Team Qhubeka, l’ultimo articolo è un grido d’aiuto

05.11.2021
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Se non fosse che ad andarci di mezzo sono un’idea e un bel gruppo di brave persone, fra corridori e personale, si potrebbe dire che la storia del Team Qhubeka sia ai titoli di coda e passare oltre. In realtà è triste ammettere che i tempi per presentare la richiesta di affiliazione come team WorldTour siano scaduti dal 19 ottobre e che andare oltre significherebbe pagare anche le sanzioni giornaliere imposte dal severo schema dell’Uci.

La squadra è megafono di Qhubeka Charity, che raccoglie fondi e acquista bici per l’Africa
La squadra è megafono di Qhubeka Charity, che raccoglie fondi e acquista bici per l’Africa

E’ la squadra che lo scorso anno ha accolto Fabio Aru e che ha dato una seconda carriera a Domenico Pozzovivo. Che ha vinto tre tappe al Giro con Nizzolo, Schmid e Campenaerts, chiudendo il ranking in 21ª posizione. Non il massimo, ma non troppo lontano da Lotto Soudal e Team Dsm.

Un grido d’aiuto

L’ultimo grido di allarme di Ryder Douglas è apparso ormai da due settimane sul sito del team, senza che apparentemente ci siano state risposte. La squadra nacque nel 2008 proprio da un’idea di Douglas con il nome di Mtn. Prima continental, poi professional infine dal 2016 nel WorldTour. Ricordate la maglia bianconera con cui Kristian Sbaragli vinse una tappa alla Vuelta del 2015 o ancor prima quella gialla e nera con cui Ciolek vinse la Sanremo 2013 davanti a Sagan e Cancellara?

Con la maglia MTN-Qhubeka, Ciolek vinse la Sanremo del 2013 su Sagan e Cancellara
Con la maglia MTN-Qhubeka, Ciolek vinse la Sanremo del 2013 su Sagan e Cancellara

Il salto di qualità lo fecero nel 2016 con l’arrivo di Dimension Data e al suo ritiro con il breve avvento di Ntt e la presenza di Bjarne Riis. Già alla fine del 2020, quando l’avventura del manager danese si concluse, la squadra parve sul punto di fermarsi. La salvarono Assos e la scelta di alcuni corridori, fra cui Nizzolo, di restare con la sua maglia di campione europeo. Ma ora sembra tutto sul punto di sbriciolarsi.

L’Africa che cresce

L’Africa cresce e proprio sul più bello il solo team africano deve chiudere i battenti? Scrive così Douglas Ryder sul sito della squadra: «Sin dall’inizio, il nostro team ha fornito speranza e opportunità a oltre 50 corridori africani che hanno corso per noi a livello Continental, Pro Continental o World Team e, di conseguenza, hanno avuto l’opportunità di mostrare il loro talento e realizzare i loro sogni.

Kristian Sbaragli, Castellon, Vuelta Espana 2015
Kristian Sbaragli, al terzo anno da professionista, vince così la tappa di Castellon alla Vuelta 2015
Kristian Sbaragli, Castellon, Vuelta Espana 2015
Kristian Sbaragli, al terzo anno da professionista, vince così la tappa di Castellon alla Vuelta 2015

«La recente notizia che il Rwanda ospiterà i Campionati del mondo 2025 è un momento enorme per il nostro sport e uno di cui siamo molto orgogliosi per il ruolo che abbiamo svolto a sostegno dell’Africa, del suo potenziale ciclistico e come destinazione in cui correre. Vedere Biniam Ghirmay dall’Eritrea arrivare secondo ai campionati del mondo U23 quest’anno è stato incredibile. Aveva solo 14 anni quando Daniel Teklehaimanot ha indossato la maglia di re della montagna nel Tour de France 2015 con la nostra squadra. Le loro storie, così come il viaggio di Nicholas Dlamini dalle township di Città del Capo al Tour de France, sono fonte di ispirazione».

Due progetti

Perché dietro c’è un progetto, anzi ce ne sono due. Il primo è quello connesso a Qhubeka Charity, l’associazione che raccoglie e dona biciclette a ragazzi africani, vedendo in quelle due ruote la possibilità di ridurre i tempi di percorrenza verso le scuole e dare così accesso all’istruzione. Il secondo è quello di portare al professionismo corridori africani che negli anni sono effettivamente transitati attraverso la loro continental, guidata prima da Francesco Chicchi e ora da Daniele Nieri, e di lì al professionismo. 

Lo staff della Qhubeka-NextHash fa festa per Aru, che alla Vuelta ha lasciato il ciclismo
Lo staff della Qhubeka-NextHash fa festa per Aru, che alla Vuelta ha lasciato il ciclismo

«Nelle nostre divise Continental e World Team – scrive ancora Douglas – abbiamo personale e ciclisti che sostengono il nostro messaggio, cioè che le biciclette cambiano la vita, e ci consentono di essere una piattaforma per aumentare la consapevolezza e raccogliere fondi per la Qhubeka Charity.

«Siamo completamente unici nel panorama sportivo come organizzazione, guidata da uno scopo che nel corso della nostra partnership decennale con Qhubeka ha visto il team raccogliere oltre 6 milioni di dollari per l’organizzazione di beneficenza e nel processo ha cambiato migliaia di vite».

Ryder Douglas sta ancora lottando, ma il tempo stringe
Ryder Douglas sta ancora lottando, ma il tempo stringe

Un sogno tutto giallo

A Douglas Ryder va dato atto che non si è mai arreso. Altri manager in passato hanno preso atto della situazione e alzato bandiera bianca, lui no. Ma questa volta la sfida è impari.

«Rimaniamo fiduciosi che la nostra storia non sia completa – scrive ancora – il nostro viaggio continuerà, per continuare a cambiare la vita attraverso le biciclette. Ho sempre detto che il nostro sogno per questa squadra sarebbe vedere un giovane africano, che ha iniziato il suo percorso su una bici Qhubeka, correre un giorno sulla strada più famosa del ciclismo: gli Champs Elysée. Solo così il sogno sarà completamente realizzato».

Al via da Torino per l’ultimo Giro, in cui il team vincerà tre tappe
Al via da Torino per l’ultimo Giro, in cui il team vincerà tre tappe

Infine il grido d’aiuto

«Se voi, o qualsiasi membro della vostra rete aziendale – si conclude il toccante testo – desiderate collaborare con il nostro team e continuare a cambiare la vita, contattateci qui. Grazie per il vostro sostegno».

Il messaggio si chiude con un’invocazione di aiuto, quasi la resa di un uomo che le ha provate tutte e sta per mollare. I corridori hanno ricevuto il via libera e hanno trovato altre sistemazioni. Altri sono ancora in cerca. E così il messaggio di Douglas, come la bottiglia di un naufrago, è lì che galleggia da due settimane. Eppure, con un pizzico di ottimismo che non guasta, la sensazione che possa farcela anche questa volta resta ancora a farci compagnia…