E’ tutto un casino. I corridori sono stanchi, fisicamente e mentalmente, che poi è la parte peggiore. Le squadre hanno ancora il calendario da riempire e premono perché siano tirati a lucido. I preparatori nel mezzo a tirare una coperta che a fine stagione è sempre più corta. Se poteste ficcare il naso senza essere visti, siate pur certi che la scena sarebbe la stessa in ogni team WorldTour e figurarsi nei più piccoli.
E se ti ritrovi ai primi di ottobre con la Roubaix, il Lombardia, le classiche italiane, qualcuna in Francia e le nuove gare in Veneto, ti chiedi se ce la faranno ad essere forti come li vogliamo o se piuttosto qualcuno, anche i più grandi, non inizierà a perdere pezzi. E allora magari capisci che il Van Aert dei mondiali non è per caso…
La lettura di Bartoli
Michele Bartoli fa il preparatore trasversalmente alle squadre, preferisce non parlare degli atleti che segue per richiesta degli stessi team, ma ha chiaro il polso della situazione, perché probabilmente con la realtà descritta in avvio fa i conti anche lui.
«Ho smesso di correre alla Csc – dice – perché volevano fare troppi ritiri, figurarsi se avrei potuto farlo oggi, che non sono mai a casa. Poi è chiaro che a fine stagione siano sfiniti. In ogni caso anche negli anni 90-2000 era finito il tempo delle corse di allenamento e dovevi sempre essere pronto per vincere. Facevi i salti mortali, dosando giorni di carico e il poco recupero che riuscivi a trovare. Oggi però è peggio. Il picco di fine stagione è sempre stato più basso di quello di primavera, per cui è chiaro che il Van Aert di aprile fosse molto più forte di quello di ottobre. Ad aprile aveva cinque scatti vincenti, adesso ne ha due. E se gli servono per chiudere su Alaphilippe, ecco che gli equilibri cambiano».
Se non altro a fine stagione non c’è più l’assillo di andare in altura.
Non crediate, qualcuno è andato lo stesso. Secondo me l’altura va dosata, non funziona sempre. Chi punta a Giro, Tour e mondiale, è bene che vada per tre volte e poi basta. La mia teoria, che sarà pure solo mia però mi ha dato grandi soddisfazioni, è che in altura devi andarci con una buona condizione, altrimenti ottieni solo di mettere il fisico in difficoltà. E se ci devi andare che stai bene, lo fai a ridosso dell’appuntamento. Andarci a inizio stagione ha poco senso, se non per stare magari con la famiglia in un bel posto. Ma secondo me anche questo cambierà.
Che cosa cambierà?
Perché i corridori devono stare sempre in montagna? Che vita fanno? Torneremo indietro perché le squadre con dei buoni atleti dovranno imparare a gestire anche i ritiri. Ripetere ogni anno lo stesso percorso di preparazione funziona al massimo per 4-5 stagioni. Poi gli atleti saltano di testa e i risultati calano. Guardo alla Ineos, per fare un esempio. E allora bisognerà che i direttori sportivi comincino ad ascoltare i corridori, quando gli dicono che vogliono saltare qualche ritiro. Siamo al limite.
E in ogni caso, a fine stagione sarai sempre meno performante che all’inizio?
Per forza. Anche per un fatto di freschezza. Ad aprile arrivi da un mese di vacanze e da lavori ben fatti per costruire la condizione. A settembre-ottobre i corridori arrivano da una stagione piena, in cui i lavori li hanno un po’ messi da parte, sono meno freschi e il livello della prestazione per questo è più basso.
Ad esempio ha avuto senso che dopo il mondiale tanti siano andati a correre l’Eurometropole Tour invece di riposare?
No per chi ad esempio aveva in programma di fare la Roubaix. C’è anche bisogno di recupero, perciò magari qualcuno si è ritirato. Ma il calendario è ancora pieno, guardate quanto è pieno…