Metti un giorno a casa di Antonio Tiberi. Uno di quei freddi giorni che ci ha riservato questo primo mese del 2021. Si va al confine tra la Ciociaria e la bassa provincia romana. Colline, campi e una grande casa di campagna nei pressi di Gavignano nel Lazio.
Là dentro, al caldo, il giovane talento sta giocando alla Play Station. Ha fatto il suo allenamento come da programma e ci aspetta per l’intervista. E solo qualche giorno dopo ha spiccato il volo in direzione della Spagna, per aggregarsi al ritiro della Trek-Segafredo, il primo da pro’.
Antonio, pronto per questa avventura?
Spero di sì! Qualche piccola esperienza con il team già l’ho fatta, come in Belgio l’anno scorso. E ho visto subito altri ritmi, altri stili di corsa.
Sei emozionato? In fin dei conti adesso inizi per davvero…
Non tanto, non credo che ci sia differenza rispetto a quelli fatti in precedenza. Mi ci state facendo pensare voi adesso! Conosco molti ragazzi e già tanti componenti dello staff.
Brambilla ci ha detto che l’hanno scorso era rimasto colpito da te. Pensava che non avresti retto le sei ore della distanza, invece li ha riportati tutti “a casa”…
Sì dai qualche volta già avevo fatto 5-6 ore ed ero allenato. Mi allenavo da solo e mi mancava un po’ il ritmo, ma già dopo tre, quattro uscite con i ragazzi lo avevo preso e mi sono trovato bene sin da subito.
Hai fatto un anno alla Colpack-Ballan, cosa hai imparato?
E’ stata una stagione bella quella con la Colpack. Mi è servita per fare esperienza e per avvicinarmi alle distanze più lunghe. E al tempo stesso ho fatto qualche gara con i professionisti. Tra l’altro ci ho fatto la prima gara in assoluto, il Laigueglia. Ed è stata una bella batosta perché di fatto passavo dagli junior ai pro’: 200 chilometri! E’ stata dura. Dopo la seconda, terza, gara con i dilettanti già mi sentivo più a mio agio. E mi è servito, perché in estate con la maglia della nazionale alla Coppa Sabatini, di nuovo tra i grandi, ho sentito la differenza. Mi sentivo già più competitivo. Riuscivo a tenere meglio le posizioni, a tenere in salita. Un’altra cosa rispetto ai cambi di ritmo del Laigueglia.
Quando dici “batosta del Laigueglia” cosa intendi di preciso?
Finché abbiamo fatto i giri grandi, nella prima parte di gara, tutto sommato era andata bene, quando poi siamo entrati nel circuito finale ho visto le vere differenze. Quando i pro’ aprono il gas è tutt’altra cosa e io, ripeto, venivo dagli juniores. Però non ne ho fatto un dramma: ho pensato che fosse ancora inizio stagione. Sono giovane, mi sono detto.
Come hai vissuto la stagione da U23 sapendo che avevi già un contratto in tasca?
Ho fatto davvero esperienza. Ho corso per crescere, per aumentare la cilindrata e abituarmi ai diversi ritmi. Non ho sentito molto la pressione e questa cosa mi ha aiutato, come per esempio nelle gare internazionali. Ero più tranquillo. E infatti altri ragazzi ogni tanto scherzando mi dicevano: beato te!
Durante la stagione hai mai parlato con Guercilena?
Non molto. Avevo parlato con lui nei ritiri in America e in quello in Sicilia e poi mi ha fatto i complimenti dopo alcune gare da dilettante.
In questa stagione hai continuato a lavorare a cronometro?
Ho vinto subito la prima gara dopo il lockdown e in altre sono andato discretamente bene. Poi al campionato italiano Milan ha tirato fuori tutto il suo potenziale e non c’è stata storia.
Prima hai parlato di cilindrata: numeri alla mano sei migliorato?
Ho fatto un test in salita identico a quello dell’anno scorso, solo che l’ho eseguito due mesi prima, quindi meno in forma. Nonostante tutto ho siglato valori leggermente migliori. Però a sensazione sento di andare molto meglio.
Cosa ti è rimasto del Giro under 23?
Il giorno del Mortirolo è andata bene. Ero nella fuga, l’ho preso con 30-40” di vantaggio e ho scollinato tra i primi cinque, sei. Mi spiace invece di aver sofferto troppo in alcune tappe e potevo evitare alcuni errori.
Quali?
Potevo pensare di più alla generale e invece ho corso sempre all’attacco, sin dalla prima tappa, Almeno ne sono uscito bene.
A questo punto mentre, Antonio ci mostra la nuova bici e ci porta nella stanza dei rulli, si passa a parlare di quel che verrà. Di fatto la sua avventura tra i professionisti inizia in questo 2021 ed è uno dei simboli del ciclismo che cambia. Tiberi, pensate, compirà 20 anni nel corso della stagione.
Hai già un programma?
Sì un calendario di massima ce l’ho. Inizio a febbraio, all’Etoile de Besseges, quindi farò il UAE Tour e le gare italiane, ma il vero obiettivo è il Giro di Svizzera. Quindi ci sarà il Tour of Utah. A quel punto si valuterà per il resto della stagione.
Che significa che lo Svizzera è l’obiettivo?
Che si punta per arrivare al meglio a quell’appuntamento. Serve per mettersi alla prova e vedere a che punto si è.
E’ cambiata la tua preparazione?
Faccio di sicuro più ore e anche gli specifici ho iniziato a farli prima. Insomma con Josu (Larrazabal, il preparatore della Trek, ndr) ho anticipato un po’, anche perché devo partire prima rispetto al solito. Lui mi seguiva già ai tempi della Franco Ballerini, quando avevo saputo che sarei andato con loro. In questo modo avrebbe avuto già più anni di storico sui miei dati.
Lungimirante. Fu una scelta tua o imposta?
Ci fu qualche problema con il preparatore dell’epoca e in accordo con mio padre e i miei procuratori (i Carera, ndr) ne parlammo subito con la Trek e Josu stesso.
Che genere di lavori specifici hai già fatto?
Sostanzialmente le Sfr e il potenziamento. E anche le salite al medio.
Che effetto ti ha fatto vedere gente appena più grande di te vincere il Tour e giocarsi il Giro? E’ una pressione, perché ci devi arrivare presto anche tu, o è uno stimolo?
Ci vogliamo arrivare sicuramente – dice con voce ferma Tiberi – ma non è un obiettivo focalizzato per quella età. Se poi non ci arrivo mi si ritorce contro. Ricordiamo che parliamo di 2-3 corridori su 300. L’eccezione sono loro.
E’ vero che sei uscito con Nibali nei giorni delle feste natalizie?
Sì, lui era dai suoceri a Fiuggi. Ci basta fare un quarto d’ora di strada a testa e ci incontriamo a metà strada. Con Vincenzo ero già uscito in passato. Fu Carera a mettermi in contato con lui, quando si sapeva che sarei andato alla Trek.
Ritiri e qualche gara con la Trek li ha già fatti, c’è qualcuno con cui hai legato di più?
Beh, con Vincenzo appunto sono uscito, ma parlo spesso con Antonio suo fratello, con Jacopo Mosca e Alex Kamp e anche con Giulio Ciccone.
Senti, il Giro non rientra tra i tuoi programmi, ma se Nibali dicesse: Tiberi lo voglio in squadra. Tu cosa risponderesti?
Beh, se lo dice lui…