La stagione è finita da pochi giorni e l’Astana sembra, il condizionale è d’obbligo, avvolta in un turbinio di cambiamenti. E non sono solo negativi come si vuol credere e come ci conferma Giuseppe Martinelli, storico direttore sportivo dei turchesi.
Si parla di sede in Belgio, di budget incerti o comunque non a livello degli anno d’oro, di due pezzi storici del team come Aleksandr Shefer e Dmitrij Sedun in uscita, di un Aleksandr Vinokourov che potrebbe avere meno peso. Ma anche di una nuova filosofia e di strategie di mercato da perseguire.
“Martino” intanto si rilassa nella sua casa tra le campagne bresciane tanto più che quelle zone sono in lockdown e non può uscire.
Prima di tutto, “Martino”, diamo a Cesare quel che è di Cesare. La sera di Piancavallo ci avevi detto subito: questo, indicando Geoghegan Hart, vince il Giro…
Eh, ha avuto anche un po’ di fortuna, però quella salita e quella tappa sono state lo specchio del Giro. Una frazione davvero combattuta dal primo al all’ultimo metro e sono emersi i veri valori. E’ stata una tappa micidiale e non lo avrei creduto. Poi… sia lui che l’altro sono andati forte.
Ma cosa sta succedendo in Astana?
Non posso dire, ma prendo atto di ciò che vedo e leggo. Ci sono dei cambiamenti che vengono a galla, anche prima del dovuto. Ma si sa il nostro è un mondo molto piccolo. Ho parlato con la direzione e secondo me le cose non sono ancora chiuse, specie per la questione Sedun e Shefer. Aspetterei a dare giudizi e a dire chi c’è e chi no. E’ vero, abbiamo preso un nuovo tecnico, il canadese Steve Bauer, ma perché fortunatamente è arrivato il secondo nome, cioè un altro grande sponsor (una novità assoluta per Astana, ndr) Premier Tech, e ci sta che vogliano una loro persona di riferimento. Io dico che è importante dare continuità a questo progetto. Per come si era messa, troppo bene è andata al ciclismo. Sono stato in passato assessore nel mio Comune e certe dinamiche le ho viste ancora più da vicino. Ci sono situazioni difficilissime. Anche altri sport non vanno meglio. Tolto il calcio di serie A e B, il resto è sparito o quasi. Idem pallavolo, basket, palestre. C’è da mettersi le mani nei capelli.
Veniamo ad aspetti più tecnici, che però riguardano sempre la rivoluzione Astana. Partiamo da Miguel Angel Lopez. Ormai è della Movistar?
Di certo lui non è più nel nostro progetto. E mi dispiace. E’ partito molto bene col terzo posto all’Algarve e poi ha vinto la tappa più bella del Tour de France, facendo un qualcosa di eccezionale, fino al giorno della crono. Lì è andato in trance. Se avesse fatto il suo, sarebbe arrivato quarto. Ti dico che lo abbiamo portato al Giro anche per fargli superare questo shock.
Però portare al Giro un corridore che se ne va in qualche modo è come continuare ad investire su di lui. Il fatto che cambia squadra è di questi ultimi giorni?
Il prossimo sarà il mio 12° anno all’Astana e in tutto questo tempo posso garantire che abbiamo sempre guardato all’economia della squadra. Schieriamo chi riteniamo idoneo e non lo mettiamo in disparte perché va via. E’ stato così con Nibali e con Aru. L’obiettivo del team viene prima di ogni altra cosa.
Gli altri due “tenori”, Fuglsang e Vlasov, resteranno? Si riparte da loro?
Sì, loro ci saranno.
Fuglsang è andato come ti aspettavi?
Jakob ha fatto una stagione incredibile. Ha fatto un mese super: ha vinto il Lombardia, terzo all’Emilia, protagonista alla Strade Bianche e alla Tirreno. Poi ha preparato il Giro ed è stato difficile per lui. Alla fine era la prima volta che partiva con i gradi di leader assoluto. Visto da fuori, il suo sesto posto può sembrare striminzito, in realtà è un buon risultato. Un risultato che ha raggiunto con una serenità incredibile. Certo, quando Lopez e Vlasov si sono ritirati aveva il morale sotto i tacchi, ma è sempre rimasto concentrato.
Però qualche bacchettata gliel’avrai pure data. Ci sarà qualcosa che non ti ha convinto appieno…
Credetemi, ha mostrato una professionalità che non avrei saputo come riprenderlo. Quel giorno in cui ha forato e noi con l’ammiraglia siamo arrivati tardi volevo salire in camera sua per parlargli e dirgli che forse sarebbe stato meglio cambiare la bici. Ma lui, tranquillo, ha detto che ormai era fatta e che era inutile guardare indietro. Avrebbe cercato di recuperare quel tempo in qualche altro modo.
Insomma perfetto…
Vabbè visto che me lo hai tirato fuori con le pinze, dico che ci aspettavamo di perdere 40″-50” in meno nel giorno della crono di Valdobbiadene. Lì è andato sotto le aspettative ed eravamo delusi. Ma a conti fatti nell’economia del Giro non sarebbe cambiato nulla.
Avrà lo stesso ruolo il prossimo anno?
Jakob punterà più alle classiche, come del resto ha sempre fatto. Se dovesse fare il Tour lo affronterà in un altro modo e non pensando alla classifica.
Passiamo alla grande incognita: Vlasov…
Una sorpresa al 110 per cento. E’ partito subito forte: davanti al Lombardia, primo all’Emilia e in precedenza aveva vinto in Provence. Poi se dobbiamo dirla tutta, al Giro, già prima di Monreale non stava bene. Abbiamo provato a portarlo avanti, ma aveva 39 di febbre. Questa cosa ci ha messo, e gli ha messo, un’agitazione bestiale. Fosse stato un altro anno, magari avremmo insistito. Ma alla fine era più il disagio nell’averlo così che mandarlo via. Quando è andato a casa ero dispiaciuto, ma al tempo stesso era come se mi fossi liberato della peste.
Lui è il futuro?
Vi garantisco che questo può vincere un grande Giro. E’ arrivato alla Vuelta non molto bene. Nella prima tappa ha preso quasi 5′, altrimenti si sarebbe potuto giocare il podio.
Aria di rinnovamento dicevamo: chi arriverà?
Abbiamo preso Samuele Battistella. In realtà già lo volevo un anno fa, ma siamo arrivati tardi. Me lo segnalò Orlando Maini nel 2018. Mi disse che c’erano due o tre corridori che stavano arrivando. Vinse il Giro del Belvedere. Io ero alle Classiche del Nord, quel giorno telefonai a Maini e gli chiesi: «Ma sei al Belvedere?». E lui mi fa: «Eh sì, ha vinto Battistella». Inoltre Samuele è dello stessa zona della Wilier e anche loro me ne parlarono. Oltre a Battistella dovrebbe arrivare Matteo Sobrero, anche se non è ancora ufficiale.
E Fabio Aru, torna con te?
No, non per una questione di rapporti (buoni), ma perché abbiamo deciso di perseguire una politica rivolta ai giovani. Vogliamo ringiovanirci e seguire un po’ il modello Sunweb. Loro ogni anno prendono dieci corridori, molti dei quali dal loro vivaio, anche dagli juniores. Quest’anno sono venuti a pescare persino in Italia (Gianmarco Garofoli). Si ritrovano un team fortissimo e un grande patrimonio. Guardate Hindley…