I grandi successi a certi livelli non si ottengono mai da soli. Ovviamente vince l’atleta, il campione o la campionessa, ma dietro le quinte ci sono altre figure che s’impegnano. E Paolo Slongo è una di queste. Il coach veneto della Lidl-Trek forse più di tutti ha contribuito alla conquista del Giro d’Italia Women di Elisa Longo Borghini.
Slongo è uno dei preparatori più esperti in gruppo. Per anni ha collaborato, tra gli altri, anche con Vincenzo Nibali. Ha un palmares lungo così. «Ma – dice il veneto – aver aggiunto in bacheca anche questo Giro d’Italia Women è emozionante. E’ qualcosa in più. Anche per noi preparatori ogni anno si tratta di rimettersi in gioco. In autunno quando finisce la stagione, io riordino le idee. Studio nuove soluzioni, nuovi metodi. E certe vittorie sono uno stimolo».
Paolo, al Giro abbiamo visto l’Elisa più forte di sempre?
In generale, quest’anno, sì. E’ la più forte di sempre e lo dicono i risultati. Ormai è in grado di competere con tutte le più grandi e su tutti i terreni. Non che prima non lo fosse, ma adesso come detto raccoglie di più. E’ migliorata a crono e nel fuori soglia. Per i grandi Giri adesso parte per vincere. Prima andava bene lo stesso, era costante, ma magari correva per il podio. Ora ha agguantato questa prima vittoria in un grande Giro e vuol dire molto. Adesso Elisa fa definitivamente parte delle atlete di prima schiera che ci sono sempre.
Hai parlato di risultati, ma è migliorata anche nei numeri delle sue prestazioni?
Un po’ sì. E lo ha fatto perché adesso è più magra. Elisa ha perso un paio di chili. E per questo abbiamo lavorato a stretto braccio con Stephanie Scheirlynck, la nutrizionista della Lidl-Trek. E’ stato un bel lavoro di squadra, condiviso. Eravamo costantemente in contatto per stabilire il regime alimentare in base agli allenamenti. L’idea era di poterla far allenare forte e mangiare di conseguenza.
Avete cambiato qualcosa nella preparazione più in generale?
Direi che c’è stato un cambiamento drastico nell’approccio all’allenamento. Non posso entrare troppo nello specifico, ma posso dire che siamo passati da un sistema più tradizionale ad un sistema polarizzato (qui per saperne di più, ndr). E si è visto sin dalle classiche che questo metodo aveva buoni effetti. Ma ancora una volta parte del merito è stato della squadra.
Perché?
Perché ha assecondato le nostre idee. A partire dal ritiro sul Teide a marzo e poi un altro a giugno sul San Pellegrino. Questo ha significato fare qualche gara in meno, però abbiamo fatto un bellissimo avvicinamento al Giro. In più dopo l’italiano Elisa è ritornata in quota proprio al San Pellegrino con la nazionale del cittì Paolo Sangalli.
Come ha lavorato in quegli ultimi giorni?
Io avevo lasciato la moto lassù e facevo la spola tra casa mia e il San Pellegrino. Devo dire che Sangalli è stato bravo perché comunque ci ha lasciato spazio.
Quindi Elisa ha rifinito la sua preparazione in quota facendo fuori giri dietro motore?
Anche. Lassù ha lavorato con la bici da crono e un solo giorno abbiamo fatto una simulazione di gara su una salita. L’abbiamo fatta sulla Marmolada, lato Canazei che è più regolare e un po’ meno duro rispetto al versante di Malga Ciapela. E poi come detto 2-3 volte siamo andati in Val di Cembra, che è poco trafficata specie dai mezzi pesanti, per lavorare a crono. Lì ci portavo Nibali.
Veniamo invece ai giorni del Giro Women, Paolo. Tu seguivi Elisa da remoto?
Esatto. Ci sentivamo ogni giorno. La sera ricevevo i dati, ci lavoravo su e alla mattina trovavano il report sul suo stato di condizione, sul TSS (il livello di stress, ndr), sul recupero e aggiungevo i miei feedback.
Come giudichi il suo Giro Women da un punti di vista fisico?
Ovviamente buono. E’ stato un Giro che è iniziato benissimo con la vittoria della crono. Da quel momento si sapeva che l’altra tappa dura ed importante sarebbe stata quella del Blockhaus. E in tutto questo Elisa non ha mai sofferto più di tanto.
Però lei stessa ha ammesso che a Toano ha sofferto parecchio il caldo nel finale…
Sì, ma il suo stato di forma è sempre stato buono. Io sapevo che stava bene. E anche nella tappa del Blockhaus non è andata piano. Quella tappa era talmente dura che non si sapeva davvero come potesse andare. Noi sinceramente credevamo che le avversarie più pericolose una volta lassù sarebbero state Labous e Fisher-Black. Pensavamo a guadagnare su di loro e invece ci siamo ritrovati una grande Kopecky.
Vi ha fatto paura quella sera?
Eh un po’ sì. Con gli abbuoni ancora in palio il giorno dopo sarebbe stata molto pericolosa. Ci avrebbe potuto mettere in difficoltà. Però da parte mia sono rimasto sempre fiducioso perché in tre arrivi su tre su uno strappo Elisa l’aveva preceduta. E poi io conoscevo davvero i suoi valori e per questo ero relativamente tranquillo, il problema è che poi a parlare è sempre la strada. Magari un Giro che è finito così è stato più bello per i tifosi, ma noi in squadra abbiamo sudato freddo!
Qual è stato l’approccio psicologico sempre quella sera? Come ha reagito Elisa?
Secondo me è cresciuta molto anche sotto questo aspetto. Magari subito dopo il Blockhaus, quando nessuno si aspettava una Kopecky così tanto forte, che comunque era già arrivata seconda ad un Tour, Elisa ha avuto un po’ paura. Ha avuto qualche pensiero. Però posso dirvi che ha reagito immediatamente. La sera stessa diceva: “Questa maglia faranno fatica a portarmela via. Domani farò io la corsa”. Quindi ha mostrato subito un atteggiamento positivo. Poi sia lei che io abbiamo una caratteristica comune: quella di restare con i piedi per terra, specie dopo tante difficoltà. In più era consapevole di essere forte.
Prima abbiamo accennato al suo rendimento: come è stato nel corso del Giro?
Sempre costante, poi è normale che ci sia stata qualche giornata in cui era un po’ meglio e altre in cui era un po’ peggio. Ma nel complesso sono stati valori elevati dalla crono iniziale all’Aquila.
Longo Borghini ha detto che sul Blockhaus erano un po’ più bassi rispetto ai suoi standard: perché?
Sono stati un pelo più bassi, ma questo dipendeva dal grande caldo che c’era. Certe temperature li fanno abbassare, vale per tutti. Gli atleti tante volte hanno riferimenti assoluti. Magari lei aveva in testa quello fatto al San Pellegrino, ma un conto è fare certe prestazioni a 18 gradi e con due giorni di carico alle spalle, e un conto al settimo giorno di gara e con quasi 40 gradi: è normale che calino.
Ultima domanda, Paolo, da dove nasce realmente la vittoria di questo Giro Women?
Nasce tre anni fa, quando arrivato anche io in questo gruppo, Elisa mi disse che voleva migliorare a crono e fare classifica nei grandi Giri. Se invece devo entrare nello specifico di questo Giro, è iniziato con i primi ritiri in autunno, quando tutti insieme abbiamo buttato giù i programmi della stagione. Quindi le classiche fatte bene e il lavoro per quelle. Lo stacco. La Vuelta corsa in ottica Giro e ora il blocco Giro e Olimpiadi, passando per un Tour non da leader… E questo scrivetelo!
Perché?
Perché non vorrei che qualcuno si montasse la testa e magari si aspettasse chissà cosa al Tour Femmes. E poi c’è il finale di stagione con un mondiale duro, che molto somiglia ad una classica. Se la testa ci sarà ancora, se non sarà stanca, potrebbe essere un’altra bella occasione per Elisa.