Il ritmo era intenso e il livello della condizione abbastanza alto. E vedevo questo ragazzino che mi stava dietro e non lo staccavo e io spingevo… “Maremma impestata” se spingevo! Pensavo: o non vado nulla io o questo è un fenomeno. Ne parlai subito con i direttori sportivi. Gli dissi: «Questo ragazzo ha delle qualità che in 12 anni da pro’ ancora non ho mai visto».
A proposito di giovani, ma di Covi che ci dici? Avete un bel rapporto…
Ah, ah, ah – ride Ulissi – Alessandro mi tiene giovane! Oltre che un ragazzo bravissimo è anche molto divertente (gustatevi questa gag, ndr) e l’ho preso in simpatia. Ha catturato la mia attenzione perché mi somiglia tantissimo. Ha le mie caratteristiche. In corsa, in gruppo… mi sembra di rivedere me stesso. Anche se gliel’ho detto: Ulissi al primo anno da pro’ vinse subito!
Diamo a Cesare quel che è di Cesare!
Covi è sveglio, corre bene e presto arriverà questa vittoria. Io cerco di insegnarli ad essere un po’ più freddo in certi momenti, perché lui è forte davvero. Non gli manca niente dal punto di vista fisico e tecnico. Ripenso a Montalcino l’anno scorso: qualche cosina l’ha sbagliata nel finale. Ma è un giovane e non è facile trovarsi in quelle situazioni. Mi è venuto in mente e gli ho raccontato di quando vinsi la mia prima tappa al Giro su Visconti.
Che aneddoti… Ti riferisci alla frazione di Tirano al Giro 2011?
Quel giorno ero in fuga con gente forte. C’erano “Visco”, Lastras… E io feci un po’ il furbo per essere più fresco nel finale. Sì, sì Covi è “a mia immagine e somiglianza”! Sono convinto che presto verrà fuori il grande corridore che è. In più è un ragazzo rispettoso e che sa ascoltare.
Diego, chiudiamo con una domanda più semplice: cosa prevede il tuo calendario?
Gli obiettivi principali di questa stagione sono le classiche di primavera. Diciamo che gli eventi che puntellano la prima parte dell’anno sono la Sanremo, la Freccia, la Liegi e il Giro d’Italia.