Ramanzine e risate. Roberto Reverberi racconta il “suo” Sonny

04.11.2022
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Sonny Colbrelli lo aveva puntato prima degli altri. Prima di altri aveva capito che quel ragazzo dal viso buono avesse anche gambe ottime. Roberto Reverberi un po’ di aneddoti nel taschino ce li ha e ora che Sonny, suo malgrado, ha detto basta per i problemi al cuore che ben conosciamo, inizia il momento dei ricordi.

E Reverberi non lesina. Il direttore sportivo e manager della Bardiani Csf Faizanè ne parla con piacere. Risate, strigliate, potenzialità…

Roberto Reverberi e un selfie con Sonny Colbrelli. Il bresciano è stato nel gruppo dei Reverberi per sei stagioni
Roberto Reverberi e un selfie con Sonny Colbrelli. Il bresciano è stato nel gruppo dei Reverberi per sei stagioni
Roberto, come arrivaste a Sonny?

Lo prendemmo ancora prima che andasse alla Zalf. Da juniores in pratica aveva già firmato con noi. Ce lo avevano consigliato Luca Mazzanti e Gianluca Giardini. «Guarda che questo ragazzino promette bene», mi dissero. Ci fidammo e lo prendemmo dopo una stagione in cui fece non so quanti secondi posti.

Già all’epoca li collezionava dunque…

Perdeva un sacco di corse, però era sempre davanti. Quando gli facemmo fare lo stagista con noi, per poco non vinse subito la sua prima gara da pro’.

Racconta, racconta…

Era il Gran Piemonte, se ben ricordo. Precedeva di un paio di giorni il Lombardia e il gruppo era con la testa già alla Classica delle foglie morte. In riunione diedi i compiti e a lui non dissi niente. Così mi chiese: «E io cosa faccio?». «Tu hai campo libero, se ci riesci vai in fuga». Così escono 4-5 corridori e lui non c’era. Lo chiamo per radio e gli chiedo come mai. Al che fa uno scatto dei suoi e da solo rientra sugli attaccanti. La fuga era andata. Il gruppo pensava al Lombardia. Passo con l’ammiraglia quando Virgilio Rossi, di radio corsa, mi fa: «Roby, fermo, Roby fermo hanno sbagliato strada».

Già da dilettante Colbrelli sprecava molto, però era sempre presente nelle posizioni di vertice
Già da dilettante Colbrelli sprecava molto, però era sempre presente nelle posizioni di vertice
No, che sfortuna!

Tra che se ne accorsero e tornarono indietro avevano perso tantissimo. A quel punto il gruppo riavendoli a tiro si mise a fare la corsa e li riprese. Ma di quel drappello Colbrelli era il più veloce. Senza contare che si arrivava su uno strappetto. Era il finale ideale per Sonny.

Come era Sonny era in squadra?

Un generoso, anche troppo a volte. In quegli anni avevamo anche Modolo che andava forte, ma Sonny non era da meno. Tante volte gli dicevo che si sarebbe potuto correre per lui, ma preferiva mettersi a disposizione di Modolo e magari tirargli la volata. In generale faceva sempre ciò che gli dicevo. Non era un “gasatone” è sempre rimasto umile. E lo è tutt’ora.

Però qualche volta ti avrà pur fatto arrabbiare…

Eh, in particolare mi fece uscire di testa dopo un Gp Beghelli. Ora ci si ride su, ma eravamo in lotta per la Coppa Italia. Ed era importante perché garantiva la wild card per il Giro d’Italia dell’anno successivo. Ci serviva non tanto la vittoria, quanto i punti. E per questo dissi ai ragazzi di fare la volata in tre: Colbrelli, Piechele e Ruffoni. E voi sapete che tra Colbrelli e Ruffoni c’è sempre stata un po’ di maretta.

Come mai?

Erano tutti e due della stessa zona, avevano i fans club, se le davano sin dalle categorie giovanili. E quel giorno s’impuntarono su chi dovesse tirare la volata all’altro. Colbrelli diceva che gliel’avrebbe dovuta tirare Ruffoni. Fatto sta che ci bastava un dodicesimo posto. Vado a ritirare le classifiche e vedo che fece 18°. Arrivato al bus non so cosa gli dissi. Perdemmo la Coppa Italia per un punto dalla Neri Sottoli.

E’ Colbrelli dai! Era ancora anatroccolo e non cigno…

Vero. E c’è un’altra storia, questa tutta da ridere – e in effetti Reverberi ride mentre racconta – di un Tour of Oman. Era una delle primissime gare dell’anno e Sonny si presenta un po’ cicciottello. Si è “preso un po’ di parole” da me, ma mio padre ci andava giù di brutto. Lo massacrò. Una sera eravamo ad un tavolo tutti insieme e c’era l’acqua gasata. Lui riempiva il bicchiere. Al che mio padre sbotta: “Bevi ancora, così scoppi”. E Sonny: “Bruno, ma è acqua”. Ma glielo disse con una faccia che scoppiammo tutti a ridere.

Possiamo immaginare…

E non è finita. Sapete, quando si va a fare queste corse lontano, l’organizzazione ti dà le macchine. E sono identiche. Non ci fai l’occhio subito. Così il mattino dopo sbaglia ammiraglia: anziché venire come d’abitudine in macchina con me, sale su quella di mio padre. Due ore e mezzo di trasferimento, il più lungo di tutta la corsa. Quando è sceso: “Oh, Roby, ma me lo potevi dire che avevi cambiato macchina!”. “Guarda che sei te che hai sbagliato!”, replicai io. Si è preso tante di quelle parole che era sfinito!

Invece Roby, passando ad aspetti più tecnici, quando è stata la prima volta che hai capito che Colbrelli era un corridore vero?

In generale si vede subito. E anche con lui fu così. Ma in particolare ricordo una tappa dura del Giro in cui fu ripreso solo alla fine. Era in fuga, fece un corsone. Ci vollero il miglior Santambrogio, che poi fu “pizzicato”, e Nibali per riprenderlo. E quell’arrivo era duro. Pioveva, un freddo cane tutto il giorno.

Vero, con il freddo andava forte. 

Ve la ricordate la Sanremo della neve, no? Lui arriva al bus e se nesce: “Ma perché ci hanno fermato?”. C’erano corridori congelati dappertutto. Lui era a maniche corte, senza guanti, senza copriscarpe. Non sentiva nulla. 

Prima, più o meno scherzando, abbiamo detto dei suoi tanti secondi posti, poi però col tempo è migliorato… Come cercavi di correggerlo?

Sbagliava spesso. Tante volte scattava ai 700 metri, magari anche quando era marcato. Oppure quando doveva muoversi non lo faceva col tempo giusto. Io cercavo di farglielo capire, ma non era facile, soprattutto se avevano capito che ne avevi ed eri marcato. Però dagli errori s’impara. E per questo dico che certe volte stare in squadre piccole ti aiuta a crescere, a formarti. Hai le tue possibilità, sbagli, ma impari a giocarti la corsa…

Nel gelo della Sanremo 2013, la prima di Colbrelli, Sonny non sentiva il freddo
Nel gelo della Sanremo 2013, la prima di Colbrelli, Sonny non sentiva il freddo
Guarda Roberto condividiamo, ne parliamo spesso e anche Bragato (in parte) ha ripreso il discorso ieri…

Sempre questa fretta di andare in una WorldTour, a volte anche solo per 10.000 euro in più. E per cosa? Per andare a tirare… ma per tirare c’è tempo. Poi finisci che fai solo quello. Invece aspetta un po’ e passa nel WorldTour da capitano. Guardate Ciccone per esempio. Chi è rimasto mediamente con noi tre anni, poi ha sempre fatto bene nelle squadre più grandi. Finetto, per esempio, era bravo davvero ma ebbe fretta di andare alla Liquigas e si è perso.

Sei stupito che Colbrelli nel tempo sia arrivato a quel livello?

Assolutamente no. Nessuno stupore. Come ho detto prima, il corridore lo vedi subito. E al netto dei tanti errori giovanili, lui era un corridore. E un corridore, se non ha problemi, lo vedi già dai primi mesi in allenamento. Nel caso di Sonny, lui aveva solo bisogno di aggiustare qualcosa sul piano tattico. In più ha capito che essere magri era importante e si è valorizzato. E non era facile perché non era né un passista, né un velocista puro. E poi vederlo lassù sono state soddisfazioni anche per noi.