La nuova dimensione della De Jong, superando ogni dolore

02.10.2024
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Sembrano davvero lontani i tempi degli infortuni, della depressione, dei mille dubbi fra il continuare a insistere e mollare la presa. Per anni Thalita De Jong ha vissuto la sua attività ciclistica sull’altalena, pensando mille volte di mollare e per mille volte rilanciando sulla base delle sue ambizioni. Alla fine ha trovato la pace, la serenità, il fisico ha cominciato a rispondere, fino a questo 2024 davvero pieno di successi, scintillante.

Trionfo al Tour de l’Ardeche con 2 vittorie di tappa e classifica finale: Thalita De Jong è tornata
Trionfo al Tour de l’Ardeche con 2 vittorie di tappa e classifica finale: Thalita De Jong è tornata

La sua storia l’avevamo raccontata tempo fa, ma non l’avevamo mai persa di vista e finalmente oggi possiamo raccontarne una diversa, insieme a lei, disponibile e “chiacchierona” come la definiscono nel suo ambiente alla Lotto Dstny. E sapendo quel che ha passato, sentirla parlare è un piacere potendo finalmente parlare di vittorie e non di sofferenze.

Ti aspettavi una stagione così positiva?

Ho sempre lavorato duramente durante la stagione invernale e anche tra una gara e l’altra, quindi sapevo che il mio livello fosse tendente verso l’alto. Anche se ogni anno bisogna migliorare un po’ perché tutte sono più forti dell’anno precedente. Quindi ogni volta che inizi una nuova stagione è sempre una sorpresa sapere a che punto sei rispetto alle avversarie. In realtà sapevo di essere forte, ma non sapevo quanto e non potevo credere di essere così costante ad alti livelli. Me la sto godendo al massimo, è fantastico che stia andando tutto così bene.

All’Ardeche l’olandese ha subito imposto la sua legge a Beauchastel (foto Frison)
All’Ardeche l’olandese ha subito imposto la sua legge a Beauchastel (foto Frison)
Non vincevi dal 2022, cosa è cambiato da allora?

Ho vinto alcune kermesse in Belgio e criterium olandesi, ma anche una gara UCI, il GP de Mouscron. Da giugno 2022 correvo in una squadra WWT in cui c’erano chiaramente 2 leader. Un corridore per gli sprint e un corridore per i percorsi di salita e le corse a tappe. Abbiamo lavorato per anni interi, io non mi sono tirata indietro e ho dato il mio contributo. Ora ho le mie possibilità e posso correre per me stessa. Non è cambiato molto, solo che ho molta fiducia in me stessa e da parte delle persone intorno a me.

I grandi problemi fisici dal 2017 al 2021 sono ormai dimenticati, ma quella lunga e dura esperienza che cosa ti ha lasciato?

Tanto. Che hai “amici” solo nei momenti belli e non quando le cose vanno male. Che il mondo è abbastanza egoista. Mi ha reso davvero più forte della persona che sono e so che cosa posso aspettarmi dalle altre persone. Ho imparato che hai solo un corpo, quindi me ne prendo cura come sempre, ma ora tutto sta andando per il verso giusto e questo rende le cose molto più facili.

Thalita ha dato il suo contributo agli europei (nella foto) e poi ai mondiali, lavorando nella prima parte di gara
Thalita ha dato il suo contributo agli europei (nella foto) e poi ai mondiali, lavorando nella prima parte di gara
Quest’anno hai già conquistato 5 vittorie e ben 46 top 10: c’è stata una gara in particolare nella quale hai capito che qualcosa era cambiato?

Non una gara specifica, io guardo l’intera stagione ad alto livello, nella quale ho mancato solo poche volte il gradino più alto del podio che meritavo, ma dal Tour de France e dal Tour de Ardeche si vede tutto il mio duro lavoro ripagato. E’ fantastico, ma sapevo già che stavo andando forte. Quindi forse le vittorie sono state la ciliegina sulla torta.

Le corse a tappe sono la tua dimensione ideale?

Sapevo già dai miei primi anni che le corse a tappe mi si addicono bene, il mio corpo ha ottime doti di recupero, ma dipende anche dal tipo di gara. Dai percorsi, per ottenere un buon risultato, se si adattano alle mie caratteristiche. Ma mi piacciono di sicuro le corse a tappe!

Le corse a tappe sono la sua dimensione, sulla quale la Lotto Dstny sta investendo molto
Le corse a tappe sono la sua dimensione, sulla quale la Lotto Dstny sta investendo molto
Il ciclocross lo hai completamente messo da parte o pensi di tornare a fare qualche gara?

Non c’è abbastanza tempo per combinare entrambe le cose nella maniera giusta. Sto correndo in una squadra di corse su strada, quindi devo fare un’intera stagione su strada, il calendario è già ricco a febbraio fino a metà ottobre, quindi non c’è molto tempo per riposare e prepararsi per la nuova stagione. Il ciclocross mi piace, ma devo metterlo da parte come un bel ricordo del passato.

Quanto ha influito nella tua stagione l’approdo alla Lotto e quanto influisce il fatto che non sia un team WorldTour?

Mi hanno dato la “libertà” in inverno e durante la stagione. Potevo gestirmi nel mio programma di gare, allenamenti e periodi di riposo. Con la mia esperienza di così tanti anni, hanno creduto in me e in quello che ho fatto, e questo è anche qualcosa che aiuta. Ho sempre avuto un buon equilibrio riposo/allenamento/gara e non troppa pressione. Ovviamente ho avuto pressione nelle corse perché ero io quella che doveva portare a casa un buon risultato, in qualsiasi tipo di percorso. Ma sapevano anche che per questo dovevo gestirmi e essere presente solo nel finale o già a metà gara, quindi non è stato più facile conquistare un risultato di alto livello.

La decima piazza al Tour non rispecchia il suo valore: prima dell’Alpe d’Huez era quinta
La decima piazza al Tour non rispecchia il suo valore: prima dell’Alpe d’Huez era quinta
Cos’è che apprezzi del team belga?

Il fatto che mi piace molto lavorare con cicliste più giovani che devono anche imparare e crescere, quindi a volte non è che non volessero, ma semplicemente non potevano aiutarmi. Anche lavorare con la diesse Grace Verbeke, ex vincitrice del Giro delle Fiandre, è stato super bello. Abbiamo imparato l’una dall’altra e avevamo una “band speciale”, ci confrontavamo e ci ascoltavamo a vicenda.

A questo punto, quali sono le tue ambizioni per il prossimo anno?

Vincere una grande gara Uci, fare progressi su più aspetti e lavorare in squadra per raggiungere gli obiettivi di ciascuna di noi.

De Jong 2020

Una vittoria, un sorriso. La storia di Thalita De Jong

06.10.2021
5 min
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Ci sono vittorie e vittorie. Ci sono successi che accogli facendo il pazzo, rotolandoti fra fango e lacrime e ci mancherebbe, visto il valore della prova. Ce ne sono altri che, guardando l’autore, pensi che valgano come qualsiasi altro. Ma poi riguardi quella foto, quel sorriso e capisci che dietro di esso c’è un mondo, c’è una storia che vale la pena di raccontare, facendoti interprete in prima persona non solo delle parole, ma anche e soprattutto dei sentimenti. E’ la storia di Thalita De Jong.

Ciao, mi chiamo Thalita De Jong, sono nata il 6 novembre 1993. Ho appena vinto il Grote Prijs Beerens, una piccola classica belga. Ma per me non è piccola, per me vale un mondo, è come un regalo di Natale anticipato, perché dietro di essa solo io posso sapere che cosa c’è, non solo in termini di fatica fisica, ma mentale. Questa vittoria è un colpo di spugna sopra una montagna di dubbi: a quest’ora avrei potuto essere lontana mille chilometri a fare chissà cosa, invece ho fatto la scelta giusta.

Pochi forse si ricordano di me. La mia storia inizia come tante altre, bambina ispirata dal padre appassionato di bici che non perdeva un’occasione (o meglio una domenica) per uscire con gli amici in sella e andare a scoprire il mondo, tra una birra e una pedalata, un panino e una risata. Mi piaceva quel senso di libertà: lui non ha mai visto la bici come strumento di gara, io invece avevo voglia di confrontarmi con le mie coetanee, anche se la bici che avevo era proprio vecchia…

De Jong Europei 2016
Il momento più bello nella carriera di Thalita De Jong: nel 2016 in Francia conquista l’Europeo di ciclocross
De Jong Europei 2016
Il momento più bello nella carriera di Thalita De Jong: nel 2016 in Francia conquista l’Europeo di ciclocross

Cercando spazio fra sprint e gomitate

Ho imparato ad andare in bici in sella alla Mtb, mi divertivo un mondo nei boschi vicino casa, ma le prime gare le ho fatte su strada: prima gara, prima vittoria. Presto però ho capito che fra le due discipline ce n’era una terza che era una via di mezzo, il ciclocross e lì riuscivo a esprimermi al meglio.

La mia crescita è stata rapida, mi sono fatta spazio tra sprint e gomitate in un ambiente che più forte non poteva essere: la nazionale olandese. All’inizio del 2016 conquisto il titolo mondiale per Under 23, alla fine dell’anno vinco addirittura il titolo europeo assoluto. E’ tutto bellissimo, troppo…

Gennaio 2017: sono in Lussemburgo, mi sto preparando per difendere il titolo iridato, correndo per l’ultima volta nella mia categoria. In allenamento cado, come tante altre volte, se vai in bici ti ci abitui. Ma questa volta non è come le altre, lo capisco subito. La gamba non va. Il ginocchio fa un male cane. Niente Mondiale, ma pazienza. Torno a casa, i controlli dicono che si è lacerato il muscolo. Dovrò riposare, ma poi si riprende. Sarà facile, mi dicono. Sì, certo…

De Jong Ceratizit 2021
Il primo vero segnale di ripresa per la De Jong, al Ceratizit Festival 2021
De Jong Ceratizit 2021
Il primo vero segnale di ripresa per la De Jong, al Ceratizit Festival 2021

Un abisso profondo 3 anni

In bici ci torno, anche abbastanza presto e l’anno non va neanche male, 26 giorni di gara, 4 volte in Top 10, mi faccio quasi tutte le classiche del Nord. Mi accorgo però che qualcosa non va: dovevo spaccare il mondo invece finisco sempre più dietro. Se fossi su un palcoscenico io, da aspirante prima ballerina, finisco dietro, sempre più dietro, fino a uscire dal palco.

Nel 2018 le prime gare sono un calvario, poi da metà aprile non corro più, per un anno e mezzo. Il fisico non funziona, non risponde, anzi no, diciamola tutta, quel che non va è la testa, non sento più dentro di me il sacro fuoco. O forse è il fisico, la gamba non è tornata come prima. O forse… Mi sento strattonata da una parte all’altra, preda dei dubbi, forse è il caso che abbandoni e inizi a vivere un’altra vita, a cercare il mio destino altrove.

Le settimane diventano mesi e i mesi anni, poi arriva la pandemia che tiene tutti a casa. Eppure, in fondo all’anima c’è quella vocina che mi dice di non mollare, qualcosa accadrà. E qualcosa accade: ho trovato un nuovo team, lo Chevalmeire, piccolo ma fatto da gente che mi ricorda vincente e crede in me. E allora riproviamoci, ancora una volta. Per la vita c’è tempo, ho solo 27 anni e non voglio andarmene prima di aver dimostrato che posso ancora dare qualcosa.

De Jong Beerens 2021
L’immagine più bella: la De Jong sul podio del GP Beerens, tra Faber (LUX) terza e Schweinberger (AUT) seconda
De Jong Beerens 2021
L’immagine più bella: la De Jong sul podio del GP Beerens, tra Faber (LUX) terza e Schweinberger (AUT) seconda

Ancora qualcosa da dire

Nel 2021 ricomincio a pedalare in mezzo al gruppo ed è già molto. Pian piano la condizione cresce, arriva anche qualche risultato, al Ceratizit Festival Elsy Jacobs vinco addirittura la classifica della montagna, non manca poi tanto. Il 6 giugno però arriva un’altra caduta e il responso potrebbe essere impietoso: frattura di una vertebra, molto peggio dell’altra volta. Eppure non è così: riposo le 12 settimane prescritte, prima assoluto e poi riprendendo piano piano e a settembre torno in gara. Al secondo giorno sono già sul podio, finisco sempre avanti in classifica fino a questo giorno, a questa vittoria. A questo sorriso, che tanto mi è costato.

Molti mi chiedono come ho fatto a non mollare: mi sono appoggiata alle piccole cose, ho frequentato gli amici veri, ho cercato di non pensarci più e proprio quando la bici sembrava un amore del passato, ho sentito che quell’amore era troppo importante per me e mi ha pervaso come prima. Ora sono qui, su questo palco senza sapere che cosa dovrà riservarmi ancora il destino ma poco importa. Ci sono, qui, ora. E’ tutto quel che conta…