Nocentini, 9 anni (e 9 giorni in giallo) alla corte di Lavenu

01.09.2024
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Ha fatto notizia il recente licenziamento di Vincent Lavenu da team manager della Decathlon-Ag2R La Mondiale, squadra da lui fondata nel 1992. Dapprima si chiamava Chazal-Vanille, poi diventò la Casinò e infine, dal 2000 al 2023, ha avuto come primo sponsor Ag2R.

Qualunque fosse il nome, Lavenu è stato per 32 anni l’anima di quella realtà, tuttora il più antico team professionistico francese in attività. Capace di conquistare complessivamente 19 vittorie di tappa al Tour de France, 5 al Giro d’Italia e 7 alla Vuelta a España.

Ne abbiamo parlato con Rinaldo Nocentini, nove anni alla corte di Lavenu, tra i quali spicca un 2009 memorabile in cui ha indossato per 8 tappe la maglia gialla al Tour de France. Oggi il toscano collabora con una squadra juniores che si chiama Mepak.

Rinaldo, come hai preso la notizia del licenziamento di Lavenu?

Non ne sapevo niente, me l’ha detto l’altro giorno Enzo Vicennati al telefono. Mi sembra molto strano, qualcosa dev’essere successo, si devono essere rotti degli equilibri. Anche perché normalmente i francesi sono molto attenti a queste cose, a gestire queste dinamiche internamente. Ripeto, è strano che sia stato licenziato così, a stagione in corso, subito dopo il Tour. Avrebbero potuto aspettare la fine dell’anno, quando anche l’attenzione mediatica è meno presente. Ho letto che sembra possa entrarci il caso doping di Bonnamour. Quello che posso dire io è che con noi ha sempre trattato il discorso doping molto chiaramente e rigidamente. Quindi l’impressione è che, forse, la nuova dirigenza possa avere preso la palla al balzo per sistemare attriti interni con questo pretesto.

Di lui che ricordi hai, che tipo di team manager è stato?

Ho corso nella sua squadra per nove stagioni, dal 2007 al 2015, ed è sempre stato un ottimo manager. Meticoloso, sempre presente nelle gare più importanti, al Tour la prima ammiraglia la guidava lui. Personalmente mi ci sono sempre trovato bene, perché ha un carattere molto tranquillo, ci potevi parlare, non era uno che urlava o sbraitava. Per esempio, quando sono stato in maglia gialla ha lasciato che mia moglie rimanesse con noi tutti i nove giorni, assieme alla squadra, una cosa tutt’altro che scontata. Mi trattava come un figlio, si potrebbe dire.

Hai accennato a quella maglia gialla del 2009, un momento speciale per te ma anche per tutto il team. Ci racconti com’è andata?

Quel giorno era in maglia gialla Cancellara, e alla riunione della mattina avevamo deciso di andare in fuga. La tappa era Barcellona-Andorra, arrivo in salita oltre i 2000 metri. Alla fine ci siamo riusciti, in tutto eravamo in dodici, due della nostra squadra. All’inizio ovviamente pensavo solo alla tappa, poi negli ultimi chilometri è passato la moto con la lavagnetta che diceva che avevamo ancora quasi 6 minuti di vantaggio. In quel momento ho detto, ok, ci provo, vediamo se riesco a prendere la maglia. Non mi sono più preoccupato di seguire gli scatti degli altri e sono andato su del mio passo, anche se mi ricordo che c’era vento contro ed è stata molto dura. Ma dopo l’arrivo del gruppo, quando abbiamo capito che avevamo conquistato la maglia, è stato fantastico.  In hotel abbiamo festeggiato tutti assieme, per quanto possibile durante un Tour de France, e Vincent era più che felice, radioso.

Anche perché quella maglia poi l’avete tenuta per molte altre tappe, otto in totale.

Esatto, otto tappe più il riposo, nove giorni in totale. Non è stato facile perché avevo solo 6’’ di vantaggio su Contador e 8 Armstrong. Quindi sarebbe bastato un buco, una volata, per cui è stata battaglia ogni giorno. Poi c’è da dire che a loro, i favoriti, andava anche bene che la maglia la tenessimo noi, almeno per un po’. Quel periodo per noi è stato bellissimo, il giorno di riposo poi hai il mondo addosso, tutti ti cercano, tutti vogliono farti interviste. A fine Tour calcolarono che il valore della visibilità per lo sponsor data da quei giorni in maglia gialla era quantificabile in circa 60 milioni di euro. Capite bene perché Vincent non poteva che essere contento.

Facciamo un passo indietro, all’inizio della tua esperienza con Lavenu. Qual’è il tuo primo ricordo a riguardo?

Molto bello direi. La prima corsa con loro è stato il Giro del Mediterraneo e sono riuscito a vincere la 4ª tappa, quella del Mont Faron. Era la salita simbolo della gara, dove avevano vinto campioni come Bartoli e Casagrande. Lavenu lì non era mai riuscito a vincere, e così è stato un tripudio. Mi ricordo che feci la premiazione e poi partimmo subito in macchina per correre in albergo a berci una birra tutti assieme. Eravamo appena partiti quando gli addetti dell’antidoping ci hanno bussato sul finestrino per fermarci. In quanto vincitore di tappa dovevo presentarmi al controllo, ma dalla contentezza tutti in squadra se n’erano dimenticati. Ovviamente poi siamo scesi e l’abbiamo subito fatto.

Un team manager presente e allo stesso tempo alla mano, insomma.

Direi proprio di sì. Mi ricordo un altro episodio, al Tour del 2010. Quell’anno ero reduce da un infortunio, quindi tendevo a correre sempre in fondo al gruppo. Ad un certo punto Lavenu è venuto da me e mi ha detto, con la sua pacatezza ma comunque molto deciso: «Non penserai mica di stare lì tutto il tempo…». Allora ho annuito e ho subito risalito il gruppo.

Per finire un’ultima domanda su quel magico 2009. Quel Tour non era nei tuoi programmi ad inizio stagione. Quando hai saputo che ci saresti stato?

La stagione iniziò bene con la vittoria di una tappa al Giro di California, poi purtroppo presi la mononucleosi. Al campionato italiano però feci bene e il giorno dopo, era un lunedì, Lavenu mi chiamò per chiedermi se volessi andare al Tour. Io ovviamente accettai di corsa, perché si trattava della mia prima volta alla Grande Boucle. In squadra c’era una certa aspettativa perché l’anno prima avevamo fatto 9° e 10° in classifica con Valjavec ed Efimkin. Io avrei dovuto aiutarli, ma loro ebbero dei problemi e alla fine io feci 13°, un risultato di tutto rispetto per un esordiente. Però nulla a confronto con quei 9 giorni in giallo. Quelli, per me e per la squadra, certamente anche per Vincent Lavenu, valsero quasi un podio.

La Ag2R licenzia Lavenu: fine (triste) di una lunga storia

22.08.2024
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Lo ha ben raccontato L’Equipe: Vincent Lavenu non è più il team manager della Decathlon-Ag2R La Mondiale. E anche se era intuibile che il cambiamento sarebbe arrivato, nessuno si aspettava che nei confronti del suo fondatore si arrivasse a un licenziamento come quello che si è consumato. Il tempo che si chiudesse il Tour de France a Nizza, ricostruisce il quotidiano francese, e al fondatore della squadra è arrivata una mail in cui si annunciava l’apertura del processo di licenziamento. Contestualmente, gli sarebbe stato chiesto di restituire telefono aziendale, computer e auto.

Avevamo parlato con lui proprio in Francia, ragionando sulle prestazioni opache dei suoi ragazzi al confronto con quelle sfavillanti del Giro e ci aveva fatto capire che di colpo il clima in squadra non fosse più così sereno. Nulla lasciava però pensare all’epilogo poi andato in scena.

Rinaldo Nocentini e la sua maglia gialla del 2009 danno lustro inatteso alla squadra
Rinaldo Nocentini e la sua maglia gialla del 2009 danno lustro inatteso alla squadra

La Chazal-Vanille

Lavenu quella squadra l’ha fondata nel 1992 con un produttore di salumi francese. E’ la Chazal-Vanille del gigante Kirsipuu, che con gli anni diventa la Casinò e poi dal 2000 al 2023 ha come primo nome Ag2R, abbinato dal 2021 al 2022 a Citroen. Ogni volta Lavenu è lì a raccontarla, costruirla, tenerla insieme. Ogni volta con la sua serietà di uomo all’antica, che sulla soglia dei 68 anni già pensava che fosse arrivato il momento della pensione, ma si era certamente augurato di poter gestire l’uscita di scena. Magari dando a sua figlia Magali, inizialmente addetta stampa del team, il ruolo di responsabilità di cui parlava già da un po’. Magari lanciando un team femminile. I progetti non mancavano.

Invece lo hanno convocato. Dall’altra parte del tavolo ha trovato il nuovo direttore generale, Dominique Seryes, e il segretario generale Philippe Chevallier che aveva assunto a sua volta come vice. Nessuno ha raccontato esattamente come sia andato l’incontro, ma pare che al termine Lavenu abbia avuto un malore e per questo sia stata chiamata un’ambulanza dei Vigili del Fuoco. Da quel momento Lavenu ha affidato la gestione della vicenda a un avvocato.

Il caso Bonnamour

L’Equipe ha cercato di ricostruire con i contatti interni alla squadra e pare che la causa scatenante del licenziamento sarebbe stato il caso doping di Bonnamour. Il corridore francese, 29 anni, è stato sospeso dall’UCI dopo il Tour Down Under a causa di anomalie nel suo passaporto biologico e licenziato dalla squadra il 26 marzo. A Lavenu sarebbe stato imputato il ritardo con cui ha informato i suoi nuovi capi della situazione in corso. Sta di fatto che, con rapidità sorprendente rispetto alle abitudini, scattato il licenziamento, il suo nome è scomparso dall’organigramma del team, dove figurava ormai come direttore sportivo e non più come manager.

Il passaggio era avvenuto infatti nel luglio scorso con la nomina di Dominique Serieys da parte della direzione dell’AG2R La Mondiale, anche se (alla larga da sguardi indiscreti) i problemi erano iniziati tre anni prima.

Dal 2013 al 2017 è anche la squadra di Domenico Pozzovivo
Dal 2013 al 2017 è anche la squadra di Domenico Pozzovivo

Nasce la Ag2R-Citroen

Per consentire alla sua squadra di crescere e reggere il confronto internazionale, nel 2020 Lavenu ha costruito una nuova sede. E’ il progetto Ag2R-Citroen, raccontato come una meraviglia francese e come salto di qualità significativo, con l’arrivo di corridori come Greg Van Avermaet. Invece è l’inizio dei problemi.

Per metterlo in strada, Lavenu si indebita personalmente e proprio in quel momento iniziano i problemi. Per motivi non annunciati, Citroen attiva improvvisamente la clausola di recesso dopo tre dei cinque anni per cui ha firmato. Mentre Ag2R nomina un nuovo direttore generale, poco propenso ad assecondare gli slanci del manager francese.

Nel 2021 arriva Van Avermaet, oro olimpico a Rio 2016
Nel 2021 arriva Van Avermaet, oro olimpico a Rio 2016

Le carte sul tavolo

E’ la fine una partnership importante e antica, per i tempi del ciclismo. Un investimento, certo, ma anche un hobby per i grandi sponsor, che di colpo si trasforma in mero business. Per questo Ag2R La Mondiale mette le carte sul tavolo e offre due scelte. Rilevare la società, oppure andarsene. Il prezzo d’acquisto proposto, ricostruisce L’Equipe, sarebbe di 8.000 euro: una cifra che stupisce anche i due corridori presenti all’incontro. Il cambio di strategia è argomentato con la necessità di passare a società sportive meno romantiche, ma in grado di reggere il confronto con l’iper professionalizzazione dello sport.

Lavenu è nell’angolo. Ha cento dipendenti da tutelare e capisce che l’uscita di Ag2R La Mondiale sarebbe per questo drammatico. Per cui il contratto viene firmato. Lavenu resta nella posizione di direttore generale, ma contestualmente deve firmare una modifica al contratto a causa della quale perde ogni potere di firma.

La squadra da quest’anno ha cambiato nome con l’arrivo di Decathlon: qui Paret Peintre vince a Cusano Mutri al Giro
La squadra da quest’anno ha cambiato nome con l’arrivo di Decathlon: qui Paret Peintre vince a Cusano Mutri al Giro

Fine della storia

E’ una rottura netta col passato di squadre costruite e mandate avanti da un solo uomo, il presente che spazza via la tradizione. Certo con motivazioni sostenibili, però con modi che lasciano a desiderare. Alcuni membri dello staff hanno preferito lasciare la squadra lo scorso anno, un paio di dipendenti hanno intentato causa alla società, fra cui un direttore sportivo in squadra dal 1994.

Della gestione precedente resta la struttura del servizio corse, per la quale la società paga ora l’affitto a Lavenu. Tuttavia secondo L’Equipe la strategia prossima prevede che la compagnia assicuratrice voglia risistemare i quadri della squadra per poi venderla definitivamente a Decathlon, con lo spostamento a quel punto della sede operativa nel Nord della Francia. Si chiude una pagina del ciclismo francese, se ne apre un’altra. Sarà la storia a dire quale dei due capitoli sarà stato infine più affascinante e meritevole di racconto.

Godon, molto più che uno sprinter. Parola di Lavenu

06.05.2024
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SAN FRANCESCO AL CAMPO – Vince la volata di gruppo. Spalleggia con Pogacar e va anche forte sul passo: Dorian Godon sta stupendo sempre di più. Il corridore della Decathlon-AG2R La Mondiale in questa prima parte di stagione è stato tra i migliori in assoluto.

La Freccia del Barbante dell’anno scorso e le recenti vittorie al Romandia, l’ultima in particolare, sono stati successi di peso. Se non altro per come sono arrivati. Diversi tra loro, Godon li ha agguantati con forza e astuzia, abilità e personalità.

Classe 1996, alto 190 centimetri per 73 chili, grande potenza, di questo atleta ne abbiamo parlato con il manager e direttore sportivo, Vincent Lavenu, il qualche sta invece seguendo gli altri suoi ragazzi al Giro d’Italia. 

Godon vanta 10 vittorie da pro’, tra queste anche due prologhi (foto Instagram)
Godon vanta 10 vittorie da pro’, tra queste anche due prologhi (foto Instagram)
Signor Lavenu, vi aspettavate un’esplosione così importante di Godon?

Per me non si tratta di una vera esplosione. Conosciamo bene Dorian, è con noi da parecchi anni e sappiamo che è un ragazzo con un potenziale fisico eccezionale. E’ un atleta in grado di produrre degli sprint di livello molto alto e soprattutto di resistere agli sprint per lungo tempo.

E allora cosa è cambiato? Perché adesso lo vediamo vincere o piazzarsi bene con maggior costanza?

Direi un buon feeling in generale. Fino ad allora non aveva trovato la chiave sul posizionamento prima degli sprint. Adesso invece è ben concentrato e ben supportato dai compagni di squadra che riescono a piazzarlo nel posto giusto. E quando è nel posto giusto, al momento giusto, Godon è in grado di battere anche i corridori più forti.

Vince le volate di gruppo, ma se la gioca anche nei drappelli con Pogacar, conquista il Giro del Veneto, che non è corsa per velocisti: chi è dunque Dorian Godon? Che tipo di sprinter è?

Come detto, è molto forte fisicamente. In più guida anche molto bene (come si è visto nella tappa finale del Romandia vinta prendendo almeno 5-6 metri a tutti nell’ultima curva sul bagnato, ndr). Che tipo di sprinter è? Per me non è un velocista puro, è un passista veloce. Passa bene gli strappi, le cotes più piccole almeno, ed è in grado di tenere quei gruppi con solo 70- 80 corridori. Mentre non lo vedo con i velocisti migliori del mondo in caso di sprint a gruppo compatto.

Il francese vince il Giro del Veneto 2023 davanti a Tobias Johannessen e Florian Vermeersch, non proprio due velocisti
Il francese vince il Giro del Veneto 2023 davanti a Tobias Johannessen e Florian Vermeersch, non proprio due velocisti
Ci può fare un raffronto tra Godon e un corridore veloce o velocista del passato? Per esempio è più un Sagan o un Demare? Giusto per capire come e dove si colloca…

Se è per questo va molto bene anche nelle cronometro brevi, quelle fra 2 e 10 chilometri, quindi non so davvero con chi possiamo confrontarlo. Dovrei rivedere l’intera storia del ciclismo! Se proprio dovessi fare un paragone, direi che è più un Kaden Groves, il quale non è un velocista puro, ma è molto veloce e tiene bene.

Insomma, Godon è forte, veloce, ma non è un velocista puro nonostante le sue doti di guida e la sua statura…

Esatto, è un corridore enorme, con particolari caratteristiche fisiche. Sì, qualche volta ha fatto degli sprint di gruppo, ma devono essere comunque sprint al termine di giorni difficili. Di tappe mosse, quando tutti i corridori arrivano nel finale un po’ stanchi.

Vestito di azzurro, eccolo spalleggiare con Pogacar nell’ultima tappa del Catalunya… quando arrivò un drappello di 23 corridori (quasi tutti scalatori)
Vestito di azzurro, eccolo spalleggiare con Pogacar nell’ultima tappa del Catalunya… quando arrivò un drappello di 23 corridori (quasi tutti scalatori)
Prima lei ha accennato ad un buon feeling generale, in questo rientrano anche le bici? Vendrame qualche giorno fa ci ha detto che sono molto soddisfatti e che questo contribuisce ad abbassare le tensioni…

Direi che l’intero team funziona bene. Sicuramente le bici sono un valore aggiunto e hanno la loro influenza, ma anche gli altri materiali contano. L’aerodinamica è buona adesso. I corridori si sentono a loro agio e hanno fiducia in quel che fanno e in quel che hanno. È un insieme di cose che sono state cambiate con l’arrivo di nuovi sponsor come Decathlon, con una nuova gestione, un nuovo modo interno di confrontarsi. 

Quando ha preso in squadra Godon, cosa ha guardato di lui? E soprattutto, lo seguiva anche da giovane visto che il suo gruppo è molto attento ai giovani?

Sì, lo seguivo sin da quando era giovane. Osservavo i suoi risultati anche perché Dorian vive non troppo lontano dalla nostra sede. Noi siamo a Chambéry, lui a Lione. Lo avevo già visto tra i dilettanti. È passato professionista abbastanza giovane nella Cofidis. Ma abbiamo visto che aveva quelle caratteristiche di velocità ed esplosività che vi dicevo e che ci interessavano. 

Chiaro…

Quando ci sono state le possibilità, abbastanza rapidamente abbiamo raggiunto un accordo con lui. Tra l’altro noi eravamo un po’ la sua squadra del cuore, visto che siamo tutti della regione del Rodano-Alpi.

Cosnefroy, la vittoria in Canada e la rinuncia all’Australia

16.09.2022
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Se Atene piange, Sparta non ride, dicevano gli antichi. In Italia la partenza imminente della nazionale di Bennati è circondata dallo scetticismo legato a una stagione obiettivamente difficile, ma al di là di superpotenze come il Belgio, non tutti possono prendere l’aereo per l’Australia in tranquillità. Non lo farà la Francia, non lo farà Thomas Voeckler, che pure ha ritrovato in extremis il suo pupillo Alaphilippe alla ricerca di un tris consecutivo difficile soprattutto per le conseguenze della caduta alla Vuelta. Ma il suo malumore è legato ad altro, al gran rifiuto di Cosnefroy.

Tutto è nato immediatamente dopo la vittoria di quest’ultimo al GP de Quebec, la prima delle due classiche canadesi inserite nel WorldTour. Il 26enne francese aveva fatto saltare i piani dei favoriti anticipando la volata del gruppo ai -2 chilometri dal traguardo, vincendo con 4” sull’ex trionfatore in terra canadese Matthews, Girmay e Van Aert (guarda caso tre dei favoriti per Wollongong). Una grande dimostrazione di forma non solo fisica ma anche mentale, attuando un piano perfetto.

Il podio del GP de Quebec con Matthews (1° nel 2018 e 2019) e Girmay
Il podio del GP de Quebec con Matthews (1° nel 2018 e 2019) e Girmay

Una vittoria che cambia tutto

«Era premeditato – raccontava al traguardo il 26enne di Cherbourg en Cotentin – Io dovevo e volevo attaccare mentre Van Avermaet poteva giocare di rimessa. Per me questa vittoria rappresenta tanto, se prima era stata una stagione che mi aveva relativamente soddisfatto, ora è eccezionale».

Una stagione, quella di Cosnefroy, con 7 podi, con la doppia piazza d’onore dell’Amstel Gold Race e della Freccia del Brabante («ma su quella in Olanda ci ho rimuginato tanto, sono andato davvero vicino alla vittoria e avrebbe cambiato tutto»), ma anche un Tour de France da assoluto comprimario. Dopo, Cosnefroy aveva già dimostrato di essere in crescita e quello in Canada era uno squillo che non poteva passare inosservato.

L’amarissimo finale dell’Amstel con Kwiatkowski che beffa il francese di un niente
L’amarissimo finale dell’Amstel con il francese che si arrende a Kwiatkowski

Il pressing del cittì

Nel viaggio di tre ore in bis da Quebec City a Montreal, Benoit ha trascorso tutto il tempo a guardare il suo smartphone, a leggere la pioggia di messaggi arrivati. «E neanche li ho letti tutti…». Tra questi c’era anche quello di Voeckler, che si complimentava ricordando la sua vittoria nel 2010, l’unica di un francese su quelle strade ugualmente francofone. Con il cittì, Cosnefroy aveva già parlato prima di partire per oltreAtlantico, esprimendo le sue perplessità circa la sua presenza, ma da allora molto era cambiato.

Intanto prima Cosnefroy era un piazzato, ora un vincente al cospetto degli stessi eventuali rivali di Wollongong. Inoltre l’assetto della Francia rischiava di cambiare: senza Alaphilippe o con l’iridato a mezzo servizio, serviva una punta di ruolo in grado di finalizzare il lavoro. E il corridore dell’AG2R Citroen poteva esserlo.

Cosnefroy con Van Avermaet. I due hanno lavorato in piena sinergia in Canada
Cosnefroy con Van Avermaet. I due hanno lavorato in piena sinergia in Canada

Una decisione difficile

Voeckler è tornato alla carica, ha provato a convincerlo, a ripetergli questi concetti, ma Cosnefroy non ne ha voluto sapere. Anzi, riparlando dell’argomento con i giornalisti il transalpino è parso un po’ stizzito: «Non ho più cose da dire rispetto a prima. E’ stata una mia scelta quella di non partecipare e avevo le mie ragioni. Nello sport di alto livello bisogna prendere delle decisioni difficili: questa lo è stata». E chiuso l’argomento…

La scelta di Benoit ha una spiegazione molto semplice: il francese ritiene troppo impegnativa la trasferta in Australia, soprattutto per i problemi legati al jet-lag. Difficile recuperare in tempo per la gara, ancora di più dopo, quando comunque ci saranno da onorare tanti appuntamenti per il suo team, l’AG2R che con la sua vittoria ha contribuito a “far respirare” nel ranking Uci portandolo al 13° posto, ma ancora non in salvo per evitare una dolorosissima retrocessione dal WorldTour.

Il transalpino ai mondiali di Leuven 2021: 19° posto finale, correndo in supporto di Alaphilippe iridato
Il transalpino ai mondiali di Leuven 2021: 19° posto finale, correndo in supporto di Alaphilippe iridato

«Un esempio per gli altri…»

Ci saranno state pressioni da parte del team? Difficile dirlo, è pur vero però che Cosnefroy è legato a doppio filo con la squadra e soprattutto con la società. Lì è nato, lì ha seguito tutta la trafila e lo stesso Vincent Lavenu, fondatore del team lo ritiene un esempio come altri big come Bardet o Latour.

«Cosnefroy è l’esempio del concept del centro di formazione – raccontava il dirigente francese a velo-club.net – che viaggia su due binari: studi e ciclismo. Ora ci sono altri giovani talenti, ma tanti ragazzi sono attratti, quasi accecati dal contratto immediato, da parte di chi cerca il novello Evenepoel. Noi andiamo avanti per la nostra strada, come facciamo da trent’anni passati attraverso 500 vittorie».

Se a Cosnefroy, con già in tasca il contratto per il 2023, chiedevano un sacrificio poteva mai dire di no?

O’Connor alza la testa: «Voglio un altro grande Tour»

06.03.2022
5 min
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Ben O’Connor aveva deciso di smettere. La NTT Pro Cycling stava chiudendo i battenti e nessuno aveva chiesto di lui, l’australiano di 25 anni che pure nel 2020 aveva vinto una tappa all’Etoile de Besseges. Si trattava semplicemente di prendere la decisione che aveva già sfiorato in precedenza, spiazzato da un approdo forse prematuro nel WorldTour e da un inizio tardivo di carriera. Avrebbe finito il Giro e avrebbe appeso la bici al chiodo. Nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo proprio nei giorni in Italia…

Tour 2021, sfinito e incredulo dopo la vittoria di Tignes che lo ha fatto rientrare in classifica
Tour 2021, sfinito e incredulo dopo la vittoria di Tignes che lo ha fatto rientrare in classifica

Dubbi e domande

I dubbi gli facevano compagnia da qualche anno. Ad agosto del 2019, quando aveva 23 anni ed era sul punto di iniziare la prima Vuelta, Ben era fuggito dall’hotel svuotato di motivazioni e divorato dai dubbi

«Ero in uno stato terribile – ha ricordato a margine del debutto alla Vuelta Andalucia – quella sera andai a nuotare e passai la serata in spiaggia, da solo. Avevo bisogno di pensare a qualcosa di diverso dalla bici. Mi sentivo davvero inutile. Non avevo più voglia».

Troppo in fretta

Al professionismo era arrivato tre anni prima, con qualche lampo interessante nel 2017 del debutto, compresa una vittoria al Giro d’Austria e poi due anni senza capo né coda.

«Invece di progredire, stavo regredendo – ha raccontato – sentivo di essere capace di cose belle, ma non riuscivo a raggiungerle».

Vincent Lavenu, 66 anni: è stato lui a portare O’Connor alla AG2R (foto Le Dauphinee)
Vincent Lavenu, 66 anni: è stato lui a portare O’Connor alla AG2R (foto Le Dauphinee)

Se è vero che la carriera di un atleta professionista richiede step progressivi, la sua storia potrebbe apparire sufficientemente scombinata da spiegarne le difficoltà nei primi tempi. I genitori, entrambi britannici, avevano lasciato Liverpool molto prima che lui nascesse per stabilirsi in Australia, alla periferia di Perth, dove Ben iniziò a pedalare seriamente a 18 anni, approdando nel WorldTour due stagioni dopo. 

«Quando sono arrivato in Europa – ha spiegato – non conoscevo nessuno, il mondo del ciclismo professionistico mi era completamente sconosciuto e facevo fatica a socializzare».

Arriva Lavenu

La storia era segnata. O’Connor sarebbe stato uno dei tanti destinati a smettere dopo la prima stagione del Covid. Invece si misero di mezzo il destino e quel brav’uomo di Vincent Lavenu, team manager della Ag2R. Chi doveva dirglielo a O’Connor che il francese si era accorto di lui da un pezzo, da quando nel 2016 lo aveva visto lottare al Tour de Savoie-Mont Blanc con Enric Mas e Tao Geoghegan Hart?

Il giorno dopo l’accordo con Lavenu, al Giro del 2020 arrivò la vittoria di Campiglio
Il giorno dopo l’accordo con Lavenu, al Giro del 2020 arrivò la vittoria di Campiglio

E così, quando gli dissero che l’australiano era senza squadra per la stagione successiva, il francese gli offrì un anno di contratto. Parlarono la sera di San Daniele del Friuli al Giro, dopo la tappa vinta da Jan Tratnik, in cui l’australiano era arrivato secondo. Tanto fu l’entusiasmo, che il giorno dopo O’Connor vinse a Madonna di Campiglio.

Il Tour per caso

Lavenu aveva visto giusto. Il quarto posto all’ultimo Tour de France, dietro Pogacar, Vingegaard e Carapaz, lo ha confermato. Non lo avevano portato per fare classifica, ma per tutta la stagione il suo rendimento era stato costante. Sesto al Romandia, ottavo al Delfinato. E al Tour, oltre alla grande continuità, la vittoria di Tignes (foto di apertura) in cui guadagnò oltre 5 minuti fu decisiva per il bilancio finale.

«Non so cosa abbia visto in me Lavenu – disse a Parigi – ma gli sarò per sempre grato per avermi dato un’altra possibilità. E’ il manager più simpatico che abbia mai incontrato. Si dice spesso che i francesi non siano accoglienti: in AG2R, invece, ho trovato solo rispetto e gentilezza. Vado fiero del risultato del Tour, perché non è stato per fortuna né per caso. Ho avuto fortuna, ma sono certo di aver lavorato bene. Quello che mi è successo, l’ho provocato io».

Con il 31° posto nella crono di Saint Emilion ha difeso il 4° posto del Tour da Kelderman, passato da 32″ a 11″
Con il 31° posto nella crono di Saint Emilion ha difeso il 4° posto del Tour da Kelderman, passato da 32″ a 11″

Cambio di pelle

Cosa cambia ora? Il periodo dopo il Tour è stato pesante. Da vergognarsi, sorride, di essere andato così piano. Tre corse e addio. Perciò ha staccato e non potendo tornare in Australia a causa della quarantena, si è concesso una vacanza in giro per l’Europa. Ma la fiducia fa miracoli e le sue parole al rientro nei ranghi raccontano di un atleta che ha cambiato pelle e attitudine.

«Quest’anno sarò seguito di più – ha detto a L’Equipe – e questo è un bene, non mi spaventa. Credo di essere fatto per il ruolo di leader nelle classifiche generali. Ci aspiravo da quando ho iniziato a pedalare. Avevo smesso di crederci, ma la AG2R mi ha rianimato. Ora è il momento di confermarlo. Non mi tirerò indietro. Voglio rivivere quello che ho vissuto al Tour dell’anno scorso».

AG2R-Citroen, cosa manca per il salto di qualità?

31.01.2022
4 min
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Chi ha chiuso quarto all’ultimo Tour? Alzi la mano chi ha risposto subito Ben O’Connor, corridore della AG2R-Citroen (foto di apertura). Eppure a 3 minuti dal terzo posto di Carapaz c’era lui, ma in questo ciclismo che parla solo dei vincitori, del piazzamento dell’australiano si è quasi persa la memoria. Che cosa avremmo detto se fosse stato un italiano?

La squadra è la casa di Vendrame, come prima di lui lo era stata per Nocentini, Pozzovivo, Montaguti e pure Appollonio. La vecchia Ag2R con i suoi cubetti lo scorso anno ha incontrato Citroen e si è trovata nel WorldTour con il quinto budget, non lontano da quello della Quick Step-Alpha Vinyl, rivoluzionando l’organico. Via Bardet, passato al Team DSM, dentro Van Avermaet e Jungels con il proposito di puntare sulle classiche Monumento.

Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)
Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)

Il primo bilancio

La novità ha infiammato i tifosi e acceso i riflettori, ma alla fine del primo anno le 12 vittorie hanno fatto storcere il naso allo stesso Vincent Lavenu, proprietario della squadra e manager di lunghissimo corso.

«Il dna della squadra restano le corse a tappe – ha spiegato a L’Equipe – anche se abbiamo deciso di ampliare il gruppo classiche. Prendere un velocista e investire troppo sul suo treno ci porterebbe via dal nostro obiettivo. Ma ovviamente bisognerebbe vincere di più: 15 vittorie sarebbero buone, 20 perfette. Ma l’obiettivo resta fare bene nelle grandi classiche. Siamo l’unica squadra francese ad aver vinto una tappa in ciascuno dei tre grandi Giri l’anno scorso, con Vendrame al Giro, O’Connor al Tour e Champoussin alla Vuelta».

Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Il dna è per i grandi Giri, ma gli uomini dove sono?

Abbiamo fatto di tutto per prendere Almeida, abbiamo trattato a lungo con i suoi agenti essendo disposti a sforzi enormi, ma ha scelto di andare negli Emirati Arabi. Gli altri più forti sono tutti sotto contratto e lo saranno a lungo. Non ce ne sono poi molti di quel livello, quindi dovremo fare come in passato per aiutare i nostri giovani a raggiungere il livello più alto. Abbiamo preso Bardet che era un bambino ed è salito due volte sul podio del Tour. Ricominceremo allo stesso modo, finché non troveremo un altro diamante.

Hai già un’idea?

Aurélien Paret-Peintre è arrivato 15° al suo primo Tour nel 2021, come Bardet nel 2013. Non so dove potrà arrivare, si impegna, è intelligente e proveremo a fare di lui un leader senza però dargli troppa pressione. Ben O’Connor ha 26 anni e l’anno scorso è arrivato 4° al Tour, potrà migliorare? Non facciamo pressioni sui nostri corridori. Anche Champoussin ha potenziale, ma il potenziale non basta per fare un campione.

Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Van Avermaet e Jungels hanno deluso?

Greg ha mantenuto il suo livello fino al Giro delle Fiandre dove è stato terzo, poi ha avuto un calo, soprattutto al Tour dove non ha mai sofferto tanto. Ma ha portato tanto in termini di serenità e umiltà… E’ un vero leader. Preferiremmo che vincesse, certo, ma con i giovani è stato esemplare. Jungels ha subito due operazioni all’arteria iliaca, sono sicuro che riacquisterà il suo livello

Una Monumento è alla portata?

Ci proviamo da tanto tempo. Abbiamo corridori con il potenziale per vincerne una. Cosnefroy al top può battere Alaphilippe e vincere la Liegi. Jungels l’ha già vinta. Van Avermaet vive solo per il Fiandre. Ci ispiriamo alla gestione della Quick Step e al loro essere killer nelle corse a cui puntano.

Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
E voi?

Vogliamo diventarlo, rimanendo umili. Niente mi fa infuriare di più di un grande atleta spocchioso. Ai nostri corridori insegniamo a essere gentili, a sorridere sempre. Se un atleta pensa di essere amato solo perché vince, ha sbagliato tutto. Il corridore un po’ meno forte che però risponde ai giornalisti anche quando è deluso, che regala il suo cappellino a un giovane, quello entra nei cuori. Sono stato cresciuto così e non posso sopportare che uno dei miei corridori non abbia la stessa filosofia.

Ag2R La Mondiale Citroen

L’Ag2R Citroen mette le classiche nel mirino

21.12.2020
4 min
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«Cercheremo di vincere classiche monumento e tappe». Se a dirlo fosse stato Patrick Lefevere sarebbe stato normale, invece sono parole di Vincent Lavenu, team manager dell’Ag2R Citroen.

La squadra francese è tra quelle che destano più curiosità in vista della prossima stagione. I bianco-azzurri-marrone infatti sono nel bel mezzo di una rivoluzione: dai corridori agli obiettivi e persino allo sponsor e alle maglie. Spariscono definitivamente infatti i famosi cubetti e si passa ad una tonalità bianca con le scritte Ag2R e Citroen a dominare la maglia. Non bellissima, ma che di sicuro non passa inosservata. Lo stesso Lavenu ha detto che ci hanno lavorato per cinque mesi e che l’impatto avrebbe dovuto lasciare il segno: «Un cambio netto che si sposa con la rivoluzione della nostra squadra».

Vincent Lavenu
Vincent Lavenu, team manager della Ag2R La Mondiale-Citroen
Vincent Lavenu
Vincent Lavenu, team manager della Ag2R La Mondiale-Citroen

Rivoluzione francese

Questa squadra ha infatti lasciato andare via due pezzi importanti: la spina dorsale Romain Bardet e uno storico corridore del sodalizio di Lavenu come Pierre Latour. Bardet è andato alla DMS (ex Sunweb) e Latour alla Total-Direct Energie. Al loro posto però sono arrivati due corridori di spessore: il campione olimpico Greg Van Avermaet e Bob Jungels.

«È vero – ha detto Lavenu in occasione della presentazione del team qualche giorno fa – vogliamo vincere una Classica Monumento. Guardando la nostra rosa e i nostri acquisti si può pensare che punteremo alle Classiche e così sarà, ma non per questo non vogliamo fare bene al Tour de France. Quello rimane il nostro obiettivo principale, ma non punteremo alla top five come abbiamo fatto negli ultimi anni con Bardet, e com’era giusto che fosse. La squadra era per lui, correvamo con una certa mentalità. Dal prossimo anno avremmo una squadra di guerrieri, anche per le tappe del Tour, tanto più con il percorso 2021 che lascia spazio ad imboscate. C’è spazio per puntare alla maglia gialla nelle prime frazioni e magari tenerla per un po’, come è successo quest’anno con quella a pois».

Greg Van Avermaet
Greg Van Avermaet con la sua bici color oro, come quello conquistato a Rio 2016
Greg Van Avermaet
Van Avermaet con la sua bici color oro, come quello conquistato a Rio 2016

Il Fiandre per Greg

Il grosso della rivoluzione passa dal belga Greg Van Avermaet. Il campione olimpico in carica è sì un 35 enne, ma sente di poter dare ancora molto. Lui è un vero lottatore e forse proprio per questo ha voluto (e dovuto) cambiare squadra (era alla CCC-Sprandi, che ha chiuso i battenti). Ma attenzione per le classiche non ci sarà solo lui: Greg avrà al suo fianco Benoit Cosnefroy (bravo nelle classiche e maglia a pois per alcuni giorni), Nasn Peters (vincitore di una tappa al Tour 2020) e Oliver Naesen (vincitore di alcune classiche minori e in grado di fare 2° alla Sanremo 2019). E chiaramente Bob Jungels.

«Il mio sogno è quello di vincere il Giro delle Fiandre – ha detto Van Avermaet, nella presentazione del team – non l’ho mai vinto e quest’anno neanche l’ho fatto dopo essere caduto alla Liegi. E magari vorrei andare molto forte anche alla Roubaix, ma il Fiandre viene prima. E’ l’obiettivo della mia carriera. Mi rendo conto che ci sono nuove generazioni che vanno davvero forte, ma ho una buona squadra. Intanto pensiamo ad arrivarci in forma.

«Arrivare in un nuovo team è stato un enorme stimolo per me che in tutta la carriera ne avevo cambiate solo due (Lotto e gruppo Bmc, ndr). È positivo per la squadra concentrarsi maggiormente sulle Classiche, per me è davvero importante. Essere l’unico leader? No, non è un problema questo. Ho già un buon palmares, ma voglio continuare a vincere grandi gare, non ci sono riuscito nel 2020, spero possa succedere con Oliver e Bob al mio fianco».

Bob Jungels
Bob Jungels (28 anni) in azione all’ultimo Tour
Bob Jungels
Bob Jungels (28 anni) in azione all’ultimo Tour

Jungel non solo classiche

E poi c’è Jungels. Il lussemburghese sembra tagliato per la nuova Ag2R-Citroen e per il percorso del Tour che verrà. Un tracciato che a dire il vero pare essere stato disegnato sulle caratteristiche di Julian Alaphilippe. Bob è forte a crono, ma per chi ha vinto la Liegi, quelle tappe movimentate d’inizio Tour e le salite nel complesso non impossibili (per numero e pendenze) potrebbero giovare anche a lui. E chissà che l’esperto manager francese, quando dice che non correranno per la classifica, non faccia pretattica. Una cosa è certa. I primi obiettivi di Jungels sono le Ardenne. Alla Deceuninck-Quick Step non aveva vita facile con tutti quei pretendenti. Qui, invece, potrà essere capitano e avere così più fiducia: dalla squadra e da sé stesso.

«Pestarsi i piedi? No, non ho nessuna preoccupazione – ha detto Lavenu – Greg e Bob sono grandi professionisti e sanno cosa ci si aspetta da loro. Abbiamo quattro leader forti, ognuno avrà il suo posto anche se in certi momenti li coinvolgeremo in modo diverso. È sempre bello avere due o tre leader nelle gare molto grandi. Questo ti consente di avere diversi “assi nella manica”».

E a proposito di Alaphilippe, in Francia (Cyclism’Actu) si vocifera che il campione del mondo possa far rotta proprio sulla Ag2r-Citroen. Il suo contratto con la Deceuninck-Quick Step scade nel 2021, se si considerano anche l’investimento (importante) di Citroen e il cambio di rotta della squadra di Lavenu, la cosa non sembra impossibile. Corridore francese, in squadra francese con sponsor francesi…