Un giro d’autunno nel mondo di Marta

15.11.2022
7 min
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Castelleone si trova a 8 chilometri da San Bassano, dove vive Marta Cavalli. La giornata è brumosa, ma promette di aprirsi. Le stradine che ci hanno condotto fino alla palestra Kinesis in cui Marta si è allenata stamattina sono simili fra loro e formano un reticolato, da cui non saremmo mai usciti senza navigatore. I nomi riportano indietro alla cronaca recente.

«Codogno è giusto qua dietro – dice mentre guida fino al suo bar preferito – sembrava che fossero gli unici ad avere il Covid, quando in realtà ce l’avevano tutti…».

Sedersi a un tavolo con un caffè davanti è il modo migliore per entrare nel mondo di Marta Cavalli a capo di una stagione per metà portentosa e per metà compromessa dall’assurda caduta del Tour. Le vacanze sono finite. Marta è stata fuori per due weekend col suo compagno: a Londra e a Zurigo. Adesso invece è qui che sorride e racconta. Rilassata, com’è sempre con gli atleti lontani dalle corse. Consapevole di sé. Le vittorie fanno bene perché rendono sicuri. Il quaderno si apre, le domande non mancano.

Marta si allena nella palestra Kinesis del suo coach Mattia Gazzoni e del socio Andrea Loda (a sinistra)
Marta si allena nella palestra Kinesis del suo coach Mattia Gazzoni e del socio Andrea Loda (a sinistra)
Tante vittorie, ti è cambiata la vita?

E’ cambiato soprattutto il modo in cui le persone mi vedono. Quando entro in un bar o al supermercato, si avvicinano e mi chiedono se sia io quella che ha vinto le corse. Non potete immaginare dopo le classiche, mi fermavano per fare le foto.

Questo ti piace o ti disturba?

Non pesa, ci sto facendo l’abitudine. Dopo la caduta del Tour, è stato pesante, perché chiedevano tutti come stessi ed era un continuo girare il coltello nella piaga. E adesso che comincia la stagione delle feste, ho dovuto dire di no a tantissima gente. Non avrei avuto più tempo per me.

Ti sei mai stupita della nuova Marta?

Ho fatto quello che volevo fare: pormi pochi obiettivi, ma buoni. Il traguardo era fare il salto definitivo di provare a vincere e ci sono riuscita. Lo stupore c’è ogni volta che riguardo il finale sul Muro d’Huy. La vittoria dell’Amstel era più nelle mie corde. Certe cose le facevo sempre con mio padre, quando la domenica facevamo il gioco di squadra e io partivo in contropiede. Ma la forza e la lucidità nel finale della Freccia continuo a guardarle a bocca aperta.

Hai parlato di forza e ti abbiamo seguito in palestra: è tutto collegato, no?

In quella palestra mi hanno visto crescere. Mattia Gazzoni, il mio coach, mi spinge e mi sprona. Sono più loro a rendersi conto della mia forza, rispetto a quanto lo capisca io. In palestra sono quella con le braccia secche, mi sento proprio piccola (ride, ndr). Ma faccio quel che serve e mi fido dei loro programmi. Stessa cosa con Flavien Soenen, il mio allenatore nella FDJ-Suez-Futuroscope. Lui ha capito il mio potenziale. Non so se siano stupiti di me, forse dei risultati arrivati così presto. Ma penso che sapessero delle mie potenzialità e aggiustando poche cose, siamo arrivati al sodo.

Anche se 24 anni sono pochi per parlare di limiti raggiunti…

Infatti non saprei dove fissarli. E neppure sappiamo se sarà possibile arrivarci in breve tempo, forse no.

Marta Cavalli lavora in palestra per tutto l’anno: in questa fase in modo più intenso
Marta Cavalli lavora in palestra per tutto l’anno: in questa fase in modo più intenso
Un limite per ora è stata la Van Vleuten, che effetto fa essere stata battuta da lei al Giro d’Italia?

Un orgoglio. L’ho sempre vista come punto di arrivo e quel piazzamento dimostra che sto lavorando nel verso giusto. Il giorno in cui lei ha vinto il mondiale, ero in casa con il casco in testa e la mano sulla maniglia, prima di uscire in allenamento. Ho visto quello che ha fatto e mi sono detta: «Non è possibile!». Quella è stata la gara che più meritava di vincere. Dopo Giro, Tour e Vuelta, avrebbe potuto mollare. Era caduta, aveva il gomito messo male. Eppure ha vinto, dimostrando che ha ancora tanta fame di vittorie.

Poche vacanze e il gusto di stare a casa…

Mi piace stare qui. E’ casa mia. Ci sono le tradizioni, la mia terra. Stare nella natura e nei campi mi riporta ai miei nonni. Mi ricordo la mia infanzia con i cugini, eravamo sempre in campagna. Poi ho visto la mia vita cambiare. Sono stata persino in Nuova Zelanda, dall’altra parte del mondo. Ma essere qui adesso mi fa sentire di essere tornata a casa. Il posto in cui posso davvero rilassarmi.

Van Vleuten ha battuto Marta Cavalli al Giro: è il suo riferimento da sempre
Van Vleuten ha battuto Marta Cavalli al Giro: è il suo riferimento da sempre
Che cosa ti fa sentire davvero a casa?

Mi piace molto la domenica in famiglia. Invitare i parenti. E’ un buon modo per staccare. Non penserei di trasferirmi altrove. E poi c’è una strada che mi piace fare in allenamento, che passa vicino al Santuario del Marzale, che incarna l’argine e questa parte di Pianura Padana.

Pianura, parola magica: dove vai a trovarla la salita?

Quella proprio non c’è. Da ragazzina volevo essere velocista e sarebbe stato il posto perfetto. Adesso carico la bici in macchina e vado verso Piacenza o verso Bergamo.

Piatto preferito?

Ecco, sul fronte della cucina, non sono una da piatti tipici. Hanno sapori troppo particolari. Io sono più per la fetta di torta.

Il Santuario della Beata Vergine del Marzale si trova lungo l’argine del Serio a 15 chilometri da casa Cavalli (foto Cremona Turismo)
Il Santuario del Marzale si trova lungo l’argine del Serio a 15 chilometri da casa Cavalli (foto Cremona Turismo)
Con quale obiettivo si riparte?

Se non fossi caduta al Tour, sarebbe difficile trovare una motivazione nuova. Non credevo che lo avrei mai detto, ma con le vittorie la fame cala. Ti senti arrivato. Invece adesso ho voglia di tornare a correre, per dimostrare di reggere il livello raggiunto nel 2022.

Hai già parlato del calendario 2023?

Abbiamo cominciato a farlo. Loro mi danno spazio perché io scelga, ma sono io a fidarmi più di loro che di me stessa. Sono sicura che i miei tecnici sapranno indicarmi quali sono le corse più adatte per me. Loro mi hanno dato la possibilità di disegnare il mio calendario ideale, io mi fiderò di eventuali modifiche.

Cosa prevede il tuo calendario ideale?

Le classiche, forse la Vuelta che il prossimo anno si corre a maggio, il Giro, il Tour e magari il mondiale ad agosto. A quel punto la stagione sarà praticamente finita. Ci saranno altre corse, ma il vero picco a quel punto ci sarà già stato. Abbiamo un gran bel calendario, ma gli organici delle squadre sono ancora limitati.

La sensazione, guardando il tuo 2022, è che la stagione sia articolata su una serie di blocchi ben definiti. E’ corretto?

E’ così. Si individuano gli obiettivi e si inseriscono in blocchi di corse, in cui sai di dover essere sempre concentrato. Così capita di vincere anche senza avere la condizione migliore, ma sfruttando le situazioni. Poi è molto importante staccare fra un blocco e l’altro, per ritrovare la freschezza. Negli anni scorsi non avevo mai lavorato così. Ora fra un blocco e il successivo, mi trovo a fare anche 5-6 giorni senza bici e invece di perdere, mi ritrovo meglio.

Marta Cavalli e i trofei iconici. A giugno si è portata a casa la pietra miliare del Mont Ventoux (foto Thomas Maheux)
Marta Cavalli e i trofei iconici. A giugno si è portata a casa la pietra miliare del Mont Ventoux (foto Thomas Maheux)
Classiche o Giri?

Mi piacciono di più le classiche. La corsa di un giorno è one-shot, un colpo solo. Deve andare bene tutto e i percorsi delle prove monumento sono bellissimi. In una corsa a tappe puoi rimediare alle situazioni storte. Mi piace la gestione mentale dei Giri. E il Giro d’Italia rimane la mia corsa del cuore, come pure la Strade Bianche.

Si fa un gran parlare delle distanze di gara: saresti per aumentarle?

Secondo me, vanno bene così. I 177 chilometri della quarta tappa del Tour sono troppi. Percepisci la paura di non averne più e la corsa si blocca. Se ci sarà da aumentare, spero lo facciano in modo graduale. Nei nostri 130 chilometri c’è sempre tanto spettacolo. Conosco gente che si è appassionata proprio per questo al ciclismo femminile. E il fatto che in Belgio le classiche siano nello stesso giorno di quelle dei pro’ non è un fatto trascurabile.

Fra poco si riparte, difficile staccarsi da questi posti?

Mentalmente sono predisposta. Cerco di prendere il lato positivo e così fanno tutte le persone accanto a me. E’ lavoro, si va al caldo. Abbiamo imparato a goderci i nostri momenti. E poi dopo il primo ritiro si torna a casa e con le Feste l’aria di famiglia sarà tutta un’altra cosa