Nuova Giant Defy, rivoluzionato il concetto di comfort

03.01.2024
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Giant Defy Advanced, bici sì da endurance, ma dalle performance importanti. Abbiamo avuto il piacere di provarla per un certo periodo, testandola su percorsi differenti e spesso dissestati.

Solitamente quando si dice che una bici è comoda come prima caratteristica per definirla, è perché probabilmente o le manca qualcosa o si tratta di una bici poco reattiva, almeno inquadrandola da un punto di vista della prestazione. Ebbene, questa massima non va bene per la nuova Giant Defy Advanced, bici sì endurance, ma dalle performance importanti.

Endurance e performance

Abbiamo avuto il piacere di provarla per un certo periodo, testandola su percorsi differenti e spesso dissestati. Questo mettere sotto torchio la Defy ci ha però dato un quadro completo di questa bici. Una bici importante sotto ogni punto di vista. Una bici performante.

La versione da noi provata tra l’altro non era neanche la top di gamma, vale a dire la Sl, bensì la Pro 0. Stesse geometrie, stesse misure, unica differenza il carbonio del telaio. Quello della Sl un po’ più pregiato e un paio di etti più “magro”.

Superato l’impatto visivo, la seconda cosa che si fa quando si ha di fronte una nuova bici è quella di prenderla in mano e sollevarla per saggiarne subito il peso. Quando lo abbiamo fatto con la Defy siamo rimasti stupiti.

«Ma come – ci siamo chiesti – una endurance, tra l’altro neanche nella versione del telaio più leggera, che pesa così poco?». Eravamo sul filo degli 8 chili, con gomme da 32 millimetri e pedali inclusi.

Linea filante e leggera per la Giant Defy Pro
Linea filante e leggera per la Giant Defy Pro

Come va?

Già questo ci ha colpito. La prova su strada ha fatto il resto. La prima sensazione avuta è stata quella di una bici molto scorrevole, fluida e neanche così lenta a fronte dei 420 millimetri di carro.

La Defy Pro 0 dà sempre una bella risposta nel suo insieme: sia nelle accelerazioni da seduti, sia nei più classici rilanci in piedi. E, aspetto non trascurabile, specie per una bici endurance, è che non si spendono troppe energie per mantenere le alte velocità quando si viaggia regolari in pianura.

Anche l’handling, la manegevolezza, in salita ci è parsa molto buona. La Defy resta leggera sempre e asseconda molto i movimenti del ciclista. Probabilmente anche in virtù di un buon setup e di un’ottima componentistica.

Infine la discesa. Lo abbiamo detto nel video, lo ribadiamo nell’articolo: la Defy è mostruosa. Ti perdona tutto, soprattutto in discesa. Con questa bici si ha talmente tanto margine che ci vuole un po’ prima di capire che si può osare di più.

Noi per esempio l’abbiamo provata su strade che conosciamo a menadito, ebbene a metà curva ci rendevamo conto che potevamo mollare di più. Merito delle geometrie? Molto probabile. Merito delle gomme da 32 millimetri? Sicuro. Merito del passo abbondante? Senza dubbio.

D-Fuse, vibrazioni addio

Ma entriamo nei dettagli tecnici. A dominare la Defy 2024 è la tecnologia D-Fuse, che forse sarebbe meglio definire una filosofia, visto che la si ritrova sia sul tubo di sterzo, che su reggisella, manubrio… E infatti in Giant stessa dicono: “I nuovi componenti D-Fuse lavorano insieme”: definizione affatto banale.

In pratica i tubi non sono dritti. La loro sezione forma una sorta di “D”, che serve ad attutire le vibrazioni. E funziona…

Quando trovavamo tratti di strada rovinata, non ci perdevamo nei meandri di quelle stesse buche, ma ne uscivamo con un certo comfort e anche una buona velocità. Ma in tal senso una grossa fetta del merito, a nostro avviso andava dato al set delle ruote: i cerchi Giant SLR 1 36 Carbon Disc e le gomme Giant Gavia Fondo 0, tubeless chiaramente.

Il serraggio del reggisella, come molte bici attuali, non è super comodo. Ma almeno stringe bene
Il serraggio del reggisella, come molte bici attuali, non è super comodo. Ma almeno stringe bene

Avantreno curato

Una delle maggiori chicche della Giant Defy Advanced 2024 è il set manubrio. Si tratta della piega
Giant Contact SLR D-Fuse e dell’attacco manubrio Giant Contact SL Aero Light.
Quest’ultimo in particolare è nuovissimo. Due pezzi che fanno perfettamente pendant con sé stessi, ma anche con il resto della bici.

E lo fanno sia per il discorso delle vibrazioni, che delle performance come dicevamo prima: leggerezza, prese comode e aerodinamica. E’ da dettagli come questi che si fa fatica a capire che la Defy non è una “race bike”, ma una endurance. Senza parlare della pulizia estetica.

Buon prezzo

Per il resto, ci si è affidati alla certezza che dà il gruppo Shimano Ultegra Di2 e alla sella Giant Fleet SL.

Solo un appunto a cui prestare attenzione. Giant, come molti altri brand, tende a fornire per questo tipo di bici attacchi manubrio piuttosto corti. La nostra per taglia, una S, aveva l’attacco da 90 millimetri. Questo perché si pensa che essendo la Defy una bici endurance si tenda a stare più dritti, il che è anche vero. Però occhio, perché è facile ritrovarsi “troppo corti”. Soprattutto in presa bassa può esserci qualche problema, andando a sovraccaricare polsi, avambracci e spalle. In fase di ordinazione pertanto valutate bene questo aspetto.

Il prezzo della versione da noi provata, Giant Defy Advanced Pro 0, è di 6.399 euro. La colorazione è unica per ogni versione. Ci sono anche la Pro 1 e la Pro 2, entrambe con gruppo Shimano 105. La prima è bianca e nera, la seconda nera e rossa.

Giant

Le due nuove Canyon Ultimate a confronto

13.12.2022
6 min
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Il confronto tra le due nuove Canyon Ultimate CFR e CF SLX

Canyon Ultimate CFR, ovvero quella estrema e in dotazione ai pro’, oppure la versione CF SLX, da sempre sinonimo di race e top di gamma, ma più accessibile e meno tirata?

Le abbiamo messe a confronto in un test di lunga durata, in differenti contesti e provandole con varie configurazioni. Due taglie diverse, S per la CFR e L per la CF SLX, due stili di guida diversi. Due biciclette che sembrano uguali, ma in realtà celano diversità sostanziali, non solo in merito all’allestimento.

Stessa piattaforma, ma le differenze ci sono (foto Matteo Malaspina)
Stessa piattaforma, ma le differenze ci sono (foto Matteo Malaspina)

CFR Di2 vs CF SLX 8 Di2

La prima è la bicicletta messa a disposizione dei pro’ e sviluppata a braccetto con alcuni di loro. Nella versione in test è di pochissimo al di sotto dei 6,3 chilogrammi ed ha un allestimento complessivo da paura: per intenderci quella degli atleti professionisti non è tirata all’osso così tanto (non fosse altro per il limite di peso da rispettare).

La Ultimate CF SLX è un pronto gara di altissima caratura. Abbina la leggerezza di un frame-kit top level, prima dell’introduzione della CFR era all’apice del listino, ad una componentistica non estrema, ma davvero performante. Nella taglia L ha un valore alla bilancia di 7,2 chilogrammi.

Entriamo nel dettaglio, ma prima la parola passa a Lukas Birr, ingegnere di Canyon coinvolto in modo diretto nello sviluppo della generazione numero 5 della Canyon Ultimate.

Considerando il kit telaio, quali sono le differenze principali?

A parità di taglia la versione CFR è più leggera di 145 grammi ed è più rigida rispetto alla CF SLX. 145 grammi a questi livelli sono un’enormità. Il risultato è ottenuto grazie ad una applicazione differente delle pelli di carbonio.

La tipologia di carbonio è lo stesso?

No, perché in alcune aree specifiche del telaio viene utilizzato un carbonio diverso, una sorta di alto modulo che necessita lavorazioni e applicazioni diverse, rispetto a quelle del CF SLX. Anche l’orientamento, il posizionamento è diverso.

Le differenze al colpo d’occhio

Il family feeling design (ci piace chiamarlo così) è quello e mette sullo stesso livello le tre versioni, la CFR, la CF SLX, ma anche la Canyon Ultimate CF SL.

In termini di impatto estetico le diversità sono legate alla componentistica. La CFR, oltre ad essere la bici dei pro vuole rappresentare l’estremizzazione, la ricerca della leggerezza a tutti i costi e dimostra che certi livelli di peso sono raggiungibili anche nella categoria disc brake, senza sacrificare la performance.

La CFR ha il reggisella a zero off-set e non prevede l’asola per il montaggio della luce. Mutua il design e le forme di quello in dotazione alla CF SLX (d-shape), che è sempre full carbon ed ha un arretramento di 1 centimetro.

Il cockpit è lo stesso, ovvero quel CP018 che può modificare la sua larghezza. E’ completamente full carbon. La serie sterzo non si limita ad agire esclusivamente sulle sedi di battuta dei cuscinetti, ma con lo stelo della forcella e lo stem del manubrio è una sorta di componente unico.

Una Selle Italia C59 per la CFR (61 grammi dichiarati e 500 euro di listino) e una Selle Italia SLR Boost Superflow Ti per la Ultimate CF SLX.

E poi è interessante la soluzione delle gomme con larghezza differenziata per entrambe le versioni, 25 per l’anteriore e 28 per la posteriore (Schwalbe TT per la CFR e Schwalbe Pro One per la SLX). In origine questa combinazione era un’esclusiva dell’Aeroad, oggi è stata riportata e mutuata anche dalla Ultimate, al di là del profilo delle ruote.

Entrambe con il power meter

La Canyon Ultimate CFR ha la trasmissione Dura-Ace 12 con il power meter Shimano. La CF SLX ha l’Ultegra con il misuratore 4iiii dal lato non drive. Stessa rapportatura: 52/36 e 11/30, stessi diametri dei dischi, 160/140.

Il prezzo di listino della CFR è di 10.499 euro, quello della Ultimate CF SLX, nella versione test è di 6499 euro.

Entrambi gli allestimenti si rivela una bestia da salita (foto Matteo Malaspina)
Entrambi gli allestimenti si rivela una bestia da salita (foto Matteo Malaspina)

In conclusione

Il rapporto tra le performances, le qualità e la versatilità della piattaforma Ultimate, della componentistica in relazione al prezzo, è eccellente. Lo è per la versione CF SLX, alla quale non manca nulla, è race ready sotto ogni aspetto e lo è con sostanza. Il rapporto ottimale dei diversi fattori emerge anche per la CFR, perché molte biciclette di pari livello, allestimento, categoria e posizionamento di mercato, sono più care (esaminando i prezzi di listino).

Non scriviamo di biciclette a buon mercato, questo deve essere chiaro, ma in un mondo dove l’offerta è sempre più ampia, valutare il prodotto in base alla categoria di appartenenza è fondamentale.

Facciamo un giro sulla Dogma F oro a Tokyo

28.07.2021
7 min
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La voce raggiante di Fausto Pinarello dopo la vittoria di Carapaz nella prova su strada delle Olimpiadi parlava di passione sportiva e realizzazione professionale. L’ecuadoriano aveva già condotto alla vittoria la nuova Dogma F al Giro di Svizzera, ma in quei giorni la bici era mascherata da F12. Questa volta invece, con un’edizione olimpica che prevedeva la bandiera della nazionale sulla forcella e quella del Giappone al posteriore, la medaglia d’oro è stata il riconoscimento più prestigioso che il trevigiano potesse immaginare.

Laboratorio Ineos

La Dogma F è l’ultima nata dell’azienda trevigiana ed è la bici destinata a dare la svolta, lanciando il brand verso il nuovo quadriennio olimpico, durante il quale vedremo anche il varo della nuova bici da crono. E ancora una volta sarà il Team Ineos il partner dello sviluppo.

La bici è stata tenuta nascosta fino a maggio, poi lo stesso Fausto ha pensato bene di farsi fotografare al Giro d’Italia, nel giorno di riposo di Canazei, mentre ne utilizzava una. La squadra correva ancora con la F12, Bernal con essa ha conquistato la maglia rosa, ma a partire dal Tour è andato in scena il cambiamento. Con la sola eccezione dei freni, non ancora a disco. Ma anche questo è destinato a cambiare a breve. I corridori hanno già le bici così equipaggiate, ma finché Shimano, ancora soffocata dai ritardi Covid, non potrà garantire la fornitura completa di ruote allo squadrone, si resterà con i rim brakes di sempre.

Fibra spaziale

La nuova bici nasce da fibra di carbonio Torayaca T1100 1K, garanzia di altissime prestazioni, grazie alla sinterizzazione che consente un controllo della struttura delle fibre a livello nanometrico. Il risultato è un sostanziale miglioramento delle prestazioni rispetto alle altre fibre di carbonio di Toray, già ampiamente utilizzate nel settore aerospaziale e in altri settori di altissima fascia. A ciò si aggiunge la nuova tecnologia utilizzata per le resine. Tramite l’utilizzo di nanoleghe, si ottimizzano in un colpo solo la resistenza alla trazione e alla compressione, dando vita a materiali pre-impregnati in grado di soddisfare i livelli di prestazioni richiesti dagli elementi strutturali nell’industria aerospaziale e anche da attrezzature sportive di fascia alta.

Il telaio è realizzato con fibra di carbonio Torayaca T1100 1K
Il telaio è realizzato con fibra di carbonio Torayaca T1100 1K

Bici all-round

Utilizzando un materiale così pregiato, gli ingegneri Pinarello e quelli Ineos hanno concepito un telaio aggressivo e filante, che al primo sguardo si fa apprezzare per il nuovo disegno del carro, la rimodulazione dei tubi del triangolo principale e la nuova forcella.

L’innesto dei foderi sul piantone è sottile e ottimamente raccordato. Il triangolo dal perimetro ridotto, che rispecchia una tendenza molto… americana, rende la bici reattiva. Al contempo, il fatto di averlo realizzato con sezioni ridotti (possibile proprio grazie alla altissima qualità del carbonio utilizzato) consente la flessione che rende la bici anche confortevole: quello di cui hanno bisogno i corridori, che qui sopra sono… condannati a starci anche per otto ore. Non è una bici aero e neppure una bici da salita: è una bici all-round che permette al professionista e a chiunque avrà il piacere di utilizzarla di avere vantaggi su ogni terreno.

La Dogma F, come nello stile di Pinarello, è asimmetrica, per compensare le sollecitazioni che sul lato destro vengono imposte dalla catena.

La zona della scatola del movimento centrale è resa più rigida del 12 per cento
La zona della scatola del movimento centrale è resa più rigida del 12 per cento

Nata in galleria

Però all’aerodinamica è stato dedicato più di un occhio. La forcella, innanzitutto. La nuova Onda discende direttamente da quella montata sulla Bolide da crono, con un disegno a lame che le permette di infilarsi nel vento e di mantenere l’ottima manovrabilità della bici.

Restando nel comparto anteriore, un grande apporto al design più filante viene anche dalla completa integrazione dei cavi sul manubrio, con lo sterzo reso più fluido dall’adozione di nuovi cuscinetti più performanti.

Nuovo è anche il disegno del tubo obliquo, con il profilo troncato che accresce la rigidità e insieme riduce la resistenza al vento laterale.

La testa della nuova forcella Onda mette in risalto l’asimmetria della bici
La testa della nuova forcella Onda mette in risalto l’asimmetria della bici

Reggisella in 3D

Osservandola da dietro, con il piantone dalla sezione a lama, si ha davvero il senso di una bici da crono e in questo contesto risalta anche il reggisella, realizzato in un pezzo unico di titanio stampato in 3D dalla tedesca Materialise. 

A Brema sono stati effettuati prima i test di simulazione virtuale, garantendo la stampabilità e l’affidabilità del risultato. Poi il team ha condiviso i progetti stampati in 3D con Pinarello perché conducesse i suoi test su un banco di prova e su strada. Alla fine il componente in titanio è risultato più leggero del 42,5 per cento rispetto alla versione originale in alluminio.

Cura dimagrante

La Dogma F nasce nella doppia versione con freni a disco e rim brakes (che hanno ancora mercato), con una diminuzione di peso di 265 grammi nella misura 53 rispetto alla Dogma F12, 250 grammi nella misura 55 da noi provata.

Il nuovo disegno della scatola del movimento ha permesso di conferire a quella zona così delicata una rigidità superiore del 12 per cento, mentre il computo complessivo della rigidità risulta migliore del 3,2 per centro nella versione con freni tradizionali e del 4,8 per cento rispetto alla versione con freni a disco.

In termini di resa, dati forniti da PiInarello, il miglioramento a 40 km/h è di 1,3 watt che diventano 2,6 watt a 50 km/h, con la sensazione di una bicicletta che ai 40 all’ora ci arriva da sé, poi ha bisogno di una… spintarella.

352 combinazioni

Il telaio della nuova Dogma F è prodotto in 11 misure, cui si sommano 16 misure di manubrio e 2 di reggisella, per un totale di 352 combinazioni. Se proprio un difetto le va trovato, quello è il prezzo. Non è una bici per tutti. Montata con lo Sram Red da noi provato, la quotazione si attesta sui 14 mila euro. Aggiungendo al carrello le Lightweight di questo test, si raggiungono i 17 mila. L’eccellenza ha il suo prezzo. E se il risultato finale è una medaglia d’oro alle Olimpiadi, si capisce che stiamo parlando di una vera macchina da corsa. Quanti di quelli che comprano una Ferrari, del resto, sono in grado di apprezzarla al massimo dei suoi cavalli?

VIDEO/ Un giorno da pro’ sulle strade del Giro

09.05.2021
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Il nostro Alberto Dolfin ha partecipato ieri alla prima tappa del Giro-E. Ha corso nel team RCS SPORT che ha Moreno Moser come capitano. Le sue curiosità, le scoperte, le conoscenze. E alla fine la tappa vinta da Ferrigato e la consapevolezza di aver provato qualcosa che può davvero cambiare le abitudini di chi finora era stato alla larga dal ciclismo per la paura di non farcela.

Vivere il grande ciclismo sulle strade di casa ha sempre un sapore speciale. E’ successo ieri mattina, qualche ora prima di godermi lo spettacolo dei pro’ e di veder sfrecciare Top Ganna di fronte alla Gran Madre di Torino. Ho avuto il privilegio di salire in sella anch’io, ospite della prima tappa del Giro-E che scattava dalla mia città natale. Insieme ad altri quattro compagni d’avventura sono stato inserito nella squadra di Rcs Sport, capitanata da Moreno Moser. Mica male pedalare al fianco dell’unico italiano che ha vinto le Strade Bianche, nipote d’arte del mitico Francesco.

Strade chiuse

Intrattenuti dagli aneddoti di Moreno sulla sua vita da pro’, è stato bello pedalare con il traffico chiuso sui percorsi che di solito mi diverto a fare, tra un articolo e l’altro, nei ritagli di tempo durante la settimana. Da torinese sono stato felice che tanti altri amanti delle due ruote in gruppo con me abbiano potuto scoprire le nostre colline. Sfrecciare con le bici a pedalata assistita nei saliscendi di Pecetto con i campi di ciliegie a circondarci, prima di avventurarci verso la Basilica di Superga

Alberto Dolfin, giornalista torinese e firma di bici.PRO durante la tappa inaugurale del Giro-E
Alberto Dolfin, giornalista torinese e firma di bici.PRO al Giro-E

Voglia di Giro

E ancor più bello, dopo un anno abbondante di pandemia è stato, dopo la picchiata giù da Superga, tornare nel cuore di Torino e raccogliere l’abbraccio della gente. Ordinatamente e rispettando le disposizioni sanitarie e di sicurezza, il pubblico si era sparso lungo il percorso. C’era tanta voglia di Giro a Torino e lo si è capito già al nostro passaggio. Un’ora prima che scattasse la cronometro dei pro’, vedendo quanti applaudissero e incitassero noi. Dei perfetti sconosciuti e fortunati a poter sfrecciare sullo stesso asfalto polverizzato nel pomeriggio da Top Ganna e gli altri pro’. Grazie Giro-E, grazie Torino: buon Giro d’Italia a tutti

Scott Speedster 30, orizzonti illimitati

20.11.2020
3 min
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Prova su strada e sterrato della Scott Speedster 30. Una bici per tutte le tasche e per tutti livelli nata per divertirsi e magari anche per viaggiare. Un vera poltrona su asfalto, nel fuoristrada tira fuori gli artigli e diventa inarrestabile. Il montaggio (Shimano Grx) è affidabile e robusto. Le gomme, che su questa tipologia di bici giocano un ruolo importantissimo, sono le Schwalbe G-One da 35 millimetri e davvero pochi fondi riescono a metterle in difficoltà.

Dopo aver ammirato le imprese (e il pensiero) di Lachlan Morton cerchiamo di saperne di più sulle gravel bike, una bici che porta con sé un grande carico di tecnica e “filosofia”. Tra le mani abbiamo la Scott Speedster 30.

Questa bici è una garanzia per divertimento e affidabilità. La linea Speedster rappresenta la gamma gravel del brand americano. Ha diverse versioni e la 30, quella che abbiamo provato noi, è senza dubbio quella che spicca per il rapporto qualità/prezzo. La Speedster 30 costa 1.499 euro “chiavi” in mano. Bisogna aggiungerci solo i pedali e si può partire!

Nel video sono esposte le specifiche tecniche, nel testo che segue vi descriviamo le nostre sensazioni dopo averla provata.

Una… poltrona su asfalto

Come accennato anche nel video ciò che spicca è la guidabilità su tutti i terreni. E’ davvero una  bici molto facile con cui prendere il feeling.

Su asfalto sembra di viaggiare in poltrona. Il merito è senza dubbio delle gomme, le Schwalbe G-One allround da 35 millimetri. Neanche sembra di essere su una bici in alluminio. Silenziosa, fluida e anche dotata di una certa reattività. O quantomeno non sembra pagare dazio rispetto alle “cugine” da strada.

E quando poi s’impugna il manubrio nella parte bassa, la comodità è totale. Infatti, con la piega che tende a sporgere, il polso non ruota e segue la linea del braccio. Gli arti restano molto rilassati.

La copertura G-One di Schwalbe
La copertura G-One di Schwalbe

Speedster e lo sterrato

Ci ha stupito per la tenuta di strada e per il comfort. Specie su fondo erboso o di terra. L’inserimento in curva è preciso e si ha un bel senso di sicurezza.

Cambia invece il discorso se la strada è bianca o ha dei ciottoli. In quel caso occhio alle pressioni delle gomme, perché tende un po’ ad allargare. Molto dipende anche dal… manico e, come detto, dalla gomma. Il disegno allround (tasselli fitti e piccoli) punta molto più sulla scorrevolezza, secondo noi, che non sulla tenuta. In tal caso meglio abbassare un po’ i bar e non salire oltre i 3. E se si vuol andare più in basso si può optare per un inserto.

Con i comandi Shimano Grx la presa è sempre comoda
Con i comandi Shimano Grx la presa è sempre comoda

Occhio alle misure

Quando la bici va in crisi? Sui tratti rocciosi o tecnici, ma caspita, non è mica una mountain bike! Senza ammortizzatori è normale saltellare. Per questo occhio alle misure. Se si è incerti meglio scegliere quella più piccola, piuttosto che quella più grande. Vale sia per il telaio che per la lunghezza dell’attacco. Perché? Perché se s’incontrano dei tratti tecnici si riesce a governare meglio la bici e a spostarsi con il sedere dietro la sella, in pieno stile biker. E allora sì che gli ostacoli impossibili diventano ben pochi.

scott-sports.com

Trek Madone, la regina della velocità

11.11.2020
4 min
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Prova su strada della Trek Madone Slr7eTap montata con lo Sram Force eTap AXS e il misuratore di potenza già montato nella guarnitura. Una bici dalle elevate qualità aerodinamiche, resa però confortevole dal sistema IsoSpeed che permette di variarne la rigidità senza intaccare le prestazioni. Allacciatevi il casco, si andrà molto forte!

Veloce, stabile e reattiva, queste sono le qualità della Trek Madone, una bicicletta con un design futuristico. Quello che colpisce immediatamente è la scorrevolezza e la facilità con cui si raggiungono velocità elevate soprattutto in pianura. E in salita? Diciamo che su pendenze non troppo dure sa difendersi molto bene.

Aerodinamica studiata

Noi di bici.PRO abbiamo testato la Madone SLR 7 eTap, equipaggiata con lo Sram Force eTap AXS con il misuratore di potenza già montato nella guarnitura. La qualità maggiore è certamente l’aerodinamica, infatti il profilo dei tubi è frutto di studi fatti tramite il programma CFD Computational Fluid Dynamics con test fatti in galleria del vento e in pista. Il risultato è un design dei tubi con la tecnologia Kammtail Virtual Foil. Le linee dei tubi generose conferiscono una rigidità elevata che permette di trasmettere a terra tutti i watt sviluppati dal ciclista. A questo risultato contribuisce anche la nuova fibra di carbonio di Trek OCLV 800, più leggera e molto reattiva.

I tubi aerodinamici e generosi della Madone. Anche i foderi obliqui hanno un profilo aero
Tubi aerodinamici e dalle linee generosi, cosi come lo sono anche i foderi obliqui posteriori

Comfort regolabile

Oltre alla rigidità, Trek ha pensato anche al comfort con il sistema IsoSpeed. In pratica tramite una semplice regolazione posta sotto il tubo orizzontale si può variare l’elasticità del telaio. Quello che cambia è la capacità della bicicletta di assorbire le vibrazioni provenienti dal terreno. Per un ciclista dal peso massimo, come il sottoscritto, la diversità di regolazione dell’IsoSpeed si avverte molto bene. In ogni caso dobbiamo dire che la reattività della bicicletta non cambia molto, o perlomeno noi non l’abbiamo avvertita. Questo è sicuramente una bella qualità della Madone, che permette così di variare il comfort senza perdere in prestazioni.

Il sistema IsoSpeed è posto sotto il tubo orizzontale
Il sistema IsoSpeed è posto sotto il tubo orizzontale e scorre fino alla zona del reggisella

E quando la strada sale?

Come abbiamo detto la velocità è la qualità migliore, ma avendo pedalato su salite che conosciamo bene e che facciamo spesso, abbiamo notato dei risultati interessanti. Su salite con pendenza media del 5-6% i tempi che abbiamo registrato tramite Strava sono in linea con i migliori fatti con altre biciclette più leggere e sulla carta più adatte a questo terreno. Il discorso cambia un po’ quando abbiamo affrontato salite dove spesso la pendenza era superiore all’8 %. In questi tratti il peso maggiore della Madone si fa un po’ sentire. Quello che possiamo dire è che finché si viaggia sopra a una certa velocità, che si aggira intorno ai 14-15 chilometri orari, il vantaggio aerodinamico e la grande scorrevolezza delle ruote Bontrager portano ad avere prestazioni elevate. Una volta che si scende sotto questa soglia di velocità, il vantaggio aerodinamico è annullato dal maggiore peso di questa bici. Ovviamente non bisogna immaginare che sopra certe pendenze ci si pianta e sotto si vola, ma certamente le qualità velocistiche del pacchetto telaio, manubrio, forcella e ruote portano a dei vantaggi in certe condizioni precise.

La rigidità e la compattezza della Madone si è fatta sentire anche in discesa. Diciamo che è una bicicletta che richiede qualche uscita per prenderci la mano. Bisogna fare attenzione a non piegarla con troppa forza verso l’interno curva, altrimenti tende a chiudere. Questo è dovuto anche ad un passo corto, basta pensare che nella taglia 58 la distanza fra le due ruote è di soli 99,2 centimetri. Una volta che si è presa la confidenza in discesa abbiamo notato che l’accelerazione è veramente elevata. Questo è dovuto alle qualità aerodinamiche e al peso, che favoriscono anche una bella stabilità che dona una certa sicurezza.

Il manubrio e l’attacco sono separati. E’ possibile regolare anche l’angolazione
Il manubrio e l’attacco sono separati. E’ possibile regolare anche l’angolazione

Componenti di alto livello

Da segnalare che la bicicletta che abbiamo testato montava le ruote Bontrager Aeolus Pro 50, in carbonio OCLV, tubeless ready e con una larghezza del canale interno di 19,5 millimetri. Il peso è di 780 grammi per la ruota anteriore e di 940 grammi per la posteriore. I pneumatici erano i Bontrager R3 con mescola TR-Speed da 25 millimetri. A nostro avviso le ruote Bontrager sono molto scorrevoli e il profilo da 50 millimetri facilita la tenuta delle alte velocità. I pneumatici hanno dimostrato un buon grip, anche sul bagnato, visto che abbiamo pedalato anche con la pioggia! Un componente che ci è piaciuto molto è il manubrio Bontrager aerodinamico in carbonio, che per chi ha le mani grandi offre un appoggio ottimale. Manubrio e attacco sono separati e si può regolare l’inclinazione del manubrio in modo che ognuno possa trovare il migliore assetto.

Per finire segnaliamo che il peso indicato da Trek della Madone SLR 7 eTap si aggira sugli 8,3 chilogrammi e il prezzo è di 9.299,00 euro.

trekbikes.com