Rivi ci porta in fuga con sé, fra numeri e sensazioni

22.05.2021
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La tappa di ieri, la Ravenna-Verona di 198 chilometri era la più piatta di tutto il Giro d’Italia. Su carta una tappa facile da interpretare, tanto più che non c’era vento, l’unica possibile insidia. Ma come si affronta una frazione simile? Quanto spende un corridore? Cosa pensa? Lo abbiamo chiesto a Samuele Rivi della Eolo-Kometa uno dei tre fuggitivi, insieme agli altri due attaccanti più stakanovisti del Giro: Simon Pellaud dell’Androni Giocattoli e Umberto Marengo della Bardiani Cfs Faizanè.

Dopo l’arrivo Rivi ha cercato subito dei liquidi
Dopo l’arrivo Rivi ha cercato subito dei liquidi
Samuele, la tua fuga era programmata?

Sì, perché io in squadra sono colui che ha meno possibilità di attaccare quando c’è salita e quindi tra noi della Eolo-Kometa toccava a me ieri.

Siete partiti al chilometro zero, giusto?

Esatto, con una tappa del genere così piatta si sapeva che non ci sarebbe stata bagarre, che si sarebbe arrivati in volata. Ci siamo ritrovati in tre davanti. Un’azione così andava bene agli uomini di classifica e alle squadre dei velocisti. In più con la fuga in atto, anche in caso di vento laterale ci sarebbe stata meno bagarre in gruppo. Una fuga del genere per prenderla servono un po’ di volontà e buone gambe.

Quindi non si è lottato: di solito si fanno dei lunghi periodi a tutta prima di prendere il largo…

Di solito è così: per 10-15′ anche 20′ si gira molto forte, ma ieri in una fuga come la nostra si è andati subito regolari. Abbiamo cercato di prendere il ritmo.

E cioè? A quanto andavate?

Quasi sempre sui 42-43 all’ora, tanto il vantaggio come sempre è il gruppo che lo decide. Magari se avessimo spinto a 50 all’ora, avremmo subito preso 6′. Poi però anche il gruppo si sarebbe messo a 50 all’ora e a quel avremmo dovuto sfinirci per tutta la tappa per restare davanti.

C’era vento?

Un po’, quasi sempre laterale e a favore nel finale.

La tabella riassuntiva dei dati espressi ieri da Rivi in gara
La tabella riassuntiva dei dati espressi ieri da Rivi in gara
Che rapporti hai spinto e che cadenza avevi?

Quasi sempre il 54×14 e la cadenza media è stata, dato del computerino alla mano, di 88 rpm.

Andatura regolare, però nel secondo traguardo volante hai forzato anticipando Pellaud e Marengo. In quel caso a quanto andavi e con che rapporto?

Memore di un piccolo screzio-incomprensione che era accaduto in occasione del primo traguardo volante, ho fatto 3,5 chilometri molto forte. Andavo via con il 54×12 a 95 rpm, quindi andavo sui 55-56 all’ora. In quel caso è una lunga volata e non vai a “mezzo gas”. Io quando spingo di solito mi attesto sempre poco al di sotto delle 100 rpm. Mi viene naturale. Non c’è una regola fissa chiaramente.

Capitolo alimentazione, quanto e cosa hai mandato giù? Ricordiamo che la temperatura era di 22-24 gradi circa.

Cinque borracce le ho consumate tutte, quattro di acqua e una di maltodestrine. Se fossi rimasto in gruppo in una tappa tipo quella di ieri forse avrei bevuto meno, ma in fuga hai più tempo per pensare e non ti distrai. Ho mangiato 3 rice cake, 3 barrette e 2 gel isotonici. Uno l’ho preso a 40 dall’arrivo e uno intorno ai meno 20. Ho mangiato “a sentimento” non avevo una tabella precisa, ma credo che tra una mangiata e l’altra passavano 30′-40′. Alla fine non abbiamo bruciato tantissimo. Io mi sono fermato a 3.600 calorie.

Beh, neanche poco…

Nei giorni precedenti più volte abbiamo sballato le 5.000 calorie.

Parliamo dei numeri. Prima di tutto toglici una curiosità: ma in una tappa “biliardo” come quella di ieri in piena Pianura Padana quanto dislivello si accumula?

Il computerino segnava 432 metri: tutti ponti e dossi! Io faccio partire la registrazione al chilometro 0 perché se per radio mi dicono per esempio, al chilometro 140 c’è il traguardo volante, io devo avere il riscontro preciso sul display e non devo stare a calcolare anche il trasferimento (che ieri era di 5,5 chilometri).

Rivi, Pellaud e Marengo, sono i tre corridori in fuga ieri nella Ravenna-Verona
Rivi, Pellaud e Marengo, sono i tre corridori in fuga ieri nella Ravenna-Verona
Samuele, veniamo ai numeri: potenza, battiti… Ma prima dicci quanto sei alto e quanto pesi?

Sono alto 187 centimetri e peso 73 chili. Vi dico i dati: i battiti medi di ieri sono stati 133 e quelli massimi 181. La potenza media è stata di 230 watt, quella normalizzata di 285 e quella massima di 1.320 watt toccata in occasione del primo traguardo volante.

E la velocità?

Io ho fatto 42 di media oraria, ma va considerato che per la mia filosofia, cioè che se non sono davanti nel finale è inutile fare fatica, risparmio energie. E così negli ultimi 3 chilometri dopo che ci hanno ripreso sono andato tranquillissimo e mi sono volutamente staccato dal gruppo (lasciandosi sfilare ultimo a 2’58” da Nizzolo, ndr). Nel finale prima di essere riassorbito ho provato ancora perché semmai fossi riuscito a restare solo avrei insistito un altro po’. Un po’ di visibilità in più: per noi professional è importante.

Giustamente bisogna risparmiare, il Giro è lungo e oggi poi c’è lo Zoncolan…

Per assurdo la tappa di oggi per me, che in salita non posso attaccare, è “tranquilla”. Immagino ci sarà la bagarre per andare in fuga, ma dalla salita prima dello Zoncolan si formerà il gruppetto e a quel punto con il rapportino andrò all’arrivo.

Chiudiamo con una battuta: ma in una fuga come quella di ieri come passate il tempo? Si parla?

Sì, un po’ abbiamo chiacchierato. Pellaud è il più loquace. E’ stato l’animatore della fuga. Tende a fare il simpatico ma certe volte dovrebbe essere più concentrato!

Affini (quasi) come Freire. Una botta da finisseur

21.05.2021
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Quasi come Oscar Freire. Sul traguardo di Verona, dove lo spagnolo vinse il campionato del mondo nel 1999, Edoardo Affini è stato autore di un attacco degno del migliore dei finisseur. È partito agli 800 metri e per qualche istante è sembrato anche che ce la potesse fare.

Un’azione di potenza, di classe, inaspettata. Un gesto tecnico come sempre più raramente se ne vedono.

Affini (a sinistra) prova la zampata, un gesto tecnico-atletico di spessore
Affini (a sinistra) prova la zampata, un gesto tecnico-atletico di spessore

Una sorpresa

«Non so neanch’io cosa sia successo – dice divertito il gigante della Jumbo Visma – La nostra idea era quella di fare il treno per Groenewegen. Un finale caotico dopo una tappa abbastanza semplice per cui tutti eravamo non dico freschi, perché a metà Giro non si può esserlo, ma c’era nervosismo. Era l’ultima occasione per gli sprinter e la velocità era altissima. Nell’ultimo chilometro ho trovato uno spazio 100 metri prima che ci si richiudesse con l’ultima curva. A quel punto ho pensato fosse il momento di andare, ma con la convinzione di avere alla ruota il mio velocista».

Nizzolo sopravanza il mantovano negli ultimi metri
Nizzolo sopravanza il mantovano negli ultimi metri

Ha fatto il vuoto

E in effetti Affini spinge come un forsennato. Guadagna 20-30 metri. L’inquadratura dall’elicottero lascia sognare.
«Spingevo, spingevo – racconta Affini – quando ho cominciato a guardare per terra sulla mia ruota posteriore e ho visto che dietro non c’era nessuno. A quel punto ho continuato a “blocco totale”… Nessuna comunicazione via radio. Mi sono mancati 15-20 metri penso, non di più. Ripeto: assolutamente non era un’azione programmata. E’ nata per caso sul momento».

Tappa piatta e andatura lenta, nel finale c’erano tante energie in gruppo
Tappa piatta e andatura lenta, nel finale c’erano tante energie in gruppo

Le scritte dalla maglia

A chi gli fa notare che a Torino aveva perso per un distacco maggiore, Affini sorride e annuisce.
«Ah sì! A Torino sono stati 10 secondi, qua non so… 15 metri. Andavamo a 65 all’ora quindi quanto sarà stato: un secondo forse?». 
Fisico possente, il mantovano ha nelle corde questi numeri. È una sorta di Ganna anche lui, sia per le caratteristiche del cronoman che per i watt nelle gambe. E chissà che questa azione non possa dargli il “la” per nuovi scenari e nuove consapevolezze.
«Con la coda dell’occhio ho visto Nizzolo che risaliva come un razzo e, come si dice in gergo, mi ha tolto le scritte dalla maglia!».

Affini (col body) al via della Ravenna-Verona, pronto ad indossare il casco aero
Affini (col body) al via della Ravenna-Verona, pronto ad indossare il casco aero

Un po’ veronese

Affini è un po’ a casa anche lui come Formolo e Viviani. Ciclisticamente parlando è cresciuto nel veronese. Qui si è formato da allievo e da juniores, Pedale Scaligero prima e Contri Autozai poi. Stamattina lo avevamo visto al via tranquillo e sorridente. Parlava con il pubblico alle transenne prima di recarsi al foglio firma. Però ci aveva colpito il fatto che avesse scelto di correre con il body nonostante i 200 chilometri da fare.
«No, non c’entra nulla con il mio attacco. Di solito quando ci sono tappe così piatte con la squadra scegliamo il body e il casco chiuso aerodinamico».

Kevin Pezzo Rosola, il destino scritto nel nome

04.03.2021
4 min
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«Kevin non c’è, è uscito con il suo amico Alexander Konychev. Domani li attendono oltre 5 ore di bici, volevano distrarsi un po’, tanto alle 22 c’è il coprifuoco e gli tocca tornare…».

Dopo una giornata intensa di lavoro, a papà Paolo Rosola tocca anche fare da “segretario” per suo figlio, Kevin Pezzo Rosola, figlio d’arte quanto pochi altri. Con un padre tra i numi dello sprint italiano e una madre addirittura biolimpionica nella Mtb. Dopo essersi fatto le ossa proprio nella mountain bike arrivando nel 2020 a un soffio dal titolo italiano junior, Kevin quest’anno ha deciso di approcciarsi alla strada. Lo ha fatto approdando alla categoria under 23 con un team che, nel settore, ha peso e soprattutto tradizione: il Tirol KTM Cycling Team, formazione Continental austriaca dalla quale sono passati molti professionisti attuali e recenti. Nel raccontare suo figlio, dalle parole di Rosola emerge tutto l’amore di un padre che non vuole assolutamente schiacciarlo di responsabilità.

Paolo Rosola
Paolo Rosola è uno degli uomini chiave della Gazprom Rusvelo
Paolo Rosola
Rosola fa parte dello staff della Gazprom Rusvelo

Libera scelta

«Sin dagli inizi – dice – io e Paola eravamo d’accordo che i nostri figli avrebbero dovuto sì fare sport, ma unicamente per salute e divertimento. Kevin si è dedicato al basket, l’altro figlio Patrick al calcio, ma la passione per la bici ce l’hanno tutti e due. E Kevin ha poi deciso di lasciare la pallacanestro e dedicarsi in toto alle due ruote. Sono però liberi di fare le loro scelte, se vogliono consigli noi ci siamo, ma ragionano con la loro testa».

Tutti a casa

Il primo approccio con la strada è stato reso più difficile dal Covid: niente ritiro prestagionale, ognuno lavora a casa.

«Lui è molto attento, si sente quasi ogni giorno con i responsabili del team e segue le tabelle fissate, se gli serve un po’ di dietro motori mi metto in sella alla moto e lavoriamo. Ha la maturità giusta per far bene, i numeri ci sono, ma non chiedetegli di ripetere quel che abbiamo fatto io o la madre, è un corridore diverso».

Sua madre Paola Pezzo ha vinto due Olimpiadi: Atlanta e Sydney
Sua madre Paola Pezzo ha vinto due Olimpiadi: Atlanta e Sydney
Che corridore è allora, visto dal tuo occhio esperto?

E’ un passista, anzi per dirla tutta un corridore da Belgio… Facendo Mtb e ciclocross ha messo su muscoli, ha una stazza diversa dalla mia, non è propriamente un velocista. Rispetto a me tiene molto meglio in salita, ma è ancora troppo giovane e non si può dire con precisione che cosa sarà. Io stesso alla sua età tiravo le volate agli altri, poi crescendo mi sono detto che era il momento di buttarsi.

Rosola è passato alla storia soprattutto per quel sano pizzico di follia che permea i grandi sprinter, Paola Pezzo per la sua straordinaria determinazione che la portava ad allenarsi di notte per preparare le Olimpiadi di Sydney già col fuso orario australiano: che cosa c’è di tutto ciò in Kevin?

Sicuramente la testa è più quella della mamma. Sugli allenamenti è molto ligio, guarda molto anche gli altri per imparare. Poi è sempre un ragazzo di vent’anni, con la voglia di sperimentare e la passione per le moto come me. A sua madre fa venire ogni volta il batticuore, io gli dico di stare attento, ma non posso certo proibirgliele…

La Mtb non è dimenticata, ma quest’anno Kevin correrà su strada
La Mtb non è dimenticata, ma quest’anno Kevin correrà su strada
Perché un team austriaco?

Sono stati quelli che si sono fatti avanti in maniera più convinta, credendo nelle sue capacità. Dall’Italia non si è fatto vivo nessuno, eppure i risultati anche su strada li aveva fatti… L’importante comunque è che l’iniziativa sia partita da loro, non ho dovuto chiedere nulla a nessuno, soprattutto al mio team (la Gazprom Rusvelo, ndr).

La mountain bike è messa da parte?

No, anche se il team non è molto propenso a fargli correre rischi, quindi le trasferte di Mtb saranno tutte a carico mio… Magari potrebbe correre domenica 6 marzo ad Andora alla prima degli Internazionali d’Italia, visto che ancora non ha gareggiato quest’anno, per rompere il ghiaccio. Ma sta a lui decidere.

E il più piccolo, come se la cava in bici?

Quando sale in sella è una belva, è velocissimo, di gare per giovanissimi ne ha vinte. Forse in lui c’è un po’ del Rosola dei bei tempi

Nicola e Riccardo, padre e figlio: due mondi diversi

28.02.2021
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Nicola e Riccardo Minali, padre e figlio uniti da una come caratteristica: andare tanto veloci. Nicola, attivo dal 1993 al 2002, ottenne in carriera 50 vittorie, svettando in tutti e tre i grandi Giri e portando a casa due edizioni consecutive della Parigi-Tours quando ancora era una delle classiche regine per i velocisti. Era la principale alternativa a Re Leone Cipollini, tanto potente il toscano, quanto scattante e minuto il veronese. Curiosamente, suo figlio, oggi velocista di punta della Intermarché Wanty Gobert, ha un fisico possente ben più di suo padre.

Al Uae Tour 2021, per RIccardo un buon 9° posto nell’ultima tappa
Al Uae Tour 2021, Riccardo 9° nell’ultima tappa

Riccardo: un altro ciclismo

Fare paragoni è difficile perché nel ciclismo il tempo scorre veloce e vent’anni sono l’equivalente di due ere geologiche.

«Ai tempi di mio padre trovavi uno, due treni che guidavano la volata – afferma Riccardo – oggi ne hai 5-6 che cominciano a battagliare a chilometri di distanza dal traguardo, è un altro ciclismo, si va molto più forte».

Al Tour de Langkawi 2018, vittoria in maglia Astana
Al Tour de Langkawi 2018, vittoria in maglia Astana
Quanto ti ha influenzato tuo padre?

Quando correva o si allenava, io lo aspettavo a casa vestito da ciclista. Mia madre (i tre sono insieme nella foto di apertura, @photors.it) mi adattava le divise che lui smetteva. Praticamente sono nato in bici, io come mio fratello Michael, che corre fra gli under 23 ed è anche lui velocista. Tanti ricordi delle sue gare non ne ho o meglio le ho viste poi al computer, ma ricordo ad esempio che quando vinse a Parigi nell’ultima tappa del Tour, io c’ero.

Velocista lui, velocisti voi figli: un caso?

Non saprei, siamo molto diversi. Lui da quel che ho visto era più scattante, aveva lo sprint secco. Io ho bisogno della volata lunga per emergere, poi ad esempio lui se la cavava in salita, io proprio non vado. Ho un’altra stazza.

Nicola: mai avuto treni

«Riccardo rispetto a me è molto più equilibrato – dice la sua papà Nicola – io forse ero più scaltro ma dovevo esserlo, se non avevi il treno dovevi improvvisare ogni volta…».

Al Giro del 1998, Nicola vince a Forte dei Marmi su Strazzer
Al Giro del 1998, Nicola vince a Forte dei Marmi su Strazzer
Forse però avevi anche avversari diversi…

Ai miei tempi contava la fantasia, ora contano i watt… Già ai meno 20 dal traguardo vedi che si va a 70 all’ora, noi ci arrivavamo dopo lo striscione dell’ultimo chilometro. Basta una pinzata di freni e sei fuori dalla lotta. E’ un altro ciclismo, indubbiamente.

Riccardo: folla in volata

Torniamo a te: correndo con tante squadre che preparano la volata, si può ancora lottare da soli, sfidando i treni?

Si può, ma serve tanta fortuna, avere strada libera senza intoppi, per centellinare le energie quando sorpassi e risali verso le prime posizioni. Basta che un “vagone” dei treni, appena finito il suo compito, te lo trovi davanti e la volata è persa. Bisogna poi considerare che ai tempi di mio padre, del suo livello erano 3-4, ora ce ne sono almeno una quindicina che possono vincere, c’è molto più equilibrio.

Nel 2019 un po’ di colore alla Vuelta San Juan
Nel 2019 un po’ di colore alla Vuelta San Juan

Nicola: più cattivo

Fin qui il discorso tecnico, ma la volata è anche questione di spirito, di carattere, di quel pizzico di follia che può fare la differenza.

«Verissimo, io sono uno Scorpione – sentenzia Nicola – Riccardo è sicuramente più buono di me. Io dovevo essere determinato a giocarmi tutto perché sapevo che avevo una sola pallottola a disposizione.

Nel 2013 Riccardo vince da junior il Gp Giordana. Nicola al suo fianco
Nel 2013 Riccardo vince da junior il Gp Giordana. Nicola al suo fianco

A lui dico sempre che ci deve mettere quel pizzico di sana cattiveria agonistica in più. Ora per fortuna ha una squadra che crede in lui, anche se non può certo correre al suo servizio. Deve solo crederci perché verrà il suo momento, ne sono più che sicuro. Ha solo bisogno che finalmente la fortuna guardi dalla sua parte…».

Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012

Guardini, Chiappa, parole chiare e un’idea su Parigi

03.01.2021
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«Se domani mi dicessero che c’è la possibilità di qualificarsi nella velocità per le Olimpiadi di Parigi – dice Guardini – ci proverei subito e mi viene già la pelle d’oca. Avrei 35 anni, non c’è competizione più importante e per la pista ho sempre un vero amore. Ho letto l’intervista a Roberto Chiappa, sono anni che penso questa cosa…».

Prima domenica del 2021, Guardini è a casa. La chiamata dopo aver parlato con Chiappa è nata spontanea. A proposito dei velocisti passati su strada, l’umbro è stato chiaro.

«Oggi per fare le volate – ha detto – devi andare bene in salita e se vieni dalla pista, resti sempre un velocista. Viviani fa le volate, ma non viene dal settore veloce. Guardini era un Chiappa, ma ha vissuto gli anni in cui si investiva poco. Con il suo oro europeo nel keirin, avrebbe potuto continuare e fare le Olimpiadi».

Andrea Guardini
Andrea Guardini, classe 1989, è passato professionista nel 2011 con la Farnese Vini
Andrea Guardini
Andrea Guardini, classe 1989, pro’ dal 2011

Un siluro allo sprint

Torna alla memoria lo sguardo inferocito di Cavendish a Vedelago nel 2012 (foto di apertura), battuto in volata dal giovane velocissimo, ma probabilmente troppo vicino all’ammiraglia di Scinto sull’unica salita. Tornano alla memoria le battute sarcastiche di alcuni direttori sportivi sul fatto che il veronese non si allenasse abbastanza e ne fosse riprova il fatto che in salita si staccava sempre. E’ un po’ come se si prendesse Usain Bolt e lo si accusasse di essere poco professionale perché dopo una maratona piena di salite, nei 100 metri non è il più veloce o magari in pista nemmeno ci arriva. Guarda caso, la situazione è andata peggiorando mano a mano che i percorsi venivano induriti e la tappa con arrivo in volata ha perso le connotazioni veloci di un tempo.

La colpa è dei corridori…

Sempre del corridore, che non fa la vita. Non del fatto che ti danno una bici con cui perdi 10 secondi a chilometro, oppure che una volta le tappe per i velocisti avevano al massimo 1.500 metri di dislivello, mentre adesso non sono mai sotto i 2.000. Nel 2011 facevo molte più volate di adesso.

E’ vero che qualche settimana fa avevi pensato di smettere?

Non lo nascondo. Ho finito il 2020 vincendo e speravo di trovare una squadra di livello superiore. Anche Giuliani mi diceva di guardarmi intorno. E proprio quando avevo gettato la spugna, ho fatto un esame di coscienza e mi sono detto che se devo smettere io, altri dovrebbero farlo prima. Non per puntare il dito, ma per darmi una scossa. E allora ho ripreso, perché credo di poter dare ancora molto. Mi concedo un’altra possibilità, sperando in una stagione normale. Anche se normale probabilmente non sarà. Dovevamo andare a fare un bel blocco di lavoro in Turchia, ma il Tour of Antalya è saltato.

Dicevi di aver letto l’intervista di Chiappa.

Sono tanti anni che penso a queste cose. Vinsi l’europeo del derny alla prima partecipazione e feci 5° nel mondiale della velocità. Ero già al secondo anno da junior, non avevo esperienza. Forse facendo pista a quel livello dall’anno precedente, avrei potuto vincere anche il mondiale. Poi da under 23 mi portarono a fare una sola prova di Coppa del mondo e a quel punto, avendo già il contratto con la Farnese Vini, parlai con Marco Villa. E gli dissi che se non c’erano un progetto e un calendario, forse era meglio concentrarsi sulla strada.

Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
La salita non è nel suo dna. Al Tour of Oman 2015, ha vinto la 1ª tappa, nella 2ª paga pegno
Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
Tour of Oman 2015: vince la 1ª tappa e poi si stacca nella 2ª
Hai ricevuto una controproposta, come dice Chiappa, di borsa di studio e posto in un gruppo sportivo militare?

A parole qualcosa arrivò, niente di concreto. Come tecnico delle specialità veloci c’era Federico Paris, ma a fine anno uscì anche lui e il settore si sciolse. A differenza di Viviani e Nizzolo, io vengo da una specialità che non va tanto d’accordo con la strada. Siamo cresciuti insieme e nelle gare veloci li ho sempre battuti, perché i percorsi erano meno duri. Il mio fisico è fatto così. Fibre bianche per sprint ad altissima velocità, ma le corse ora sono sempre più impegnative e quelli come me fanno una gran fatica ad arrivare in volata.

Chiappa ha parlato anche di Mareczko…

E’ quello in cui più mi rivedo. E guardate che correre alla CCC e fare piazzamenti al Tour Down Under non è stato banale, perché si va forte e le tappe non sono piatte. Con certe caratteristiche muscolari, correre su strada è quasi snaturarsi. Per contro, nel 2014 partecipai al mio ultimo campionato italiano della velocità. E senza allenamenti specifici, feci secondo dietro Ceci. La predisposizione resta.

C’è rammarico per la scelta di aver lasciato la pista?

Adesso posso dire di sì, ma a suo tempo feci le mie scelte in base alle proposte ricevute e il settore velocità non c’era, come non c’è oggi. Chiappa ha ragione. Se non li trovi da piccoli, non li hai da grandi, ma oggi è tutto così esasperato che tanti smettono senza aver valorizzato le loro doti naturali. E’ un cane che si morde la coda. Se non investi, i risultati non arrivano. A meno che non trovi un Viviani…

Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Nello stesso anno, all’Abu Dhabi Tour 2015, batte Bennati e Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
All’Abu Dhabi Tour 2015, batte Bennati e Boonen
Prego?

La pista italiana deve tanto a Elia, perché è stato lui che ha continuato a crederci avendo attorno il vuoto. Poi piano piano si è messo in moto un meccanismo, si sono fatti investimenti e ora i risultati li vedono tutti. Io potrei anche pensare di rimettermi in gioco, pur notando che il mondo è cambiato. Io facevo le volate con il 49×14 e il 51×14 nel keirin. Oggi è tutto più veloce e tanto incide il fatto che si gareggi sempre in pista chiusa.

Simion, tuo compagno alla Giotti Victoria, è tornato nel giro dell’inseguimento.

Con Paolo ho parlato tanto e non è ammissibile che un corridore come lui non sia stato confermato. Per carità, ognuno fa le sue scelte, ma qui parliamo di uno dei migliori nel lanciare le volate. Ripartiamo insieme. Voglio scommettere su me stesso, sapendo che sono ancora integro e che negli ultimi anni ho corso davvero poco: 24 giorni nel 2020, 56 nel 2019, 59 nel 2018…

Un anno per riscattarsi?

Ho anch’io il mutuo da pagare. Il lockdown mi ha permesso di veder crescere mia figlia e questo è stato molto positivo. D’altro lato però mordo il freno, vediamo che cosa riuscirò a fare. Mi farebbe un gran comodo che si tornasse a correre in Oriente. Là le tappe per velocisti sono tappe per velocisti. E poi c’è quest’idea di Parigi, che tutto sommato…

Mathieu Van der Poel, canyon, 2020

Marianna Pecis Cavagna ai vertici di Canyon Italia

11.11.2020
2 min
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La filiale italiana di Canyon, la cui sede è a Sommacampagna (Verona), ha recentemente nominato Marianna Pecis Cavagna nel ruolo di nuova responsabile marketing.

Marianna Pecis Cavagna, responsabile marketing Canyon
Marianna Pecis Cavagna, responsabile marketing Canyon (foto Tornanti.cc)
Marianna Pecis Cavagna, responsabile marketing Canyon
Marianna Pecis Cavagna (foto Tornanti.cc)

Marianna ha trentuno anni e alle spalle una laurea in Economia aziendale alla Bocconi di Milano e una specializzazione in Marketing e Comunicazione presso la Copenhagen Business School. Vanta già un background professionale nel settore ciclo di assoluto rispetto. Ha ricoperto ruoli importanti in Kask (nel settore del Marketing e della Comunicazione), Rapha (è stata Country Manager Italia) e in Atala, in quest’ultimo caso in qualità proprio di Responsabile Marketing.

Una esperienza quindi ben radicata nel mondo ciclo, che le ha permesso di arricchire il proprio profilo professionale e personale- E le ha dato l’opportunità di conoscere clienti, media e atleti di tutto il mondo.

Nel suo ruolo Marianna sarà da supporto a Valentina di Capua, Country Manager Italia.

Ricordiamo che la mission di Canyon è quella di progettare e assemblare le proprie biciclette in Germania. Di offrire al consumatore sempre prodotti di alta qualità proposti senza alcun intermediario. Di contare sia su un ottimo rapporto qualità-prezzo quanto su un’assistenza clienti diretta e molto, molto veloce.

www.canyon.com/it-it/