Richard Carapaz, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Angliru spettrale, distacchi minimi

01.11.2020
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Angliru, tanto tuonò, che alla fine non piovve. E non perché nello scenario spettrale e vuoto di pubblico, i corridori si siano risparmiati, ma perché quando il livello dei contendenti è pressoché simile, su certe pendenze è difficile scavare grandi differenze se non si verificano crolli. In qualche modo il duello di oggi ha ricordato un rigido battibecco televisivo fra Simoni e Pantani nel giorno del primo Zoncolan. Simoni disse appunto che su pendenze troppo elevate non si producono grossi distacchi, Pantani rispose che per uno scalatore le pendenze elevate dovrebbero essere un invito a nozze. Troppo diversi quei due per volersi bene.

Robert Gesink, Sepp Juss, Primoz Roglic, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru
Robert Gesink, Sepp Juss, Primoz Roglic, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru

Roglic si salva

Ripresa la fuga, Roglic ha alzato la voce e messo prima Gesink e poi Kuss a tirare, ma dopo un po’ Primoz ha scoperto che la coperta era troppo corta. E quando si è reso conto del rischio che correva, ha preso il suo passo ed è arrivato in cima perdendo la maglia per soli 10 secondi

«Era una salita troppo dura per un velocista – ha scherzato il capitano nella Jumbo-Visma – e io non ho avuto la mia giornata migliore, così alla fine sono soddisfatto del risultato. Ho ancora una buona classifica e sono molto contento. Ovviamente mi sarebbe piaciuto guadagnare tempo piuttosto che perderlo, ma è andata così. La squadra è stata ancora una volta molto forte e molto impressionante. Mi dispiace per Kuss, perché sicuramente avrebbe potuto vincere la tappa. Voglio ringraziarlo per il supporto negli ultimi chilometri, senza di lui avrei perso più tempo. Ora ci godremo il giorno di riposo e poi ci concentreremo sulla crono. Darò tutto per vincere la Vuelta e nella terza settimana è tutto possibile».

Carapaz fa festa

Carapaz è partito a testa bassa a circa due chilometri dall’arrivo, ma si è capito che non sarebbe riuscito a guadagnare quel che sperava. Per sua fortuna, è riuscito ad agganciarsi al trenino Vlasov-Mas e a mettere in cascina i 10 secondi che gli sono valsi la maglia rossa.

«Questa salita ha fatto una selezione naturale – ha detto – abbiamo già speso molte energie ieri e anche oggi è stata una tappa molto dura. Mi ricordavo questa salita dal 2017, ma è stato incredibile farla in mezzo a tanto silenzio. Alla fine ci ho provato, anche Mas, Vlasov e Carthy ci hanno provato. E io ho continuato con il mio ritmo, mettendo insieme un vantaggio di 10 secondi. Per noi è fantastico, andiamo verso la cronometro con l’idea di dare il massimo e difendere la leadership. Sono molto felice di indossare di nuovo la maglia. E’ una buona cosa per me, per la Ineos-Grenadiers e per tutto quello che abbiamo fatto».

Carthy non ci crede

La voglia di andarsene dalle corse minacciate dal Covid, deve essere un segno distintivo della Ef Pro Cycling del 2020. Dopo averci provato al Giro, ci hanno riprovato anche alla Vuelta. Ma evidentemente è una tecnica che porta bene. Con due tappe vinte in Italia, ecco la seconda della Vuelta con Hugh Carthy dopo Michael Woods a Villanueva de Valdegovia.

«E’ un sogno – ha detto Carthy stravolto dopo l’arrivo – in ogni gara professionistica vincere è un sogno che si avvera. Ma vincere in un grande Giro, sua una salita mitica come questa… non c’è niente meglio di così. E’ difficile da esprimere a parole. La prossima settimana sarà eccitante. Soprattutto per il pubblico da casa, perché ne vediamo poco lungo le strade. E’ una corsa serrata e manca ancora la cronometro. E’ ancora tutto da giocare».

Primoz Roglic, Nuances, Vuelta Espana 2020

Bagioli, un arrivo per prendere le misure

30.10.2020
3 min
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Bagioli stavolta ci ha provato. Mancavano poche centinaia di metri al traguardo di Suances, quando il valtellinese della Deceuninck-Quick Step ha visto partire Guillaume Martin e si è fiondato nella sua scia. La tappa poteva concludersi con una volata, per questo la squadra belga si era messa in testa a tirare per riprendere la fuga, con il tacito accordo che se Bennett non se la fosse sentita di fare la volata in salita, il peso della corsa sarebbe passato sulle spalle di Bagioli.

Due capitani

«La tappa – racconta Andrea – era più dura di quanto si vedesse su carta. Siamo partiti per fare la volata con Sam, che voleva riscattarsi dopo la squalifica di ieri, ma se si fosse staccato sarebbe toccata a me. E lui ha detto che non si sentiva tanto bene già a 120 chilometri dall’arrivo…».

Partenza da Castro Urdiales, si va verso le Asturie
La partenza da Castro Urdiales

Dov’è Valverde?

Sarebbe l’arrivo di Valverde, ma se quest’anno senza i soliti schemi tanto è pesato a Nibali, immaginate voi che cosa può essere stato per il murciano che ad aprile ha compiuto 40 anni. Alejandro è lì davanti, ma quando Guillaume Martin allunga e dietro di lui esplode la tappa, ha già la riserva accesa e deve sedersi sotto il peso degli anni che si traducono in tre miseri secondi, ben più pesanti per il suo orgoglio. Nei commenti però Alejandro guarda avanti.

«Affrontiamo i prossimi due giorni nelle Asturie – dichiara – con entusiasmo e curiosità. Saranno due tappe molto dure, in cui il fattore strategico può essere importante. Attaccheremo, comunque vada ci avremo provato. Le due giornate, sia la Farrapona sia l’Angliru, possono essere decisive. La vittoria di Roglic? Per me sta dimostrando di essere il più forte della Vuelta».

Bagioli attacca

Ci vuole un po’ per raggiungerlo, il dopo corsa ha rituali e trasferimenti, ma alla fine Bagioli è dei nostri e il suo racconto riprende, mentre pensiamo che l’Italia forse ha trovato un altro nome da mandare a memoria.

Andrea parte e si accorge subito che sulla sua destra una freccia verde accelera brutalmente. Roglic ha letto lo stesso movimento di Martin e ha capito che quello è il punto. Il cambio di ritmo non è contrastabile, ma Bagioli non molla. Si siede e dà veramente tutto fino al traguardo, anche se Grosschartner lo affianca e lo passa di un soffio.

«E’ stato un onore avere compagni come Morkov e Stybar che lavoravano per me – racconta Andrea – quindi ho provato a dare un senso alla giornata. Roglic in questo momento è il più forte al mondo. Ho rivisto il video e guardandolo in faccia sembra che non abbia fatto fatica. Ma io sono soddisfatto delle mie sensazioni, meglio che nei giorni scorsi quando ho fatto gruppetto nella tappa di montagna».

Nella tappa di Laguna Negra, per Bagioli un passaggio a vuoto ormai dimenticato
Dimenticato il passaggio a vuoto di Laguna Negra

«Anche io proverò ad andare in fuga nei prossimi giorni – prosegue il valtellinese – non terrò duro sulle prossime salite, perché non ha senso sfinirsi per portare a casa un ventesimo posto in classifica. Credo che la tappa di domani sia la più dura ma domenica c’è l’Angliru, che ho sempre visto solo in tivù. Ricordo l’ultima volta di Contador. E’ come il Mortirolo? Non lo faccio spesso quando sono a casa e quasi sempre dal versante di Monno che è meno duro. Non so cosa aspettarmi».

Roglic va dritto

Chi sa cosa vuole e cosa aspettarsi è il vincitore di tappa, che corre con il numero uno perché la Vuelta l’ha vinta l’anno scorso dopo la beffa del Giro. Quest’anno forse vorrà lavare labeffa ben peggiore del Tour?

«Vincere è sempre bello – dice Primoz, di nuovo in maglia rossa – ed è bello riprendere il primato. Ma cambia poco nell’approccio dei prossimi due giorni. So di avere una squadra forte in montagna, altro non posso prevedere. Se siete curiosi, basterà aspettare domani sera…».

Promoz Roglic, Richard Carapaz, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020

Il russo riaccende i motori, Roglic risale

28.10.2020
4 min
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Roglic che vince, Carapaz che si difende, Daniel Martin che fa terzo per la terza volta (una per fortuna l’ha anche vinta) e quarto il nome che non ti aspetti: quello di Alexander Vlasov, il russo.

Lo avevamo lasciato al Giro d’Italia, senza neanche poterlo salutare, per il ritiro nella seconda tappa. Per l’Astana che il giorno prima aveva perso Lopez nella caduta della crono, era stata una mazzata peggiore della precedente. Ma il russo stava male sul serio e quando si è presentato alla Vuelta, avendo recuperato le forze, si è visto che la qualità non è sparita. E che al Giro si sarebbe magari aggiunto alla banda dei ragazzini che ha sbaragliato le strade d’Italia.

Alexander Vlasov, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Alexander Vlasov, russo di 24 anni: attacco a 1,5 chilometri dall’arrivo che fa ben sperare
Alexander Vlasov, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Il russo Vlasov, attacco che fa ben sperare

Roglic, il ritorno

Di Primoz avevamo detto in avvio di corsa: non doveva neanche farla la Vuelta. Poi, uscito infastidito dal Tour e vincitore della Liegi, si è ricordato che in Spagna sarebbe partito con il numero uno e si è presentato al via da Irun e ha vinto. Di come invece abbia perso la maglia ad Aramon Formigal, pasticciando come Hindley sullo Stelvio nel mettere la mantellina, abbiamo pure raccontato. Ma la vendetta è un piatto da consumarsi freddo e pensando al weekend in arrivo (con i Lagos de Somiedo di sabato e l’Angliru di domenica), Carapaz che conduce ancora la Vuelta con 13 secondi di vantaggio potrebbe non essere poi così tranquillo.

«Il ritmo è decollato dopo la penultima salita – ha detto Roglic – conoscevo solo l’ultima salita dal road book e si è rivelata molto difficile. Avevo buone gambe e ho colto l’occasione per recuperare secondi importanti sui miei avversari. Vincere è bello. Le prossime due tappe sono relativamente piatte, ma il weekend sarà duro. Procediamo giorno per giorno e cerchiamo di restare concentrati».

Vlasov cresce

Altro che stringere i denti al Giro. Vlasov stava male e lo conferma, ma conferma anche che la forma sta tornando e magari l’idea di un piazzamento nei dieci non è peregrina.

«E’ dispiaciuto anche a me andare via dal Giro – racconta dopo 130 chilometri di trasferimento, i massaggi e il trattamento dall’osteopata – ma ero un cencio. Devo aver preso un virus intestinale, perché sono stato male per una settimana, senza poter neppure mangiare. Ho perso peso. A chi dice che avrei potuto stringere i denti, rispondo che non andavo avanti. Peccato solo che il primo giorno ho perso 4’31”. Non stavo bene. Era la prima corsa dopo la malattia e ho trovato subito percorso duro e ritmo alto. Sull’ultima salita, ad Arrate, sono andato in crisi, altrimenti ora sarebbe diverso.

«Non sto andando male però, la condizione torna e spero di arrivare ai livelli dell’estate in cui ho vinto l’Emilia e prima sul Ventoux. Oggi però ho attaccato a un chilometro e mezzo dall’arrivo. E sebbene salissi bene, quando Roglic e Carapaz sono partiti, mi hanno passato forte. Voglio recuperare le forze, perché vedendo che al Giro hanno vinto ragazzi della mia età, ho tanto rammarico. Ho pensato che li conosco e spesso ho duellato con loro. Sarei stato di appoggio per Fuglsang, ma avrei avuto libertà. Qui alla Vuelta sono capitano, speriamo che fra sabato e domenica possa tornare in una posizione migliore».

E sulle voci per cui potrebbe lasciare l’Astana?

«Ho il contratto – risponde – sto bene qua».

Primoz Roglic, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Roglic riallaccia il filo con la vittoria e si avvicina alla testa della corsa
Primoz Roglic, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Roglic conquista l’Alto del Moncalvillo

E Martin cosa fa?

Un altro terzo posto, per l’irlandese che ha detto di essere entusiasta all’idea che il prossimo anno con la sua maglia correrà Chris Froome, che a sua volta tira, fatica e migliora.

«Un’altra tappa davvero impegnativa – dice prendendo fiato – quando la fuga è andata non mi aspettavo di lottare per la vittoria di tappa, ma ovviamente Ineos-Grenadiers e Movistar hanno idee diverse e il ritmo è stato alto per tutto il giorno. Sull’ultima salita mi sentivo bene e ho deciso di mettere alla prova gli altri. Ho pagato un po’ lo sforzo alla fine e quando Roglic ha attaccato nell’ultimo chilometro non ho avuto gambe per rispondere. Ho dato tutto quello che avevo…».

Alaphilippe_Hirschi_Liegi2020

Alaphilippe ingenuo, Roglic fa festa

04.10.2020
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Non si può chiamarla maledizione, se proprio sul più bello Alaphilippe ha perso la testa mentre Roglic ha continuato a usarla. E forse prima della testa, Julian aveva perso le gambe. La Liegi si è accesa sulla Cote de la Roche aux Faucons, quando gli uomini del campione del mondo hanno alzato l’andatura. E mentre davanti c’era ancora Dumoulin, a 13,8 chilometri dall’arrivo, Alaphilippe ha sferrato l’attacco.

Alaphilippe_Hirschi_Liegi2020
Si fa la selezione, il francese attacca sulla Roche aux Faucons
Alaphilippe_Hirschi_Liegi2020
Sulla Roche aux Faucons, Alaphilippe attacca. Con lui, Hirschi, Roglic e Pogacar

Alaphilippe, insolita vigilia

«Sono davvero entusiasta di unirmi alla squadra – aveva detto alla vigilia Alaphilippe, rientrato dal primo allenamento – per la prima volta dalla vittoria ai campionati del mondo e di rivedere i miei compagni di squadra. Quando sono arrivato in Belgio non vedevo l’ora di salire sulla mia nuova Specialized personalizzata e di uscire per il primo allenamento da iridato insieme al Wolfpack. E’ stata una bella pedalata, resa ancora più piacevole dai fan sulla Redoute, che mi hanno applaudito. Non vedo l’ora che arrivi domenica e alla mia prima gara da campione del mondo, quando sarò pronto a dare il massimo per un buon risultato».

Julian avrebbe dovuto correre la Freccia e staccare la spina dai festeggiamenti, lasciando chiusa quella porta fino a che la stagione non si fosse conclusa. Invece ha scelto di saltare la corsa che l’ha applaudito due volte e di schierarsi direttamente alla Liegi.

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Gioia effimera per il francese dopo l’arrivo: non si è reso conto della scorrettezza?
Alaphilippe_Liegi2020
Gioia effimera per il francese dopo l’arrivo: davvero non si è reso conto della scorrettezza?

Hirschi, debuttante coi fiocchi

Dietro Alaphilippe si è mosso subito Hirschi, che con la Freccia nel taschino si è presentato alla Doyenne senza il minimo timore. Poi è arrivato facile Roglic. Quindi Pogacar e Kwiatkowski.
Sono troppi, ha pensato Hirschi, che ai meno 11 dà un’altra botta, staccando il polacco e restando da solo fra il campione del mondo e i due sloveni.

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Alla fine sul podio di Liegi salgono Hirschi (a sinistra), Roglic e Pogacar
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Alla fine sul podio di Liegi salgono Hirschi (a sinistra), il vincitore Roglic e Pogacar

La Roche aux Faucons è l’ultima salita della Liegi, da quando lo scorso anno si è ritornati col traguardo nel centro della città. E così la corsa a quel punto è diventata uno stillicidio di sguardi di traverso e scatti di assaggio.

Alaphilippe a quel punto si è guardato intorno. Ha ritenuto di essere il più veloce e, come pure alla Sanremo, si è preparato per la recita da campione. Come Ganna a Palermo, ma senza la certezza numerica dei cronoman.

Si è lanciato per lo sprint, ma ha sentito che la bici non prendeva velocità. Oppure ha sentito che gli altri ne prendevano di più. E così ha scartato verso il centro, spostando Hirschi, che ha perso il pedale e ha dovuto smettere di pedalare.

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Il fotofinish è impietoso: Roglic passa Alaphilippe e conquista la Liegi
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Alaphilippe_Roglic_Hirschi_Liegi2020

Roglic, la forza di crederci

Roglic ha fatto la sua volata. Senza nulla aggiungere. Senza nulla togliere. Non ha avuto ostacoli davanti. E ha fatto quel che gli hanno sempre insegnato: ha dato il colpo di reni, mentre al suo fianco l’airone iridato aveva già allargato le ali pregustando lo champagne.

«E’ incredibile – ha detto a caldo – era così vicino. Questo dimostra che non si può mai smettere di credere e non smettere mai di spingere fino all’ultimo centimetro. Era la prima volta che facevo la Doyenne. Era nella mia lista dei desideri vincerne una. E sono super felice di essere riuscito a vincerla dopo questa estate così particolare per me».

Pogacar in agrodolce

Picachu dalla maglia gialla, che aveva già attaccato al mondiale, ha visto sfumare la possibilità di vittoria proprio negli ultimi metri.

«Ho sensazioni contrastanti – ha detto – perché mi sono sentito bene tutto il giorno. La squadra ha lavorato duramente e alla fine ho iniziato lo sprint in buona posizione. Vedevo la riga e ho pesato che avrei vinto. Un secondo dopo, ho sentito che stavo per mollare. Ho tenuto duro. Ho tagliato il traguardo al quarto posto, poi hanno squalificato Alaphilippe e sono arrivato terzo».

Per avere un commento di Alaphilippe dovremo aspettare la serata. Non è facile digerire una botta come questa. Per sua fortuna c’è ancora il Fiandre. E per sua fortuna c’è quella maglia da guardare allo specchio ogni volta che la malinconia prenderà il sopravvento.

Roglic

Le Bianchi del Team Jumbo-Visma

25.09.2020
3 min
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Ogni squadra ha in dotazione diversi modelli di bicicletta, infatti ci sono corridori che preferiscono puntare sulla leggerezza e altri che ricercano l’aerodinamicità. Oltre ai gusti dei singoli corridori, ad influenzare la scelta della bici c’è la tipologia di tracciato da affrontare. Una cosa è pedalare sul pavé della Roubaix e un’altra è scalare le montagne alpine. Il Team Jumbo-Visma pedala su biciclette Bianchi e i corridori possono scegliere fra la Oltre XR4 e la Infinito CV per le gare in linea, e l’Aquila CV per le cronometro.

Oltre XR4 Jumbo
La Oltre XR4 presenta un profilo dei tubi aerodinamico
Oltre XR4 Jumbo
La Bianchi Oltre XR4 presenta un profilo dei tubi aerodinamico che la rende versatile

La Bianchi Oltre XR4

Delle bici a disposizione del Tema Jumbo-Visma la Oltre XR4 è certamente la più versatile. Dopo il terzo posto al Tour de France di Steven Kruijswijk nel 2019, è arrivato il secondo posto di Primoz Roglic quest’anno. In aggiunta sono arrivate le vittorie di tappa di Wout Van Aert, già trionfatore di Strade Bianche e Milano-Sanremo. La Oltre XR4 è una bicicletta con il profilo dei tubi aerodinamico e dotata della tecnologia Bianchi CV (Countervail). Questo sistema smorza le vibrazioni dell’asfalto fino all’80% in meno. Un risultato dovuto all’utilizzo di un materiale composito integrato nel telaio e nella forcella. Oltre a questo sistema Bianchi ha messo a punto un’esclusiva verniciatura che riduce il peso molecolare del rivestimento della Oltre XR4. In questo modo il telaio pesa fino a 80 grammi in meno. Questo nuovo sistema di verniciatura sarà introdotto in alcuni modelli top di gamma della collezione 2021.

Infinito CV
La Infinito CV è usata per le Classiche del Nord
Infinito CV
Per le classiche del Nord o per i percorsi con fondi irregolari la scelta cade sulla Infinito CV

E per le classiche la Infinito CV

All’interno della gamma Bianchi la Infinito CV è posizionata fra le biciclette endurance. Le sue caratteristiche la rendono perfetta per affrontare le classiche del Nord, soprattutto quelle con il terreno sconnesso. Anche questa bicicletta gode del sistema Bianchi CV per uno smorzamento maggiore delle vibrazioni. Le geometrie sono pensate per un comfort maggiore, con il tubo sterzo e i foderi posteriori più lunghi per una posizione meno aggressiva. A conferma del carattere più dolce della Infinito CV vi è anche la possibilità di montare pneumatici da 32 millimetri di larghezza. Garanzia di un migliore comfort, aderenza e controllo.

Aquila CV
Per le prove contro il tempo c’è l’Aquila CV
Aqauila CV
Per le prove contro il tempo i corridori della Jumbo-Visma usano l’Aquila CV

E per le crono c’è l’Aquila

Nel Team Jumbo-Visma sono presenti molti corridori che primeggiano nelle cronometro, basta pensare a Tom Dumoulin, Primoz Roglic e Wout Van Aert, quest’ultimo secondo agli ultimi mondiali. Per affrontare al meglio le prove contro il tempo c’è l’Aquila CV. Un mezzo che garantisce la massima efficacia aerodinamica e trasmissione di potenza ai pedali. Anche per questa bicicletta Bianchi ha utilizzato il sistema CV Countervail per ridurre le vibrazioni.
Infine ricordiamo che tutte le biciclette della Jumbo-Visma sono equipaggiate con il gruppo Shimano Dura Ace Di2 e ruote sempre della casa giapponese. Per i manubri i corridori possono scegliere fra diverse soluzioni messe a disposizione da Vision.

Simone Consonni, Elia Viviani, Tour Down Under 2020

Consonni al Giro: il Tour de France non basta

21.09.2020
5 min
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Simone Consonni ha debuttato al Tour de France ottenendo un buon terzo posto nella 14ª tappa vincendo la volata di gruppo (davanti c’era una fuga a due). Ma soprattutto è uscito dalla Grande Boucle con delle buone gambe. Per questo lo stiamo vedendo sulle strade del Giro d’Italia.

Ciao Simone, raccontaci la tua prima avventura al Tour…

Tutti mi dicevano che avrei visto una corsa incredibile, con tantissima gente, una festa ogni giorno. Chiaramente non è stato così per i motivi che conosciamo. Gli esperti mi hanno detto che non ho visto il vero Tour. Nonostante tutto l’importanza assoluta di questa corsa si è avvertita lo stesso. Poi sarà che sono in un team francese, la Cofidis, per cui il Tour de France è la corsa dell’anno. Per noi è stato un mondiale di 21 giorni. Siamo stati competitivi, ma purtroppo non siamo riusciti a vincere una tappa.

Simone Consonni (al centro) terzo nella Clermont Ferrand – Lione
Consonni (al centro) terzo a Lione
E tu sei quello che ci è andato più vicino…

In realtà Jesus Herrada ha colto un secondo posto, poi c’è il mio terzo, tra l’altro nel giorno del mio compleanno. Dispiace perché siamo sempre entrati nelle fughe o abbiamo corso davanti.

Quel giorno eri tu il capitano?

No, non era stata programmata la mia volata. A metà tappa c’era una salita di 10 chilometri e la Bora-Hansgrohe ha iniziato a tirare forte per far fuori i velocisti puri in favore di Sagan. Viviani si è staccato mentre io sono stato l’ultimo che è riuscito a restare agganciato al gruppo di testa. Solo dopo ho saputo che Elia non c’era e così mi sono giocato le mie carte.

Hai parlato dell’importanza e della grandezza del Tour de France, hai notato differenze anche nel modo di correre?

Sul piano tattico no, però il livello è impressionante. Nelle tappe da fuga cercava di scappare gente come Alaphilippe, Van Avermaet, Lutsenko… e quando sono questi nomi che fanno la corsa e tu sei un velocista in giornata no, rischi di restare solo a inizio corsa. E a quel punto vai a casa.

Fa impressione sentirti dire: «Noi velocisti». Hai vinto un italiano U23 che era piuttosto duro…

Ma quella durezza di percorso è il minimo tra i pro’ per non arrivare in volata. Chi è velocista puro tra i dilettanti, tra i grandi fa davvero fatica ad arrivare al traguardo. Al Tour de France ci sono state tappe velocisti con 3.000 metri di dislivello. Se ne fai una così tra gli under arrivano in dieci. Non a caso io sono andato più forte dei miei standard. La sera analizzando i dati ho visto che ho fatto dei personal best. E tutto questo per restare attaccato al gruppetto!

Hai mai avuto paura di finire fuori tempo massimo?

No perché il gruppetto era sempre grosso, anche di 70 corridori, però ci sono stati giorni in cui tenerlo è stato duro. Ricordo la tappa con quelle tre salite lunghe, quella con arrivo al Col de la Loze. Mi sono staccato al primo chilometro della Madeleine e da quel momento fino alla fine sono stato al limite. E’ stata una sofferenza davvero brutta.

E come hai fatto a tenere duro tutti quei chilometri. C’era qualcuno con te: compagni, ammiraglia?

No, eravamo senza ammiraglia. Una era con Guillame Martin e una con Herrada che era in fuga. Io ero con Viviani. Nessuno parlava. Solo nei tornanti ci lanciavamo delle occhiate per darci coraggio. La consolazione era che anche gli altri faticavano. Quei momenti sono delicati anche di testa. Non puoi permetterti nessun black out neanche per 500 metri, perché se ti stacchi in quel punto dal gruppetto sei fuori. Dietro, non si vede dalle telecamere, ma quando si può si va forte. Pensate che nella valle dopo la Madeleine, tutta in falsopiano, c’erano 50-60 corridori che giravano in doppia fila. In alcuni momenti il gruppetto recuperava persino sulla testa della corsa. Quindi se resti solo perdi anche più di un minuto a chilometro.

Tour de France 2021, Viviani e Consonni verso Col de la Loze
Consonni sul Col de Loze al Tour de France 2021
A proposito di Viviani, eravate in camera insieme? Elia ti ha dato dei consigli?

A volte ero con lui, a volte da solo, dipendeva dagli hotel, ma per tutto il resto del tempo in corsa e fuori siamo stati vicini. Il nostro rapporto era già buono, ma dopo il Tour si è cementato ancora di più. Più che consigli veri e propri la sera prima delle tappe in cui sarebbe potuta arrivare la volata mi chiamava per studiare il finale.

Ti aspettavi che Sam Bennet potesse rompere l’egemonia verde di Sagan dopo sette anni?

Sinceramente no. Al termine della seconda settimana era quello che tra i velocisti faceva più fatica, era finito. Poi invece dopo il secondo giorno di riposo è risorto. Succede nei velociti durante un grande Giro.

E tu come ne sei uscito? E hai perso peso?

Solo un chilo, ma perché sono partito già bello tirato: sapevo cosa mi aspettava. E ne sono uscito bene tutto sommato. Affaticato, stanco, ma non sfinito. Per questo mi hanno portato al Giro. Mi hanno detto: “Vediamo come va e semmai andiamo al Giro”. Sono rientrato il lunedì mattina dalla Francia, ho fatto un’oretta di agilità perché ne sentivo il bisogno e poi ho staccato tre giorni totali, più la domenica successiva. Ho fatto solo qualche richiamo di forza e di medio in salita prima del Giro.

Come mai niente volate? Non si perde brillantezza in questi casi?

Ma io non devo vincere le volate e poi per adesso l’obiettivo è quello di migliorare il fondo e la resistenza. Poi non vorrei essere un velocista puro, per dirla tutta. Ho provato fare gli sprint di gruppo, ma può andarmi bene una volta su venti, meglio quelli con qualche sprinter puro in meno.

Pogacar scorta Consonni alla Volta Algarve 2019
Pogacar scorta Consonni alla Volta Algarve 2019
Ultima domanda: l’anno scorso eri nella Uae con Tadej Pogacar, cosa ci dici di questo giovane sloveno?

Ero con lui nella Volta Algarve, sua terza gara da professionista, non lo conoscevo. Pensate, nella prima tappa lui era il mio uomo, quello che doveva proteggermi, portarmi avanti. Ci riuscì benissimo e rimasi colpito della sua abilità anche nel sapersi infilare tra i buchi nonostante non avesse una stazza grossa. E poi faceva le cose con facilità e infatti vinse la frazione successiva e la classifica generale. Di lui mi ha stupito soprattutto l’aspetto umano: fa le cose con una naturalezza tremenda. Non sente la pressione.

E del suo exploit?

Al Tour de France il giorno della crono ha fatto un numero. Alla fine Roglic ha perso 20” da Tom Dumoulin a crono e ci sta, ma il vero valore della prestazione di Pogacar va fatto con Richard Carapaz. Lui era in lotta per la maglia a pois e fino all’imbocco della salita è andato a spasso, ciò nonostante Tadej gli ha rifilato 1’20” solo sulla salita.