Un momento della presentazione del rapporto con ospite Fabio Aru

La Vuelta in Piemonte, un successo anche economico

12.12.2025
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Nei giorni scorsi si è tenuta a Torino presso il Grattacielo Piemonte una conferenza stampa nel corso della quale è stato presentato un rapporto sull’impatto economico generato dalla partenza dal Piemonte della Vuelta 2025. A curarlo il Dipartimento di Management dell’Università di Torino (in apertura una foto durante la presentazione del rapporto con ospite Fabio Aru).

La presenza in Italia della corsa iberica è durata dal 23 al 26 agosto. Quattro giorni di gara che hanno rappresentato un’occasione straordinaria di promozione internazionale per il Piemonte. Un evento capace di attrarre spettatori, media, atleti e operatori economici e di generare benefici diretti e indiretti di grande rilievo.

Regione Piemonte, Vuelta 2025
La partenza della Vuelta 2025 dal Piemonte ha rappresentato una vetrina per il territorio
Regione Piemonte, Vuelta 2025
La partenza della Vuelta 2025 dal Piemonte ha rappresentato una vetrina per il territorio

Parlano i numeri

I numeri contenuti nel rapporto testimoniano di un impatto estremamente positivo generato dalla presenza della Vuelta in Italia. Le quattro tappe piemontesi hanno richiamato circa 200.000 spettatori lungo le strade toccate dalla corsa, distribuiti tra grandi città e piccoli centri. Torino, Venaria, Novara, Alba, Limone Piemonte, San Maurizio Canavese, Ceres e Susa hanno registrato significativi aumenti delle presenze turistiche e delle prenotazioni alberghiere che hanno prodotto un impatto economico lordo diretto superiore ai 18 milioni di euro. 

Benefici per il tessuto produttivo

Il rapporto ha evidenziato come la Regione Piemonte abbia trasformato ogni euro investito in un volano per il tessuto produttivo locale. Ristoratori, hotel, negozi e attività outdoor hanno beneficiato del grande afflusso di pubblico e la domanda di servizi di trasporto locale ha registrato un forte incremento. Il moltiplicatore economico ha generato ulteriori 22 milioni di Euro di impatto indiretto e indotto. Ne deriva che l’impatto economico totale alla fine ha superato i 40 milioni di euro, mentre il valore prudenziale dell’impatto netto immediato è stimato in 33 milioni a fronte di una spesa pubblica complessiva di 6,7 milioni.

La corsa a tappe spagnola è stata accolta con calore ed entusiasmo dai tifosi piemontesi
La corsa a tappe spagnola è stata accolta con calore ed entusiasmo dai tifosi piemontesi

Il Piemonte visto da tutto il mondo

Se si stima che 200.000 persone hanno visto il passaggio della corsa spagnola a bordo strada, numeri più alti sono sicuramente arrivati grazie alla copertura mediatica che ha portato il Piemonte sotto i riflettori di 190 Paesi, con oltre 15.000 ore di programmazione TV e 13 milioni di contatti digitali. Le immagini di paesaggi, eccellenze enogastronomiche, cultura e tradizioni sono così diventate patrimonio globale, rafforzando l’attrattività e la reputazione del territorio.

Parlano le istituzioni

Alla presentazione del rapporto erano presenti per la Regione Piemonte il presidente Alberto Cirio e  gli assessori allo Sport e Turismo Paolo Bongioanni e alle Attività produttive Andrea Tronzano.

Ecco il loro pensiero sull’impatto che la Vuelta ha rappresentato per la loro Regione.

«La Vuelta è stata una grande occasione per tutto il Piemonte: un’importante gara ciclistica, ma soprattutto un grande progetto di promozione turistica, economica e culturale che ha visto lavorare insieme istituzioni, comuni, imprese ed enti locali. I numeri lo dimostrano: abbiamo generato ricavi concreti, sostenuto il comparto turistico e commerciale, portato il Piemonte sotto i riflettori di milioni di spettatori nel mondo. Il nostro territorio è stato protagonista con le sue eccellenze, la sua accoglienza e la sua capacità organizzativa. Questi risultati ci incoraggiano a continuare a puntare sui grandi eventi sportivi e sulla valorizzazione delle nostre risorse».

Vingegaard ha preso la maglia rossa alla seconda tappa e l’ha conservata fino a Madrid, tornando a vincere un Grande Giro dopo due stagioni
Vingegaard ha preso la maglia rossa alla seconda tappa e l’ha conservata fino a Madrid, tornando a vincere un Grande Giro dopo due stagioni

Vista dalla Spagna

Nelle parole del vicedirettore generale della corsa spagnola Charles Ojalvo troviamo la soddisfazione dei responsabili della Vuelta, sicuramente soddisfatti di aver scelto il Piemonte come sede di partenza della loro gara.

«Queste cifre confermano ciò che abbiamo già percepito durante la partenza ufficiale in Piemonte: un successo clamoroso. Il coinvolgimento delle istituzioni, la risposta del pubblico e l’impatto economico e sociale generato mostrano l’enorme potenziale di questa collaborazione. Per La Vuelta è stato un privilegio iniziare in Piemonte l’edizione 2025 e lavorare con un territorio così impegnato è stata una garanzia di successo».

Sempre a proposito di numeri, ma soprattutto del coinvolgimento che ha saputo generare la Vuelta in Piemonte. Va segnalato che più di 200 associazioni e oltre 9.000 persone tra atleti, staff, media, volontari e operatori hanno collaborato per il successo dell’evento, rafforzando il senso di appartenenza e coinvolgendo anche studenti e realtà sportive locali.

La sfida a tavola

La partenza della Vuelta dal Piemonte non è stata solo un momento di grande sport, ma anche l’incontro di culture e tradizioni. La Vuelta 2025 ha valorizzato infatti l’incontro tra Piemonte e Spagna a tavola con un percorso enogastronomico progettato insieme ai Cuochi della Mole. Il menù ha celebrato affinità e differenze tra le due tradizioni con proposte creative: dal “Sangretto” alle “Tapas sabaude” fino alla “Padella Piemontese” (rivisitazione locale della paella) e ai dolci torinesi, per celebrare in cucina le affinità tra i due territori.

Chiudiamo con le parole presenti nel rapporto del Dipartimento di Management dell’Università di Torino: «La Vuelta 2025 costituisce un esempio paradigmatico di grande evento sportivo capace di generare valore economico e sociale, accrescendo la visibilità internazionale del Piemonte e rafforzandone la posizione nel panorama europeo dei grandi eventi».

Regione Piemonte

Astana Proteam 2016 - Training Camp Calpe, Giuseppe Martinelli

Il Giro a settembre è più di una chiacchiera da bar

12.12.2025
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Vi è mai capitato che qualcuno molto più giovane di voi vi abbia proposto di fare qualcosa di diverso e per tagliare corto gli abbiate risposto di no, perché si è sempre fatto così? Quando Tadej Pogacar ha detto che secondo lui sarebbe opportuno invertire le date del Giro e della Vuelta, il ciclismo ha reagito allo stesso modo.

«Il Giro ha date tradizionali – ha detto Paolo Bellino, direttore generale e amministratore delegato di Rcs Sport& Events –  e non vogliamo che vengano cambiate. Ogni Grande Giro ha una sua storia e un suo significato, in parte determinati dalla posizione del calendario. Il Giro si è svolto 107 volte nel mese di maggio. L’unica eccezione è stata durante la pandemia di coronavirus, un periodo unico per il mondo intero, in cui abbiamo dovuto fare tutto il possibile per salvare la stagione».

Risposta prevedibile, anche se il riferimento al Giro del 2020 ci ha riportati con la memoria a una delle edizioni più belle vissute da addetti ai lavori. Sarà perché profumava di liberazione dal Covid o perché stava per andare online bici.PRO, ogni volta che con Filippo Lorenzon ci troviamo a ricordare quel Giro vissuto assieme, si finisce sempre col dire che fu bellissimo. Si riuscì persino a fare lo Stelvio, nonostante fosse cattivo tempo, mentre lo scorso anno a maggio lo Stelvio ci fu vietato dalla neve.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve

Le resistenze degli italiani

Così per tornare sul tema proposto da Pogacar, ci siamo rivolti a Giuseppe Martinelli. Uno che di Giri ne ha visti più di noi e, come noi, ricorda quando la Vuelta si correva ad aprile (fino al 1994) e l’UCI propose loro e agli italiani – uno a scelta – di spostarsi a settembre. Gli spagnoli accettarono e il nuovo assetto del calendario prese il via.

«Tu sai che gli italiani di partenza – dice – fanno sempre fatica a capire al volo le opportunità. Sono abbastanza tradizionalisti. Quando l’UCI chiese di fare quel cambiamento, anche io sarei stato abbastanza restio a dire sì. Però con i tempi attuali e con le stagioni che sono venute fuori, i campioni, le strategie e tutta una serie di altri fattori, adesso come adesso forse sarebbe sicuramente più facile organizzare il Giro a fine agosto, trovare grandi corridori e fare le salite. Senza contare che la primavera si è portata un pochino più avanti e negli ultimi anni maggio è stato il mese più brutto».

Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Sono chiacchiere da bar, Martino, ma c’è del vero. Hai parlato dei corridori…

Vedi anche adesso Remco e non capisco come sia possibile che non pensi più al Giro che al Tour. Però il Tour è una macchina da guerra e, se non ti chiami Pogacar e vuoi fare bene in Francia, il Giro non lo puoi fare. Non c’è niente da aggiungere. Inutile dire che vieni qua, ti prepari e magari vinci, poi vai al Tour. Se vinci il Giro sei bravo, poi però vai in Francia e ti lasciano lì come una pelle di fico.

Maggio è uno dei mesi più brutti e infatti ormai si è rinunciato a fare certe salite molto alte…

Negli ultimi anni che facevo il direttore sportivo, le salite andavo a provarle più a ottobre e novembre, che a marzo e aprile. A primavera trovavi sempre la neve, mentre a ottobre e novembre trovavi bellissime giornate. Almeno fino a quando hanno presentato il Giro, lasciandoti il tempo per muoverti. Credo che la Vuelta a maggio sarebbe molto meno calda, ma avrebbero anche loro il problema della neve in alto. Per questo credo che a loro lo scambio forse non piacerebbe. Anche perché negli ultimi anni, i corridori buoni vanno in Spagna e c’è sempre battaglia. Qualcuno prepara i mondiali, c’è chi ha saltato la stagione per qualche motivo, mentre qualcuno deve rimetterla in gioco. Mi ricordo invece quando la Vuelta era ad aprile e dalla Spagna arrivavano direttamente nelle Ardenne. Chi correva in Spagna quasi mai faceva il Giro e per i pochi che ci provavano, era veramente difficile.

Oggi è anche peggio: difficilmente fai una corsa per trovarti pronto nella successiva…

Chi prepara una corsa e punta al risultato pieno, non va a cercare la condizione nelle corse prima. Adesso si va lì e si fa la gara, preparandola a casa e facendo semmai una corsa in meno. Ormai dei grandi chi fa il Romandia per preparare il Giro? Quasi nessuno, mentre prima era quasi un percorso obbligato andare al Romandia o al Giro del Trentino, che ora è Tour of the Alps. Vanno in altura e arrivano alla partenza già tirati a lucido.

Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Pensi che stando così le cose, Vingegaard verrebbe al Giro di maggio?

Secondo il mio punto di vista, al di là di avere un campione qui in Italia, sarebbe la normalità farlo venire al Giro. Non tutti però la pensano come noi e al contrario pensano che il Tour possa vincerlo chiunque, ma il Tour purtroppo lo vince uno, che c’è già. Se Vingegaard non viene al Giro, vuol dire che non gli importa molto di vincere le corse, senza contare che conquisterebbe la Tripla Corona prima di Pogacar, che in sé sarebbe un evento. Non so come ragionano, ma io con le mie squadre volevo vincere: che fossero corse grandi oppure le piccole. Se poi qualcuno ritiene che sia un disonore vincere il Giro d’Italia e partecipare al Tour senza essere al 100 per cento, allora non so cosa pensare.

Di certo il Giro a settembre avrebbe quelli che non hanno vinto il Tour. Mentre la Visma quasi neppure ha celebrato la vittoria di Yates: il Tour con Vingegaard ha coperto tutto.

Sicuramente passa tutto velocemente e rimane soltanto il Tour che sa far parlare. Le altre corse, a parte la Sanremo e alcune altre classiche, ormai sono corse di passaggio. Anzi qualcuna nemmeno la considerano più. Se non ci va Pogacar, il Catalunya perde tantissimo. Stesso discorso per i Paesi Baschi, che erano una signora corsa. Adesso passa in silenzio, che quasi non sai chi l’ha vinta. In più c’è il discorso dei punti. Nell’ultimo anno del triennio, hanno deviato tutti sulle corse più a portata di mano, dove magari sapevano di non fare risultato, ma di prendere punti.

Forse la vera provocazione sarebbe proporre al Tour di cambiare la data col Giro?

La vedo dura. E’ il Tour che fa il calendario, il Tour non si tocca…

Vuelta Espana 2025, vittoria Alto de El Morredero, Giulio Pellizzari

Quanto spinge Pellizzari? Lo chiediamo a coach Lorang

19.09.2025
7 min
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«Pellizzari si allena sempre al 100 per cento. Però è un corridore, vuole gareggiare ed è questa la sua grande passione. Vincere gare, avere successo. E sta facendo tutto il necessario per riuscirci, che si tratti di alimentazione, allenamento, recupero e così via. E’ già molto professionale nonostante la giovane età».

Parla Dan Lorang, head coach della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Al ciclismo c’è arrivato su chiamata di Ralf Denk, dopo aver allenato Jan Frodeno e Anne Haug, colossali star del triathlon, vincitori di Olimpiadi e mondiali. L’intervista serve per entrare più a fondo nei due sesti posti di Pellizzari al Giro e alla Vuelta. Piazzamenti identici, ma con genesi e logiche diverse. Al Giro l’hanno portato per la grande condizione palesata al Catalunya e senza una pianificazione partita da lontano, la Vuelta invece faceva parte dei piani sin dall’inizio.

Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Due avvicinamenti diversi…

Soprattutto diversi tempi di preparazione. Al Giro siamo arrivati con poche settimane di lavoro, invece durante il Tour c’è stato un lungo periodo in cui la nostra squadra non ha gareggiato e abbiamo dato ai corridori il tempo di prepararsi per la seconda parte della stagione. Così è stato anche per Giulio. Per un corridore così giovane, partecipare a due Grandi Giri in un anno è impegnativo. D’altra parte però, sapevamo che sarebbe stato possibile a patto che avesse abbastanza tempo per recuperare.

Un tempo che a ben vedere c’è stato, dato che da fine Giro – fatti salvi i tricolori – ci sono state nove settimane fino alla Vuelta Burgos…

Esatto, un intervallo molto lungo. Abbiamo lavorato bene in quota e se anche si fosse ammalato o avesse avuto qualche piccolo problema, ci sarebbe stato tutto il tempo per compensare. Questo è stato il nostro approccio per rispettare la sua età e i tempi della preparazione. Se guardiamo anche a quello che ha fatto in passato, si è visto subito che è un corridore in grado di sostenere carichi elevati, ma bisognava comunque stare attenti.

Proprio per questo, si è mai pensato di non correre la Vuelta, avendo fatto il Giro?

L’opzione di andare anche alla Vuelta è sempre stata nella nostra testa. Prima di tutto si trattava però di vedere come sarebbe uscito dal Giro. Perciò prima di iniziare la preparazione, abbiamo fatto delle analisi del sangue e di tutti i parametri per vedere come si fosse ripreso e se avesse davvero senso andare avanti col piano. Conosciamo i grandi benefici di fare due Grandi Giri e non si limitano alla prestazione immediata, ma anche alla costruzione della carriera per gli anni che verranno.

Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
E che cosa hanno detto le analisi?

Che era fresco. Si era ripreso mentalmente ed era anche a un buon livello atletico. Bisogna riconoscere che è un corridore cui piace molto quello che fa e questo rende tutto più facile. A volte i ragazzi più giovani hanno difficoltà, ma Giulio è sempre stato al 100 per cento e a quel punto non abbiamo avuto dubbi nel mandarlo alla Vuelta.

Che tipo di risposta ottiene dal lavoro in quota?

Molto buona. Gli piace l’ambiente e la possibilità di concentrarsi solo sul lavoro, ma anche la fisiologia risponde. Il miglioramento delle prestazioni è davvero ottimo. Siamo stati in quota per preparare il Giro e poi la Vuelta e in entrambi i casi si è trattato di un’esperienza davvero positiva. Non è mai successo che fosse troppo stanco oppure che, tornato giù, abbia avuto bisogno di più tempo per adattarsi.

Giulio ha detto più volte di essersi sentito più forte al Giro che alla Vuelta. Ci sono dati che lo confermano?

Possiamo considerare la cosa in due modi. Se guardiamo solo ai numeri puri sul carico totale, sono stati due Pellizzari abbastanza simili. Invece i numeri di picco erano più alti alla Vuelta, cosa che abbiamo riscontrato anche con altri corridori. Cioè il fatto che nella seconda parte della stagione, stando ai watt il livello di prestazione era ancora più alto. Ma di sicuro, al Giro era più fresco e lo sentiva. Si sentiva pieno di energia. Per cui anche se alla Vuelta spingeva più forte ed era capace di prestazioni migliori, non si è mai sentito fresco come in primavera. Penso che sia fondamentalmente questo ciò che ha provato. Ma in termini di numeri, alla Vuelta ha fatto un passo avanti.

Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Però ha anche avuto qualche giorno di difficoltà, come mai?

Stavo per dirlo. Al Giro è stato più costante, mentre alla Vuelta c’è stata più oscillazione nelle sue prestazioni, il che è normale per un giovane corridore. Ecco perché anno dopo anno si lavora per raggiungere questa costanza. Al Giro, non ha mai avuto una giornata davvero brutta come quella che ha avuto alla Bola del Mundo, ma come ho detto non ci ha stupito.

Dopo due Grandi Giri nello stesso anno, hai scoperto qualcosa di più su Giulio Pellizzari?

Penso che il suo talento nelle corse a tappe non sia più una grande sorpresa. Anche se è molto giovane, in quelle di una settimana ma anche di tre, ha dimostrato di poter già fare bene. E’ stato bello anche vedere che sa vincere. Ci sono corridori da classifica, che possono arrivare tra i primi cinque, ma probabilmente non hanno mai vinto una gara né ci sono andati vicini. Finché sono giovani, vogliamo che i corridori mantengano l’attitudine per la vittoria. Vogliamo dargli l’opportunità di vincere anche le tappe o probabilmente anche una corsa più piccola per mantenere questa attitudine. Perché Giulio ha le capacità, ha una certa esplosività che gli permette di farlo. Quindi è sulla buona strada per crescere come corridore da classifica generale.

Questo voler tenere le porte aperte è il motivo per cui prima del Giro ha corso la Liegi?

Veniva dall’altura e, quando sei lassù, non puoi sempre fare delle sessioni davvero impegnative. Così abbiamo usato la Liegi per avere l’alta intensità e anche per fargli provare una grande classica. Con lui non ci limiteremo a programmare solo corse a tappe, è troppo giovane per questo. Partecipare a corse a tappe e corse di un giorno è utile per il suo sviluppo. Pogacar e Vingegaard sanno vincere anche le tappe e c’è bisogno di questa capacità.

Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Due settimane dopo la Vuelta, ormai fra nove giorni, Pellizzari correrà i mondiali. Come sta lavorando per arrivarci?

E’ un mix. Normalmente diresti che devi solo recuperare in qualche modo e poi essere sulla linea di partenza. Ma se avessimo fatto così, ci sarebbe stato anche un grande rischio di ammalarsi, perché lo stress va giù e poi il corpo si ammala. Per cui, finita la Vuelta, da un lato c’è stato un mix fra dare degli stimoli, quindi un po’ di intensità e prepararsi per il viaggio. Dall’altro lato, si tratta di lavorare per essere freschi sulla linea di partenza.

Pensate che possa fare bene?

Come squadra, non ci aspettiamo grandi risultati. Indossare la maglia azzurra è un suo desiderio e noi lo vediamo come uno sviluppo per la sua futura carriera. Quest’anno ha già fatto parecchio, quindi dovrebbe godersi l’esperienza e tutto quello che verrà in più sarà un bonus.

Giulio è uno scalatore, ma lo vediamo sempre in sella, anche sulle salite più ripide. Dovrebbe lavorare di più sulle azioni fuorisella?

Non credo, perché a pensarci bene, Pogacar si gestisce esattamente allo stesso modo. E’ passato dall’uscire spesso dalla sella, al rimanerci sempre di più. So che non è così facile (sorride, ndr), ma cerchiamo di far crescere i corridori offrendo loro un’ampia gamma di possibilità, in modo che possano alzarsi dalla sella e anche salire da seduti con cadenze diverse. E’ qualcosa che possiamo implementare nell’allenamento, ma al momento non è un fattore limitante. Anzi, riuscire a produrre quella potenza rimanendo seduti in sella è piuttosto un punto di forza. Perché puoi risparmiare un po’ più di energia. Quindi non lo vedo come un problema.

Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Ultima domanda: che cosa ti pare del nostro Pellizzari in mezzo ai suoi compagni di squadra?

Fin dal primo contatto, è parso davvero un ragazzo intelligente ben integrato nella squadra, ma capace anche di dire la sua. E’ un vero ciclista, porta con sé la tradizione e gli piace questo sport. Ha già la sua personalità. Accetta o assorbe l’esperienza che riceve dai più grandi, come Roglic o Hindley. Si guarda intorno e cerca di imparare da tutti. E penso sia quello che fanno i campioni quando sono giovani. Cercano di ottenere il più possibile dagli altri. E non si fa problemi se deve aiutare un compagno, agisce sempre a favore della squadra. Se gli assegnate un ruolo, lo svolgerà al meglio. Ecco perché ha già un’ottima reputazione in squadra. Ed ecco perché è una grande aggiunta per nostra squadra.

Vuelta Espana 2025, ultima tappa MAdrid, protesta pro Palestina, disordini, tappa annullata

EDITORIALE / La Vuelta si ferma, il resto va avanti

15.09.2025
4 min
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Dopo due tappe rimodellate per la presenza dei manifestanti pro Palestina, ieri la Vuelta ha dovuto cancellare il finale di Madrid. Il corteo è diventato distruttivo. Le transenne sono state divelte. I palchi sono stati occupati. I corridori sono stati fermati. Si parlava da giorni dell’impossibilità che l’ultima tappa si svolgesse regolarmente, ugualmente però i velocisti hanno tenuto duro sulla Bola del Mundo e ogni altra salita, sperando di avere l’ultima chance che non c’è stata.

Di questo tema abbiamo già scritto in occasione della tappa di Bilbao, privata ugualmente del finale. Avevamo trovato fuori luogo l’osservazione di Vingegaard, dispiaciuto per non aver potuto vincere l’orsacchiotto per suo figlio che compiva un anno, percependo il gruppo della Vuelta come un’entità avulsa dal contesto sociale e politico in cui viviamo. Da allora, sia il danese ledaer della corsa sia altri rappresentanti del gruppo hanno trovato però il modo per rimarcare l’orrore di quanto sta accadendo a Gaza, riconoscendo le ragioni di chi protesta, ma stigmatizzando le azioni violente. Posizione anche questa ineccepibile.

Un podio posticcio a tarda sera: così Vingegaard riceve il trofeo della Vuelta, davanti ad Almeida e Pidcock (immagine @lavuelta)
Un podio posticcio a tarda sera: così Vingegaard riceve il trofeo della Vuelta, davanti ad Almeida e Pidcock (immagine @lavuelta)

Uno sport di strada

Il ciclismo sta in mezzo alla gente ed è impossibile chiuderne l’accesso. E’ il bello del nostro sport e insieme la sua condanna, quando certi limiti non sono soltanto dati dalle transenne, ma anche dalle varie volontà politiche.

Se una manifestazione decide di bloccare una corsa, non ci sono reparti di celerini che tengano. La corsa magari passa, ma in un contesto inaudito di violenza. Vale la pena caricare centinaia di manifestanti, se l’alternativa è fermare un evento sportivo WorldTour che vede al via alcuni tra i più forti professionisti al mondo? Certo che no, il ciclismo si farà da parte per quel senso di responsabilità che l’ha sempre accompagnato. Non ci sono biglietti da rimborsare e tutto sommato i corridori sono abituati a chinare il capo.

La Gran Via di Madrid è stata invasa dai manifestanti in un baleno: la Vuelta non poteva che essere fermata
La Gran Via di Madrid è stata invasa dai manifestanti in un baleno: la Vuelta non poteva che essere fermata

Il ciclismo che subisce

Come quando lo sport decise di dichiarare guerra al doping e si lanciò in campagne sul non rischiare la salute e altri slogan vanificati dall’esperienza. Aderì soltanto il ciclismo, nel nome dello stesso senso di responsabilità. Il ciclismo sapeva – dicono i ben informati – di avere situazioni da sanare. Lo sapevano anche gli altri – si potrebbe rispondere – ma ritennero che non fosse un problema. I calciatori beffeggiarono la necessità di sottoporsi ai controlli. Rino Gattuso, l’attuale cittì della nazionale di calcio, rifiutò di sottoporsi a un prelievo ematico: poté farlo perché per loro si trattava di controlli su base facoltativa, che per i ciclisti erano invece obbligatori.

Sull’altare di quella correttezza, pertanto, il ciclismo immolò alcuni dei suoi campioni più carismatici, il più delle volte senza un’evidenza sostenuta da prove. Per delle percentuali di ematocrito, poi ritenute inaffidabili. Oppure per cervellotici algoritmi australiani, poi cancellati. Per quantitativi infinitesimali di sostanze che più di recente sono state ritenute una colpa lieve e punite con tre mesi di squalifica. Non ci stancheremo mai di ripetere che per un caso identico a quello di Sinner, Stefano Agostini prese due anni di squalifica e smise di correre. E la normativa nel frattempo non è cambiata.

Il gruppo fermato all’ingresso nel cicrcuito di Madrid. Ivo Oliveira parla con un uomo della Guardia Civil
Il gruppo fermato all’ingresso nel cicrcuito di Madrid. Ivo Oliveira parla con un uomo della Guardia Civil

Il mondo non si schiera

La protesta della Vuelta era nata per fermare la Israel-Premier Tech, poi è degenerata. Si è fatto più volte il paragone con la russa Gazprom, fermata quando la Russia iniziò l’invasione dell’Ucraina: lo abbiamo fatto anche noi. Eppure ha detto bene il presidente dell’UCI Lappartient: la disposizione scattò quando, in seguito alle disposizioni politiche internazionali, il CIO decise di fermare lo sport russo. Contro Israele nessuno ha detto nulla. Da quelle parti hanno il diritto di bombardare, affamare e azzerare una popolazione, figurarsi se qualcuno troverà mai utile parlare del loro diritto allo sport.

Per questo, di fronte alla codardia o alla convenienza politica internazionale, i manifestanti hanno attaccato uno dei pochi sport che non si può difendere, che non divide diritti televisivi e non ha biglietti da rifondere. Sarebbe invero stupendo, per quanto utopistico, che lo sport si fermasse anche solo per un minuto per commemorare le vittime di quel conflitto disumano, senza bisogno di manifestanti. E’ inutile tuttavia aspettarsi che accada. Sarà curioso invece vedere cosa accadrà il 14 ottobre a Udine, quando l’Italia si giocherà contro Israele la qualificazione per i mondiali di calcio. Di certo uno stadio dotato di cancelli e barriere sarà un luogo più facile da difendere di un viale alberato delimitato da semplici transenne.

Le tappe italiane della Vuelta e i viaggi di Travelplan

12.09.2025
4 min
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Le tappe piemontesi della Vuelta hanno acceso i riflettori non solo sul ciclismo dei Grandi Giri ma anche sulla possibilità di tastarne i risvolti turistici e cicloturistici. Protagonista, tra i main sponsor della corsa spagnola, Travelplan, il tour operator del gruppo iberico Avoris, che proprio in questi mesi sta consolidando la propria presenza sul mercato italiano.

«Siamo partiti da poco in Italia – racconta Giovanni Castelli, responsabile commerciale di Travelplan Italia (il primo da sinistra nella foto di apertura) – ma volevamo presentarci con un’iniziativa capace di farci incontrare agenzie di viaggio e clienti in un contesto coinvolgente e autentico».

L’occasione è stata data proprio dalle tre tappe italiane della Vuelta, seguite da vicino grazie a spazi riservati agli ospiti del brand.

Travelplan è uno dei patrocinatori ufficiali della corsa spagnola che si concluderà domenica a Madrid
Travelplan è uno dei patrocinatori ufficiali della corsa spagnola che si concluderà domenica a Madrid

Amore a prima vista

Non si è trattato di semplici momenti promozionali. Travelplan ha creato aree conviviali presso partenze e arrivi, con aperitivi, incontri con gli organizzatori e – soprattutto – contatti diretti con i corridori e i loro team. Lo stesso Castelli la racconta così.

«Io non ero un grande appassionato di ciclismo, ma ora credo proprio di esserlo. Alla partenza i corridori sono concentrati – dice – ma all’arrivo è un’altra cosa. Oltre ad aver potuto godere degli sprint a centimetri di distanza, la forza, l’impatto dello spostamento d’aria mi ha veramente scioccato. E poi anche il contatto con quelli che sono i team, gli equipaggiamenti, l’organizzazione, ti fa immergere in un mondo che non conoscevo e che mi ha fatto piacere conoscere».

La volata di Philipsen a Novara, prima tappa della Vuelta: un’adrenalina difficile da ignorare
La volata di Philipsen a Novara, prima tappa della Vuelta: un’adrenalina difficile da ignorare

Numeri contingentati

Chi ha potuto beneficiare di queste postazioni privilegiate sono state alcune agenzie viaggi tra le 1.700 che Travelplan ha come partner nel solo Nord-Est dell’Italia. La selezione della Vuelta, però, è stata ferrea. Come ogni main sponsor, anche Travelplan ha potuto beneficiare di 14 ingressi al mattino e 6 all’arrivo di tappa.

Un numero esiguo pensato proprio per dare esclusività e qualità all’esperienza. Non solo agenti: diverse agenzie hanno esteso l’invito ai propri clienti più affezionati. «Ad esempio – ricorda Castelli – è stato sorprendente vedere partecipanti arrivati persino dalla Toscana. Segno che la passione per la bici sa muovere le persone».

L’auto di Travelplan brandizzata per seguire la carovana della Vuelta 2025, partita da Torino
L’auto di Travelplan brandizzata per seguire la carovana della Vuelta 2025, partita da Torino

Turismo, sport e cultura

La scelta della Vuelta come palcoscenico non è casuale. Travelplan, pur avendo le sue radici in Spagna, punta a valorizzare anche in Italia un approccio al turismo che unisce relax e sport. Il cicloturismo, in particolare, è un segmento in forte crescita dopo la pandemia, con hotel e pacchetti sempre più attenti alle esigenze dei viaggiatori su due ruote.

«Non è ancora il nostro focus principale – spiega ancora Castelli – ma rientra pienamente nella nostra filosofia: integrare l’esperienza turistica con la dimensione sportiva e culturale».

Dietro l’evento, infatti, c’è una visione più ampia. Posizionare Travelplan come punto di riferimento B2B per le agenzie viaggi italiane, offrendo pacchetti verso i Caraibi e il Sud America (Messico, Cuba, Repubblica Dominicana, Costa Rica). Allo stesso tempo, aprendo a nuove nicchie legate a esperienze attive e autentiche.

A San Mauro Canavese, una delle prove di come il turismo che segue lo sport possa incontrare anche la cultura
A San Mauro Canavese, una delle prove di come il turismo che segue lo sport possa incontrare anche la cultura

L’esperienza sul campo

Le tappe italiane della Vuelta hanno così rappresentato un primo passo concreto di questa strategia: unire il calore delle relazioni umane al fascino dello sport, per farsi conoscere da vicino e creare legami duraturi.

«Credo che non ci sia modo migliore di presentarsi – conclude Castelli – che vivere insieme esperienze reali, sul campo. Alla fine è quello che rimane davvero».

Se la Vuelta è stata il battesimo, Travelplan sembra avere tutte le intenzioni di pedalare a lungo sul mercato italiano.

Travelplan

Alto del Morredero, l’urlo di Pellizzari: un giorno speciale

10.09.2025
6 min
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A un certo punto è sembrato di vederlo salire sull’Etna. La maglia bianca di Pellizzari si staccava come un lampo sul nero della montagna annerita dagli incendi dell’estate. Mancavano 3,5 chilometri quando Giulio ha attaccato davvero a fondo. E adesso che taglia la linea del traguardo, il marchigiano pesca l’urlo più forte dal suo profondo e sovrasta il baccano dell’Alto de el Morredero. Prima vittoria da professionista, arrivando da solo. Meglio di così non si poteva. Diavolo d’un marchigiano, questo è un giorno che nessuno di noi potrà mai dimenticare!

«Quando siamo arrivati alla parte meno ripida della salita – racconta Pellizzari dal pullman della Red Bull Bora Hansgrohein radio mi hanno detto di provare, ma fino ai 100 metri non ho voluto neanche pensarci di avercela fatta. Altre volte c’ero andato vicino e poi mi hanno preso, per cui ho aspettato davvero la fine prima di esultare. Cosa c’era in quell’urlo? Una grande felicità!».

Provincia di Leon, la vendemmia è iniziata, il gruppo fruscia ad alta andatura verso la salita finale
Provincia di Leon, la vendemmia è iniziata, il gruppo fruscia ad alta andatura verso la salita finale

Il giorno più bello

Diciassettesima tappa della Vuelta, questa volta le proteste in favore della Palestina non condizionano lo svolgimento della tappa. Ieri Vingegaard e i grandi del gruppo hanno espresso comprensione per il dramma di Gaza e magari questo ha persuaso i manifestanti a lasciargli portare la croce sulla montagna bruciata.

«Penso che sia stato il miglior momento della mia carriera – dice Pellizzari – una carriera corta fino ad oggi. Ho avuto un senso di sicurezza, ho sentito che oggi sarebbe potuto essere il mio giorno. Grazie a tutti i miei compagni, abbiamo preso la valle a tutto gas per cercare di sfiancare Pidcock, perché chiaramente l’obiettivo è il podio di Hindley. Ho fatto il primo scatto e mi hanno ripreso, ma sul secondo sono andato via e Jai mi ha protetto molto bene. Visto il grande lavoro fatto per puntare al suo podio, sono contento di aver potuto ricambiare gli sforzi della squadra».

Prima di attaccare, Pellizzari ha fatto la sua parte per proteggere e semmai migliorare la posizione di Hindley
Prima di attaccare, Pellizzari ha fatto la sua parte per proteggere e semmai migliorare la posizione di Hindley

Tempismo perfetto

Si sono ritrovati in superiorità numerica, Pellizzari e Hindley, dopo che il vento contrario ha svuotato le gambe dei primi della classe. Vingegaard ha provato a staccare Almeida, ma non potendo fare velocità, se lo è visto rientrare e lì è rimasto. Hindley ha provato a piegare Pidcock per il podio, ma il britannico non s’è fatto intimidire e ha rilanciato.

«Eravamo venuti a vedere la salita – spiega il diesse Patxi Vila – e sapevamo che la valle sottostante poteva essere piena di vento, per cui la squadra è stata fantastica, i ragazzi sono stati molto bravi. Dato che Giulio era il più indietro in classifica, nel finale abbiamo deciso di spostare l’obiettivo dalla classifica generale alla tappa. E ha funzionato bene. Giulio è partito alla grande e anche Jay ha fatto un lavoro impressionante. E’ stata una lotta molto tattica. L’unico che ha provato a recuperare più volte è stato Riccitello per la maglia bianca, mentre gli altri non sono sembrati irresistibili».

Hindley ha forzato la mano per attaccare il podio: ora Jai ha 36″ di ritardo da Pidcock
Hindley ha forzato la mano per attaccare il podio: ora Jai ha 36″ di ritardo da Pidcock

Un premio per Tiberi

Nel giorno in cui anche Tiberi ha provato a dare un segno di timida ripresa, per Marco Villa arriva un segnale squillante come l’azzurro delle maglie che saranno annunciate il 17 settembre, prima che la spedizione parta alla volta del mondiale di Kigali.

«Oggi è stata un’altra giornata sicuramente molto impegnativa – ha detto il corridore della Bahrain Victorious – in cui volevamo provare a giocarci le nostre carte sia in fuga sia in gruppo con Torsen Traen per la classifica generale (al momento il norvegese è 9°, ndr). Io sono riuscito ad entrare nella fuga di giornata, però avevo capito che specialmente la Visma non voleva lasciare troppo spazio. La speranza è sempre l’ultima a morire, quindi ho giocato le mie carte fino alla fine. Ho provato diverse volte ad attaccare, perché le sensazioni erano buone. Ci hanno ripreso, però ho vinto il premio di più combattivo, che mi dà morale e un po’ di soddisfazione».

Il primo attacco di Pellizzari a 3,9 km dall’arrivo. Quello decisivo ai meno 3,5
Il primo attacco di Pellizzari a 3,9 km dall’arrivo. Quello decisivo ai meno 3,5

Un cenno di Hindley

Al Giro dello scorso anno c’era voluto per due volte Pogacar a guastargli i piani. Quest’anno solo l’assolo di Fortunato e Scaroni gli ha impedito di vincere la prima corsa al Giro a San Valentino di Brentonico. Era chiaro che avesse nelle gambe la forza giusta, non era facile capire se la squadra gli avrebbe dato via libera. Finché dopo una passata in testa di Hindley, l’australiano si è voltato e gli ha fatto cenno. Era il segnale che Pellizzari aspettava da inizio Vuelta.

«Eravamo sei in tutto – racconta trafelato – e noi eravamo in due. Ho pensato che se fossi andato, nessuno sarebbe venuto a prendermi. Oggi ho provato più di una volta a distruggermi andando a tutto gas nei tratti più ripidi. Ma quando la pendenza è diventata un po’ più bassa, ho provato ed è stato perfetto per il mio peso. Che cosa posso dire: grazie a tutti quelli che hanno creduto in me fin dal primo momento».

Il verdetto della crono

Domani la cronometro potrebbe riscrivere gli equilibri della Vuelta Espana, perché i 50 secondi che dividono Vingegaard dal più specialista Almeida potrebbero assottigliarsi di molto. E come si conviene nei finale dei Grandi Giri, specialisti o meno, restano sempre a galla quelli che hanno conservato più energie.

«La crono di domani – dice Pellizzari – è la tappa che aspetto dal via di Torino. Quella del Giro avevo dovuto farla piano, qui invece mi metterò alla prova per testarmi davvero. A livello di sensazioni, credo che forse al Giro stessi meglio di adesso e anche questa è una lezione. Ho capito che per vincere non serve avere per forza la gamba della vita».

In questo giorno di distacchi col bilancino e calcoli di energie residue, la splendida sfrontatezza di Pellizzari ha rischiarato il pomeriggio dell’Alto del Morredero, che sovrasta Ponferrada, nella provincia di Leon. Un italiano con la testa alta che al Giro ha convissuto con Roglic e sta pedalando accanto a Hindley, in attesa che il prossimo anno arrivi anche Evenepoel. Uno che in apparenza non ha paura di niente. Forse non è neanche per caso che nel giorno di Del Toro al Giro di Toscana, Giulio abbia vinto alla Vuelta. Questi due ragazzini, al pari di Sinner e Alcaraz su altri campi, presto si divideranno il futuro.

La Vuelta di Garofoli, 553 chilometri di fuga. Poi il colpo di scena

09.09.2025
5 min
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Gli ultimi quattro giorni della Vuelta, hanno visto Gianmarco Garofoli col segno del vento in faccia. 109 chilometri di fuga giovedì, nella tappa di Los Corrales de Buelna. 174 chilometri venerdì, nel giorno dell’Angliru. 108 chilometri sabato, andando verso La Farrapona. 162 chilometri, infine, nella tappa di Monforte de Lemos. Dato che l’obiettivo del marchigiano è provare a vincerne una, c’è da scommettere che ci proverà ancora e le occasioni arriveranno presto. Già oggi la tappa di Mos.Castro de Herville potrebbe essere quella giusta.

Giro d’Italia 2025, dopo il settimo posto di Asiago, Garofoli è in lacrime (foto Soudal-Quick Step)
Giro d’Italia 2025, dopo il settimo posto di Asiago, Garofoli è in lacrime (foto Soudal-Quick Step)

Fermato dal Covid

Parliamo con lui sul finire del riposo di Pontevedra. La Vuelta è il secondo Grande Giro della sua stagione, come mai gli era capitato in precedenza. Il Giro d’Italia lo ha visto protagonista con il settimo posto di Asiago e il quarto ben più consistente di Sestriere. Per la Vuelta Garofoli aveva aspettative superiori, ma il Covid si è messo di mezzo. E anche se siamo nel 2025 e qualcuno potrebbe storcere il naso, i giorni in cui Gianmarco ha dovuto restare fermo lo hanno portato in Spagna con la condizione il ritardo, che però sta tornando.

«Non ho avuto grandi sintomi – spiega – l’unico sintomo è che andavo piano in bicicletta. Ho fatto San Sebastian e Burgos e andavo piano rispetto ai miei standard e a quanto mi aspettassi. Avevo fatto una bella preparazione, vedevo determinati numeri, mentre in gara le cose non andavano. Tornato a casa ho fatto il tampone, perché avevo sentito che tanti avevano il Covid ed è venuto fuori che ero positivo. Visti i miei trascorsi con il Covid (nel 2022 Garofoli fu uno dei primi ad essere operato per una miocardite, ndr), ho fatto riposo assoluto per cinque giorni e ho ripreso dal giorno in cui sono stato certo di essere negativo. E’ sempre meglio prendere un giorno in più, perché quando inizi troppo in fretta rischi la ricaduta. Così ho preferito guarire bene e partire per la Vuelta un po’ meno pronto, puntando a trovare la condizione strada facendo. La cosa mi ha fatto girare le scatole, non ci voleva. Anche perché avevo investito tanto tempo per trovare la condizione».

La Vuelta è il terzo Grande Giro di Garofoli, dopo la Vuelta 2024 e il Giro 2025
La Vuelta è il terzo Grande Giro di Garofoli, dopo la Vuelta 2024 e il Giro 2025
Senti che sta arrivando?

Credo di sì. Se guardate come sta andando, si vede che sono in crescita, anche se le ultime 4 tappe sono state molto dure. Ho speso tanto e, anche se ho raccolto poco, mi sono divertito. Questa settimana le tappe papabili per me sono domani (oggi, ndr), mercoledì e sabato. Per il resto ci sono una crono, una volata e domenica a Madrid che è piatta.

Qualcuno dice che domenica si potrebbe non correre per evitare guai con i manifestanti pro Palestina.

In gruppo di questo non si è parlato, però il tema di queste proteste è molto sentito, perché sta condizionando tutta la Vuelta. Non è una cosa negativa, ovviamente manifestano per una giusta causa, però condizionano anche la nostra sicurezza. Invadono le strade. Domenica eravamo in fuga e c’è stata l’invasione da parte di uno che si era nascosto in un cespuglio, c’è anche il video su Eurosport. Il tipo ha attraversato la strada e per evitarlo sono caduti Romo e il mio compagno Planckaert, non è proprio il massimo. In Spagna il tema palestinese è molto sentito. La gente partecipa molto a queste iniziative, soprattutto nel Nord della Spagna.

Nel frattempo il tuo primo anno alla Soudal Quick Step sta andando alla grande?

Mi trovo molto bene. Mi hanno rilanciato dopo tutte le sfortune che ho avuto e qualche anno sotto tono. Sono di nuovo ad alto livello nelle gare che contano. La campagna acquisti fa capire che la Soudal Quick Step vuole essere nuovamente molto forte nelle classiche, mentre punterà un po’ meno sulle corse a tappe. A fine anno andrà via Remco e questo forse a livello personale non è neanche tanto male, perché magari ci sarà più spazio, anche se finora non ho mai corso con lui.

Nel 2022 rientrato dopo i problemi cardiaci, Garofoli vince la Coppa Messapica in Puglia
Nel 2022 rientrato dopo i problemi cardiaci, Garofoli vince la Coppa Messapica in Puglia
Dopo queste prestazioni, potresti andare al mondiale oppure all’europeo. Poi il programma è già deciso?

La maglia azzurra sarebbe un bel traguardo, ci terrei. Se davvero si vuole costruire una nazionale giovane perché i prossimi tre mondiali saranno duri, potrei farne parte anche io. Poi dovrei chiudere con il calendario italiano. Di solito dalle tre settimane di gara, esco in crescendo. Dopo il Giro d’Italia stavo benissimo, ma ho dovuto fare un intervento a un occhio e non ho potuto correre. In più, visto che avevo nei programmi la Vuelta, la squadra mi ha frenato. Speriamo di uscire bene anche da qui. Se vinco una delle gare che farò da qui a fine stagione, penso che potrebbe cambiarmi la vita, perché non sono di poco conto.

Da quanto tempo non vinci?

Dal 2022, quando rientrai dopo l’intervento al cuore e Amadori mi portò in Puglia con la nazionale U23. Una vittoria mi manca, è tanto che non vinco. Mi piacerebbe alzare le braccia al cielo.

P.S. Il ciclismo è uno sport a volte crudele. La notte non ha portato consiglio e nemmeno salute. Stamattina Garofoli non riparte. Dall’annuncio della Soudal Quick Step non si evince nulla più di questo. Attraverso un rapido scambio di messaggi, il marchigiano ci ha raccontato di avere la febbre e di una notte alle prese con problemi intestinali. La sua Vuelta purtroppo finisce qui.

Bilbao, la Vuelta ferita. Ma l’indifferenza non risolve

04.09.2025
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«Oggi è il compleanno di mio figlio – ha detto Vingegaard dopo la tappa della Vuelta annullata a Bilbaoha un anno e volevo davvero alzare le braccia al traguardo per lui. Abbiamo lavorato tutto il giorno per questo e non avere la possibilità di vincere è stato piuttosto deludente. Avevo davvero questa ambizione di vincere la tappa ed ero in una buona posizione per provarci. Sono comunque riuscito a tagliare per primo il nuovo traguardo, a 3 chilometri da quello vero. E’ un peccato non portare a casa un orsacchiotto per mio figlio oggi, ma spero di averne due domani».

Kiko Garcia ha gestito al meglio delle sue possibilità la situazione della tappa di ieri
Kiko Garcia ha gestito al meglio delle sue possibilità la situazione della tappa di ieri

Il senso della protesta

Nessun vincitore. L’undicesima tappa della Vuelta è stata fermata a 3 chilometri dall’arrivo di Bilbao. L’attacco di Pidcock sulla salita di Pike aveva permesso al britannico di fare il vuoto, con il solo Vingegaard nella sua scia. Gli altri invece avevano pagato con 12 secondi di ritardo. Poco dopo le cinque del pomeriggio invece, gli organizzatori hanno deciso di ridurla per evitare i rischi connessi alle proteste pro Palestina inscenate al traguardo da un folto gruppo di manifestanti. Nei Paesi Baschi hanno la rabbia dentro, gente di sangue forte. E se nella cronosquadre di Figueres le proteste avevano portato al rallentamento della Israel-Premier Tech, ieri si è preferito non correre rischi (in apertura immagine ANP/EPA).

Lo scrivemmo dopo il Giro d’Italia. Il ciclismo si corre sulle strade in mezzo alla gente e può diventare la cassa di risonanza per manifestazioni di ogni tipo, a patto che non si mettano a rischio i corridori. Ricordiamo quando gli operai della Piaggio fermarono la Sanremo o quando i sindaci dei paesi alluvionati del Piemonte rallentarono la partenza di tappa del Giro dal Santuario di Vicoforte. Ma adesso in ballo ci sono una guerra. Oltre 40 mila morti. Un primo ministro che teorizza invasioni e attua massacri senza che al mondo nessuno gliene chieda ragione. Che cosa volete che possa fare la gente se non protestare? E a cosa serve una protesta se nessuno se ne accorge?

La polizia ha respinto i manifestanti, ma le condizioni dell’arrivo non erano sicure (foto EFE)
La polizia ha respinto i manifestanti, ma le condizioni dell’arrivo non erano sicure (foto EFE)

La posizione del CPA

Avvisaglie purtroppo c’erano già state. Nella cronosquadre di Figueres, quando la Israel-Premier Tech è stata rallentata e la giuria ha poi bilanciato il distacco. E poi nella tappa di martedì con arrivo a El Ferial Larra Belagua, quando i manifestanti hanno tentato di attraversare la strada al passaggio del gruppo, provocando la caduta di Petilli, che corre con la Intermarché-Wanty. Dall’inizio della Vuelta, come già fatto al Tour de France, attorno alla Israel-Premier Tech sono state rinforzate le misure di sicurezza. L’imprenditore israeliano-canadese Sylvan Adams è ritenuto uno stretto collaboratore del primo ministro Netanyahu e un sostenitore delle sue politiche. Per questo il pullman e i mezzi della squadra viaggiano senza la dicitura Israel.

Va bene protestare, tuttavia, ma non danneggiare o colpire i corridori. Mercoledì pomeriggio, il CPA ha rilasciato una dichiarazione. Vi si esprime «la sua profonda preoccupazione e la ferma condanna per le azioni che hanno messo in pericolo i corridori della Vuelta a Espana. E’ inaccettabile che le associazioni, qualunque sia la loro natura o le loro motivazioni, si permettano di compromettere la sicurezza e l’integrità fisica degli atleti sulla strada. Chiediamo inoltre ai servizi di sicurezza spagnoli di fare tutto il possibile per garantire il regolare svolgimento dell’evento e proteggere i corridori. Tutti hanno il diritto di protestare, ma non può essere a spese degli atleti che stanno facendo il loro lavoro».

Prima della neutralizzazione della tappa, Pidcock e Vingegaard avevano infiammato la corsa
Prima della neutralizzazione della tappa, Pidcock e Vingegaard avevano infiammato la corsa

Chi deve decidere

La tappa di Bilbao sarebbe stata forse la più spettacolare della Vuelta e si è trasformata in una ferita. L’organizzazione si è vista costretta alla neutralizzazione delle classifiche, a capo di una giornata a dir poco impegnativa. Dopo gli esiti della giornata, il direttore della Vuelta Kiko Garcia ha spiegato la scelta di ieri e risposto a fatica alle domande sulla possibilità di ritiro della squadra israeliana.

«E’ stata una giornata difficile per tutti – ha spiegato – come potete immaginare. Sapevamo che ci sarebbero potute essere delle proteste, ma la verità è che la portata del movimento ci ha colti di sorpresa al primo passaggio del traguardo. Abbiamo visto che la situazione era tesa e che dovevamo prendere una decisione in fretta. C’erano due opzioni: annullare tutto o almeno provare a offrire uno spettacolo al grande pubblico ciclistico dei Paesi Baschi. E’ quello che abbiamo fatto. Ho parlato un po’ con le squadre e tutti hanno capito che era la decisione migliore.

«Sapevamo che se non avessimo reagito, le proteste sarebbero continuate. Dobbiamo seguire le regole. La partecipazione della Israel-Premier Tech è obbligatoria, non possiamo decidere diversamente. Fermarla compete semmai a un organismo internazionale. Il nostro compito è cercare di proteggere i corridori, le squadre e la corsa, ovviamente. Ed è qui che siamo. Abbiamo parlato con la squadra per ore ieri sera, esponendogli la situazione, vedendo se anche loro sentivano la pressione aumentare. Non c’è molto altro che io possa fare».

Dalla cronosquadre, non sono stati giorni facili, come ci ha raccontato Marco Frigo qualche giorno fa
Dalla cronosquadre, non sono stati giorni facili, come ci ha raccontato Marco Frigo qualche giorno fa

La posizione dell’UCI

Perché il CIO dispose lo stop delle società e degli atleti russi dopo l’invasione dell’Ucraina e non dice nulla contro Israele? Tirata per la manica, l’UCI ha pubblicato un comunicato di facciata.

“Condanniamo fermamente queste azioni. Sottolineiamo l’importanza fondamentale della neutralità politica delle organizzazioni sportive unite nel Movimento Olimpico, nonché il ruolo unificante e pacificatore dello sport. I grandi eventi sportivi internazionali incarnano uno spirito di unità e dialogo, al di là delle differenze e delle divisioni. Lo sport, il ciclismo in particolare, ha lo scopo di unire le persone e superare le barriere tra loro e non deve in nessun caso essere utilizzato come strumento di punizione. L’UCI esprime la sua piena solidarietà e il suo sostegno alle squadre e al loro staff, nonché ai corridori, che devono poter esercitare la loro professione e la loro passione in condizioni ottimali di sicurezza e tranquillità“.

La Israel-Premier Tech non molla: «Creeremmo un precedente pericoloso»
La Israel-Premier Tech non molla: «Creeremmo un precedente pericoloso»

La Israel rimane

Chiedere il ritiro spontaneo della Israel-Premier Tech sarebbe pretendere che siano loro a togliere le castagne dal fuoco all’UCI. Ieri in serata una dichiarazione della squadra spiega la sua posizione e il perché rimarrà in corsa.

“Israel-Premier Tech – si legge – è una squadra ciclistica professionistica. In quanto tale, la squadra rimane impegnata a partecipare alla Vuelta a Espana. Qualsiasi altra linea d’azione costituisce un pericoloso precedente nel ciclismo, non solo per Israel-Premier Tech, ma per tutte le squadre.

“Israel-Premier Tech ha ripetutamente espresso il suo rispetto per il diritto di tutti a protestare, purché tali proteste rimangano pacifiche e non compromettano la sicurezza del gruppo. L’organizzazione della Vuelta a Espana e la polizia stanno facendo tutto il possibile per creare un ambiente sicuro e, per questo, la squadra è particolarmente grata. Tuttavia, il comportamento dei manifestanti oggi a Bilbao non è stato solo pericoloso, ma anche controproducente per la loro causa. E ha privato i tifosi baschi, tra i migliori al mondo, del traguardo di tappa che meritavano.

“Ringraziamo gli organizzatori della gara e l’UCI per il loro continuo supporto e la loro collaborazione. Così come le squadre e i corridori che hanno espresso il loro sostegno sia pubblicamente che privatamente e, naturalmente, i nostri tifosi”.

Anche al Tour, nella tappa di Tolosa, un tifoso ha invaso il rettilineo di arrivo manifestando per la Palestina
Anche al Tour, nella tappa di Tolosa, un tifoso ha invaso il rettilineo di arrivo manifestando per la Palestina

C’è da capire se gli esiti di ieri fomenteranno altre proteste o se l’aumento delle misure di sicurezza basterà a mettere in sicurezza la Vuelta e i suoi attori. Nel prendere posizione di ciascuna parte in campo, rileviamo con malinconia che non una sola parola è stata pronunciata dallo sport su quanto sta accadendo a Gaza. Dispiace anche a noi che Vingegaard non abbia potuto donare quell’orsacchiotto a suo figlio. Dispiace ancora di più che dall’inizio della guerra siano stati uccisi 13 mila bambini. Da quelle parti avere o non avere un orsacchiotto è l’ultimo dei problemi. Laggiù muoiono a colpi di fucile, sotto le bombe oppure di fame. Dirlo e manifestare empatia potrebbe forse rasserenare in qualche modo gli animi.

Lidl-Trek, l’anno dei punti. Con Bennati fra Giro, Tour e Vuelta

03.09.2025
5 min
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Pedersen al Giro, poi Milan al Tour e ora di nuovo Pedersen, che guida la classifica a punti della Vuelta con 9 lunghezze di vantaggio su Vernon (in apertura Mads con la sua maglia verde, accanto a Vingegaard in rosso). Per la Lidl-Trek non sarà ancora la stagione dei record, ma la prospettiva di portare a casa le tre maglie è certo interessante. E allora ci siamo chiesti quali differenze ci siano nella lotta per la classifica punti fra Giro, Tour e Vuelta. E ci è venuto in mente di chiederlo a Daniele Bennati, che ha vinto la maglia verde spagnola nel 2007, la ciclamino del Giro nel 2008. Era invece terzo nella classifica a punti al Tour del 2006, dietro McEwen e Freire, quando una caduta lo rispedì a casa a cinque tappe dalla fine. In aggiunta, Bennati fu uno dei primi corridori nel 2011 a firmare per l’allora Leopard Trek di Luca Guercilena, restandoci per due stagioni con 7 vittorie, che anni dopo sarebbe diventata l’attuale Lidl-Trek.

«Senza dubbio la maglia verde al Tour – dice il toscano – è quella più difficile da conquistare. Devo essere sincero, nel 2006 ero abbastanza vicino a McEwen. Probabilmente non l’avrei vinta, però me la sarei giocata. Caddi nella discesa del Telegraphe dopo aver scalato il Galibier e dovetti tornare a casa prima. In termini di difficoltà la maglia verde al Tour è molto più complicata rispetto al Giro e alla Vuelta, ma è inevitabile che per vincerle bisogna andare super forte in tutti e tre».

Bennati ha vinto la maglia a punti di Giro e Vuelta. Nel 2006, secondo dietro Boonen in giallo, indossò la verde per un giorno
Bennati ha vinto la maglia a punti di Giro e Vuelta. Nel 2006, secondo dietro Boonen in giallo, indossò la verde per un giorno
A parte la caduta del 2006, nel 2007 hai vinto due tappe al Tour, ma arrivasti sesto nella classifica a punti. Come mai la verde era così ostica per te?

Ero una vera frana nei traguardi volanti, penso di non averne mai vinto uno in vita mia e di aver perso anche contro corridori che sulla carta erano molto meno veloci di me. Questo mi ha penalizzato molto al Tour, perché gli sprint intermedi sono sempre molto importanti per conquistare la maglia verde, oltre al vincere le tappe e fare tanti piazzamenti. Io vinsi due tappe e poi feci un sesto e un quarto posto. Petacchi ad esempio conquistò la maglia nel 2010, vinse due tappe, ma per cinque volte entrò nei primi tre. Quando va così, sei avvantaggiato, perché un po’ puoi disinteressarti dei traguardi volanti.

Puoi tornare sul tuo essere una frana negli sprint intermedi?

Non avevo la capacità di fare la volata a metà tappa. Forse un problema di motivazione, ma non riuscivo a dare tutto me stesso nei traguardi volanti. Per vincere la maglia verde al Tour devi avere anche la capacità di sprintare dopo 20 chilometri oppure dopo 80 e questo sicuramente Milan ce l’ha nelle sue corde. Ne ha vinti diversi e questo è sicuramente un valore aggiunto, forse perché, essendo un pistard, ha la capacità di andare fuori giri anche dopo pochi chilometri.

Al primo Tour, dopo due ciclamino al Giro, Milan ha vinto due tappe e la maglia verde
Al primo Tour, dopo due ciclamino al Giro, Milan ha vinto due tappe e la maglia verde
C’è differenza nella lotta per la classifica a punti fra i percorsi dei tre Grandi Giri?

Quando ho vinto la maglia a punti della Vuelta, fino all’ultima tappa non l’avevo ancora indosso. Negli anni il regolamento è cambiato. In quel 2007, le tappe di montagna e quelle di pianura davano lo stesso punteggio. Per noi velocisti diventava ancora più complicato. Io avevo vinto tre tappe, però mi ricordo che in quella finale di Madrid la maglia verde ce l’aveva Samuel Sanchez. Anche lui aveva vinto tre tappe, quindi era più avanti di me. Riuscii a conquistare la maglia a punti battendo Petacchi su quell’ultimo arrivo.

Invece al Giro?

Nel 2008 davano gli stessi punti per le tappe pianeggianti rispetto a quelle di montagna. Ricordo che Emanuele Sella aveva vinto anche lui tre tappe e un giorno venne a dirmi: «Stai attento, Benna, perché ti rubo la maglia ciclamino!». Infatti arrivò secondo nella cronoscalata di Plan de Corones e ci ritrovammo molto vicini nella classifica a punti (51 punti, ndr). Per fortuna nelle ultime tappe feci anche qualche altro piazzamento in tappe intermedie e mi salvai. Ma il fatto di avere per tutte le tappe lo stesso punteggio faceva sì che dovessimo lottare contro quelli di classifica e chi vinceva le tappe di montagna. Magari dalla mia c’era il fatto che essendo più veloce rispetto a quelli di classifica, qualche traguardo volante andando in fuga potevo vincerlo e comunque portare a casa un po’ di punti.

Dopo la maglia a punti alla Vuelta del 2022, Pedersen ha conquistato la ciclamino all’ultimo Giro
Dopo la maglia a punti alla Vuelta del 2022, Pedersen ha conquistato la ciclamino all’ultimo Giro
Quindi, che si tratti del Giro, del Tour o della Vuelta, la maglia a punti non viene per caso, ma c’è da studiare il modo per conquistarla?

Esatto. Dosando il lavoro dei compagni in rapporto al percorso della tappa. Giusto la UAE Emirates fa eccezione, ma solo perché hanno Pogacar e quando c’è lui, non portano il velocista. Anche perché Tadej volendo potrebbe vincere anche la maglia a punti. Per il resto si studiano i percorsi e si mette a punto la miglior strategia per portare a casa la maglia a punti. 

La Lidl-Trek al Tour aveva soltanto Milan, data la caduta di Skjelmose. Al Giro e alla Vuelta ha Pedersen e Ciccone, dovendo aiutarli entrambi. Un super lavoro?

Se in squadra c’è l’uomo di classifica, il velocista deve accontentarsi di un paio di compagni. Ormai le squadre sono attrezzate e possono reggere insieme l’uomo di classifica e il velocista. Poi, come per Pogacar, dipende anche dal livello dell’uomo di classifica. Quando a fine carriera ho corso per Contador, non c’era maglia a punti che reggesse: si tirava per lui e basta.