Il Giro d’Italia numero 104 è stato presentato da poche ore e già Massimo Ghirotto sfoglia mappe e pensieri. Il percorso proposto quest’anno da Mauro Vegni è davvero più variegato che mai. E la caccia all’erede di Tao Geoghegan Hart (foto in apertura) è già cominciata.
A nostro avviso si tratta di un tracciato più completo anche rispetto a quello della passata stagione: sono soprattutto le tante tappe intermedie a caratterizzarlo. A presentarlo a lettori di bici.PRO è il padovano che i Giri li ha vissuti da corridore e da commentatore per Radio Rai in moto, entrando così anche nelle dinamiche del ciclismo attuale.
Niente respiro
«Da corridore – dice Ghirotto – quando presentavano il Giro guardavo subito le tre settimane. La prima era “tranquilla”, la seconda un po’ più dura e la terza era quella durissima. Stavolta non è stato così. E la prima cosa che ho notato è che non ci sarà tempo per respirare. Una tappa sì e una no, o al massimo due, bisognerà farsi trovare pronti alla guerra. Non so quindi se sia durissimo, di certo bisognerà essere subito abbastanza in guardia e crescere strada facendo, perché comunque non c’è un vero momento di “tranquillità”».
Questa scelta secondo Massimo è figlia anche di un ciclismo moderno, che non può più prevedere i dieci giorni di pianura tipici del Tour. Pertanto lo spettacolo dovrebbe essere assicurato, anche se i primi arrivi in salita, Sestola e Campo Felice, sono “facili”. Tuttavia nella tappa abruzzese prima si sale parecchio. E occhio a quella con arrivo a San Giacomo, da scalare ci sono le salite dei Sibillini che se fatte forti potrebbero far pagare dazio a qualcuno.
Niente quote elevate
«Altra cosa che mi ha colpito – riprende Ghirotto – è stato vedere che non si va molto oltre i 2.000 metri di quota (la cima Coppi è il Pordoi a 2.249 metri, ndr) e questo svantaggerà i corridori colombiani che a quelle quote si trovano a loro agio. Per me è una scelta saggia di Vegni che forse vuole evitare complicazioni legate al meteo. Il Giro deve arrivare a Milano nella sua interezza…
«Per quanto riguarda le salite, la terza settimana è la più dura, però lo Zoncolan non è lo spauracchio come sempre, poiché si sale dal versante meno duro. Per me la tappa regina è quella di Cortina con Fedaia, Pordoi e Giau. Nel 2012 ricordo che arrivarono in pochissimi. Il Fedaia con quel rettilineo infinito è terribile. Non finisce mai. Per me è la salita più dura del Giro. Non conosco invece l’Alpe di Mera, mentre è davvero dura, oltre 5.000 metri di dislivello la 20ª frazione, quella dello Spluga. Che salita questo passo! Senza contare che arriva a fine Giro e la stanchezza inciderà».
Non va dimenticato poi l’arrivo di Sega di Ala, altra scalata da non sottovalutare e che viene il giorno dopo il tappone dolomitico.
Ganna poco premiato?
«Mi aspettavo più crono, ma sono contento di vederne “poca”. Il giusto, direi. Quella finale di quasi 30 chilometri è una crono del ciclismo attuale. Non è da 60 chilometri come ai tempi di Indurain. Per me in un grande Giro a volte bisognerebbe lasciare spazio anche ai corridori che attaccano, che danno spettacolo e possono far bene così. Poi capisco che il ciclismo attuale imponga il corridore completo».
Forse qualcuno, con Ganna in maglia iridata e il Giro che parte dal suo Piemonte, si aspettava qualcosa di più.
Velocisti e attaccanti
«Io – continua Ghirotto – per gli sprinter ho contato sei tappe, cinque sicure. Quella di Stradella con i “dentini” finali se la dovranno sudare. E non sono poche, credo che in questo Giro ci sia spazio per tutti. Per esempio nell’ottava e nona tappa, il corridore, anche quello di classifica sa che al via dovrà “stringere bene i cinghetti” perché sarà un vera lotta. E lo stesso in quella di Montalcino. Sulle strade bianche può succedere davvero di tutto, come accadde nel 2010.
«Per mezzo Giro, almeno fino allo Zoncolan, io credo che non succederà molto. Okay le tappe intermedie e gli arrivi in salita, ma il corridore di classifica quello vero ed intelligente, si concentra su due o tre tappe, quelle che ritiene essere le più importanti. Altrimenti ogni giorno sprecherebbe energie. Lasceranno andare via le fughe per “addormentare” la corsa e scoraggiare attacchi nel finale. E’ normale, lo faceva già Indurain.
Infine chiediamo a Ghirotto se, visto il poco respiro tra una tappa e l’altra, il Giro numero 104 possa essere anche per un “vecchietto”?
«Eh – sospira Massimo – l’anno scorso Nibali, che tutti sappiamo essere l’uomo della terza settimana, nel finale di Giro disse: “Qui c’è gente più giovane che va più forte di me”. Mi rimetto alle sue parole».
Il parterre comunque è davvero “de roi” e se c’è una cosa che ci ha insegnato il Covid è che le sorprese non mancano. «Vi ricordate – esclama Ghirotto – che lo scorso anno al via dell’ultima tappa c’erano due corridori con lo stesso tempo?».