C’è chi il Natale lo ha passato a tavola, circondato dai parenti e dagli affetti più cari. Poi c’è Kevin Rivera che il 25 dicembre si trovava in gruppo e al posto delle posate aveva in mano il manubrio della bici. Il giovane corridore era alla Vuelta Ciclista a Costa Rica, la corsa di casa, conclusa in quinta posizione nella classifica generale.
«A Natale abbiamo corso l’ultima tappa – Rivera risponde da casa sua a Cartago – è andata bene. Mi sono sentito via via sempre meglio, sia nella condizione che nel morale».
Da quanto tempo sei tornato a casa, in Costa Rica?
Sono qui da molti mesi, non ci ero quasi più abituato – ride in maniera contagiosa – da molto tempo a questa parte il massimo periodo che ho trascorso a casa era stato un mese.
Sei riuscito a fare qualche gara oltre a questa?
Sì. A giugno ho corso i campionati nazionali, poi il Tour de Panama e la Vuelta a San Carlos. Sono contento, mi mancava correre con continuità, da quando la Gazprom ha chiuso ho sempre cercato di tenermi allenato e di dare il massimo.
Ti manca l’Europa?
Molto, l’Italia la considero la mia seconda casa. Non posso nascondere che il mio obiettivo è quello di tornare in Europa a correre. Lì il livello è altissimo e voglio tornare a confrontarmi con i grandi.
Com’è il modo di correre che c’è in Sud America?
Davvero molto, molto differente. Non ci ero più abituato, non correvo qui da quando ero junior. E’ stato come se mi mancasse la testa per correre su queste strade. Le gare sono molto frenetiche, non c’è il controllo che si ha in Europa, questo perché mancano le squadre forti che tengono la corsa in mano.
Queste sono corse più brutali?
Urca! Capita che va via una fuga di tre o quattro corridori e uno potrebbe pensare: “Adesso ci mettiamo a controllare e recuperiamo”. Invece no! A 80 chilometri dall’arrivo ci si inizia a scattare in faccia. Devi essere sempre pronto e stare con gli occhi aperti, è una “locura”. Una follia!
I percorsi come sono?
Un continuo su e giù, per tutto il giorno. Non esiste pianura. E’ molto allenante, la cosa che mi ha fatto più piacere è che sono riuscito a vincere una tappa in salita al Tour de Panama e alla Vuelta a Costa Rica. Vincere è sempre bello, andare alle corse e passare per primo sotto il traguardo mi mancava.
E le salite?
Sono simili alle classiche colombiane – riprende a raccontare con un’altra risata – belle toste. E poi, la cosa ancora più complicata è che ti trovi spesso sopra i duemila metri. Alla Vuelta a Costa Rica, nella tappa con arrivo a Perez Zeledon, abbiamo scalato il Cerro de la Muerte: 23 chilometri con la vetta a 3.324 metri. Prima si erano fatte altre due salite, in totale nella tappa abbiamo fatto più di quaranta chilometri di salita.
Completamente diverso dall’Europa…
Da voi si possono trovare tante salite, ma difficilmente si sale tanto in alto. Quello che crea molta differenza è la pianura, cosa che in Sud America non c’è. La più grande difficoltà in Europa l’ho avuta in pianura. Si andava a sessanta all’ora ed arrivavo finito prima della salita. Per farvi un esempio: l’organizzazione della Vuelta a Costa Rica segnalava le prime tre tappe come pianeggianti: io di pianura non ne ho vista.
Ora però dal tuo primo arrivo in Europa sono passati sei anni.
Quando ero venuto da voi la prima volta ero un bambino di 18 anni, ora ne ho 24. Ho incontrato tanti corridori forti dai quali ho imparato: Masnada, Visconti, Bernal. Per questo voglio tornare a correre in Europa, ho avuto tanti momenti difficili, ma ora sono maturato ed ho molta voglia di crescere e vincere.
Cosa ti piacerebbe fare: una classifica generale o cacciatore di tappe?
Mi piace andare forte in salita, cercare di fare la differenza nelle tappe quelle dure. Sono migliorato tanto in pianura negli ultimi anni e questo può essere quel gradino che mi mancava per cercare di fare classifica. Per questo voglio tornare in Europa, ho un conto in sospeso e voglio crescere ancora, perché posso migliorare sempre.
Squadra cercasi
Rivera, scalatore puro di 165 centimetri per 56 chili, è ancora alla ricerca di una squadra per il 2023. Il suo nome, come ci ha detto lui stesso, era stato accostato ad alcune squadre, anche WorldTour. Il tutto però si è concluso in un nulla di fatto.
«In estate – conferma Paolo Alberati suo procuratore – eravamo vicini a firmare con la AG2R Citroen, i francesi avevano chiesto tutti i test ed i dati di Kevin ma poi la trattativa si è arenata. Si era interessata a lui anche la BH Burgos ma anche lì la cosa è naufragata. La speranza è di trovare squadra verso febbraio quando si può trovare qualche spazio in più nelle varie formazioni. Rivera è un profilo interessante e con dei valori notevoli ed un corridore così può fare davvero comodo, soprattutto in squadre che cercano un cacciatore di tappe che può resistere con i migliori in salita».