Sonny Colbrelli è già nel bel mezzo della lotta al Delfinato a sgomitare tra coloro che vanno a caccia di un posto in squadra per il Tour de France e a coloro che invece lo vogliono vincere. Una vera “guerra”.
Giusto ieri nella tappa inaugurale il bresciano ha fatto secondo (foto in apertura). Il gruppo non ha chiuso sulla fuga e lui ha vinto lo sprint del plotone.
Sonny, come va da quelle parti?
Sono un po’ incavolato. Van Moer è andato forte, ma dietro a parte noi non abbiamo tirato forte. La Trek-Segafredo, la Uae hanno forzato solo nel finale. Prima la Ineos-Greandiers controllava e basta. Io poi avevo già usato i miei uomini prima e non li avevo nel finale. Peccato perché ogni lasciata è persa. Ci puntavo a questa tappa e vincere avrebbe significato anche indossare la maglia di leader.
Però di buono c’è che hai vinto lo sprint di gruppo, hai battuto i tuoi rivali…
Sì quello sì. Sono contento perché non correvo dal Romandia (dove aveva vinto, ndr) e poi ero appena sceso dall’altura e non sai mai come vanno le cose in questi casi. Invece ho visto che ho risposto bene. Ma non è finita, ci sono ancora due tappe per noi velocisti. Ci riproverò.
Hai parlato dell’altura, come è andata sul Teide?
E’ stato un bel ritiro, molto intenso anche se non ho fatto grandi blocchi di lavoro in quanto venivo dal Romandia appunto. Ho fatto molte ore di sella. Ho perso 2 chili e mezzo.
Ti segue Artuso, il preparatore della Bahrain Victorious?
Sì mi segue Paolo. Abbiamo fatto tanti chilometri e pochi specifici, anche se di tanto in tanto nel tratto pianeggiante in quota ho fatto delle volate. Poi per me che non ho una muscolatura da scalatore sul Teide non è facile: sei sempre in tiro con la catena e quindi lavori continuamente. Ho fatto tanta fatica. Ogni giorno 5-6 ore con 3-4.000 metri di dislivello.
Come facevi, anzi come fai, le volate quando sei in allenamento: da solo o con il “treno”?
Solitamente da solo. Come le faccio? Spingo finché non sento l’acido lattico fino alle orecchie! Ci sto 20” anche 25”, con il 54×11. Io parto lungo, è così.
Stai lavorando per il Tour. Qual è l’obiettivo?
Vincere una tappa. E’ quello che sogno da un bel po’. E poi voglio farmi trovare pronto per il mondiale. So che è un percorso esplosivo. Italia e Belgio hanno le formazioni più forti. Noi abbiamo Trentin, Moscon, Ballerini, Ganna… possiamo fare anche una corsa d’attacco.
E alle Olimpiadi ci pensi? Te lo chiediamo più per curiosità che non per una tua reale presenza visto che il percorso dicono sia duro, ma sai tante volte si è parlato di tracciato off-limits e poi la corsa si è rivelata meno selettiva del previsto…
Sono migliorato tanto in salita, però con Cassani non ho mai parlato delle Olimpiadi e non credo che ne parlerò. Lui ha già in mente la sua idea di corsa per Tokyo. Poi sì, nelle corse di un giorno magari si va più tranquilli. A Rio a parte la sfortuna di Nibali, pur essendo un tracciato duro, ha vinto d’astuzia un corridore come Van Avermaet.
Sei al Delfinato, qualche anno fa ci dicesti una frase che ci ha colpito. «Al Delfinato si va più forte che al Tour perché c’è gente che deve guadagnarsi il posto proprio per il Tour». E’ così?
Confermo tutto! Il Delfinato a mio parere è la corsa più dura della stagione. E’ un “mini Tour”. Si va a velocità folle. Oggi (ieri per chi legge, ndr) per esempio abbiamo fatto 180 chilometri con 2.400 metri di dislivello in meno di 4 ore. E doveva essere una tappa per velocisti… Non oso pensare a quando ci saranno le salite!
Però adesso tieni meglio questi ritmi?
Sì, sicuramente. Faccio altri allenamenti, ho un’altra mentalità.
Hai dato un’occhiata al percorso del Tour?
Ho dato uno sguardo. Che dire: è pianura francese. Ogni giorno ci sono almeno 2-3.000 metri di dislivello. Si parte dalla Bretagna e non sarà semplice: strade strette, continui saliscendi. Già nella prima tappa potrebbe esserci qualche insidia. Dopo il Delfinato quando andrò di nuovo in altura lo studierò per bene. Avrò 12 giorni per farlo. Dove vado? Stavolta a Livigno così porto con me anche la famiglia,
Senti, ma hai visto che ha combinato Caruso al Giro?
Un grande! Sono davvero contento per lui – dice con tono sincero Colbrelli – Ci credevo più io che Damiano quando lo sentivo. Giorno dopo giorno ha capito che il podio era alla sua portata e ha finalizzato il tutto con un grande numero sull’Alpe Motta. Una vita da gregario, questo è il suo regalo più grande. E non è finita, perché adesso cambieranno molte cose nei suoi confronti. L’anno scorso è arrivato tra i primi dieci al Tour tirando per Landa. Io e lui quando corriamo insieme siamo compagni di stanza.
E Colbrelli quando lo rivediamo al Giro?
Spero il prossimo anno – risponde senza indugio Colbrelli – Quest’anno volevo farlo, ma avendo costruito la squadra su Landa non volevano farmi fare quel che ho fatto l’anno scorso al Tour e cioè tirare sempre.
Beh, alla fine è una forma di rispetto, di riconoscimento del tuo valore da parte del team…
Sì, sì, ma infatti è una scelta che ho accettato bene. L’anno scorso ho svolto questo lavoro credo al meglio e infatti mi hanno ringraziato.