Magnus Cort, l’esempio di un “non big” che sa vincere…

17.09.2024
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Da inizio agosto, Magnus Cort ha ottenuto qualcosa come 10 piazzamenti nella Top 10, fra cui 3 vittorie e 6 podi. Niente male per un 31enne che frequenta i piani alti del ciclismo dal 2014, avendo girato fra molti team del WorldTour fino ad approdare quest’anno alla Uno-X. Un passo indietro, che però è solo sulla carta perché il danese proprio nel team professional (che d’altro canto fa praticamente tutte le corse della massima serie) ha trovato la sua dimensione.

Risultati di spicco che intanto gli hanno spalancato ancora una volta le porte della nazionale per i prossimi mondiali e poi lo hanno reso anche più aperto e disponibile, tanto da non sorprendersi troppo per il contatto specifico arrivato dall’Italia. Cort si è messo a disposizione per raccontare la sua nuova realtà, quella di uno dei corridori che, pur non facendo parte dei “magnifici sei”, sa prendersi soddisfazioni importanti. Una figura di quelle che farebbero tanto comodo al nostro ciclismo attuale…

Per Cort quest’anno già 69 giorni di gara con 19 Top 10 tra cui 4 vittorie
Per Cort quest’anno già 69 giorni di gara con 19 Top 10 tra cui 4 vittorie
Dopo il Tour de France hai ottenuto molti grandi risultati tra Norvegia e Danimarca, con la vittoria all’Arctic Race of Norway e la piazza d’onore nel Giro del tuo Paese. Ti aspettavi una condizione simile?

Penso che sia sempre un po’ complicato uscire da un Grande Giro e poi continuare a fare bene. Io sono super, super contento dei risultati che ho ottenuto. Sapevo di avere una buona condizione, ma farla fruttare è un altro discorso, inoltre i risultati sono arrivati in un lasso di tempo abbastanza lungo, con un 7° posto nella tappa inaugurale in Norvegia il 4 agosto fino al podio della Bretagne Classic del 25.

Quanto hanno influito le tre settimane del Tour per farti migliorare la tua condizione?

Ah, penso molto di sicuro. In un grande Giro ci sono sempre giornate difficili, completare tre settimane di gara non è mai semplice. Dico la verità, non mi alleno così duramente come faccio nelle gare come il Tour e il Giro. Una corsa di quel livello, così dura, così lunga ha un impatto molto, molto forte sul tuo corpo.

Il podio del Bretagne Classic con Hirschi vincitore su Magnier e Cort, al 10° podio in 21 giorni
Il podio del Bretagne Classic con Hirschi vincitore su Magnier e Cort, al 10° podio in 21 giorni
Tra il secondo posto al Giro di Danimarca e il terzo alla Bretagne Classic ti è rimasto un po’ di rammarico per una vittoria sfuggita?

Quando non vinci ma ci vai vicino, il rammarico c’è sempre, facciamo uno sport dove conta chi vince, c’è poco da fare. Penso che in entrambi gli scenari indicati ho fatto quello che potevo e sento che in Danimarca la vittoria era davvero a un passo. Si è giocato tutto sul filo dei secondi, prima della partenza dell’ultima tappa ne avevo 5 di ritardo da De Lie, ho provato a dare la caccia ai bonus dei traguardi volanti e c’ero quasi, nella volata finale ero forse a meno di mezza ruota dal 2° posto invece che dal terzo. Avrei vinto. Ma devo anche essere contento. I miei responsabili del team mi hanno fatto i complimenti, erano soddisfatti. Doveva andare così… In Francia ero invece molto contento di salire sul podio, anche se si lavora per vincere la gara.

Sei nel WorldTour dal 2014, quanto è cambiato in questi 10 anni?

È difficile dirlo perché i cambiamenti arrivano lentamente. Una cosa che sento spesso dire è che le squadre devono fare squadra, usando un gioco di parole. Quindi nella parte più noiosa della gara vedi il gruppo in una lunga fila con tutti e 7 i corridori di ogni team spesso allineati uno dietro l’altro. Si lavora, quando invece qualche anno fa si stava in gruppo, si chiacchierava, si controllavano i visi degli avversari, si ragionava sul da farsi. Ora siamo in fila come in Danimarca ed essendo una grande squadra siamo sempre davanti al gruppo o quasi. Non c’è pace, quindi è cambiato.

Cort e De Lie si sono giocati il PostNord Danmark Rundt sul filo dei secondi
Cort e De Lie si sono giocati il PostNord Danmark Rundt sul filo dei secondi
Come si trova un danese in un team come l’Uno-X che rappresenta quasi una nazionale norvegese?

Penso che sia davvero bello perché capisci che è più facile diventare amici stretti. Già quando sono entrato nel team, potevo sentire che molti dei ragazzi erano molto uniti. E mi sono integrato bene, c’è un bel legame fra norvegesi e danesi. Quando ci organizziamo per andare alle gare, sembra quasi di uscire con i tuoi amici. Non sono solo i tuoi colleghi, ma i tuoi amici. Il fatto che nel team ci siano solo due nazionalità forse aiuta, dà un’identità chiara. Oltretutto abbiamo una cultura molto simile.

Quanto sarebbe utile un team danese nel WorldTour?

Difficile a dirsi. Io che ho qualche anno sulle spalle ricordo che nei miei primi anni c’era una squadra di riferimento, prima che io diventassi professionista. In quel tempo c’erano grandi talenti juniores e non sempre riuscivano a sbocciare. Molte persone avevano paura quando quella squadra chiuse, cosa sarebbe successo al movimento, ma poi si è scoperto che chi aveva qualità trovava sempre la sua strada e sai perché? Perché così hai tante più opzioni a disposizione, prima c’era come una scelta predefinita dove approdare.

Il 31enne di Ronne alla Vuelta 2016, dove centrò due successi sull’onda della vittoria in Danimarca
Il 31enne di Ronne alla Vuelta 2016, dove centrò due successi sull’onda della vittoria in Danimarca
Hai vinto l’Arctic Race e sei stato secondo in Danimarca: stai diventando un corridore da corse a tappe che punta alla classifica?

No, è solo frutto di percorsi morbidi, penso che saranno ancora improponibili le corse con le grandi tappe di montagna. Non è la prima volta che faccio classifica in Danimarca, lo ero già stato nel 2016 ed era la prima volta che facevo una corsa a tappe professionistica importante. Quella fu come una grande vittoria per me.

Ai mondiali senza Vingegaard come pensi che sarà la tattica della tua nazionale e quale ruolo avrai?
La vittoria del danese a Megeve al Tour 2022, battendo Schultz, il suo secondo centro in Francia

Penso che le cose non siano ancora decise. Ne parleremo quando saremo insieme. Sappiamo che senza Jonas dovremo trovare una tattica diversa e che cambierà anche il mio ruolo. Ma sono sicuro che avremo una squadra molto forte e competitiva.

Tu hai ancora due anni di contratto, che cosa ti aspetti ora?

Innanzitutto speriamo di andare al Tour de France e voglio davvero tornarci e vincere come nel 2018 e 2022, perché non c’è due senza tre…

Terzo in Danimarca, Foldager torna a far parlare di sé

23.08.2024
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La conclusione del Giro di Danimarca vinto da Arnaud De Lie ha riproposto una vecchia conoscenza del ciclismo italiano (anche se parlare di “vecchia” a proposito di un corridore di 23 anni suona un po’ contraddittorio…). Parliamo di Anders Foldager, il corridore danese approdato quest’anno al team Jayco AlUla dopo aver fatto la sua gavetta dalle nostre parti, precisamente dalla Biesse Carrera.

Foldager ha conquistato il terzo gradino del podio nella classifica finale, in una gara di alto livello con molti team del WorldTour. In quest’occasione il corridore di Skive non vestiva però la maglia del team australiano, bensì quella della nazionale il che dà maggior risalto alla sua prova.

Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)
Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)

Per Foldager è il giusto premio per una prima stagione nel grande ciclismo vissuta con qualche difficoltà ma sempre da protagonista: «Finora l’anno è stato positivo – racconta Anders mentre si sta dirigendo in Francia per la Bretagne Classic di domenica – con qualche problema all’inizio della stagione e un sacco di malattie che mi hanno rallentato. Ma da maggio è stato positivo».

Rispetto allo scorso anno le difficoltà sono aumentate, il calendario è di livello più alto?

Sì, certo. Faccio solo gare professionistiche del WorldTour o immediatamente sotto, quindi forse la gara più grande dell’anno scorso è la più piccola per me quest’anno. Quindi è sempre difficile, ma allo stesso tempo è sempre più intrigante e mi accorgo che vado sempre meglio.

La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
Raccontaci il tuo Giro di Danimarca, come sei riuscito a conquistare il podio?

Prima di tutto abbiamo avuto la cronometro a squadre dove siamo arrivati al quarto posto. E’ stato un buon inizio se volevamo puntare alla classifica. La tappa successiva era già decisiva per l’esito finale e me la sono cavata più che bene, finendo ancora quarto a non molta distanza da Magnus Cort e Arnaud De Lie che avevano già fatto la differenza. Da lì sono stati solo sprint piuttosto numerosi in cui ho dovuto restare con la squadra, difendendo il podio.

Voi correvate con la nazionale contro squadre WorldTour che vivono insieme tutto l’anno. E’ stato uno svantaggio per te?

Forse un po’. Soprattutto perché abbiamo perso due corridori, Mathias Nordsgaard e l’ex iridato U23 a cronometro Johan Price-Pejtersen già alla seconda tappa. Quindi ero l’unico corridore del WT nella squadra, ma ho avuto un buon aiuto dagli altri ragazzi. È difficile quando non si corre insieme tutti i giorni, avevamo sicuramente minor amalgama rispetto alle altre formazioni perché non ci conoscevamo molto bene, per questo il risultato finale ha maggior valore e lo condivido con tutti i miei compagni.

Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Eri già stato quarto al Giro di Slovacchia: stai diventando un corridore più portato per le corse a tappe?

Non lo so, forse. Penso che le brevi corse a tappe senza le grandi montagne e senza circuito cittadino, vadano bene per me, ma resto comunque migliore come cacciatore di tappe e nelle corse di un giorno. Le mie caratteristiche non cambiano.

Che cosa ti è rimasto della tua esperienza in Italia?

Ora posso dire con certezza che il grande calendario Under 23 in Italia mi ha dato un sacco di esperienze e opportunità per emergere nei finali e poi ovviamente la squadra mi ha aiutato a crescere. Apprezzo moltissimo il mio tempo trascorso in Italia, che mi ha davvero costruito il corridore che sono oggi. Non solo tecnicamente, ma anche mentalmente, per essere un professionista.

Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Quanto conta nell’evoluzione del ciclismo danese avere un campione di riferimento come Vingegaard?

E’ fondamentale avere delle grandi star per i giovani ciclisti. Da ammirare come un idolo. L’idea è che se ce l’ha fatta lui, allora vuol dire che possiamo farcela anche noi. Grazie alle imprese di Tomas, il ciclismo nel mio Paese è cresciuto enormemente l’anno scorso e si vedeva dalla quantità di gente presente proprio al Tour di casa, per le strade danesi. Ora il ciclismo è davvero molto popolare, fra i più diffusi.

Ora quali sono i tuoi obiettivi da qui alla fine della stagione?

Dopo Plouay continuerò con le gare di un giorno, forse Amburgo, forse alcune gare in Italia, ma il programma non è ancora ben definito. Il mio obiettivo è di rimanere in forma e di aiutare i ragazzi quando devo farlo e se devo, cercando comunque di avere la mia possibilità, a volte. Magari per cercare un’altra vittoria quest’anno.

Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Tu hai già il contratto per il prossimo anno: speri di essere selezionato per un grande giro?

Per l’anno prossimo, spero proprio di sì. Penso che sarebbe bello fare un Grand Tour, ma non ho ancora pensato alla prossima stagione e lo faremo, sicuramente faremo un piano con la squadra e con il mio allenatore. Per scegliere quello che si adatta meglio alle mie possibilità, fra Italia, Francia o Spagna non ho preferenze. Anche se personalmente potrebbe essere davvero bello correre il Giro…

Per Colnaghi un podio di lusso da cui ripartire

28.08.2023
5 min
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In Danimarca, Luca Colnaghi c’era già stato lo scorso anno, con un nono posto come miglior risultato. Questa volta però il PostNord Danmark Rundt gli ha dato, seppur per poco, quella risonanza di cui la sua carriera aveva bisogno. Un terzo posto di tappa dietro due autentici mostri sacri come il campione europeo Fabio Jakobsen e Mads “vincitutto” Pedersen: un podio che ha un grande valore e che può rappresentare quell’iniezione di fiducia per dare nuova spinta alla sua carriera.

Luca è al suo secondo anno alla Green Project Bardiani CSF Faizané. Era uscito dalla categoria Under 23 con grandi aspettative, come corridore capace di sorprendere, diciamo in rampa di lancio. Il risultato della volata di Bagsvaerd è il punto più alto e lo stesso lecchese ammette che è un punto di partenza, ma non molto altro.

Colnaghi affiancato a Jakobsen, uno sprint serratissimo. Il lombardo finirà terzo
Colnaghi affiancato a Jakobsen, uno sprint serratissimo. Il lombardo finirà terzo

«Sicuramente è il risultato più importante di questo biennio – afferma Colnaghi – per il fatto che davanti a me sono finiti due personaggi cardine del movimento, ma nel ciclismo se non vinci non è che poi hai fatto tanto. Conta sì, ma voglio ben altro».

In Danimarca avevi colto anche un 10° posto nella prima tappa. Quella corsa ti si addice?

Sì, lo avevo fatto anche lo scorso anno e avevo visto che è adatto per ruote veloci, ma non sono mai tappe scontate, diciamo che la volata te la devi guadagnare. E’ stato così anche quest’anno: nella prima tappa c’era pioggia e io ho sbagliato nella ricerca della posizione, altrimenti potevo finire molto più avanti. Nella seconda c’è stato un attacco ai meno 3 e ho perso l’attimo, nella terza che era la più dura sapevo di non avere una condizione sufficiente per tenere i più forti, poi c’è stato lo sprint del terzo posto.

Per Colnaghi quest’anno 8 piazzamento nei 10, un bilancio che conferma la sua costanza di rendimento
Per Colnaghi quest’anno 8 piazzamento nei 10, un bilancio che conferma la sua costanza di rendimento
Che impressione hai avuto da chi ti ha battuto?

Mi ha colpito molto Jakobsen, quando è partito mi ha praticamente lasciato sul posto… Quella volata però insegna molto, soprattutto l’importanza della posizione, del prendere la ruota giusta. Io che non sono un velocista puro mi sono trovato a lottare con i più forti, Pedersen ad esempio mi ha passato solo negli ultimi 10 metri e questo lo si deve proprio alla posizione che avevo trovato.

Come giudichi nel complesso la tua stagione?

Il bilancio nel complesso è positivo. Ho colto otto top 10, anche in prove del WorldTour o comunque spesso a confronto con squadre e corridori della massima serie, però io sono abituato a guardare il bicchiere sempre mezzo vuoto, a cercare quel che manca. Diciamo che finora mi è sempre mancato quel quid giusto per trasformare una buona gara in una vittoria. Le occasioni ci sono state, come in Slovenia quando mi è saltata la catena e abbiamo anche sbagliato strada in un giorno nel quale avevo una gamba favolosa.

Il lecchese si era messo in mostra al Giro U23 del 2020, con due vittorie in due giorni
Il lecchese si era messo in mostra al Giro U23 del 2020, con due vittorie in due giorni
Dicevi che non sei un velocista puro…

Le mie occasioni devo costruirle attraverso gare sempre un po’ mosse, nelle quali si possa scremare il gruppo al fine di ritrovarmi preferibilmente con corridori come me. Non ho la struttura possente di uno sprinter, sono 1,70 per 64 chili, robusto ma non abbastanza. Credo di dover crescere ancora molto, nel fisico, ma anche e soprattutto nell’esperienza.

Non sei più però il corridore di due anni fa che passava di categoria con tante speranze nelle tasche…

L’esperienza conta molto, aiuta nelle situazioni più diverse e il ciclismo te ne presenta sempre. Se guardo dal di fuori vedo un Luca Colnaghi più duraturo e costante nelle sue gare, con un rendimento abbastanza regolare, al quale manca ancora qualcosa per avere quelle punte necessarie per vincere.

Alla Green Project-Bardiani, Colnaghi ha trovato spazio per crescere. Resterà nel 2024?
Alla Green Project-Bardiani, Colnaghi ha trovato spazio per crescere. Resterà nel 2024?
Ti ritieni più un corridore cacciatore di tappe o uno per classiche d’un giorno?

E’ vero che guardando il mio calendario si può pensare che preferisca le tappe perché offrono più occasioni, ma io preferisco le classiche, per le mie caratteristiche sono più portato a dare tutto nelle gare secche, dove ci si gioca tutto nel giorno stesso.

Finora non hai ancora avuto occasione di cimentarti in un grande giro.

Questo è un po’ un pensiero che mi assilla, quest’anno ci tenevo a farmi trovare pronto per la corsa rosa, ma poi sono state fatte altre scelte. Per me sarebbe importante testarmi in una corsa di tre settimane perché so che ti cambia il motore, forse sarebbe quel quid di cui dicevamo prima. Il mio obiettivo per il 2024 è proprio quello, essere in gara in una prova lunga per dimostrare quel che so fare, l’età ormai è quella giusta…