Strade Bianche, ora Alaphilippe alza la posta

05.03.2021
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Avviato con grande emozione verso la paternità e con la magia iridata attorno al busto, Julian Alaphilippe ieri ha condotto la Deceunuinck Quick Step sul tracciato della Strade Bianche, percorrendo gli ultimi 50 chilometri, anche con l’intento di provare le gomme per sabato. E dato che le previsioni danno pioggia, i ragazzi della Deceuninck-Quick Step si sono soffermati su valutazioni supplementari in questo senso.

«Non ho mai corso questa gara col bagnato – dice – ma mi dicono che lo sterrato tenga bene. La condizione è buona, non ho ancora vinto ma sono contento delle sensazioni che ho. Sono motivato. Spero di vincere il prima possibile».

Nel 2019 Fuglsang provò a staccare Alaphilippe, ma invano
Nel 2018 Fuglsang provò a staccarlo, ma invano

Quell’Alaphilippe del 2019

Il viaggio indietro nella memoria ci porta alla trasferta argentina e colombiana del 2019. Julian tornò in Europa carico come una molla. Vinse la Strade Bianche, due tappe alla Tirreno e poi dominò la Sanremo. Ci riprovò anche l’anno scorso, ma tutti sappiamo come finì la storia.

Meglio pensare al 2019?

Ho grandi ricordi. Era il primo obiettivo della stagione, c’ero arrivato benissimo con la convinzione che la corsa mi si addicesse molto. Ricordo l’attacco di Fuglsang e la facilità con cui riuscii a prenderlo. Provò più volte a staccarmi, ma non ci riuscì. E quando attaccai per arrivare a Piazza del Campo, bè… ho ancora i brividi. Quando vinci in quella specie di anfiteatro pieno di gente, dopo una corsa così dura, è impossibile non emozionarsi.

Metteresti la Strade Bianche fra le gare monumento?

Per me è una delle corse più belle. Prima di venire a farla di persona, la guardavo in televisione. L’anno scorso sono stato sfortunato, ma dopo il lockdown non so neanche se sia giusto parlare di sfortuna. Ieri durante la ricognizione sul percorso mi sono goduto queste strade, E’ una corsa importante come un monumento. Non lo è, ma lo meriterebbe.

La ricognizione all’Het Nieuwsblad di Alaphilippe, come quella per la Strade Bianche
La ricognizione all’Het Nieuwsblad, come quella per la Strade Bianche
Come si fa a tenere a bada Van der Poel e Van Aert?

Sono i grandi favoriti, non c’è dubbio. Negli ultimi giorni abbiamo visto le prestazioni di Van der Poel, che troverà un percorso adattissimo. E Van Aert sarà alla prima corsa, ma può fare molto bene. Può vincere anche lui. Io ho una squadra forte e dovremo essere furbi ad approfittare della situazione giusta.

La squadra conta molto in una corsa così dura?

La squadra è molto importante. Dipenderà dallo scenario della corsa. Bisognerà partire bene e controllare la fuga. E’ una gara dura, dipende dalle gambe. Se hai gambe buone e un compagno in fuga, è importante. Bisogna stare svegli.

Alaphilippe, all’Het Nieuwsblad un attacco da lontano concordato con Ballerini
All’Het Nieuwsblad un attacco da lontano concordato con Ballerini
Come si onora la maglia che hai addosso?

Correndo come ho sempre fatto, con il mio stile di corsa. Attaccando, mostrandola in giro. Sono contento di come l’ho indossata finora.

Il tuo primo periodo arriverà alla Liegi?

Spero di continuare a crescere fino alle classiche. Ci sono tante corse cui posso puntare. Voglio restare concentrato e fare bene le corse, poi recuperare. Il primo blocco arriva fino alla Sanremo e costituirà la base per arrivare alle altre classiche.

TI sentirai tutti gli occhi addosso?

Questa volta non credo che sarò l’unico, ma sfrutteremo la situazione. All’Het Nieuwsblad ha funzionato. Se si fermeranno attorno a me, saremo capaci di vincere con altri uomini. Potrei correre più da calcolatore. In Belgio sapevo che Ballerini stava benissimo, per cui nel suo interesse ho provato da lontano. Se guardiamo al mio risultato, si può dire che potevo ottenere di più, ma per la squadra è andata bene. Potrei anche cambiare il mio modo di correre, ma dipende da come si svilupperà la corsa. Non resta che partire, giusto?

Mastro Oss, a Siena con Aleotti, aspettando Sagan

04.03.2021
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Il 10 ottobre scorso, sette giorni prima che bici.PRO andasse online, Daniel Oss alla vigilia del Fiandre ci raccontò quanto sarebbe stato strano correrlo senza Peter Sagan, che nel frattempo stava partecipando al Giro. Il piano pre Covid prevedeva che i due avrebbero corso insieme la campagna del Nord e poi a maggio sarebbero venuti in Italia. Quest’anno l’inizio di stagione presenta gli stessi problemi, solo che non è una corsa ad aver fatto sparire Peter, bensì il Covid stesso, che lo ha inchiodato a Gran Canaria fino ad oggi e lo ha costretto a rimandare il debutto. La cui data è ancora da stabilire. E così Oss è ancora una volta il portabandiera della Bora-Hansgrohe. Ha cominciato in Belgio e prosegue alla Strade Bianche.

La Het Nieuwsblad è stata la prima corsa di stagione dopo il ritiro a Sierra Nevada
Het Nieuwsblad prima corsa di stagione
Hai chiuso senza Peter e ricominci allo stesso modo, insomma…

In effetti manca un po’, la squadra lo sente. Ma cerchiamo di approcciarci alle corse nel miglior modo possibile. Abbiamo Politt, questo ragazzo nuovo che comunque ha già fatto vedere grandi cose e per noi è già un bel punto di riferimento. E poi, proviamo. Sappiamo di non essere i favoriti e poi queste gare di inizio stagione sono sempre un po’ strane.

Proviamo significa che anche Oss avrà il suo spazio?

Se avessi le gambe di Van der Poel, direi di sì. Scherzi a parte, l’ambizione è quella, ma la realtà poi è sempre un po’ diversa. Ho debuttato all’Het Nieuwsblad senza avere alcun riferimento e c’è stato da soffrire.

Qualche chilometro con Van Avermaet: le loro strade si incroceranno spesso
Con Van Avermaet: le loro strade si incroceranno spesso
Che inverno hai trascorso?

Molto regolare e molto più a casa del solito. Abbiamo saltato il solito dicembre e abbiamo fatto un ritiro a gennaio che comunque è stato strano, perché invece della solita Spagna eravamo a Peschiera, quindi dall’altra parte del mio lago. E a parte l’incidente di Kelderman, è andato molto bene. E poi ho fatto un po’ di allenamento in più a Sierra Nevada.

In tanti hanno sostituito le corse saltate con l’altura.

Vero, ma nel mio caso più che cercare i benefici dell’altura, è stata l’occasione di fare un po’ di ritmo prima del debutto. Sono arrivato in Belgio che non sapevo quanto avrei potuto reggere.

Alla partenza da Kuurne, con poco pubblico e tanti giornalisti
Alla partenza da Kuurne, con poco pubblico e tanti giornalisti

Rispetto al team che ha corso in Belgio nello scorso weekend, per la Strade Bianche la Bora-Hansgrohe ha scelto di cambiare tutti gli effettivi ad eccezione del trentino e di Burghardt. E sarà proprio Daniel il miglior maestro di strada per Aleotti. Da balia del campione a guida per il giovane italiano: la vita, se ti chiami Oss, non può proprio essere banale.

Moser: due Laigueglia e in mezzo Strade Bianche

03.03.2021
5 min
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All’alba della carriera, il 18 febbraio del 2012, Moreno Moser vinse il Trofeo Laigueglia, tra il darsi di gomito di chi lo aveva seguito fra i dilettanti e la sorpresa degli altri. Veniva dalla magica Palù di Giovo, figlio di Diego, nipote di tutti gli altri della dinastia trentina. Forse, rischiando di cadere nel sacrilegio, è stato il Moser con più classe, laddove con classe si intende la capacità di vincere con rapide pennellate e un uso sobrio della forza bruta.

L’anno dopo, portando in dote le vittorie di Francoforte e di una tappa al Polonia, Moreno si prese anche la Strade Bianche. Non era ancora una corsa WorldTour, ma fra i primi 10 arrivarono Sagan, Cancellara, Van Avermaet e Kolobnev che nel 2007 aveva vinto la prima edizione. E a tutt’oggi, il trentino è l’unico vincitore italiano della corsa, per cui immaginiamo che a breve ne sentirete parlare ancora.

Suo padre Diego lo ha sempre seguito con grande assiduità
Suo padre Diego lo ha sempre seguito molto

Il destino dei Moser

Lo abbiamo… pizzicato a Livigno assieme alla sua compagna. Lui farebbe sci di fondo, lei no. E la vocina sotto provocatoriamente dice che comunque la più magra è lei. Due risate e si va oltre. Col senno di poi, come pure suo cugino Ignazio, forse Moreno sulla bici ci si è ritrovato per forza. E siccome il Dna è quello giusto, per un po’ le cose sono andate anche bene. Ma nel ciclismo non basta e alla lunga (di nuovo forse) le motivazioni sono venute meno. “Moserino” lo abbiamo incontrato l’ultima volta lo scorso ottobre sull’Etna, durante il Giro d’Italia, avendo partecipato assieme a Simoni a Giro-E, per il quale lo hanno contattato anche per quest’anno.

Vince in Piazza del Campo la Strade Bianche 2013: unico italiano
Vince in Piazza del Campo la Strade Bianche 2013: unico italiano
Ma partiamo da Laigueglia, che si corre oggi. Che cosa ricordi?

Non saprei dire se rimanga per me la corsa simbolo della carriera, perché poi la Strade Bianche mi ha dato una dimensione superiore. Però l’ho vinta due volte. E’ stata la mia prima e anche l’ultima vittoria da professionista. E’ inevitabile che mi dia qualcosa di particolare.

Cosa ricordi delle due vittorie?

Sono state completamente diverse. Il primo anno, il percorso era più facile di adesso. Arrivammo all’ultimo Capo Mele in 40-50 e decisi di attaccare. Dissero che vinsi perché non mi conoscevano. Per carità, magari è vero e contare sull’effetto sorpresa è comunque un bel vantaggio. Ma diedi una bella fucilata, lo sentivo quando andavo forte e quel giorno andavo forte.

Intervistato da Alessandra De Stefano sul traguardo di Siena
Intervistato da Alessandra De Stefano sul traguardo di Siena
La seconda nel 2018…

Forse c’erano meno campioni in giro, ma quando vai piano come andavo io in quegli anni, vincere non è mai facile. E anche se in gruppo non ci sono i fenomeni, per vincere devi andare forte. Speravo che fosse il punto di svolta della mia carriera, l’occasione per rilanciarmi. Li staccai tutti, avendo capito sin dal giro prima che con quella gamba non avrei avuto problemi. Una sensazione di forza che ho provato raramente nella mia carriera. Invece 2-3 giorni dopo andammo alla Ruta del Sol e fu una sofferenza senza paragoni. In generale non sono mai stato costante, nella carriera e nella mia vita.

Forse quella stessa sensazione di forza la avesti alla Strade Bianche?

Probabilmente sì. E mi sono accorto solo dopo di che bella vittoria sia stata. Ai tempi avevo 23 anni, mi sembrava tutto facile e l’ho data quasi per scontata. Sull’arrivo già pensavo alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo. A quell’età quando vai forte, ti sembra di poter vincere qualsiasi corsa

Laigueglia 2018, l’ultima vittoria di Moser, in un giorno di grazia strepitoso
Laigueglia 2018, l’ultima vittoria di Moser
Nelle voci di corridoio, il tuo ritiro viene associato a quello di Kittel, Dumoulin e altri che a un certo punto hanno mollato…

Infatti questa cosa mi è stata già chiesta. La vita del corridore a un certo punto è diventata sempre più pesante e piena di stress, con la paura che una pomata usata male o qualcosa che prendevi potesse farti risultare positivo (nel settembre 2013 la Liquigas licenziò Stefano Agostini, buon amico di Moreno, positivo a una pomata contro le scottature da sole, ndr). Comunque smisi perché non andavo più, quel Moreno che vinceva facile non c’era più, un po’ come Kittel che aveva già finito di dominare le volate. Dumoulin invece si è ritirato che andava forte. Era lì ad aiutare Roglic e lo faceva bene.

Qualcuno dice che proprio quel diventare gregario sia stata la prima spia del cedimento.

Può essere che forse non riuscisse più a sostenere la pressione. Inizialmente ho pensato fosse andato con Roglic in cambio di tanti soldi, per non avere troppe seccature. Quando ha vinto il Giro, dal modo in cui gestì il giorno della sosta sullo Stelvio per andare… in bagno, pensavo fosse inscalfibile. Ma forse le pressioni sono cominciate proprio con quella vittoria. Io non ho smesso per le pressioni.

Ma nel 2018 sul traguardo ligure, il ragazzino di sei anni prima non c’era più
Il Moser del 2018 è un uomo che già pensa al ritiro
Sicurissimo?

Quando ci sei dentro, ti sembra normale fare le cose che sin dai 15 anni sapevi che avresti fatto. Io ho smesso perché non riuscivo a dare una svolta. Non riuscivo più a sentirmi in gara. Se avessi avuto le gambe o la testa per stare nei primi 10, avrei continuato e mi sarei divertito. E’ che proprio non vedevo la testa del gruppo.

Cosa ti pare del ciclismo oggi?

Visto Van der Poel a Le Samyn con il manubrio rotto? Uno così fa tanto spettacolo, mi pare un bel ciclismo. Ma tutto sommato nei giorni in cui tutto girava, era bello anche il mio. Quando andavo forte, facevo davvero delle belle cose. Ddiciamo che sono stato bravo a cogliere dei grandi risultati nelle mie giornate migliori.

Formolo

Formolo più forte della caduta (e dell’anestesia)

23.09.2020
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Davide Formolo è stato uno dei protagonisti della ripresa dopo il lockdown: secondo alla Strade Bianche, primo in una tappa del Delfinato e spesso davanti nelle altre corse cui ha preso parte. Al Tour de France stava svolgendo egregiamente il suo ruolo di gregario di lusso per Tadej Pogacar quando nella quinta tappa è caduto, si è rotto la clavicola ed è stato costretto al ritiro.

Come ha cambiato la sua stagione questo incidente? Come ha vissuto quei giorni dopo la caduta? Ce lo dice direttamente “Roccia”.

Davide, raccontaci come è andata dopo la caduta al Tour…

Sono stato fermo completamente solo quattro giorni. Poi sono subito risalito in sella però non avevo considerato una cosa: l’anestesia, dopo l’operazione. Mi ha davvero “ammazzato”. Pensate che il primo allenamento l’ho fatto sui rulli e quando ho finito sono svenuto. Mi sentivo debole nelle uscite, ma non immaginavo di stare così.

Formolo
Giro del Delfinato 2020, Formolo a braccia alzate sul traguardo di S. Martin-de-Belleville
Formolo a braccia alzate al Delfinato
Una tenacia incredibile…

Eppure l’anno scorso alla Vuelta fu peggio. Mi si staccò il gluteo dall’osso. Pedalare era un disastro. E sulle buche poi, un dolore bestiale. Quando arrivai ero sfinito. Quest’anno al Tour devo dire che è stata una brutta sensazione, non mi ero mai rotto un osso, però alla fine la tappa l’ho conclusa “bene”. Guidavo con una mano sola, la destra. In cuor mio pensavo che la spalla fosse solo uscita. Mi dicevo: stasera il massaggiatore mi farà vedere le stelle, ma me la rimetterà a posto. Invece appena sono arrivato al bus tutti sono stati pessimisti.

Ecco perché ti chiamano Roccia! 

Questo mondiale mi… chiamava, ci avevo messo l’anima per esserci. Poi però le cose non sono andate come immaginavo e a quel punto ho dovuto rinunciare, però volevo mantenere almeno le classiche delle Ardenne, che erano nel mio programma. Ma alla fine ho dovuto dire no anche a quelle.

Quando Davide Cassani ha eliminato i nomi dalla prima lista di 13 uomini, ha dichiarato di aver apprezzato la sincerità di chi si è chiamato fuori, il pensiero è andato a te…

Olimpiadi e mondiali sono gare che ho sempre sognato. Anche l’anno scorso dopo la Vuelta, dove ero caduto e mi sono ritirato, ho fatto di tutto per esserci. Sono andato a fare le classiche italiane, Toscana, Sabatini, Matteotti…. All’inizio non andavo, ho sofferto, poi però stavo bene e sinceramente fui amareggiato quando Davide non mi convocò.

E glielo hai detto?

Sì, con Cassani ho un bel rapporto. Sono una ragazzo sincero. Lui lo ha apprezzato e infatti quest’anno mi ha dato fiducia fino alla fine. Poi sono stato io dopo le prime uscite a dirgli che non ero in grado di correre. I dottori mi dicevano che avrei perso 4-5 settimane, io dicevo che al massimo ne avrei persa una, invece…

Oggi quasi nessuno si allena con le corse, ma tutti puntano. E’ il metodo Contador…

Come hai fatto invece ad essere subito al top dopo il lockdown?

Con il mio preparatore, Rubens Bertogliati, avevamo deciso di partire forte. Poi avrei “staccato” quasi subito, cioè avrei fatto due settimane tranquille dopo il Delfinato. Sarei andato al Tour per essere d’aiuto a Pogacar, soprattutto nella terza settimana. L’idea era di crescere durante la Grande Boucle ed essere in forma per il finale, così da aiutare Tadej e uscire bene per il mondiale e le classiche delle Ardenne.

E come hai lavorato per essere vincente al rientro?

Ho sempre fatto le mie best performance dopo l’altura e i grandi blocchi di lavoro. A me piace allenarmi. Quando va così riesco a tirare la corda il giusto, a calibrare bene le fasi intense e quelle di recupero, quando sei in corsa invece non sei tu che decidi l’andatura. E’ un po’ il ciclismo moderno. E’ il metodo Contador.

Cosa intendi?

Che oggi raramente qualcuno va alle corse per allenarsi. Squadre, atleti, sponsor nessuno lo vuole. Contador magari correva meno, ma mirava ad ogni appuntamento. Quest’inverno al Teide c’erano Roglic e la sua squadra, ebbene da lì andavano direttamente alla Parigi-Nizza senza intermezzi. A me per esempio hanno più volte proposto di fare la Challenge di Majorca (ad inizio febbraio, ndr) ma se vado lì devo fare dei lavori specifici ed intensi già a gennaio, lavori che poi servono a poco per il resto della stagione. Mi sono trovato bene invece iniziando al UAE Tour.

La caduta al Tour non ha quindi cambiato il tuo programma: niente Giro ma classiche delle Ardenne…

Sì, ci tenevo troppo. Mi piacevano troppo. Ma poi ero indietro e sono saltate anche quelle. Ho lasciato però un occhio alla Vuelta. In Spagna vorrei fare bene.

Un calendario serratissimo…

Esatto. Se tutto fosse andato secondo programma da dopo il lockdown avrei fatto due allenamenti, ma due di numero! Uno dopo il Delfinato e uno dopo il mondiale: poi o viaggi o corse.

Formolo
Tadej Pogacar e Davide Formolo scherzano con Vasile Morari, meccanico della UAE
Formolo
Formolo scherza con Vasile Morari, meccanico UAE
Prima hai parlato di aiutare Pogacar, ma quindi questa vittoria non è stata del tutto una sorpresa come si dice, la UAE era partita con l’idea di far classifica con lo sloveno?

Beh, dopo quella sua Vuelta dello scorso anno… Lì Pogacar aveva vinto le tre tappe più dure e aveva fatto terzo nella generale. Mi è dispiaciuto non poterlo aiutare, anche perché Tadej abita due piani sotto di me e usciamo sempre insieme. Nel ritiro di Livigno questa estate siamo andati insieme ripartendo quasi da zero, stando sempre fianco a fianco in bici e fuori.

Per te quindi non è stata una sorpresa?

No. Ricordiamoci che alla Vuelta 2019 nella cronosquadre iniziale erano caduti tutti, perdendo oltre un minuto. Pogacar è un ragazzo davvero unico. Lo svegli a mezzanotte e gli dici di fare un test all’improvviso si alza e ti fa 20′ a 7 watt per chilo!