Il modello Red Bull Rookies nel ciclismo: parla coach Wakefield

04.07.2025
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PINEROLO – Quello del team Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies è un progetto nato da pochi mesi con lo scopo di raccogliere quanto prodotto dalla squadra juniores, la Grenke Auto Eder. Il progetto del team under 23 si è concretizzato con l’arrivo del colosso Red Bull come sponsor principale della squadra WorldTour. Un passo importante ma per un certo senso quasi obbligato al fine di non perdere il lavoro di crescita fatto con i ragazzi, ma a anche per proporre loro un cammino pronto da percorrere. John Wakefield è responsabile della parte di sviluppo della squadra Rookies, nato solamente sei mesi fa e capace di sfiorare la maglia rosa al Giro Next Gen (in apertura foto Maximilian Fries).

«Personalmente – ci dice al termine della corsa rosa under 23 – siamo a buon punto, anzi forse anche in anticipo rispetto alle nostre aspettative e agli obiettivi del primo anno di questo progetto. A livello di performance ci siamo mossi bene arrivando pronti alle corse che avevamo in programma, in particolare al Giro Next Gen». 

Lo staff del team U23 è numeroso e ogni componente ha il suo compito e ruolo (foto Maximilian Fries)

Un cammino da “sogno”

Avere la possibilità di entrare in una realtà come quella del mondo Red Bull-BORA-hansgrohe è un sogno per molti ragazzi. L’obiettivo per il team, come lo è stato in passato quando esisteva solamente la Greke Auto Eder come squadra giovanile, è di trovare i migliori ragazzi al mondo. Lorenzo Mark Finn, insieme a Theodor August Clemmens e Paul Fietzke sono i corridori che hanno avuto modo di proseguire il loro cammino dopo la categoria juniores.

«Questo è il nostro “mondo perfetto” – prosegue Wakefield – perché con il nostro processo di scouting e di sviluppo vogliamo che un ragazzo passi dal team Grenke Auto Eder alla formazione Rookies, poi al WorldTour e infine a vincere. Invece di ingaggiare o comprare gli atleti solo perché sono bravi, noi abbiamo come scopo lo sviluppo e la crescita. Nel momento in cui facciamo scouting guardiamo a quello che il corridore ha fatto in passato, a quello che sta facendo oggi e a ciò che pensiamo di ottenere da lui domani».

Durante il Giro Next Gen la squadra è parsa subito affiatata e con un’ottima intesa
Durante il Giro Next Gen la squadra è parsa subito affiatata e con un’ottima intesa
Il progetto Rookies è partito quest’anno quindi sono stati inseriti dei ragazzi che non erano con voi prima…

Lo scouting è importante anche tra gli under 23, così come tra gli juniores (e gli allievi, ndr). Davide Donati è un esempio di quanto detto, lui arriva da una formazione italiana dove aveva già corso un anno da (under 23, ndr). Ci sono dei posti limitati all’interno della Grenke, quindi se all’epoca certi atleti non sono stati identificati o non hanno avuto modo di correre con noi, li porteremo nella formazione Rookies. 

Avere uno sponsor così grande alle spalle aiuta molto?

Senza alcun dubbio. La storia sportiva che c’è alle spalle del brand è sempre un vantaggio. Anche il loro modo di approcciarsi allo sport, in generale, è un biglietto da visita non indifferente. Se si guarda al lato delle gare automobilistiche il progetto Rookies funziona, tanti piloti che ora corrono in Formula 1 sono cresciuti in questo modo. 

Lorenzo Mark Finn era partito con i gradi di capitano ma si è trovato poi a lavorare per il compagno Tuckwell (foto La Presse)
Lorenzo Mark Finn era partito con i gradi di capitano ma si è trovato poi a lavorare per il compagno Tuckwell (foto La Presse)
Quanto è importante per voi vincere?

Niente è più attraente per un corridore di una squadra che vince. Se la tua squadra ottiene poche vittorie è difficile attrarre i migliori atleti, ma quello che conta non è il successo quanto piuttosto imparare. Non dobbiamo andare a vincere ogni singola gara, ma in tutte le corse partiamo con quell’obiettivo. Perdere fa parte del gioco e insegna tanto. Non vogliamo che i nostri atleti arrivino al picco prestazionale troppo presto. Si deve massimizzare il processo di crescita quando si arriva tra i professionisti

In che modo si gestiscono tanti ragazzi forti che hanno voglia di emergere?

Creando la squadra e il clima di collaborazione. Lorenzo Finn era partito per il Giro Next Gen con il ruolo di capitano ma quando Luke Tuckwell ha preso la maglia lui si è messo a disposizione. Non importa chi hai in squadra, nemmeno l’A-Team vincerebbe se non avesse il senso del gruppo. Nessun atleta è più grande del team. Non è possibile che un corridore sia sempre il numero uno. 

Aver perso la maglia rosa all’ultima tappa ha fatto male ma il processo di crescita passa anche da questi momenti (foto Maximilian Fries)
Aver perso la maglia rosa all’ultima tappa ha fatto male ma il processo di crescita passa anche da questi momenti (foto Maximilian Fries)
Non tutti però vogliono fare squadra o sono disposti a mettersi in secondo piano. 

Vero lo si vede spesso in ogni sport. Qui entra in gioco il modo in cui educhiamo i corridori e cerchiamo di far capire loro che il ciclismo cambia continuamente, e se non lo comprendono avranno grandi difficoltà nella loro carriera. 

E’ difficile pensare che tutti i corridori che passano dai vostri team di sviluppo poi andranno nel WorldTour, i posti sono comunque limitati…

Vero. Il nostro sogno è che tutti i ragazzi riescano poi a correre con la formazione principale ma se vediamo che un corridore è pronto e vuole andare via perché pensa di non avere spazio a noi va bene. Abbiamo comunque fatto il nostro lavoro.

La forza del team Rookies è legata al nome Red Bull e al metodo che l’azienda ha ormai instaurato in ogni sport nel quale opera (foto Twila Federica Muzzi)
La forza del team Rookies è legata al nome Red Bull e al metodo che l’azienda ha ormai instaurato in ogni sport nel quale opera (foto Twila Federica Muzzi)
Ufficialmente solo un atleta del team Rookies ha già un contratto con la squadra WorldTour per i prossimi anni, come mai?

Perché non crediamo sia un successo per l’atleta avere un programma definito. Sono ragazzi giovani che hanno tanto da imparare. Rimanere un anno in più nella squadra di sviluppo è normale e può succedere. Come può accadere di correre solo una stagione tra gli under 23. Però questo non lo si decide a tavolino. Altrimenti sarebbe come gettare qualcuno in pasto ai lupi. Con noi sai di avere l’occasione di correre nel WorldTour, poi se uno ritiene di essere pronto prima o ha idee diverse e trova un’altra squadra va bene comunque. Ripeto, noi vogliamo creare un percorso di crescita. 

Nuovo mondo Red Bull, 170 in ritiro. Aleotti racconta

02.11.2024
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Diceva l’altro giorno Enrico Gasparotto che al primo ritiro della Red Bull-Bora-Hansgrohe c’erano 170 persone. Curiosando sul web, ci siamo resi conto che si tratta del doppio esatto degli abitanti di Castellania, paese di origine di Fausto Coppi. Qualcosa di immenso che ben spiega lo stupore. E così, per averne un altro assaggio, abbiamo chiesto a Giovanni Aleotti di raccontarci questo primo incontro. Proprio lui che arrivava diretto dalla Cina e si è trovato catapultato nella nuova dimensione.

«Il numero di persone è notevole – racconta – soprattutto tante facce nuove. C’era anche la squadra under 23, quindi lo staff è aumentato e ci sono tanti nuovi corridori. Non bastava un albergo, ne hanno presi più d’uno. Eravamo in un paesino piccolo: Fuschl Am See, quello in cui è nata la Red Bull. Si trova sul lago ed è molto vicino sia al quartiere generale della Red Bull e anche al Red Bull APC, il centro di performance degli atleti, dove tutti abbiamo trascorso una giornata di test ed esami vari… (in apertura Aleotti durante un test, foto Facebook/Red Bull-Bora, ndr)».

Aleotti ha concluso il 2024 al Tour of Guangxi, qui sull’arrivo di Nongla. Poi è volato in Austria
Aleotti ha concluso il 2024 al Tour of Guangxi, qui sull’arrivo di Nongla. Poi è volato in Austria
Un altro cambiamento rispetto allo scorso anno?

Sì, assolutamente. Fino allo scorso anno facevamo i soliti test, gli esami del cuore, che invece questa volta sono stati veramente approfonditi. Sono partito dall’hotel con uno shuttle della Red Bull alle 6,30 del mattino e sono tornato alle sette di sera. 

Che test ti hanno fatto?

Del cuore, degli occhi, test di mobilità, per vedere dove migliorare alcuni distretti muscolari, un po’ di tutto. Soprattutto cose nuove e anche un test da sforzo sulla bici.

Durante la scorsa stagione il passaggio a Red Bull è stato discreto, quest’anno si sono visti i nuovi manager?

Finora io non ne avevo mai visto nessuno. Sono venuti a stagione in corso e secondo me sono stati molto bravi a gestire questo cambiamento. Era un momento delicato, piena vigilia del Tour de France. Non che adesso ci sia stata una rivoluzione, ma sono stati bravi a non portare troppi cambiamenti a stagione già iniziata.

Tu arrivavi dal Tour of Guangxi?

Esatto. La prima mattinata siamo stati nella sede di Bora, vicino a Monaco di Baviera. Abbiamo fatto il solito incontro con il capo Willi Bruckbauer, poi a metà mattinata ci siamo spostati in Austria e siamo stati accolti nella sede di Red Bull da uno dei capi che ci ha fatto un discorso di introduzione. Diciamo che la prima giornata l’abbiamo passata lì. Mi è piaciuto vedere da vicino quell’ambiente veramente molto bello. Non mi aspettavo che fosse così grande.

Le visite presso il Red Bull APC anche per Roglic (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Le visite presso il Red Bull APC anche per Roglic (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Per voi come corridori cambia qualcosa?

No, anche se chiaramente è arrivato qualcuno di nuovo anche nello staff. Non è stata una rivoluzione, i riferimenti per me sono più o meno gli stessi. L’unica cosa sarà che ogni atleta, oltre al coach e il suo nutrizionista, ha un diesse di riferimento. E’ una figura con cui si può discutere del calendario nel caso in cui ci siano problemi e quindi bisogna fare una modifica. Io dal 2022 ho sempre avuto Gasparotto, ma lui adesso ha cambiato ruolo e passerò con Roger Hammond, l’inglese arrivato dalla Ineos. Con Enrico ho costruito un rapporto di fiducia, rispetto e stima e so che e lui sarà sempre disponibile per una chiamata.

Red Bull è fortissima sul fronte della comunicazione, vi hanno già tirato dentro a qualche iniziativa mediatica?

Non ancora, ma se me lo chiedessero, mi piacerebbe essere coinvolto in progetti, dato che loro comunque hanno sempre idee fuori dal normale. Penso che sia anche il loro punto di forza, no? Fare comunicazione e marketing in questo modo è una cosa unica nel ciclismo, sarebbe bello esserne parte. 

In questo… paese di gente vestita allo stesso modo è appena arrivato Giulio Pellizzari.

In realtà non ho avuto tanto tempo di scambiare idee e pensieri con lui perché, come vi dicevo, avevamo un programma veramente pienissimo e concentrato. Però penso che sia un bravo ragazzo e troverà una squadra molto tranquilla. Non avrà problemi ad ambientarsi, in più so che lavorerà con Paolo Artuso che è una bellissima persona e sicuramente starà bene. Trova sicuramente un ambiente molto grande, ancora più grande di quando sono arrivato io. Nel 2021 forse c’era meno gente, però probabilmente era un ambiente diverso. Era sempre una squadra internazionale, però c’erano molti più tedeschi, sia nello staff, ma soprattutto fra direttori e corridori. Adesso invece i tedeschi sono sempre meno, non so se siamo più italiani che tedeschi in squadra. Come corridori siamo quattro, con Moscon, Giulio, Matteo Sobrero ed io. Quindi sicuramente non sarà un problema orientarci.

Una gara di carrozzini in discesa: team building e velocità (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Una gara di carrozzini in discesa: team building e velocità (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Una squadra in cui comunque bisogna conquistarsi la partecipazione alle gare che contano?

Sicuramente il posto bisogna guadagnarselo, ma questo penso che sia anche giusto. Dal momento in cui io atleta inizio a pensare che ho il mio posto assicurato in una corsa, anche senza rendermene conto l’impegno può essere diverso. Cambia quando so che me lo devo guadagnare. Prendiamo come esempio l’avvicinamento al Giro di quest’anno. La squadra non aveva otto nomi sicuri, tranne l’idea di portare Martinez e Kamna come capitani. Dall’inizio ci è stato detto che gli altri sei posti ce li saremmo guadagnati strada facendo. Questo non deve essere uno stress, bensì lo stimolo a lavorare bene, dimostrare di essere all’altezza.

Eri comunque in una lista di corridori per il Giro, no?

Questo sì, soprattutto per impostare i training camp in altura e le corse, perché la preparazione per il Giro non si improvvisa ad aprile. Un po’ diverso invece è stato per la Vuelta. Non ero sicuro al 100 per cento, ma avevo ricevuto diverse conferme.

Come sarà il tuo inverno?

Adesso stacco, sinceramente voglio riposarmi e stare a casa. Ho fatto 85 giorni di corsa e tre ritiri in altura, più il training camp di Mallorca d’inizio anno. E anche nel finale, dopo la settimana di corse in Italia in cui sono stato una settimana con la squadra, sono andato per una settimana in Cina e da lì direttamente in Austria, quasi quanto un Grande Giro.

Dopo l’ottimo Giro, Aleotti ha scortato Roglic alla vittoria della Vuelta
Dopo l’ottimo Giro, Aleotti ha scortato Roglic alla vittoria della Vuelta
Sapete già le date del prossimo ritiro?

Non le hanno confermate, ma penso che andremo a Mallorca indicativamente dall’8 dicembre a prima di Natale. Per cui farò 15-20 giorni senza bici e poi riprenderò qualche uscita piano piano, anche per fare anche un po’ di movimento. Rientrare con calma, ma senza stress.

Ottantacinque giorni di corsa. La vittoria al Giro di Slovenia. Il Giro e la Vuelta: in entrambi i casi, pur tirando per i suoi capitani, Aleotti ha centrato il settimo posto nella classifica dei giovani. Venticinque anni compiuti a maggio, il gradimento sempre crescente e il senso di belle cose in arrivo. Anche per questo la Red Bull-Bora-Hangrohe lo ha fatto rifirmare fino al 2026. La sensazione è quella di un giovane che sta crescendo per gradi come si faceva un tempo e che il suo tempo potrebbe essere davvero molto vicino.

L’avventura di Justin Williams, messaggero di un nuovo ciclismo

10.07.2024
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Un giorno Justin Williams disse a suo padre che voleva fare come lui, diventare un corridore. Suo padre gli disse: «Ok, inizierai oggi. Ho in programma 110 km da fare sulla Pacific Coast Highway. Andiamo». Il 13enne Justin resse un bel po’, ma dopo 80 km si fermò per i crampi. Imperturbabile, suo padre lo lasciò indietro. Justin incredulo rimase ai bordi della strada, finché suo zio con il pick up non tornò a prenderlo. A casa chiese spiegazioni e serafico suo padre rispose: «Oggi hai imparato una lezione molto più importante dei chilometri percorsi: il ciclismo è duro e bisogna affrontarlo seriamente. Se hai intenzione di farlo, non ho nulla in contrario».

Justin Williams è nato il 26 maggio 1989. Ha vinto 2 titoli nazionali Usa nel 2018-19 e 2 nel Belize (2021-23)
Justin Williams è nato il 26 maggio 1989. Ha vinto 2 titoli nazionali Usa nel 2018-19 e 2 nel Belize (2021-23)

L’uomo del rilancio a stelle e strisce?

Perché parliamo di Williams? Certamente non è un corridore da prime pagine dei giornali, non frequenta neanche più il ciclismo professionistico, eppure negli Usa è considerato un personaggio, che sta cambiando anche la stessa visione del ciclismo. Provando anche a riportarlo in auge dopo i fasti e le contraddizioni dell’epoca di Armstrong, ma su basi completamente diverse.

Proveniente dal centro-sud di Los Angeles, forgiandosi nella vita di strada dove ogni dollaro era considerato una conquista, Williams inizialmente aveva provato a fare il ciclista attraverso i normali canoni, facendosi anzi notare su pista con alcuni titoli nazionali juniores. Ma la sua passione era su strada e tramite Rahsaan Bahati entrò anche in contatto con Axel Merckx, approdando alla Trek-Livestrong, contribuendo alla vittoria di Phinney nella Parigi-Roubaix U23, conquistando anche qualche kermesse in Belgio.

La conquista del titolo americano nei criterium 2018, bissata l’anno successivo
La conquista del titolo americano nei criterium 2018, bissata l’anno successivo

Da ciclista a imprenditore

Non era però quella la sua dimensione, così nel 2010 decise di non tornare in Europa. Alcuni anni dopo suo fratello Cory, che aveva trovato spazio alla Cylance Pro Cycling lo convinse a riprovarci, ma questa volta Justin prese una strada diversa, partecipando ai criterium nazionali aggiudicandosene 15, che diventarono 14 l’anno dopo, il 2017. Nel 2018 e ’19 vinse il titolo nazionale in questo tipo di competizioni, ma più che le vittorie, Joseph aveva capito che quella poteva essere la sua strada, non solo come corridore.

Nel 2019 Williams iniziò la sua attività come dirigente, abbinata a quella di corridore, fondando la L39ION, team continental di Los Angeles dedito quasi esclusivamente a questo tipo di competizioni. Iniziò con 7 corridori, coinvolgendo suo fratello Cory che prima di lui era stato estromesso dalla Cylance. Fra questi anche Kendall Ryan, selezionato per i Giochi Olimpici del 2021. L’idea di Justin era sviluppare l’attività promuovendola soprattutto negli ambienti neri e ispanici, facendo capire che poteva essere una strada buona per uscire dal ghetto, urbanistico ma anche culturale. Da lì iniziò la sua parabola, avversata dalla federazione nazionale al punto che Williams ha optato per la nazionalità dei suoi genitori, il Belize.

Il californiano ha fondato tre team, partendo dal L39ION di Los Angeles (foto Wilson)
Il californiano ha fondato tre team, partendo dal L39ION di Los Angeles (foto Wilson)

Il ciclismo, uno sport “bianco”…

«Usa Cycling non vuole miglioramenti perché è ancorata a vecchi schemi – ha recentemente affermato a Rouleur in una trasferta in Europa per promuovere un nuovo team con base a Londra – L39ION è nata per promuovere la diversità e la rappresentanza nel mondo dello sport sfidando idee che ormai sono obsolete. Il ciclismo, come tanti altri sport, è principalmente bianco e invece deve aprirsi, diventare multietnico. Ma può farlo solo attraverso vie nuove, ad esempio incrementando l’attività dei criterium che sono molto più spettacolari del ciclismo classico».

Williams, nella sua attività di imprenditore va davvero come un treno. L39IOn è solo la prima delle squadre da lui fondate. La sua idea ricalca molto esempi tipicamente americani mutati dagli sport di squadra: innanzitutto più team con nomi fantasiosi e che colpiscano la gente proprio come avviene nel basket o nel football, ad esempio Miami Blazers, Austin Outlaws. Poi coinvolgendo grandi sponsor assolutamente fuori dal mondo ciclistico: Williams è diventato una sorta di ambasciatore per Red Bull (che ha addirittura realizzato un docufilm per raccontare la sua storia, “Dear 39th Street”), ha coinvolto una grande azienda come Assos, ha spinto una grande compagnia d’investimenti come Wasserman Ventures ad affiancarlo. Il tutto per lanciare la sua nuova organizzazione, Williams Racing Development (WRD) destinata a prendere strade diverse da quelle canoniche.

Williams ha coinvolto grandi aziende nel suo progetto e punta ad allestire un calendario alternativo
Williams ha coinvolto grandi aziende nel suo progetto e punta ad allestire un calendario alternativo

La lotta con la federazione

«Dobbiamo modernizzare e diversificare il nostro sport per coinvolgere un pubblico più giovane. Ma queste idee non sono bene accette e USA Cycling continua la sua guerra contro di me, contro le mie idee perché vanno a minare lo status quo».

L’ultimo atto è una squalifica di due mesi comminatagli per un acceso diverbio con un altro corridore in uno degli ultimi criterium dello scorso anno: «La federazione applica regole diverse a persone diverse, ma non capisce che prendendomi costantemente di mira fa di me un esempio e chi guarda il tutto da fuori viene spinto ad abbracciare il mio credo. Per questo sto spingendo perché ai criterium vengano coinvolti sempre più commissari indipendenti, si esca dalle catene imposte dalla federazione che non fa nulla per far crescere questo sport.

Williams spinge sull’attività dei criterium, più spettacolari e godibili dal pubblico (foto Snowymountain)
Williams spinge sull’attività dei criterium, più spettacolari e godibili dal pubblico (foto Snowymountain)

Un uomo che non si arrende

«Mi criticano perché nelle gare le squadre vengono invitate a partecipare a discrezione dell’organizzatore. Ma nel ciclismo professionistico non avviene lo stesso? E’ questo che intendo quando parlo di regole diverse, è un doppio standard per giustificare l’odio nei miei confronti. Qualsiasi persona normale si sarebbe già arresa, ma io vengo dai bassifondi e so che bisogna sempre andare avanti. Vengo da un’America razzista dove anche gli insegnanti ti trattano come se non fossi nulla. Devi costruirti da solo. Del mio esempio si parla dappertutto, anche nel WorldTour mi conoscono e vogliono saperne di più perché io viaggio verso nuove frontiere ciclistiche delle quali altri beneficeranno».

La nuova Teammachine R, simbolo dell’evoluzione BMC

07.10.2023
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LAGO DI COMO – Vista al Delfinato e al Tour, la nuova BMC diventa ufficiale nel giorno de Il Lombardia 2023. Si chiama Teammachine R a tutti gli effetti un’ulteriore evoluzione della Teammachine, ancora più efficiente in termini di aerodinamica e con un design destinato a lasciare il segno.

La nuova Teammachine R (acronimo di racing) rafforza ulteriormente una collaborazione strategica fra BMC e Red Bull Advanced Technology, partnership dalla quale ha preso forma anche la Speedmachine. L’abbiamo vista e provata in anteprima, portandola in uno dei luoghi sacri del ciclismo: il Ghisallo (foto di apertura).

Teammachine R Three (foto BMC)
Teammachine R Three (foto BMC)

Tra ciclismo e Formula Uno

«Si può ancora inventare qualcosa di nuovo – commenta Stefan Christ, responsabile R&D di BMC – innovare e sviluppare, esplorare delle soluzioni che non erano state provate fino ad ora, ma per farlo è necessario spingersi oltre. Siamo riusciti ad unire la meticolosità ingegneristica della F1, questo grazie alla collaborazione con Red Bull, alla conoscenza del nostro Impec lab, in ambito ciclistico e di applicazione del carbonio sulle biciclette.

«Il risultato è straordinario – prosegue Christ – e va ben oltre i numeri delle migliaia di analisi che abbiamo condotto. La nuova Teammachine R non rappresenta esclusivamente una bicicletta, ma è anche il punto in cui la tecnologia può cambiare ed evolvere ancora. Questa bici è di fatto il secondo prodotto che nasce dalla collaborazione tra BMC e Red Bull».

Stefan Christ, con la prima Teammachine full carbon usata da Tylor Phinney
Stefan Christ, con la prima Teammachine full carbon usata da Tylor Phinney

300 pelli di carbonio

La bici nella sua totalità è ricchissima di dettagli. Il telaio è completamente in composito ed è costruito utilizzando oltre 300 pezze di carbonio (910 grammi dichiarati, con verniciatura e nella versione LTD).

Il progetto forcella prende nome di Halo, è full carbon e ha un valore alla bilancia dichiarato di 395 grammi (mentre il reggisella, con design specifico ne pesa 155 e contiene la batteria Di2). Nella parte alta, i foderi si allargano (mai vista una forma del genere, se non nella Speedmachine), con l’obiettivo di creare il minor contrasto possibile con lo spazio frontale. E’ ottimizzata per pneumatici da 25/28 millimetri, ma ci stanno gomme fino a 30 di sezione. Questo fattore collima con le sezioni frontali ridotte degli steli che, se osservati frontalmente, sembrano triangolari. Ma sono tutti i profilati a portare in dote un nuovo sviluppo legato a forme, volumi e applicazione della fibra composita.

Ne sono un esempio la scatola del movimento centrale (che adotta il nome di Mariana, per via del suo disegno che scarica in modo importante verso i foderi del carro), il piantone e l’orizzontale, elementi che agevolano lo scorrimento dell’aria verso il retro e considerano il binomio bici/atleta.

L’abbondante scatola del movimento centrale
L’abbondante scatola del movimento centrale

Manubrio con molto flare

Dalla Teammachine SLR 01 sono stati mutuati i portaborraccia integrati Aerocore e anche il manubrio integrato ICS con flare di 12,5° (largo 36 centimetri nella parte superiore dei manettini, 42 al limite inferiore della curva).

Il forcellino del cambio si nasconde nel telaio e anche le sedi filettate dei perni passanti sono completamente nascoste. La nuova BMC Teammachine R, a parità di allestimento e condizioni è più veloce del 3,5 per cento se comparata con la Teammachine SLR.

Allestimenti e prezzi

La Teammachine R è disponibile in cinque allestimenti diversi, ai quali si aggiunge un frame-kit (5.999 euro). La 01 LTD porta in dote la trasmissione Sram Red eTap AXS, con un prezzo di listino di 14.999 euro (con questo allestimento il delta del peso, per tutte le taglie è compreso tra i 6,85 e 7,3 chilogrammi). La 01 TWO è quella con la trasmissione Dura Ace ed un prezzo di listino di 13.999 euro. Ci sono poi le 01 Three e Four, rispettivamente con il Force eTap AXS e Ultegra Di2 a 9.499 e 8.999 euro.

Sono 6 le taglie (47, 51 e 54, 56, 58 e 61) a disposizione e tutte mostrano un valore dell’interasse molto ridotto. Solo le due più grandi, la 58 e la 61, hanno un passo totale di pochi millimetri sopra il metro di lunghezza.

Le prime impressioni

Circa 60 chilometri e poco più di due ore con 650 metri di dislivello positivo, come un “aperitivo”, perché per descrivere ed argomentare una bici, a nostro parere ci vuole più tempo, anche se la stessa bicicletta offre un feeling immediato. E’ più rigida e sicuramente più aerodinamica rispetto alla versione SLR della Teamachine “tradizionale”.

La rigidità si sente principalmente nella zona centrale e sull’avantreno, con un’agilità e una rapidità di cambiare direzione non comune per una bici aero. Questi due aspetti si percepiscono di pari passo alla stabilità e alla capacità della bicicletta di aumentare la velocità in un amen, il tutto considerando delle ruote da 62 millimetri. E’ da considerare anche in ottica della salita, visto che le ruote da 62 non sono così usuali e la nuova Teammachine R, nonostante è da categorizzare come bici da agonista vero e proprio, offre un feeling immediato.

BMC-Switzerland

BMC Speedmachine, la rivoluzione della velocità

07.09.2023
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Per muoversi alla velocità della Formula 1 è necessario un approccio all’innovazione senza compromessi. BMC ha realizzato la bicicletta più veloce che abbia mai testato, in ogni condizione possibile. Ecco la nuova Speedmachine che eredita quanto di buono fatto dalla Timemachine e attua una vera propria rivoluzione della velocità. Per la sua realizzazione sono state unite l’innovazione, le intuizioni degli atleti e la collaborazione con Red Bull Advanced Technologies, per riscrivere gli standard di stabilità e aerodinamica.

Con Red Bull

Una collaborazione all’insegna della velocità e della performance portata all’ultimo stadio. Il team Red Bull Advanced Technologies e gli ingegneri dell’Impec Lab di BMC hanno dato alla luce la Speedmachine riscrivendo gli standard per questa tipologia di bici. Red Bull ha messo a disposizione la sua capacità in ambito di Ricerca e Sviluppo, con strumenti come le simulazioni di massa, analisi di fluidodinamica computazionale e i test nella galleria del vento.

La Speedmachine doveva essere aerodinamica, leggera e mantenere la leggendaria rigidità per cui era nota la Timemachine. Più facile a dirsi che a farsi, ma gli esperti dell’ingegneria dell’Impec Lab e il team Red Bull hanno dimostrato di avere ben più di qualche asso nella manica nel loro camice da laboratorio.

Dalle corse

L’innovazione e il feedback degli atleti sono al centro del lavoro di BMC: per assecondarne le richieste è stata realizzata una vera e propria rivoluzione. La Speedmachine è stata sviluppata in stretta collaborazione con i triatleti professionisti e con i corridori del WorldTour, che hanno richiesto sicurezza e affidabilità. I corridori vogliono sapere che, quando si stanno giocando il tutto per tutto, possono contare su una bicicletta che li assecondi al 100 per cento e anche oltre.

La Speedmachine è una bicicletta che si può guidare in posizione aerodinamica con lo stesso livello di sicurezza della bicicletta da strada. Indipendentemente dalle condizioni e dal percorso.

«La differenza più evidente – ha detto Max Neumann, del BMC Pro Triathlon Team – rispetto alla Timemachine è la stabilità della Speedmachine in velocità, in salita e nei venti laterali.

Mentre Ben O’Connor dell’AG2R Citroën ha commentato: «La nuova Speedmachine è veramente impressionante: per me rappresenta una svolta. I principali aspetti positivi sono la manovrabilità e la stabilità».

Elogio all’aerodinamica 

Quando si progetta una bicicletta ottimizzata per l’efficienza aerodinamica, il controllo del flusso d’aria è fondamentale. Per questo, la forma di ogni tubo e la posizione più ampia della forcella contribuiscono a ridurre la resistenza aerodinamica in tutti gli angoli di imbardata. Dagli spoiler rivoluzionari della forcella SharkFin, ispirati alla Formula 1, alle forme all’avanguardia delle tubazioni che neutralizzano l’aria intorno al telaio. La filosofia aerodinamica su cui si basa la Speedmachine descrive una perfetta armonia tra velocità e stabilità.

Grazie a una nuova e rivoluzionaria geometria dello sterzo, la BMC Speedmachine offre una sicurezza e un’affidabilità mai viste prima nella sua categoria. Ottimizzando la distribuzione del peso durante gli allunghi, è possibile mantenere la posizione aerodinamica più a lungo e andare più veloci grazie anche al mezzo chilo risparmiato rispetto alla versione precedente. 

Disponibile in tre versioni con differenti allestimenti, la prima è la Speedmachine 01 TWO Red da 10.999 euro. Segue la Speedmachine 01 LTD Black a 16.999 euro. Infine, limitata a soli 50 esemplari, la Speedmachine 00 a 23.000 euro. Per quest’ultima ogni proprietario riceverà un esclusivo dispositivo BMC Aero Motion, una valigia da viaggio premium e un accesso esclusivo al BMC Platinum Owners Circle. Acquistabile anche il kit telaio completo a 6.999 euro. 

BMC

Lazer Vento e Strada: è la Wout Van Aert Limited Edition

18.03.2023
5 min
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L’ultima famiglia dei caschi Lazer porta con sé la tecnologia Kineticore, soluzione che rende i caschi differenti dagli standard del mercato. Strada e Vento, i due prodotti dedicati in maniera specifica al settore road, sono leggeri, ventilati ed estremamente confortevoli ed ora anche con la livrea Limited Edition Red Bull dedicata Wout Van Aert.

Dopo aver provato il modello Lazer Vento in occasione del lancio ufficiale, abbiamo testato il modello Strada (nella colorazione bianco nero).

Collaborazione con Red Bull

Le particolarità di questa produzione non stanno solo nella tecnologia dei due modelli – Vento e Strada – e nella livrea cromatica, ma anche nel fatto che questi di Lazer sono ufficialmente i primi caschi Red Bull che vengono messi in commercio.

Rispetto alle versioni standard, le caratteristiche tecniche non cambiano. Quello che cambia è la livrea blu cangiante, che è parte del DNA Red Bull, oltre alla presenza del logo dell’azienda austriaca abbinato a quello di Wout Van Aert. I prezzi di listino sono di 269,99 per Vento (modello usato in tutte le situazioni da Van Aert) e 119,99 euro per Strada, prezzi che non si discostano dalle versioni “convenzionali”.

Chiusura ScrollSys

Il sistema di chiusura ScrollSys consiste in un dispositivo meccanico che sostituisce il rotore posteriore micrometrico e perimetrale. E’ molto preciso ed ha il vantaggio di essere completamente integrato nella struttura del casco, un fattore da considerare anche in ambito sicurezza. Agisce in modo diretto sulle due gabbiette inferiori che si adeguano alla forma del collo, ma anche sul filler perimetrale per una calzata ottimale, con pressioni ben distribuite. Appena sotto il nastro di azionamento posteriore, c’è una piccola asola che è utile per il montaggio del led. Non un semplice dettaglio.

La tecnologia Kineticore del mold e delle imbottiture
La tecnologia Kineticore del mold e delle imbottiture

Fronte e retro, forma diversa

Il numero delle imbottiture è ridotto all’osso, sono solo 4. Una frontale con degli spessori differenziati e due laterali, oltre a quella centrale, anche quest’ultima con spessori differenti e un’asola centrale per agevolare l’espulsione del calore. Tutto questo è reso possibile anche grazie all’adozione di Kineticore, con tutti quei piccoli tasselli del mold che hanno una miriade di funzioni.

E poi la forma di questo Lazer, più largo davanti e nella zona delle ossa Sfenoide, più stretto ed asciutto man mano che passa verso il retro, forma che non influisce minimamente sulla bontà del fitting. Questa forma è comune anche al modello Vento.

I nostri feedback

Lazer Strada è un casco estremamente comodo e ventilato in ogni situazione, fattore quest’ultimo che si percepisce anche alle velocità più basse, magari in salita, magari quando si ha il naso all’insù in un ambiente gravel. L’accumulo del calore e dell’umidità prodotti durante lo sforzo sono davvero ridotti, merito delle imbottiture, ridotte come numero e di ottima qualità, ma anche dei tasselli Kineticore che lasciano l’aria libera di circolare.

Preciso ed efficace il sistema di chiusura, aspetto che avevamo già sottolineato in occasione della prova del modello Vento. Lo stesso sistema influisce parecchio sul design del casco, che ha un profilo tronco marcato e che risulta in linea con i più moderni sviluppi per quanto riguarda le forme. Inoltre, sempre nella zona posteriore, i due lati scendono verso il basso in maniera importante, un ulteriore vantaggio in fatto di protezione per zone sensibili come quella occipitale e parietale inferiore.

Lazer Strada Kineticore è un casco che conosce pochi limiti d’impiego e di modi per essere sfruttato a pieno. E poi ha un rapporto eccellente tra la qualità ed il prezzo.

Lazer