Pellaud, i sogni, la Colombia e la faccia da bambino

24.12.2021
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Concluso il ritiro della Trek-Segafredo ad Altea, Simon Pellaud ha preso un volo da Valencia a Ginevra e da lì con due ore di treno è risalito a Martigny, la città in cui vivono i suoi genitori. Portava negli occhi lo stupore della nuova squadra e nel petto l’orgoglio di essere finalmente arrivato in una WorldTour. Le fughe del Giro con la maglia Androni Giocattoli e il podio di Milano per quelle classifiche portate a casa resteranno per sempre nel suo pedigree, ma la sensazione è che si sia appena aperta la porta su un mondo più ampio.

«C’è sempre da pedalare forte – dice lo svizzero, in apertura con Simmons – forse anche di più. Mi sono trovato in questo ritiro e sono rimasto senza parole per il livello di materiale che abbiamo ricevuto e che possiamo utilizzare. Dalle bici all’abbigliamento Santini. Siamo l’unica squadra che ha per nome il marchio delle bici, vediamo lo sforzo della produzione al nostro servizio. Si cerca di più la performance, abbiamo più armi per raggiungere i nostri obiettivi».

Nelle ultime due stagioni alla Androni, si è distinto per le fughe e i traguardi volanti
Nelle ultime due stagioni alla Androni, si è distinto per le fughe e i traguardi volanti

L’italiano è una delle cinque lingue che parla, assieme al francese, il tedesco, lo spagnolo e l’inglese. Il discorso scorre fluente, in un continuo rimasticare le parole, cercando il senso più profondo.

Quando è nato il contatto con Trek-Segafredo?

Prima del Giro d’Italia è venuto fuori il discorso. Trek mi ha fatto sempre sognare, penso sia il team più adatto alle mie caratteristiche. E’ una squadra internazionale, che va con la mia personalità, le cinque lingue che posso parlare e i due mondi dove vivo, tra Svizzera e Colombia. L’ho sempre seguita con interesse, perciò l’anno scorso ho provato per la prima volta a mettere il mio nome sulla lista e quest’anno è successo presto. Appunto all’inizio del Giro ci siamo stretti la mano con Luca Guercilena e abbiamo chiuso il mercato. Quando è arrivata l’offerta, non ho avuto neanche un dubbio. Era il salto che sognavo, nella squadra che sognavo. Non c’è stato neanche da trattare, ho preso quello che offrivano. Era ancora l’inizio di giugno, si poteva aspettare e sperare in qualcosa di più, però questa mentalità non è la mia. Ho avuto questa opportunità e ho fatto una scelta di cuore. Sono sicuro che abbiamo tanta strada da fare insieme.

Negli ultimi due anni ti sei fatto notare per le tante fughe, cambia qualcosa adesso?

Sicuro che qualcosa cambierà, avrò la possibilità di cercare le fughe un po’ più giuste. Diciamo le fughe che mi fanno sognare e che arrivano. Le classifiche dei traguardi volanti o dei chilometri in fuga, che per l’Androni erano molto importanti, in una squadra come la Trek contano meno. Sono sicuro che ci sarà da lavorare di più. Abbiamo una squadra fortissima, anche se non c’è un grande capo che farà classifica nei grandi Giri. Però avrò libertà e opportunità. Se mi hanno fatto firmare, è per le mie le mie qualità e non per fare qualcosa di completamente diverso.

Al ritiro con la Trek-Segafredo, lo stupore di Pellaud per la disponibilità di materiali
Al ritiro con la Trek-Segafredo lo stupore per la disponibilità di materiali
Avete già fatto i programmi di corsa?

Per grandi linee, è già tutto pianificato. Le mie caratteristiche mi permettono di adattarmi a tutti i lavori, anche se il gruppo classiche è veramente fortissimo e ci sono tantissimi corridori. Quanto al resto, sono capace di fare parte del treno di un velocista, di lavorare anche in salita o di fare le mie fughe. Sono capace di stare un po’ dappertutto. La mia idea era di avere almeno un grande Giro. Di avere alcuni periodi un po’ più tranquilli per tornare in Colombia ed essere lì in preparazione o in in un momento di scarico. E di correre anche le gare di casa, il Tour de Romandie o il Giro di Svizzera. E alla fine mi hanno dato tutto questo.

Quale grande Giro farai?

Normalmente la Vuelta, ma prima tutte le classiche italiane che si fanno a partire da Laigueglia, che mi piacciono e sono importanti per Segafredo e Pirelli. Sarò invece riserva per il Giro, aspettando per vedere come inizierà la stagione e come staranno gli altri corridori. So che il grande Giro mi dà una grande condizione. Anche facendo troppi sforzi, dopo il Giro d’Italia non ero bruciato e sono uscito con una gamba impressionante, a livello mio ovviamente…

Andrai in Colombia durante le Feste?

Questo è il punto che volevo raccontare. La direzione della squadra sa che se un corridore arriva felice alle gare, sarà più performante e si sentirà più forte. Perciò mi hanno lasciato questa grande libertà e l’opportunità di passarci tutto il mese di gennaio. Di non fare il prossimo training camp e di preparare in Colombia il mio primo obiettivo di stagione, che sarà la Vuelta San Juan in Argentina. Va bene per l’altura e va bene per il caldo. Perché in Svizzera, in Italia e penso in tutta Europa è arrivato il freddo e laggiù si sta meglio e più spensierati. Perciò passo Natale con i miei e poi parto.

Ad Antioquia, regione di Medellin, Pellaud ha costruito la sua casa (foto Instagram)
Ad Antioquia, regione di Medellin, Pellaud ha costruito la sua casa (foto Instagram)
Hai già prenotato l’hotel, insomma…

La mia ragazza è colombiana e abbiamo costruito una casa. Quando sono laggiù sto in casa, mentre in Svizzera sto con i miei genitori, dove non ho lo stesso spazio che posso trovare in Colombia.

Ma tu, sotto sotto, ti senti più colombiano o più svizzero?

Mi definiscono el suizo-colombiano, lo svizzero colombiano. Credo che mi vada bene. Sono svizzero, con la mia mentalità di svizzero, però con l’allegria e la felicità dei colombiani. E’ un mix interessante, è il mio equilibrio. Sono proprio due anime completamente diverse, è curioso il cambiamento fra quando entro nell’aereo a Ginevra e quando scendo a Medellin. Però è anche quello che mi fa cambiare la routine, che mi permette di essere sempre motivato per allenarmi rompendo le abitudini che avrei se stessi per tutto l’inverno in Svizzera.

Chi seguirà la tua preparazione?

Ho la fortuna e l’opportunità di lavorare con Paolo Slongo che sarà il mio nuovo allenatore. Stiamo parlando di un bel pezzo d’Italia, di storia e di esperienza. Sono stato più per 10 anni con lo stesso allenatore, Raphael Faiss, che ha fatto il suo dottorato sull’allenamento in altura e mi ha dato veramente tantissimo. Però era il momento giusto per cambiare un po’ il metodo. Credo che anche questo sarà importante.

Dopo Natale, Pellaud volerà in Colombia per intensificare la preparazione (foto Instagram)
Dopo Natale, Pellaud volerà in Colombia per intensificare la preparazione (foto Instagram)
Che cosa ti resta dell’esperienza con l’Androni?

Sono stati due anni per me grandi, anche se di mezzo c’è stata questa pandemia che ha veramente rovinato tutto. Porto con me due stagioni veramente belle. So bene che non era la squadra che mi faceva sognare e che dopo la IAM speravo in altro. Però alla fine mi hanno dato il loro meglio, un buon calendario e un gruppo veramente interessante. Un direttore come Giovanni Ellena, che è una grande persona e che mi ha fatto vedere un bel pezzo del ciclismo italiano. Ho imparato tantissimo. E soprattutto, senza l’Androni, non so se adesso sarei in una WorldTour.

Ci sei arrivato a 29 anni, potevi arrivarci prima?

Lo staff e tutti gli altri mi chiedono quanti anni ho, perché con la mia faccia da bambino non riescono a credere che ne ho già 29 e che ho già vissuto tutto quello che ho potuto vivere. Però sono anche passato per un paio di anni… esotici, diciamo così. Due stagioni gratuite che per me non contano. Per me ho ancora 25 anni e sono ancora fresco. Però è veramente strano essere a tavola con corridori del 2002, con Tiberi che è del 2001 e pensare che sono quasi di 10 anni più vecchio. Ma questa è un po’ una caratteristica speciale del Pellaud di oggi, del corridore che sono diventato con il tempo. Fiero di quello che ho fatto, curioso di quello che potrò fare…

Telser, il tecnico italiano dietro i successi svizzeri

05.10.2021
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Nel parlare con Edmund Telser, è innegabile che si provi un pizzico di curiosità per quello che poteva essere e non è stato. Sarebbe stato curioso vedere all’opera il tecnico altoatesino in Italia se avesse avuto una chance, invece a giovarsi della sua competenza è la federazione svizzera, che dal 2014 ha visto svilupparsi un progetto invidiato ormai in tutto il mondo.

Facciamo le dovute presentazioni: Edmund Telser è un tecnico bolzanino di 47 anni che in Italia aveva portato la sua regione ai vertici nazionali nel fuoristrada, al punto che agli albori del secolo, soprattutto nel settore femminile, tutti i talenti maggiori venivano da lì. Intuendo le sue qualità e valutando il lavoro svolto soprattutto a livello giovanile, venne ingaggiato nel 2014 dalla Federazione svizzera per rilanciare il settore rosa, che a differenza di quello maschile già ai vertici intorno a Nino Schurter, era ai margini delle gerarchie. “Edi”, com’è chiamato nell’ambiente, ha messo su un progetto lavorandoci anno dopo anno, fino all’apoteosi del 2021, con il podio olimpico della Mtb femminile completamente rossocrociato.

Nel frattempo Telser ha allargato le sue competenze e ormai guida la Svizzera femminile in ogni disciplina ciclistica: «Curo tutte le discipline endurance, quindi anche la strada. L’obiettivo è tradurre anche qui quanto è stato fatto nella Mtb, ma ci vuole tempo. Quando iniziai nel fuoristrada, mi diedi 4 anni per ottenere risultati, qui abbiamo la fortuna di avere già una campionessa come la Reusser, ma c’è molto da lavorare per affiancarle una squadra vera».

Mtb donne tokyo 2021
Il capolavoro di Telser a Tokyo: sul podio della Mtb Frei, la vincitrice Neff e Indergand
Mtb donne tokyo 2021
Il capolavoro di Telser a Tokyo: sul podio della Mtb Frei, la vincitrice Neff e Indergand
Guardando la composizione elvetica anche a Leuven, si nota come ci sia un mix di nomi e di continui passaggi dalla Mtb alla strada, la stessa Frei medagliata olimpica è stata protagonista nella gara di sabato vinta dalla Balsamo…

L’obiettivo è poter avere un numero importante di atlete di vertice fra le quali scegliere, ma anche, anzi soprattutto, di cicliste in grado di emergere in più specialità, è un’idea base del progetto considerando anche che il bacino dal quale attingere è molto limitato.

Eppure dai risultati delle biker elvetiche e soprattutto il loro ricambio ai vertici non si direbbe…

Non c’è paragone con l’Italia. Solo la Lombardia a livello giovanile ha un numero di praticanti superiore a tutta la Svizzera. Bisogna lavorare in maniera diversa, mirata, su quel che si ha. La differenza principale con l’Italia è a livello culturale: qui una ragazza di 18 anni o studia o lavora, ma significa che in un caso o nell’altro 8-10 ore della giornata sono occupate da quella che è e resta l’occupazione principale. La bici è relegata nel tempo rimasto, magari si alzano alle 6 del mattino per allenarsi. Se però arrivano risultati, possono arrivare anche contratti e allora il ciclismo diventa una professione, per qualche anno, che porta belle cifre.

E’ un sistema che funzionerebbe dappertutto?

Difficile dirlo, ma non credo. Noi abbiamo dovuto pescare anche in altri sport: Elise Chabbey, ad esempio, campionessa nazionale nel 2020, nel 2012 aveva partecipato ai Giochi Olimpici nella canoa, poi è passata al ciclismo che abbina alla sua professione di medico. La stessa Reusser ha praticato molte discipline sportive prima di emergere sulle due ruote. Come detto, chi fa ciclismo studia o lavora e anche solo per partecipare a un ritiro con la nazionale, devono ottenere permessi non sempre facili.

Reusser Trento 2021
La campionessa europea a cronometro Marlen Reusser, un’atleta polisportiva
Reusser Trento 2021
La campionessa europea a cronometro Marlen Reusser, un’atleta polisportiva
Proprio considerando un materiale di base così ristretto, come fai a avere simili risultati? Le ragazze che emergono da giovanissime continuano a progredire, in Italia spesso si perdono per strada…

E’ un problema culturale: in Italia quando una ragazzina ottiene risultati tutti sono convinti di avere trovato la nuova Paola Pezzo. Questo ha portato a perdere molti talenti, che non ottenendo da grandi gli stessi risultati e la stessa attenzione, perdono interesse fino a lasciare e dedicarsi ad altro, trovando altre strade nella propria vita. Un esempio è Greta Weithaler, che da junior vinceva tutto ma poi non ha trovato dentro di sé la spinta per insistere. Lo sport conta, ma non è tutto e questo concetto è fondamentale.

Tu come fai?

Cerco di dare alle ragazze, man mano che crescono, sempre qualcosa di nuovo, cambiando continuamente la preparazione sulla base di due principi: il volume di lavoro e l’intensità, che devono cambiare di anno in anno. Questo permette loro da un lato di essere sempre interessate, dall’altro di maturare piano piano continuando in una parabola di miglioramento. Io lavoro ora con due gruppi, Mtb e strada, intercambiabili ma ben distinti, anche se quello su strada è ancora piccolo.

Telser Lechner Colnago
Telser ha portato la Colnago ai vertici della Mtb: qui è con Eva Lechner
Telser Lechner Colnago
Telser ha portato la Colnago ai vertici della Mtb: qui è con Eva Lechner
In Italia non hai avuto occasione per poter testare il tuo sistema…

No, credo che in Italia bisognerebbe mettere in pratica un progetto completamente diverso. Innanzitutto collaborerei con Salvoldi che sta facendo cose davvero egregie, poi servirebbe qualcosa di nuovo. Ma siamo nel campo delle ipotesi, proposte vere non ne ho mai ricevute, posso dire di aver collaborato al tempo con Morelli (cittì a cavallo del passaggio del secolo, ndr) trovandomi bene, ma non ci fu altro.

In Italia ci sarà mai una campionessa multidisciplinare come Jolanda Neff?

Una Neff è un talento che nasce se va bene ogni trent’anni… Una che faccia bene in tre discipline è fattibile, bisogna però saperla gestire. Quand’ero in Colnago, Eva Lechner arrivò anche nella nazionale su strada mentre nell’offroad ha vinto tanto.

Reusser, la donna comparsa dal nulla che vola nelle crono

10.09.2021
4 min
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Avete presente quei personaggi dei film di spionaggio che sembrano non avere un passato, che nessuno ha mai sentito nominare prima e che invece sono operativi e vincenti? Fino a qualche anno fa Marlen Reusser era una perfetta sconosciuta nel mondo del ciclismo. Lei non sapeva nulla di questo mondo e viceversa. Poi l’esplosione graduale dal 2017, prima stagione da elite, specialmente nelle prove contro il tempo. Quattro volte campionessa svizzera a crono (2017-19-20-21), due volte su strada (2019 e 2021), medaglia d’oro nella crono dei Giochi Europei a Minsk nel 2019, argento a crono ai mondiali di Imola l’anno scorso e alle recenti Olimpiadi di Tokyo. Infine, nelle ultime due settimane, una tappa al Simac Ladies Tour in Olanda ed una alla Ceratizit Challenge La Vuelta (gare entrambe chiuse al secondo posto nella generale).

Dopo il secondo posto alle Olimpiadi dietro Van Vleuten, finalmente è arrivato un oro
Dopo il secondo posto alle Olimpiadi dietro Van Vleuten, finalmente è arrivato un oro

La città del carcere

Ecco, a questo breve ed intenso palmares, la svizzera che corre in Italia per l’Alè Btc Ljubljana ha aggiunto un nuovo sigillo: la medaglia d’oro della cronometro degli europei di Trento a 49 di media, battendo l’olandese Ellen Van Dijk di 19” (una delle favorite) e la tedesca Lisa Brennauer di 1’02”.

La Reusser – compirà 30 anni il prossimo 20 settembre, si è fatta il regalo in anticipo – è nata a Jegenstorf. Risiede vicino a Berna, ad Hindelbank («E’ famoso per un carcere femminile», ci dice ridendo), ma la curiosità è legata alla sua giovane carriera. E parlandole mentre fa i rulli dopo la conferenza stampa, abbiamo capito che forse non è l’unica. Andiamo a scoprirla un po’ di più, anticipandovi che sabato correrà anche la prova in linea degli europei e siamo certi che darà filo da torcere a tutte.

Sul podio di Trento, Reusser con Van Dikk e Brennauer
Sul podio di Trento, Reusser con Van Dikk e Brennauer
Abbiamo imparato a conoscerti bene solo quest’anno grazie a tanti risultati importanti. Chi è veramente Marlen Reusser?

Non lo so, dovete dirmelo voi (ride, ndr). Io sto scoprendo che tipo di corridore sono poco alla volta. In questo momento ho ottenuto almeno un successo in differenti tipi di gara. Sono andata forte in una corsa con montagna, in una allo sprint e ho raggiunto un buon livello nelle gare contro il tempo. E’ molto interessante capire cosa accadrà al mio fisico e a me.

L’anno prossimo andrai nella SD Worx, il team più quotato del panorama femminile, dove tutte fanno un’ulteriore crescita. Tu cosa ti aspetti?

Sì, è la squadra più forte che esista. Spero di fare altri passi in avanti ma già tutto quello che ho fatto finora, i miei progressi, mi rendono molto contenta. Sono anche molto sorpresa dei miei risultati. E per questo voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno insegnato qualcosa in questi anni.

Quanto hai imparato a livello tecnico, fisico e professionale?

Ho imparato sempre qualcosa da qualcuno. Ho sempre fatto un po’ di ciclismo come hobby quando ero più giovane, ma il mio primo cartellino l’ho fatto nel 2017. Da quell’anno ho iniziato a lavorare con il mio preparatore Marcello Albasini (già tecnico giovanile di Cancellara e padre di Michael, ex pro’ svizzero che ha chiuso la propria carriera l’anno scorso alla Liegi-Bastogne-Liegi, ndr). E ho sempre migliorato senza sapere quali fossero i miei limiti.

Prima del 2017 cosa facevi quindi?

Non ho mai fatto gare in linea prima di allora. Avevo fatto solo l’Alpenbrevet, un evento importante da noi, non so se la conoscete (simile ad una gran fondo su strada, si parte da Andermatt e il partecipante decide quale itinerario fare in base al proprio livello sfruttando i tanti percorsi intrecciati del luogo, ndr). Poi avevo fatto triathlon di squadra, dove una volta nuotavo, un’altra pedalavo ed un’altra ancora correvo a piedi. Viste le mie attitudini abbiamo deciso di fare qualcosa di più specifico ed ora eccomi ciclista.

Alla Ceratizit Challenge ha vinto la prima tappa e conquistato il secono posto finale
Alla Ceratizit Challenge ha vinto la prima tappa e conquistato il secono posto finale
Avevi un modello di riferimento quando pedalavi prima di diventare elite? Conoscevi qualche tua attuale collega?

No, non conoscevo nessuna di loro, zero. Alla mia prima gara da elite ricordo che non avevo la minima idea di chi fosse forte e chi no. Non sapevo nulla.

Meglio sotto un certo punto di vista, così non potevi avere paura di nessuno.

Sì, è vero (ride, ndr), ma era difficile perché correvo in squadre piccole e non ti concedevano mai spazio o non ti lasciavano andare davanti al gruppo a fare l’andatura o tentare uno scatto. E’ stato molto difficile per me l’inizio.

Ora però sono le tue avversarie a conoscerti bene.

Sì, è una bella soddisfazione. Sono molto contenta di questo fatto.

Corri da poco tempo, avrai voglia di farti vedere ancora di più. Dall’anno prossimo ti sentiremo ancora al top delle classifiche?

Spero, vedremo come andrà, sono nella curva in salita della mia crescita. Le premesse ci sono, ma attenzione perché non sappiamo mai come va la nostra vita.

Assos, collezione Olympics SS Jersey per il team elvetico

10.06.2021
3 min
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Assos presenta la nuova Olympics SS Jersey, una maglia ricca di dettagli interessanti. E’ confezionata con tre tessuti differenti e leggeri, posizionati in maniera strategica per massimizzare il comfort complessivo: poliestere per il 91 per cento, elastane per il 5 per cento e poliammide per il 4 per cento. Inoltre grazie al tessuto Open Mesh, applicato nei punti strategici, ad esempio sotto le ascelle, si va incontro a un’elevata traspirabilità che garantisce la giusta freschezza e soprattutto il ricambio d’aria che consente di mantenere asciutto il corpo.

Parte frontale della Olympics SS Jersey
Parte frontale della Olympics SS Jersey

Elastica e resistente

Un’interessante curiosità è anche la resistenza agli strappi e alle abrasioni, dovuta a un’adeguata elasticità del filato, che conferisce migliore affidabilità alla nuova Olympics SS Jersey. Per ottimizzare il comfort inoltre, troviamo un elastico in silicone posizionato nel fondo della maglia, limitato alla parte anteriore, che garantisce stabilità evitando pieghe e spostamenti. Un’altra interessante particolarità sono i pannelli anteriori e posteriori, confezionati con filato doppio Dual Tex, che offre a sua volta una rapida asciugatura e un migliore assorbimento del sudore.

La parte posteriore con tasche rinforzate della nuova Olympics SS Jersey
La parte posteriore con tasche rinforzate della nuova Olympics SS Jersey

Cappellino e calzini

Si aggiungono alla collezione Olympics anche i calzini e il cappellino, dedicati anch’essi alla nazionale svizzera: sono due prodotti che offrono un comfort elevato grazie alla leggerezza e alla traspirabilità

Design e disponibilità

Degno di nota è sicuramente anche il design che riporta in maniera evidente la bandiera della Svizzera. Lo sfondo è rosso acceso, con la particolarità della manica sinistra che è colorata di bianco, rispetto a quella destra che invece è colorata di rosso, come la parte restante della maglia.

Tasche rinforzate

Le tasche posteriori invece sono rinforzate al fine di migliorare la distribuzione del peso degli oggetti posti nel loro interno. La maglia è disponibile nelle misure che vanno dalla Xs alla Xl. Il prezzo consigliato al pubblico invece è di 160 euro per la maglia, 22 euro per il cappellino e 16 euro per i calzini.

assos.com