Vince in volata, vince a crono, va forte in salita: Wout Van Aert è tutto ciò. Il belga sta riscrivendo le regole del corridore completo e stupisce non poco. Dopo la Strade Bianche aveva detto di puntare alla classifica generale della Tirreno-Adriatico e se non avesse incontrato un altro fenomeno come Pogacar ci sarebbe anche riuscito. Ma questo ci porta a pensare un po’ più là. Van Aert può vincere un grande Giro? Oppure è “limitato” alle corse di un giorno? E ancora: le gare di una settimana sono il suo ideale?
Ne abbiamo parlato con tre ex corridori, di altrettante generazioni: Massimo Ghirotto, Michele Bartoli ed Enrico Gasparotto.
Ghirotto dice sì, ma…
Partiamo da Massimo. Lui ha corso tra gli anni ’80 e ’90 e ha visto dal vivo anche gli ultimi super atleti che potevano vincere classiche e grandi Giri con un certa facilità.
«Credo sia la domanda che tutti si pongono nel mondo del ciclismo e credo che una risposta certa non la sappia neanche Wout stesso. Si tratta di un corridore rarissimo che va forte dappertutto, anche nel cross non dimentichiamolo. Il fatto però che sia alto 187 centimetri e pesi 77 chili ci dice che è anche un bel “bestione”. Mi viene in mente Indurain. Lui vinceva i Giri, ma non le classiche. Allora penso a Moser, che vinceva entrambi, però va detto, e lo sostiene Francesco stesso, che i Giri di Moser erano disegnati per lui. C’erano tante crono e pochi arrivi in salita.
«Per cui dico che sì, potrebbe anche vincere dei grandi Giri, ma dovrebbe perdere almeno 2-3 chili, anche se a guardarlo in volto mi sembra già bello scavato, ma lo può fare. In questo caso, in teoria, perderebbe un po’ di spunto veloce per le volate, ma è anche vero che se Van Aert dovesse pensare alla classifica generale immagino non faccia anche gli sprint: il rischio sarebbe alto e dovrebbe dosare le energie.
«Meglio nelle corse di una settimana? Con i se e con i ma non si fa molto, ma alla Tirreno se non ci fosse stato Pogacar avrebbe vinto. A Prati di Tivo Van Aert non aveva neanche un compagno di squadra. In quelle situazioni avere un paio di uomini incide molto.
«I grandi Giri sono sempre più duri: il Giro lo conosciamo, la Vuelta propone arrivi in salita con pendenze incredibili e anche il Tour si sta allineando. Van Aert dovrebbe lavorarci e dovrebbe avere una squadra per lui, ma credo che alla fine per saperlo del tutto debba fare una prova vera. Io per esempio mi dissi: possibile che grande e grosso come sono non posso andare forte a cronometro? Per risolvere il dubbio provai… e la risposta fu no! ».
Bartoli: «E’ più da classiche»
Seguendo l’ordine temporale, passiamo al punto di vista del campione toscano, protagonista delle classiche a cavallo tra gli anni ’90 e 2000.
«Van Aert che vince un Tour la vedo dura. Anche perché ha 26 anni ed è nella maturità o quasi. Sì, potrà crescere ancora, ma poco. Poi magari mi sbaglio e vince tutto! Però non vedo quei margini necessari per diventare un corridore da corse a tappe. Dove può primeggiare alla grande è nelle classiche. E’ un corridore che dà spettacolo e può vincere dalla Sanremo al Lombardia, passando per la Liegi. Lì ci sono salite che durano 10′ e su scalate di quella durata va più forte di altri. Anche al Lombardia può far bene, anche se è la classica più lontana dalle sue attitudini, ma avendo mostrato di andare forte in salita può farcela.
«Una sua caratteristica predominante è la determinazione. Rispetto a Van der Poel è più completo. Mathieu è più spregiudicato, è uno che punta forte su un obiettivo e lo vince. Guardiamo cosa ha fatto nella tappa di Prati di Tivo: si è staccato pensando al giorno dopo. Van Aert quel giorno invece ha mostrato grande concentrazione. Secondo me è andato anche più forte di Pogacar per certi aspetti. Gli scattavano in faccia, si staccava, li recuperava e li staccava a sua volta, ma non lo faceva perché voleva riprenderli, ma per salire con un passo che fosse il più veloce possibile.
«Il belga nella tappa dei muri ha pagato un po’ rispetto a Pogacar perché lui è meno scalatore e nell’arrivo del giorno prima aveva speso di più, anche per questo dico che non lo vedo nelle tre settimane (situazioni così capitano spesso, ndr). Di contro, è anche vero che l’anno scorso nel finale del Tour è andato forte lo stesso. Però spesso in vista degli arrivi in salita, una volta finito il suo lavoro, si staccava. E questo conta nel risparmio delle energie.
«Chi mi ricorda? A mia memoria nessuno. Magari fra qualche anno dirò: questo corridore mi ricorda Van Aert. No, uno così vincente su tutti i terreni non c’è. Basta poi leggere i suoi numeri: vince le volate a 1.500 watt e tiene sulle salite vere. Wout unisce le due cose in modo incredibile».
Gasparotto: «Non si snaturi»
E per finire parola al friulano-svizzero, l’unico che tra l’altro con Van Aert ha anche condiviso gare e chilometri in gruppo visto che ha corso fino alla stagione scorsa.
«Se Van Aert può vincere un grande Giro? Io dico di sì, ma devono esserci situazioni favorevoli, come più chilometri a crono e meno arrivi in salita. Mi vengono in mente due esempi, Indurain e Cancellara. Fabian ha vinto un Tour de Suisse. Per dire che se troverà sul suo cammino percorsi ideali ce la può fare.
«Mi ha colpito la sua crescita progressiva. Parlavo con lui quando ancora era nella continental e alternava strada e cross. E’ giovane adesso, all’epoca nel 2016, era un “bimbo”. Sempre educato. Ci siamo anche incontrati qualche volta sul Teide. Sembrava dovesse venire alla Wanty. Negli ultimi anni si è dedicato moltissimo alla cura dei dettagli e il miglioramento è stato continuo. E’ cresciuto nelle tappe di montagna e anche a crono ha fatto passi in avanti. L’altro giorno a San Benedetto nonostante la bici nuova aveva una posizione perfetta ed è stato subito performante: significa che ci lavora.
«Van Aert alla Tirreno ha dimostrato che può vincere una gara di una settimana, magari non facilmente, ma se arrivi davanti a gente come Bernal e Landa che sono scalatori significa che ce la puoi fare. Nei grandi Giri invece subentrano altri fattori. Vero che lo scorso anno ha fatto grandi performance nella terza settimana ma se parti per fare classifica è diverso. Portare a spasso 76-77 chili per tre settimane è diverso che farlo con 59 o per una sola settimana (incidono anche spesa energetica e recupero, ndr).
A noi viene in mente il Tour di Wiggins. L’ex pistard di sua maestà fu costretto ad una grande rivoluzione del suo fisico per centrare la Grande Boucle. E Gasparotto ha la sua idea…
«Fossi in lui preferirei puntare alla “top five” dei cinque monumenti e alle corse a tappe di una settimana, piuttosto che cambiarmi per conquistare un grande Giro. Lui nasce perfetto per queste gare. Se dovesse concentrasi su un grande Giro andrebbe troppo a modificare le sue caratteristiche, ma il fascino del Tour è il fascino del Tour… e qualche corridore non resiste, ci perde la testa! Meglio, per me, mantenersi sui propri standard».