Altura, dietro moto e pista: la strada di Rachele verso l’oro

26.08.2022
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Quello che ha fatto Viviani agli europei resterà forse nel libro dei record, ma Rachele Barbieri non è stata da meno. Dopo due ori europei in pista infatti, nell’omnium e nella madison, e l’argento nel quartetto, la modenese ha corso su strada e conquistato il terzo posto, dietro Wiebes e Balsamo, cui ha tirato la volata.

Rachele ve l’abbiamo presentata e raccontata più volte e questa volta vogliamo sottolineare come alla base di tanti risultati ci sia un’atleta tosta e volitiva, che non ha paura della fatica e anzi la cerca.

Un’atleta in evoluzione

Dopo due anni in una piccola squadra cucita attorno a sé, quest’anno Barbieri è approdata nel WorldTour con la Liv-Xstra e la sua crescita è proseguita. La curiosità era capire se la ragazza abbia dei margini e come abbia lavorato per raggiungere un livello livello così alto su pista e su strada. Ragione per cui questa volta abbiamo bussato alla porta di Stefano Nicoletti: il preparatore che Rachele ha ringraziato dopo gli europei di Monaco e dopo ogni bel risultato.

Nicoletti, modenese classe 1967, ha alle spalle un percorso di formazione diverso dal solito. Nasce infatti Massofisioterapista e Osteopata, ma avendo da sempre la passione per la bici, si è messo a studiare di preparazione e dintorni, diventando un riferimento per gli atleti della zona. Quella di allenatore, precisa, non è la sua attività primaria, ma a sentirlo parlare probabilmente è la preferita. 

Nel lavoro di allenatore ha importato un concetto tipico dell’osteopatia: non esiste un trattamento che vada bene a tutti alla stessa maniera, idem per il tipo di preparazione.

Che cosa vogliamo dire per aprire il capitolo Barbieri?

Seguendo la vostra curiosità, penso che margini ne abbia. Un po’ perché è nell’età dell’evoluzione sportiva e un po’ perché avendo fatto fino allo scorso anno prevalentemente pista, ha curato poco gli aspetti di endurance, quindi è poco sfruttata. Dalla sua inoltre ha anche l’entusiasmo. Essendo un’atleta poliedrica, non ha mai avuto fasi di apatia. E’ molto entusiasta, per cui affronta ogni cosa pronta a mettersi in gioco.

Come fanno a convivere strada e pista?

Quest’ano ha dovuto ridurre l’aspetto anaerobico, concentrandosi maggiormente sulla resistenza e i lavori per migliorare su strada. Solo che non abbiamo mollato quelli ad alta intensità, volendo fermamente mantenere la sua esplosività. Per cui non capita mai che faccia 4 ore al medio e basta, oppure 6 ore al 70 per cento della soglia. In ogni seduta inseriamo una parte anaerobica. E’ capitato che al termine di un allenamento su strada abbia fatto delle sessioni di palestra per unire resistenza, forza e alta intensità. Oppure che faccia ore dietro moto in pianura e salita, con lavori ad alta intensità all’interno di uscite in cui faceva soprattutto volume.

Il lavoro fatto dietro moto in salita con suo padre l’ha aiutata sulle salite del Giro d’Italia
Il lavoro fatto dietro moto in salita con suo padre l’ha aiutata sulle salite del Giro d’Italia
Qual è stato l’obiettivo con cui avete iniziato la prima stagione nel WorldTour?

Aumentare la resistenza aerobica per soffrire di meno sulle salite, mantenendo però la punta di velocità. Per questo abbiamo dovuto rinunciare al ciclocross, che a Rachele piace e in cui si diverte. Purtroppo il 2021 è finito a ottobre e già a novembre abbiamo iniziato a lavorare per non arrivare al primo ritiro a corto di condizione, col rischio di pagarla.

Avete temporizzato il tipo di lavori da fare?

Endurance a novembre e dicembre, senza mai trascurare la parte anaerobica. E tanto lavoro in palestra, due o tre volte a settimana, cercando di mediare fra le richieste della squadra e quelle della nazionale. E questo è stato il mio compito.

Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Come hai fatto?

Non c’è stata una preparazione magica che ha reso possibile essere competitivi su entrambi i fronti. La squadra chiedeva di fare ore, la nazionale voleva i lavori ad alta intensità in pista. Credo di essere riuscito a pianificare ogni cosa perché arrivasse pronta ma mai troppo carica agli appuntamenti, stando alla larga dal rischio di overtraining. Un grande aiuto l’ha dato suo padre.

Nel fare cosa?

Hanno preso uno scooter. Lui si è preparato a dovere e poi, avendo su il power meter di Rachele, gestiva l’andatura dietro moto. Abbiamo fatto dei lavori a piramide inversa sulle salite. Doveva fare la prima parte ad alta intensità, poi un po’ mollare come succede in corsa e fare una progressione nel finale. E’ stato utile per adattarsi ai ritmi di gara senza subirli troppo. Ed è stato utile anche aver iniziato a lavorare bene sull’alimentazione.

Inserire lavori ad alta intensità anche negli allenamenti su strada ha mantenuto la sua esplosività
Inserire lavori ad alta intensità anche negli allenamenti su strada ha mantenuto la sua esplosività
Per essere a posto con il peso?

Finalmente Rachele ha trovato il suo equilibrio. Lavoriamo insieme dal 2017 ed è passata da 3,78 watt/kg dei primi tempi a 4,60 di adesso. Un processo lento, durante il quale è anche cresciuta la potenza alla soglia ed è sceso il peso senza scombussolare i suoi equilibri e mantenendo la sua capacità anaerobica su pista. In tutto questo ha inciso positivamente avere un tecnico come Giorgia Bronzini che le ha dato tranquillità. Responsabilità senza caricarla di stress.

Che cosa ha fatto Rachele nel poco tempo fra le gare in pista a Monaco e quella su strada?

Avrebbe dovuto fare palestra due giorni dopo l’ultima gara in pista, ma non c’era la possibilità. Così ha lavorato in camera, facendo squat e balzi, per ottenere dei richiami di forza esplosiva, visto che la gara sarebbe finita in volata. Per il resto ha recuperato. In questi casi non conta cosa fai il giorno prima, ma cosa hai fatto nei due mesi precedenti. E a proposito di dedizione ed entusiasmo…

Che cosa?

Rachele lavora molto bene in altura. Per cui prima del Giro è andata per 20 giorni a Livigno. Ha lavorato bene sull’endurance, ma lassù non è tanto il caso di fare i lavori di intensità. Allora sapete cosa ha fatto? Ha sfruttato un passaggio e a metà ritiro si è trasferita a Montichiari per tre giorni. Ha fatto tutti i lavori di intensità in pista, poi essendole saltato il passaggio per tornare a Livigno, il quarto giorno è ripartita da sola fra treno a pullman. Un giorno di viaggio da sola, a conferma della sua determinazione. E in altura è tornata anche fra Giro e Tour. Una decina di giorni, poco per qualsiasi protocollo di preparazione. Ma in pianura c’erano 40 gradi e andare su le è servito per stare più al fresco. Se non è entusiasmo questo…