Quanto incidono due chili? Ne parliamo con Pino Toni

23.06.2022
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Due chili. Sono tanti? Sono pochi? E nel ciclismo dei marginal gains sono da considerarsi ancora margini appunto, o sono qualcosa di fondamentale? Tutto nasce da un’intervista fatta con Paolo Slongo, preparatore della Trek-Segafredo e di Elisa Longo Borghini, il quale ci aveva detto tra le altre cose che la sua atleta aveva vinto perché era scesa di due chili. 

E allora con un altro preparatore molto attento agli aspetti tecnici, Pino Toni, andiamo a vedere quanto incidono davvero due chili. Un discorso che con il toscano si fa subito interessante.

Dopo l’ottimo lavoro in altura, Elisa Longo Borghini ha limato il suo peso e ha vinto in salita (per di più allo sprint)
Dopo l’ottimo lavoro in altura, Elisa Longo Borghini ha limato il suo peso e ha vinto in salita (per di più allo sprint)

La testa conta

«I chili in più e in meno – spiega Toni – vanno sempre valutati per ogni ragazzo e ogni ragazza. Per qualcuno possono incidere più di altri. Chiaro, il rapporto potenza/peso resta centrale per tutti, ma su alcuni soggetti non puoi “limare” troppo».

«Per un atleta forte come la Longo, ma più in generale per le donne direi, da una parte me ne frego del peso. Lo dico sempre anche a Marta Bastianelli (che il coach segue da anni, ndr): se tu sei forte, stai bene e hai lavorato correttamente sei vincente lo stesso. Chiaramente in relazione ad un peso non ottimale ma pur sempre nei limiti.

«Il problema semmai è che quei due chili in più possono incidere sulla determinazione, sulla testa dell’atleta».

«Faccio un esempio pratico e molto semplice. Tante volte, e per le donne vale ancora di più, il corridore vede la sua gamba meno definita ed è meno convinto. Poi basta che un uomo si veda una vena nell’interno coscia o una donna veda più definita la zona della rotula, che all’improvviso entrambi si sentono bene con il loro corpo. E capita spesso».

«Nel caso specifico, non conosco Elisa Longo Borghini, ma vedo che è potente e che non ha paura di correre, di attaccare. Magari quei due chili la limitavano un po’ nelle salite lunghe e, ripeto, anche nella testa. Ma direi che nel complesso è andata forte perché stava bene. E quando si sta bene il peso va via da solo».

Aspetto, quest’ultimo, che lo stesso Slongo ha confermato in quell’articolo. «Elisa ha perso due chili senza fare chissà cosa», aveva confidato il tecnico veneto.

Quando un’atleta sta bene, è cosciente del suo senso di autoefficacia, come direbbe la psicologa Elisabetta Borgia, anche il peso scende “da solo” o più facilmente. In pratica s’innesca un circolo virtuoso.

Kittel, mostro di potenza, per lui due chili incidevano meno rispetto ad uno scalatore
Kittel, mostro di potenza, per lui due chili incidevano meno rispetto ad uno scalatore

Quei 7 watt 

Ma staccandoci dall’esempio relativo alla Longo, quanto incidono due chili? Roglic sarebbe Roglic con due chili in più? Probabilmente no.

«Dipende che chili sono – dice Toni – e di quale soggetto parliamo. Sono chili sugli arti superiori? Quanto è grande l’atleta? Che tipo di corridore è? In un uomo variano molto per il tipo di corsa che deve fare. Un Kristoff o un Kittel, che superano i 1.600 watt contano meno, tanto al primo “cavalcavia” si staccano. Per un Roglic non è così».

In uno scalatore, che in partenza pesa meno di uno sprinter, due chili si sentono sicuramente di più. E poi non è facile dimagrire e non perdere neanche un briciolo di massa magra, cioè di muscoli. Non a caso tante volte lo sprinter rinuncia ad essere super tirato. Lo stesso Petacchi ci disse che volutamente non scendeva al di sotto di un certo peso per essere efficiente in volata.

«Sulla classica salita ipotetica di 10 chilometri al 10% ogni chilo in più influisce il 6% in termini di  tempo di scalata – riprende Toni – Un chilo in più sul corpo corrisponde a circa 7 watt in meno (due chili, 14 watt, ndr). Ho specificato sul corpo perché se si parla di masse rotanti il tutto va moltiplicato per quattro.

«Se, infatti, il telaio di una bici pesa un chilo di più, è più o meno come avere un chilo in più addosso. Mentre per perdere la stessa energia basta che una ruota pesi 250 grammi in più».

Gli africani sono più leggeri degli europei (Kipchoge, maglia bianca, nel test Ineos per la maratona sotto le 2 ore)
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Saper limare

«La reazione alla perdita di peso, varia da atleta ad atleta. Sostanzialmente c’è un bilancio tra forza motrice e zavorra.

«In fisiologia si fanno dei test di biompedenziometria. Ci sono bilance che specificano ogni aspetto del peso: quantità di acqua, muscoli, ossa… Pensate che oggi si analizza la densità ossea. E valutando questa densità puoi capire con più precisione quanto puoi “limare” sul quel soggetto, perché già una piccola differenza nell’insieme dello scheletro incide».

«Lo scheletro è quasi il 20% del peso del corpo umano. Una percentuale importante. Conoscendone l’esatto peso si sa quanto si può far dimagrire quell’atleta. Per esempio, se si prendono un uomo caucasico e un uomo kenyano con le stesse misure antropometriche quello kenyano pesa circa 3 chili in meno. Non è poco a certi livelli».

«Il corpo umano è una macchina perfetta e nella sua formazione incide ogni aspetto, ogni fattore. E uno di questi fattori è l’altura. Chi vive in quota ha una densità ossea leggermente inferiore, perché deve sopportare una colonna d’aria minore. Pertanto il suo scheletro ha una rigidità ottimale per quel peso dell’aria. 

«Ma se si si porta un corridore colombiano, che di solito vive in quota, al livello del mare, alla lunga la sua densità ossea diventerà come quella di un caucasico che già ci vive».

Due chili quindi contano, ma conta di più sapere che chili sono: soggetto, struttura ossea, tipologia del corridore, bilancio muscolare fra arti superiori e inferiori, velocità con cui si è perso peso…