Battiti alti e watt bassi: la ripresa di Puccio dopo le ferie

09.11.2023
5 min
Salva

Le vacanze per i ciclisti sono finite, è ora di tornare ad allenarsi, è il momento dell’anno in cui gli atleti ritrovano la loro fedele compagna: la bicicletta. Ripartire è sempre difficile, soprattutto se per un mese si è stati, meritatamente, a riposo. Ma quanto è complicato per un ciclista ripartire? Che sensazioni prova una volta tornato in sella? Come si ritrova familiarità con il gesto atletico? 

Salvatore Puccio, classe 1989, è alto 1,82 per 68 chili. Al Giro d’Italia 2013 , vestì la maglia rosa dopo la vittoria di Sky nella cronosquadre
Salvatore Puccio, classe 1989, è alto 1,82 per 68 chili. Al Giro d’Italia 2013, vestì la maglia rosa

Puccio racconta

Queste domande le abbiamo poste a Salvatore Puccio, il 34enne in forza alla Ineos Grenadiers ci dice come affronta lui la ripresa invernale. 

«Ho ripreso da una settimana – racconta Puccio da casa – e come tutte le volte che mi trovo a ripartire soffro tanto, forse ogni anno di più. Sembra che la bici non sia la tua, che la posizione in sella sia sbagliata. Però è una sensazione normale, alla fine per un mese hai abituato il tuo corpo a fare altro, i muscoli hanno lavorato in maniera diversa. Hai camminato un po’ di più, oppure hai pulito il garage, o semplicemente sei rimasto fermo. Insomma, il fisico reagisce diversamente rispetto a quando sei nel pieno della forma».

Dopo i primi giorni di ripresa Puccio inserisce qualche lavoro ma nulla di particolare, per fare fatica ci sarà tempo in ritiro
Dopo i primi giorni di ripresa Puccio inserisce qualche lavoro ma nulla di particolare, per fare fatica ci sarà tempo in ritiro
In questi primi dieci giorni di allenamento che cosa hai fatto?

Le prime uscite vai a sentire le sensazioni del tuo corpo, pedali in maniera blanda, decidono le gambe quanto allenarsi, un’ora e mezza, massimo due. Una cosa è certa, mi ritrovo ad essere davvero “leggero” sui pedali. Vado alla ricerca della pianura, anche perché pedalare in salita diventa controproducente. Ora se trovo del vento contro mi sembra di pedalare sul Muro di Sormano! (dice con una risata, ndr). 

Che cosa guardi nelle prime uscite, qualche dato lo sbirci?

Solamente i battiti, che cerco di tenere sempre al medio. Anche per questo non vado a cercare le salite, per tenere i battiti bassi ora come ora dovrei andare molto piano in salita e non avrebbe senso. 

La condizione si costruisce giorno per giorno, per essere performanti durante tutto l’anno
La condizione si costruisce giorno per giorno, per essere performanti durante tutto l’anno
Meglio riabituare il corpo a pedalare a certe velocità, seppur controllate…

Esattamente. In questi giorni se vado a pedalare con qualche amico amatore, che solitamente mi sta a ruota tutto il tempo, sono io a dirgli di andare piano. Potrei seguire il suo ritmo, ma sarebbe troppo alto per la ripresa che devo fare e per gli obiettivi che ho. 

Che obiettivi hai?

Riabituarmi al gesto della pedalata e mettere tanto fondo, quindi Z2 (sempre parlando di frequenza cardiaca per il momento, ndr). Se dovessi mantenere un livello più alto entrerei in condizione troppo presto, mi ritroverei ad andare forte alle prima corse di stagione, ma non avrei la condizione per essere costante per tutto l’anno

Nelle prime uscite Puccio guarda i battiti e non la potenza: è il cuore che comanda lo sforzo
Nelle prime uscite Puccio guarda i battiti e non la potenza: è il cuore che comanda lo sforzo
Cosa fondamentale, visto il lavoro che devi fare in gruppo. 

Sì, io sono un corridore che in corsa deve tenere per tante ore una velocità costante. Per me è importante allenarmi, fin dai primi giorni, a far stare il mio fisico in quel range di sforzo. E’ come costruire una casa: si mettono dei pilastri solidi e poi si costruisce il resto.

Quando inizi a “costruire” il resto? Mettere qualche salita o fare lavori specifici?

Più si avvicina il primo ritiro della stagione, più aumenta l’intensità degli allenamenti. Questo perché poi quando siamo tutti insieme ognuno ha una condizione differente e se si è troppo indietro si rischia di fare l’intera giornata con il cuore in gola. Per evitare di fare troppa fatica in ritiro aumento il ritmo e porto le uscite a tre ore. Nell’uscita magari inserisco anche una salita fatta in Z3. 

Puccio è alla Ineos da 13 stagioni e con il rinnovo arriverà a 15, la sua esperienza è fondamentale
Puccio è alla Ineos da 13 stagioni e con il rinnovo arriverà a 15, la sua esperienza è fondamentale
Nel corso degli anni il tuo metodo di allenamento è cambiato?

L’età incide un po’, ma nemmeno troppo nel mio caso. Quello che fa tanta differenza nell’entrare in condizione è il peso. Io, rispetto ad uno scalatore di 55 chilogrammi, ci metto più tempo a “riaccendere” il motore. Prima facevo qualcosa in palestra, ma ora no, ho notato che se non la curi tutto l’anno non serve a molto. Ma la palestra, in particolare, è utile a chi deve fare dei lavori specifici, come gli sprinter. 

Di recente hai rinnovato con Ineos per altri due anni, ti aspettano almeno altre due preparazioni invernali…

Sono qui dal 2011, conosco tutti e conosco il metodo di lavoro. A fine carriera non mi sarei sentito pronto per delle nuove sfide. In squadra conosco il mio lavoro ed anche io sono consapevole di cosa posso dare. Alla Ineos riesco a mettere in campo tutte le mie qualità, cosa che da altre parti non sarebbe possibile. 

Allora buona ripresa.

Grazie e ci vediamo sulle strade!

Il “vecchio” fondo medio sta scomparendo?

04.03.2023
4 min
Salva

Si parla sempre più di base e di lavori intensi. Ormai questo andazzo sta prendendo piede anche in altri sport di endurance, vedi la corsa a piedi e lo sci di fondo. Ma quando poi si sente un giovanissimo come Pietro Mattio parlare di tanti più chilometri fatti in modo lento e altresì di alte intensità allora il dubbio diventa più che una certezza.

Alessandro Malaguti, coach del Team Technipes #inEmiliaRomagna, è l’interlocutore per verificare se i nostri dubbi sono legittimi o meno. E tutto sommato a conti fatti la nostra osservazione non è stata poi così illegittima.

Alessandro Malaguti, con i suoi ragazzi della Technipes-inEmiliaRomagna
Alessandro Malaguti, con i suoi ragazzi della Technipes-inEmiliaRomagna
Alessandro, sta scomparendo il “vecchio” fondo medio? Quelle sessioni da 10′-20′ a ritmi piuttosto impegnativi di una volta…

Che domandone! In realtà no, non sta scomparendo, ma le cose stanno cambiando e sicuramente il  focus è più spostato sui lavori intensi. Si lavora molto intorno al VO2Max, soglia… Se parliamo di atleti professionisti e dilettanti in realtà il medio lo fanno di default, se così si può dire. 

Cioè?

Nel senso che quando vanno via regolari e devono fare una salita tranquilli, questa la fanno al medio. E’ la classica distanza regolare. Se poi per medio intendiamo il vecchio medio in pianura, di quello sì: se ne fa molto meno.

E perché?

Perché in realtà qualitativamente parlando non danno un miglioramento così significativo. Non è un allenamento di grande qualità. Poi adesso c’è questa storia della Z2, che dà la massima attivazione enzimatica, la miglior sintesi mitocondriale… Può essere una moda, oppure no, però ci sono degli studi al riguardo e funziona. Personalmente però non sono di quelli che “scoprono l’acqua calda” e io un po’ di vecchio medio lo inserisco nelle preparazioni… e nonostante tutto credo di essere tra coloro che ne fa fare meno. Mi ritengo un tecnico di nuova generazione e quindi tanta intensità e “poco” volume. Il che va anche bene, ma ogni tanto l’uscita in cui c’è anche del medio la metto in programma.

Il medio in pianura si fa di meno, se ne fa di più in salita
Il medio in pianura si fa di meno, se ne fa di più in salita
Poi forse dipenderà anche dall’atleta che si ha di fronte?

Esatto. Va considerato che ci sono degli atleti che vanno sempre al risparmio, e devi spronarli, ed altri che invece devi frenare.

Una volta il medio, almeno in certe fasi della stagione era forse il 70% dell’intensità dell’arco di ore di allenamento settimanale, ora molto meno…

Torniamo al discorso di prima: non è un allenamento che, qualitativamente parlando, ti dà qualcosa in più. Alla fine si è visto che la Z2 ha quasi lo stesso effetto con un consumo inferiore, anche un consumo mentale. Che poi in realtà parlare di zone di lavoro, magari dirò un’eresia, non è neanche così corretto. Servono ai tecnici per avere dei riferimenti, dei parametri di lavoro. In realtà quando voglio far fare ad un mio atleta dei lavori di qualità, sulla famosa FTP mi ci baso poco. Preferisco fare riferimento alla potenza relativa, cioè alla potenza che quell’atleta può tenere per quel tempo. E lavoro attorno a quello. Se voglio lavorare sui 20′, insisto su quelli e lavorerò sul suo massimale. Che poi se insisto su quello di riflesso migliora anche l’endurance (il concetto è: sono abituato a spingere di più che quando vado piano consumo meno, dr).

Oggi conoscenze e dati sempre più accurati consentono di lavorare con precisione totale (e consapevolezza)
Oggi conoscenze e dati sempre più accurati consentono di lavorare con precisione totale (e consapevolezza)
Strumenti sempre più avanzati aiutano nell’individuare le varie zone? Cioè si lavora su altre intensità anche perché si può essere più precisi?

Assolutamente sì. La differenza grossa che ci hanno dato il potenziometro, i metabolimetri, la  variabilità cardiaca, gli anelli che misurano la HR e altri strumenti… ci danno la possibilità di lavorare sempre più al millimetro. E con la conoscenza che va avanti, ci si è accorti che è inutile andare a stressare gli atleti con dei volumi esagerati. All’inizio negli anni ’90 si lavorava col cardiofrequenzimetro e basta, dov’era il suo limite? Che per fare dei lavori molto intensi,  quei dati erano legati a fattori esterni: stanchezza, stress, vento… tutto ciò portava ad avere dei parametri fondamentalmente sballati. Okay, l’atleta evoluto si conosceva un po’ meglio, ma tutte quelle conoscenze erano empiriche. 

Oggi tutto è più certo.

La differenza è che oggi abbiamo dei valori misurabili e sicuri. Prendiamo le prove del lattato, per esempio, io ho misure certe del mio atleta. So esattamente come andrà in quel momento. Adesso le cronometro, l’esempio più pratico che abbiamo, sono matematica pura. Prima di iniziare, tra meteo, percorso, i suoi valori di stanchezza e quant’altro conosco il tempo che farà l’atleta con errori di pochi secondi, ovviamente al netto di forature, cadute…