E’ nato tutto da un’osservazione intercettata nel gruppo alla Vuelta a San Juan, quando uno dei velocisti ha fatto un ragionamento su Nizzolo. Dato che Giacomo non ha un treno che lo lanci, questo il senso del discorso, per le volate ha scelto di usare una corona anteriore da 56. In questo modo farà le sue volate da solo, partendo da dietro e cercando di rimontare. Se la strada è piatta o tende a scendere, non avrà difficoltà a lanciarsi, come gli successe quando vinse a Verona al Giro del 2021. Se invece il finale ha continui rilanci e lui non può prendere velocità, rischia di rimanere chiuso nelle retrovie e di non arrivare neppure in zona podio. La volata di ieri si è svolta proprio secondo questo copione.
Lo stesso concetto sull’uso dei rapporti più lunghi del solito nelle volate lo aveva approfondito Viviani nei giorni successivi. E mentre ci accingevamo a parlarne con Nizzolo, dal box della squadra italiana ci è giunto il caso opposto. Gli azzurri in gara, essendo in Argentina per acquisire base e ritmo in vista degli europei su pista, hanno usato per tutto il tempo il 53. E Pinazzi, decimo nella volata della sesta tappa, a un certo punto avrebbe spinto volentieri qualcosa di più lungo.
La volata lunga
Giacomo lo troviamo nel box della Israel-Premier Tech mentre si prepara per la tappa. Le gambe infilate nella maglia e i due numeri dorsali da fissare con le spille. Ascolta il tema. Solleva lo sguardo in modo interlocutorio. E poi spiega.
«Qualcosa di vero c’è – dice – prediligo davvero le volate arrivando da dietro e poi di testa. Nel senso che mi piace lanciare lo sprint da dietro e poi comunque fare una volata lunga. Non sono un velocista che viene fuori negli ultimi 50 metri, non lo sono mai stato. Invece il discorso del 56 è nato tempo fa, ho iniziato a usarlo nel 2016, quando ci feci tutto l’anno, non solo le volate».
Quali vantaggi ti dà?
Credo che sia anche un discorso di rotondità della pedalata, mi trovo sostanzialmente bene così. E poi la mia qualità in volata non è certo la cadenza, ma è più la forza. Allora provo a sfruttare quel rapporto. Ma vi dico che molti corridori lo usano sempre di più. Addirittura c’è anche chi usa il 58.
Se avessi un treno sarebbe la stessa cosa?
Sì, perché come dicevo, è proprio un discorso di caratteristiche fisiche. Piuttosto che l’agilità, preferisco sfruttare la forza.
Ci sei arrivato per vari step? Ad esempio hai provato anche il 58?
Non ce l’ho, altrimenti lo userei. Chiederò se c’è la possibilità di averlo. In realtà tutti pensano che il 56 sia qualcosa di durissimo, ma non è così impossibile.
Si riesce sempre bene a lanciarsi nelle volate o si rischia di restare chiusi?
Direi di sì, anche perché comunque al massimo si può giocare coi rapporti dietro, se le volate salgono leggermente. Resta però il beneficio che mi dà durante la tappa. E’ chiaro che in volata mi dà qualcosa in più, per come interpreto lo sprint. Però lo trovo comodo anche durante il giorno.
Monti il 56 anche sulla bici da allenamento?
Esattamente. E anche a casa ritrovo le stesse sensazioni. E chiaro che qui le velocità sono più alte, per cui il 58 mi avrebbe fatto comodo. Ad esempio, il primo giorno avevo il 55 perché avevamo pensato che ci fosse vento e invece mi sono messo le mani nei capelli, perché ero proprio fuori cadenza. Lo stesso Morkov ha detto che anche lui era fuori cadenza e aveva il 56. Quindi figurate io che di solito ho anche meno cadenza di lui.
Gli azzurri con il 53
E gli azzurri? I corridori di Villa, che a un certo punto è ripartito per seguire le ragazze a Montichari, lasciando la squadra a Mario Scirea, sono venuti in Argentina per fare la base e certo non per inchiodarsi le gambe. Al rientro infatti li attendono tre giorni a Montichiari prima di partire per gli europei di Grenchen. Per questo, il tecnico azzurro ha stabilito che tutti corressero con il 53. Ecco il motivo per cui nella volata della sesta tappa, Pinazzi ha chiuso al decimo posto con la sensazione che un paio di denti in più non ci sarebbero stati male.
«Sono giovane e siamo qui per fare la gamba – spiega il corridore di Parma – ma in effetti il 54 lo avrei girato bene. La sensazione è che sei lì che già frulli, vuoi buttare giù altri due denti e non puoi. Allora fai il massimo per stare lì con loro, ma quando poi raggiungono un’altra punta di velocità, tu rimani lì.
«Già a due chilometri dall’arrivo, quando si sono messi davanti i treni, io avevo già il rapporto massimo. Quindi potete già immaginare dopo, quando hanno aumentato ancora di più, quanto girassi le gambe. Allo sprint avevo 120-130 pedalate. Detto questo, poco male: fra gli U23 corro sempre con il 53, casomai dovessi passare, si potrebbe valutare diversamente».
Il salto fra i pro’
Il suo obiettivo è passare professionista, con la pista come valore aggiunto per le prestazioni ed il curriculum. L’anno scorso sono venute due vittorie, alla Vicenza-Bionde e a Misano, e il secondo al Circuito del Porto.
«Il primo passaggio – spiega – è far bene ai prossimi campionati europei su pista. E poi vorrei una bella stagione su strada, essendo all’ultimo anno da under 23. L’obiettivo è far bene, vincere tanto e passare. Ho cominciato la stagione così, un buon decimo posto, un piccolo grande risultato e speriamo di continuare così.