L’esperienza di Borghi per i giovani della sua Cantù

06.12.2023
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Ruggero Borghi ha una storia da raccontare che si sposa benissimo con i tempi moderni e con il suo ruolo attuale: quello del preparatore. Borghi è sceso dalla bici 16 anni fa, vive a Cantù, e da 8 anni collabora con il CC Canturino, curando la parte atletica. 

«Mi piace passare parte della mia esperienza ai giovani – ci racconta Borghi – ho iniziato a correre tardi, al secondo anno da allievo. In realtà avevo messo il sedere sulla bici anche da più piccolo, ma c’era di mezzo il pallone e andai su quello. Poi a 16 anni tornai al ciclismo. Ho fatto il dilettante con grandi prestazioni e 12 anni da pro’ che non hanno ripercorso gli stessi risultati. Sono sempre stato appassionato di preparazione atletica, così una volta smesso trovare la mia strada è stato facile». 

Di cosa hanno bisogno ora i ragazzi?

Di un aiuto, perché sono molto intelligenti e preparati, ma devono capire bene come funziona. Mi rendo conto che questi ragazzi guardano tanto alla tecnologia (misuratore di potenza in particolare, ndr). E’ importante saper usare gli strumenti, ma bisogna farlo nel modo corretto. Prima viene il rapporto tra il preparatore e il ragazzo. 

Come si costruisce?

Nel tempo. Il lavoro del preparatore è fare test e dare tabelle di allenamento, ma il rapporto vero lo si crea attraverso i feedback dell’atleta. Quando la stagione non parte bene, loro ti chiedono, fanno domande. Tu devi essere bravo a non fargli perdere la fiducia, ci sono tanti fattori esterni. Tante cose possono fare la differenza…

Una volta terminata la carriera, Borghi è diventato preparatore: otto anni la fa la chiamata del CC Canturino
Una volta terminata la carriera, Borghi è diventato preparatore: otto anni la fa la chiamata del CC Canturino
Quali?

La testa. I ragazzi devono capire che è quella che fa la differenza. Hanno la scuola, una vita da costruire e tanti impegni. Da juniores non è obbligatorio vincere, ma crescere e imparare. Io cerco di farglielo capire. E’ vero che se vinci, è più probabile che trovi squadra, ma c’è un percorso da fare. 

La crescita?

Sì. Vincere da junior serve il giusto. A questa età c’è chi è più sviluppato e chi meno. Non puoi pretendere che tutti spingano il 53×11 (il riferimento è all’uso dei rapporti liberi nella categoria juniores, ndr). E’ da under 23 che costruisci la tua carriera e devi farlo con i tempi giusti

Quali sono i tempi giusti?

La categoria under 23 dura quattro anni. Anche lì c’è tanta fretta di andare e di arrivare. Tutto si è velocizzato molto, ma devi costruire. Io da dilettante andavo fortissimo, ci ho messo anni a trovare il ritmo tra i professionisti. 

A sinistra uno dei primi corridori seguiti da Borghi: lo riconoscete? E’ Andrea Bagioli
A sinistra uno dei primi corridori seguiti da Borghi: lo riconoscete? E’ Andrea Bagioli
La fretta arriva anche dai Devo Team del WT, che spesso fanno solamente due anni di contratto. 

Un esempio è qui al CC Canturino: Mattia Sambinello. Lui andrà all’estero (alla Hagens Berman, ndr) ma io gli ho parlato tanto. Mi sarebbe piaciuto fosse rimasto in Italia a correre. Ma Sambinello ha la sua mentalità e dice che all’estero ha più occasioni. In Italia però c’è tanta cultura del ciclismo e squadre che fanno un’attività adeguata. 

Tante continental non hanno fatto il cambio di passo che ci si sarebbe aspettati…

Vero anche questo, però i team ci sono. La Colpack e il CTF sono un bell’esempio.

Tu hai iniziato a lavorare con gli juniores 8 anni fa, il mondo del ciclismo era tanto diverso. Cos’è cambiato?

Il primo anno che ho lavorato con il CC Canturino c’era qui Andrea Bagioli. Lui è uno che ha fatto un bel percorso, rimanendo sempre in Italia, è passato con la Colpack e poi è andato nel WorldTour. 

Fancellu è un altro dei ragazzi passati dal CC Canturino
Fancellu è un altro dei ragazzi passati dal CC Canturino
Ma 8 anni fa i Devo Team non esistevano, quindi si era abituati a rimanere in Italia. Ora l’estero è più attrattivo.

Entrare in quel mondo ti permette di avere un piede nel professionismo e questo va bene per i corridori che sono pronti, che hanno testa. Bagioli era uno di quelli che era predisposto, anche da junior, a fare il corridore. La sua carriera ne è un esempio. Altri ragazzi non lo erano o lo erano di meno. Mi viene in mente Fancellu, che forse avrebbe fatto meglio a rimanere in Italia e fare un percorso più tradizionale. I talenti li abbiamo…

Di questo siamo certi…

Altrimenti non verrebbero a prenderli dall’estero. Sono davvero tanti i ragazzi che finita la categoria juniores se ne vanno via (ora anche gli juniores possono andare all’estero, ndr). Serve un progetto per farli rimanere qui, per dare loro un’alternativa che possano ritenere valida.