La prima regola, nel correre un mondiale, è che devi essere pronto, innanzitutto mentalmente a saper cogliere l’occasione che ti si può proporre. In questo Silvia Persico è stata esemplare. Il suo clamoroso bronzo conquistato a Fayetteville, nei Mondiali illuminati dall’impresa di Pidcock, è figlio soprattutto di quanto successo nella seconda tornata. La gara era ancora lunga, ma Vos e Brand erano stanche di giochicchiare e hanno fatto esplodere la corsa. Da questa esplosione che ha favorito la loro fuga è nata anche una seconda coppia con l’ex iridata Alvarado e l’azzurra, bravissima a cogliere l’occasione mentre le altre, prese di sorpresa, vedevano crescere il divario. Poi l’azzurra ha saputo tenere, anzi l’olandese non le dava neanche cambi. Ma alla fine è stata punita dal destino tramite un problema meccanico che ha lanciato la campionessa tricolore verso un podio insperato.
Team Relay, una vittoria che conta
L’Italia del ciclocross torna da Fayetteville riaffacciandosi nel medagliere dopo anni. Portando a casa anche la vittoria nel Team Relay che, anche se non valeva come gara iridata, ha pur sempre un peso specifico come ogni evento di squadra, perché testimonia la bontà del movimento (e il fatto che l’Olanda non ci fosse non sminuisce di nulla la prestazione dei nostri). Pontoni chiude come meglio non poteva la sua prima stagione da cittì: «E’ una trasferta nata tra mille difficoltà ma che chiudiamo con un gigantesco segno positivo. Devo dire grazie alla federazione che ci ha supportato sempre al massimo e anche a tutti i ragazzi, quelli che c’erano e quelli che sono rimasti a casa perché tutti hanno contribuito a creare un gruppo fantastico che darà altri frutti, ne sono certo».
Tornando un attimo indietro, mentre la Vos andava a conquistare il suo ottavo titolo mondiale nel ciclocross e 13° complessivo privando la Brand del suo secondo Grande Slam consecutivo, la Persico andava a interrompere l’attesa lunga sequela di nomi olandesi occupando un posto sul podio a testimonianza di quella crescita che dovrebbe produrre risultati anche su strada come si attendono alla Valcar: «E’ un bronzo che mi ripaga di tanti sacrifici, quelli che mi hanno dato la forza di resistere e di andare a caccia di un risultato che alla vigilia sembrava un’utopia. Il mio approccio alle gare ora è più tranquillo, credo che anche questo serva».
Per la Vos 8° sigillo nel cross: la beffa di Leuven è dimenticata Podio tutto arancione fra le U23: oro alla Pieterse su Van Anrooij e Van Empel Dopo i due titoli su strada, Zoe Backstedt conquista anche quello nel ciclocross
Arriva l’acuto del “terzo tenore” Pidcock…
Si ha un bel dire che il mondiale americano era quello degli assenti e delle delegazioni ridotte. Lo spettacolo non è mancato, come anche le sorprese: chi avrebbe mai immaginato uno svizzero conquistare la gara junior maschile, dove Paletti ha retto nel gruppo di testa finché le forze lo hanno sorretto pagando poi dazio al jet lag? In fin dei conti anche la gara Elite maschile, anche se priva di Van Der Poel e Van Aert, ha dato molti spunti, premiando il terzo tenore rimasto, quel Tom Pidcock che continua a collezionare medaglie d’oro in qualsiasi disciplina, basta che ci siano due ruote…
Nel ciclocross il gioco di squadra funziona fino a un certo punto. Il Belgio (unica formazione europea al completo) ha messo Vanthourenhout addosso al britannico per proteggere Iserbyt. Sweeck e Aerts hanno svolto all’inizio un grande lavoro rintuzzando i due scatenati francesi Dubau e Venturelli per mettere i bastoni fra le ruote all’inglese. Nel 4° dei 9 giri in programma, Pidcock ha forzato su un piccolo strappo. Iserbyt si è fatto prendere di sorpresa soprattutto mentalmente, ha messo il piede a terra e la gara è finita lì. Vanthourenhout e Sweeck hanno provato a chiudere ma il ritmo era troppo alto.
Iserbyt, sconfitta che fa male
Una settimana prima Iserbyt faceva la voce grossa a Hoogerheide, in America è sembrato invece timoroso, troppo timido nell’affrontare la gara, anche il giro finale con l’olandese Van Der Haar, provando a staccarlo senza poi insistere e venendo infilato allo sprint. Una gara titolata è qualcosa di davvero diverso, il peso che viene dalla posta in palio rischia di schiacciarti: c’è chi riesce a gestirlo e si esalta, chi no…
Certamente Pidcock fa parte della prima categoria. Il fatto che “quei due” non ci fossero poteva accrescere il suo carico di responsabilità: «Paradossalmente ha reso tutto più difficile – ha affermato nelle interviste dopo l’arrivo – tutti si aspettavano che la gara sarebbe stata più gestibile, invece è diventato qualcosa di tattico sul quale bisognava ragionare e l’ho fatto per tutta la settimana. Siamo arrivati qui con un piano e io l’ho messo in pratica alla lettera, avendo la meglio sullo stress. Sapevo che in quel preciso momento dovevo attaccare e l’ho fatto».
Argento per l’olandese Van Der Haar, che non ha fatto rimpiangere VDP L’unica nota lieta per il Belgio: titolo U23 a Wyseure e podio tutto loro La sorpresa di Fayetteville: lo svizzero Christen batte Dockx (BEL) e Smith (GBR)
Argento per l’olandese Van Der Haar, che non ha fatto rimpiangere VDP L’unica nota lieta per il Belgio: titolo U23 a Wyseure e podio tutto loro La sorpresa di Fayetteville: lo svizzero Christen batte Dockx (BEL) e Smith (GBR)
Due titoli per Olanda e Gran Bretagna
La Gran Bretagna porta così a casa due titoli esattamente come l’Olanda, grazie a Pidcock (primo britannico a vincere la prova elite) e alla Backstedt, davvero imbattibile fra le juniores dove c’è stata la bellissima prova della Venturelli quinta (e chissà che cosa avrebbe potuto fare la Corvi se non fosse arrivata a Fayetteville solo poche ore prima della partenza). Il Belgio paga ancora dazio, com’era avvenuto lo scorso anno a Ostenda: evidentemente la rassegna iridata non porta molta fortuna alla nazione più forte del movimento, che ha pagato oltremisura la rinuncia di Van Aert: «Abbiamo corso la nostra migliore gara possibile e sono stati gli altri ad essere migliori – ha detto Iserbyt dopo il bronzo conquistato – Non dobbiamo essere felici ma accontentarci, gli altri erano più forti». Ma quando piazzi 6 uomini fra i primi 11, è forse un po’ poco per una nazione che aveva puntato tutto su Fayetteville…