L’avventura di Luna Rossa. Simion ha voglia di riprovarci…

15.10.2024
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Mentre a Barcellona Team New Zealand e Ineos Britannia si giocano l’edizione 2024 della Coppa America, Paolo Simion prepara le valigie per il ritorno a casa. La trasferta catalana è stata tanto esaltante nella sua costruzione, nel suo “viaggio” quanto deludente nel suo epilogo sfortunato, con la netta sensazione che il risultato non rispecchi il valore della barca e dei suoi uomini. La sconfitta con i britannici guidati dal 4 volte campione olimpico Ben Ainslie fa male, ma col passare dei giorni emergono sempre più i lati positivi di quella che è stata a tutti gli effetti un’avventura, soprattutto per uno che veniva dal mondo del ciclismo.

Il veneto, 32 anni, ha corso fra i professionisti dal 2014 al 2021 (foto ufficio stampa Luna Rossa)
Il veneto, 32 anni, ha corso fra i professionisti dal 2014 al 2021 (foto ufficio stampa Luna Rossa)

Ora è il momento di guardare avanti e Simion si trova davanti una pagina vuota tutta da scrivere: «Ci sono tante possibilità davanti a me. Ho iniziato a correre da giovanissimo e sono sempre andato avanti alla giornata, ma mi sono sempre inventato qualcosa, quindi il futuro non mi fa paura. Mi piacerebbe restare in questo mondo, questo è sicuro. Vedremo che cosa verrà stabilito per la prossima edizione, quando e dove si disputerà, che regole verranno imposte e quindi se i cyclor avranno ancora posto in barca, ma ci vorrà qualche mese. Non mi dispiacerebbe neanche tornare a lavorare con Rcs Sport come regolatore, il ciclismo d’altronde è e sarà sempre il mio mondo».

Ora che passano i giorni dalla grande sbornia di emozioni della Louis Vuitton Cup, che cosa ti resta?

E’ un caleidoscopio di sensazioni. E’ chiaro che in tutti noi c’è la delusione per come sono andate le cose perché siamo convinti che qualche piccolo episodio abbia fatto girare l’esito della sfida a nostro sfavore. Tutto il percorso compiuto però è stato fantastico. Mi sono ritrovato a fare parte di un gruppo unito ed enorme, avevi davvero la sensazione che in barca fossimo tutti e 130 componenti la spedizione a navigare. Poi c’è l’esperienza lavorativa: io avevo sempre corso in bici, mi sono ritrovato a imparare tantissime cose, gli impieghi più diversi, dall’elettronica all’idraulica alla logistica. Sono un’altra persona rispetto a quando ho iniziato.

Tra le possibilità future anche un ritorno sulla moto RCS come regolatore
Tra le possibilità future anche un ritorno sulla moto RCS come regolatore
Un ciclista come te che cosa ha ritrovato del suo background in questo mondo?

Più di quanto si pensi. Innanzitutto lo stakanovismo: è veramente un lavoro nel quale metti tutto te stesso, devi avere metodo e costanza, essere sempre pronto altrimenti rischi il flop. E’ un mondo altamente specializzato, ma a ben guardare anche il ciclismo lo sta diventando sempre di più e questo comporta che ci si chiude. Ma eventi come questo servono anche per aprirsi a nuovi spazi, farsi conoscere.

E che sapore hanno vittoria e sconfitta, lo stesso di quello che hai assaporato sulle strade?

Bella domanda. Qui ci sono differenze sostanziali. Questo evento si vive una volta ogni 2 o 4 anni, lavori mesi, anni e poi ti giochi tutto in pochissimo tempo. E’ un po’ il principio delle Olimpiadi ed è questo che attribuisce tanto fascino a questa competizione. Il feeling è completamente diverso da una qualsiasi corsa ciclistica, salvo forse proprio quella olimpica. Poi c’è anche qualche aspetto strano, unico. Ad esempio l’importanza del vento: si può regatare solo entro un certo range di velocità del vento. Ti trovi così a stare fermo lì alla partenza anche mezz’ora abbondante e devi essere bravo a non pensare, a non stressarti troppo nell’attesa, ma essere pronto quando scatta il momento buono.

Avete dovuto gestire una pressione enorme, quando c’è l’America Cup tutti diventano esperti di vela…

E’ vero, sentivamo che c’era un’attesa incredibile, ma in barca eravamo tutti sportivi. Oltre a me c’erano velisti, canottieri, rugbysti. Tutta gente che ha affrontato mondiali, Olimpiadi e grandi avvenimenti. Sapevamo come sdrammatizzare, l’importante era fare quel che si è abituati, saper gestire ogni frangente.

Come gestisci la delusione?

Il dispiacere c’è, inutile negarlo, anche se le vittorie delle ragazze e anche nella competizione giovanile hanno dimostrato che il gruppo era davvero valido e di primissimo livello. Perché abbiamo perso? Al di là delle contingenze, abbiamo avuto un avversario forte, abbiamo pagato la legge dello sport come sempre avviene. Ma se guardiamo a com’è andata la Louis Vuitton Cup resta una prestazione enorme, la capacità di risalire sempre dopo ogni colpo. Lo sport insegna che dopo ogni avversità ti rimbocchi le maniche e risali ed è quello che abbiamo sempre fatto.

Per Simion il futuro su Luna Rossa dipende dalle nuove regole che verranno stabilite dai vincitori
Per Simion il futuro su Luna Rossa dipende dalle nuove regole che verranno stabilite dai vincitori
A te però perdere da Ineos deve aver dato una sensazione diversa, dopo tante corse vissute contro quel marchio anche nel ciclismo…

In questo senso i parallelismi ci sono. Ineos investe sempre sul progresso tecnologico, lo ha fatto per anni anche nel ciclismo, era naturale che una sua creatura velica andasse veloce, utilizzando anche i migliori specialisti in ogni campo, da Ainslie in poi. Sono stati bravi a progredire piano piano, a lavorare, magari hanno anche scoperto qualche alchimia tecnologica che ha cambiato i valori in campo. Noi comunque ora dobbiamo voltar pagina e pensare alla prossima sfida, per prenderci la rivincita perché sappiamo che possiamo farlo.

La nuova avventura di Simion, in barca su Luna Rossa

03.06.2024
5 min
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E’ vero, siamo in pieno clima preolimpico, ma nel mondo della vela si guarda già oltre, alla Coppa America che riempirà l’immediato periodo dopo Parigi. Una Coppa America che per la prima volta sarà “vicina” anche al ciclismo, vista la presenza dei cyclor, responsabili con la forza delle proprie gambe e con le proprie pedalate di dare energia sostenibile alla barca per effettuare importanti manovre come issare elettronicamente le vele o anche spostarle di direzione in base al vento. Molte delle sfide in gara hanno previsto la presenza di ciclisti, come l’olimpionico francese Pervis sulla barca nazionale. Anche Luna Rossa avrà un ciclista, un ex professionista come Paolo Simion.

Com’è nata la sua presenza sulla barca più amata da tutti gli italiani? «Nel 2021 avevo deciso di smettere con le corse e mi stavo guardando intorno. Lessi sulla Gazzetta di questa nuova figura del cyclor per la Coppa America, i responsabili erano alla ricerca di figure da coinvolgere e così provai a mandare una mail. Venni chiamato a fare una serie di test, sia a casa che in presenza, poi feci uno stage a Cagliari e da lì l’avventura è iniziata».

L’ex corridore della Bardiani con il resto dei cyclor durante la preparazione sui rulli
L’ex corridore della Bardiani con il resto dei cyclor durante la preparazione sui rulli
Che differenza stai trovando rispetto alla tua precedente attività e quindi che modalità di adattamento hai dovuto mettere in pratica?

Per certi versi si parla sempre di ciclismo, ma con una declinazione completamente diversa, che non è sostanzialmente paragonabile a nulla di ciò che riguarda quel che facevo prima. L’adattamento principale è stato anche un adattamento biologico agli orari imposti da questo tipo di attività. Non siamo solo atleti, siamo molto coinvolti in tutta una serie di iniziative a latere, di lavoro per la barca ma anche di impegni burocratici, tecnici, insomma un lavoro molto complesso del quale la preparazione atletica e la prestazione in regata sono solo una parte.

Tu che conoscenze avevi dal punto di vista velico?

Nulla se non la semplice visione delle edizioni precedenti in televisione. Non ero mai salito su una barca a vela. E’ stata una prima volta assoluta, qualcosa di completamente nuovo.

Paolo Simion ha 31 anni e viene da Castelfranco Veneto. Ha chiuso la sua carriera nel 2021
Paolo Simion ha 31 anni e viene da Castelfranco Veneto. Ha chiuso la sua carriera nel 2021
Parlando con Pervis, il campione francese sottolineava come l’impegno fisico duri dai 20 ai 30 minuti a regata, quindi è molto diverso per un pistard com’era lui.  Rispetto a lui il tuo passato ti avvantaggia, anche dal punto di vista organico e della preparazione?

Come picchi di potenza, lui li ha molto più alti dei miei. Io però penso di essere avvantaggiato dal punto di vista della resistenza. Poi molto dipende dal vento che si trova, dalle situazioni giornaliere e anche da quante manovre vengono fatte durante la regata: se vengono fatte tre manovre, può farlo chiunque. Se cominciano a esserne fatte 10-15-20 comincia a essere molto pesante. Ci sono occasioni nelle quali arrivi al traguardo completamente finito, peggio che per un tappone dolomitico.

Il fatto di aver affrontato gare anche di tre settimane quanto può essere utile?

Molto, soprattutto nella gestione dello sforzo, nel riuscire a capire i tuoi limiti, perché quando di manovre ce ne sono parecchie da fare, bisogna gestire le energie. Poi conta anche l’adattamento e la capacità di adattarsi a nuove tipologie di allenamento. Riuscire a capire il modello di prestazione più efficace per poi mettere in atto la tabella allenamento adatta, penso sia fondamentale. Le competizioni sono articolate su più giorni, con la componente climatica decisiva, che può richiedere giorni di sosta forzata e poi magari anche due regate nello stesso giorno.

Le regate inizieranno il 22 agosto. Detentore è Emirates Team New Zealand che nel 2021 sconfisse Luna Rossa
Le regate inizieranno il 22 agosto. Detentore è Emirates Team New Zealand che nel 2021 sconfisse Luna Rossa
Ma quanto è cambiata la preparazione rispetto a quando correvi?

Tanto, anche perché è cambiato il volume di ore. Se è uno sforzo breve non richiede di fare ogni giorno quattro ore di allenamento continuo. Ma logicamente non si può prescindere dal farle almeno una volta a settimana, perché la resistenza è una delle capacità condizionali di base, quindi di conseguenza bisogna affinarla. Prevalentemente sono allenamenti brevi con continui cambi di ritmo e allenamenti svolti a secco. Palestra con squat, pressa o crossfit per portare il fisico ad avere una maggiore forza fisica proprio perché andiamo a pedalare contro la residenza idraulica e non contro una ruota che poi deve creare velocità, quindi uno sforzo molto più muscolare rispetto a quello che si faceva normalmente.

Quanti cyclor ci sono in barca?

4 in una rosa di più del doppio.

Con te c’è anche Mattia Camboni che tre anni fa sfiorò la medaglia olimpica nel windsurf. Chi dei due può insegnare di più all’altro, venendo da due esperienze sportive così diverse?

Diciamo che io tutto il mio bagaglio sportivo riguardo al ciclismo lo sto dando a tutti quanti. Mattia però ha un’eccezionale capacità nel leggere il vento, capire dove ce n’è di più, solo guardando le onde sul mare. Noi, mi ci metto io ma anche chi viene dal canottaggio, veniamo da un mondo completamente diverso e queste nozioni ci portano a capire meglio cosa sta succedendo quando stiamo andando in barca, magari anche a prevedere certe azioni.

L’unica vittoria di Simion da pro’, nel 2018 al Giro di Croazia
L’unica vittoria di Simion da pro’, nel 2018 al Giro di Croazia
Mancano ancora settimane, com’è l’atmosfera, comincia a crescere la tensione in vista dell’appuntamento principale?

Le prime regate saranno il 22 d’agosto. Mancano ancora tre mesi, siamo ancora in una fase di allenamento, di modifiche della barca, capire cosa si può migliorare e cosa no, quindi sostanzialmente siamo già mentalmente coinvolti tantissimo, anche perché è una squadra che comprende 130 persone e tutti spendono tantissimo tempo per la costruzione del sogno. E’ adesso che si capirà se potremo fare una Coppa America da protagonisti.

Da neofita, che sensazioni ti dà questa esperienza?

E’ qualcosa di fantastico, anche perché sono entrato proprio dal nulla in uno sport che non conoscevo, sto imparando tantissime cose e poi anche dal punto di vista lavorativo sto facendo tante esperienze che non avrei mai sognato, imparando a fare anche dei lavori che un anno fa non avrei mai pensato, ad esempio saper leggere i disegni degli ingegneri per l’idraulica. Davvero un’esperienza che ogni giorno mi dà qualcosa di nuovo.

Pervis, un oro olimpico verso l’America’s Cup di vela

29.12.2023
5 min
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Può sembrare strano, ma la vela può diventare un nuovo approdo per i ciclisti. Lo sa bene Paolo Simion, che ha trovato posto come cyclor su Luna Rossa e lo sa anche François Pervis, suo acclamato collega francese pronto ad affrontarlo nella prossima estate di Coppa America nell’equipaggio di Orient Express, la sfida francese al più importante trofeo velico della storia.

Anche Pervis vestirà i panni del cyclor (o meglio power sailor), questa nuova figura che pedalando dovrà dare energia alla barca, per attivare tutti i meccanismi necessari a dare pieno vento alle vele. Pervis non è certo uno sconosciuto: su pista ha vinto tutto quel che si poteva, compreso l’oro olimpico nel 2016 e ha detenuto il record del mondo nel chilometro da fermo fino a poche settimane fa, quando Hoogland gliel’ha strappato nell’aria rarefatta di Aguascalientes.

Pervis in allenamento con gli altri cyclor della sfida francese (foto Keruzore/Orient Express)
Pervis in allenamento con gli altri cyclor della sfida francese (foto Keruzore/Orient Express)

Una sfida per rimettersi in gioco

Tra un allenamento e l’altro di giornate intensissime, con Orient Express che anche durante le feste natalizie ha lavorato nelle acque di Barcellona, Pervis ha trovato il tempo per raccontare questo nuovo e per certi versi inaspettato capitolo della sua carriera.

«Sono stato contattato dallo staff della squadra – ci ha detto – mi hanno chiesto se fossi interessato a partecipare al progetto, mi sono informato e l’ho trovato molto interessante, così ho accettato la sfida. Tutto molto semplice, era l’occasione giusta per rimettersi in gioco».

Il 39enne di Chateau-Gontier ha detenuto per 10 anni il record mondiale del chilometro con 56″303
Il 39enne di Chateau-Gontier ha detenuto per 10 anni il record mondiale del chilometro con 56″303
Lo sforzo che viene richiesto è più adatto a un pistard o a uno stradista?

Questa è un’ottima domanda e per il momento nemmeno noi possiamo rispondere, non lo sappiamo ancora perché non abbiamo ancora la barca quindi non ci siamo testati appieno. Ma anche in corso d’opera, non sono certo di poter rispondere perché in questo mondo si lavora moltissimo sotto copertura e ci sono tanti segreti che non possono essere svelati.

Quali sono i tuoi compiti?

Lavoro per creare l’energia che attiva i foil e le vele. Abbiamo poco lavoro di squadra fuori dalla barca, a terra. Ci sono piccoli compiti di coordinamento tra i corridori e poi con i media o tra i corridori e lo staff. Ognuno di noi ha anche un piccolo lavoro a parte. L’impegno principale è durante le regate, abbastanza contenuto nel tempo (tra i 20 e 30 minuti, ndr), ma molto intenso e importante ai fini del rendimento generale.

Per lo sprinter transalpino la preparazione è molto cambiata, come anche l’alimentazione (foto Orient Express)
Per lo sprinter transalpino la preparazione è molto cambiata, come anche l’alimentazione (foto Orient Express)
Come è cambiata la tua preparazione rispetto a quando correvi?

E’ vero che quando ero in pista facevo sprint e allenamento con i pesi tutti i giorni. Lì, ovviamente, è cambiato un po’. Ho dovuto impegnarmi di più sulla resistenza perché la gara dura 20 minuti. Mentre per me, solitamente prima era un minuto di fatica. Diciamo che attingo alle mie riserve. Ottengo molta resistenza estendendo i miei sforzi. Ho una formazione specifica, ovviamente, che è simile a quella che potremmo fare in barca.

Quanto è importante la squadra in questa esperienza? E i rapporti con il tuo compagno di squadra sono diversi rispetto a quando correvi?

Oh sì, molto. Siamo davvero nella stessa squadra, condividiamo tutto nel corso della giornata, quello che avviene in barca è figlio della coesione che dev’esserci al di fuori, per questo passiamo un sacco di tempo insieme. Quando ero in pista correvo ed era uno sport individuale. Qui pensiamo tutti insieme a migliorare le cose. Per me è decisamente diverso, ma è nuovo ed è anche bello vedere qualcos’altro.

Nel team è fondamentale fare gruppo, in barca ma anche fuori (foto Orient Express)
Nel team è fondamentale fare gruppo, in barca ma anche fuori (foto Orient Express)
Simion ha detto che da quando fa parte di Luna Rossa è aumentato di 13 chili. E’ successo lo stesso a te?

Sì, anzi sta avvenendo. Sono troppo leggero e devo ingrassare. Quindi mangio molto. E’ un bene perché per un ciclista è sempre difficile il rapporto con il peso. Dobbiamo sempre migliorare il rapporto peso/potenza quando sei un ciclista. Essere il più potente possibile, ma anche il più leggero possibile. Qui è tutto diverso, mi alleno e mangio molto perché servono chili.

Che aspettative hai per questa avventura?

Noi francesi abbiamo una grande barca perché è la stessa dei detentori neozelandesi. La Francia ha acquistato i progetti, quindi sappiamo che la barca sarà fantastica. E’ chiaro che vogliamo andare in finale, per poi vivere un’avventura eccezionale, scoprire, perché per me e per i miei colleghi sarà una scoperta, venendo tutti da uno sport diverso dalla vela. Quindi diamo il massimo, diamo il massimo e alla fine non rimpiangiamo nulla.

In carriera Pervis ha vinto 7 titoli mondiali. Nel 2014 ha fatto tris: keirin, sprint a squadre e chilometro
In carriera Pervis ha vinto 7 titoli mondiali. Nel 2014 ha fatto tris: keirin, sprint a squadre e chilometro
Quanta attenzione c’è in Francia per la vostra partecipazione?

E’ una competizione che in Francia è poco conosciuta dal grande pubblico. Quando dico che ho partecipato all’America’s Cup, la maggior parte delle persone mi chiede: che competizione è? Non se ne rendono conto davvero. Ma il nostro obiettivo è anche sviluppare l’immagine dell’America’s Cup in Francia grazie al nostro team.

Se ti guardi indietro, sei soddisfatto di quel che hai ottenuto in sella a una bicicletta?

Sì, sicuramente. Sono molto contento di quello che ho fatto in passato. Tutti i miei titoli, tutti i miei record mondiali, è fantastico. Ho avuto il record del mondo per dieci anni, attraverso i quali gli ingranaggi, le corone e i pignoni utilizzati sono diventati sempre più grandi. Non mi dà fastidio che sia stato Hoogland a batterlo perché attualmente è il più forte del mondo. Ma io l’ho avuto, per tanto tempo.

Dalla bici alla moto, Simion regolatore con battesimo di fuoco

09.04.2022
5 min
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Paolo Simion è (quasi) sceso di bici ed è salito in moto. La storia del veneto va ad aggiungersi a quella di altri corridori che adesso “dirigono il traffico” in corsa. Paolo infatti è diventato uno dei regolatori, come prima di lui avevano fatto altri colleghi, da Allocchio a Velo, passando per la breve parentesi di Gasparotto, ora diesse alla Bora-Hansgrohe.

Capelli rossi, lentiggini e una voce squillante, l’ex stradista e pistard ha iniziato questa avventura nella famiglia Rcs Sport ufficialmente alla Strade Bianche. 

Anche se in volto non si vede bene, ecco Simion sulla moto come regolatore
Anche se in volto non si vede bene, ecco Simion sulla moto come regolatore
Paolo, raccontaci come è andata? E prima di tutto perché hai deciso di dire basta col ciclismo: avevi ripreso con la pista…

Avevo degli accordi con la squadra cinese (la Tianyoude, in cui già aveva militato in passato, ndr), ma le cose non erano per nulla chiare, soprattutto per quel che concerneva il calendario. E infatti in Asia è ancora tutto bloccato. In Cina in pratica è tutto fermo. Io già avevo investito un anno a tenere duro e ne avrei anche fatto un altro, ma poi mi sono fatto due conti. Quest’anno compio 30 anni e non posso più permettermi certe libertà come se ne avessi 21-22. Non dico che il sogno è passato, ma quasi…

Quindi dalla bici alla moto…

Sì, anche se in realtà non sono sceso del tutto. Mi hanno infatti contattato per fare la guida nel tandem in vista delle Paralimpiadi di Parigi 2024. A giorni inizierò il circuito, non ho molta esperienza ancora, ma cercherò di farla presto.

E l’aggancio con Rcs Sport come è avvenuto?

Mi hanno contattato direttamente dall’organizzazione su consiglio, credo, di Barbin, mio ex compagno di squadra. Loro cercano regolatori e due dei requisiti fondamentali per diventarlo sono: essere stato un corridore ed avere una tessera UCI da diesse. E io ce l’avevo di terzo livello. Un diesse infatti deve anche sapersi muovere con la macchina in corsa. In realtà con Rcs già c’era stato un contatto a dicembre. Avrei dovuto fare il debutto all’UAE Tour, ma prima di partire il tampone per il Covid risultò positivo e sono rimasto a casa, anche se non avevo assolutamente niente. Così ho iniziato con la Strade Bianche, la Tirreno e Sanremo. 

Un debutto di fuoco alla Strade Bianche…

Eh già, un bel “casino”! Iniziare all’UAE Tour sarebbe stato meglio, vista anche la tipologia delle strade più ampie e meno tortuose. La difficoltà maggiore è stata riconoscere le varie voci in radio. Ma già alla Tirreno le cose sono andate decisamente meglio.

Sullo ormai mitica Yamaha Tricity (tre ruote) che vediamo nelle corse di Rcs, Simion ha debuttato alla Strade Bianche
Sullo ormai mitica Yamaha Tricity (tre ruote) che vediamo nelle corse di Rcs, Simion ha debuttato alla Strade Bianche
Il regolatore dirige il traffico, ma ci dici di preciso in cosa consiste il tuo ruolo?

Siamo parte integrante dell’organizzazione e curiamo la sicurezza in gara, i movimenti di auto, moto, staffette, ammiraglie, fotografi… Serve un linguaggio sintetico e chiaro al tempo stesso. Quando devi spiegare una cosa non puoi fare una prosopopea!

Come ti muovi in corsa?

I regolatori sono quattro. Uno sta davanti alla fuga, uno dietro, uno davanti al gruppo e uno dietro al gruppo. Questo almeno in una situazione standard, tranquilla. Se invece la corsa scoppia e ci sono tanti gruppetti, si fa la spola tra un drappello e l’altro. Ci si assicura che le ammiraglie non si infilino in mezzo e facciano da punto da appoggio, si vede se c’è una staffetta o una moto della Polizia che possa “scortare” quello stesso drappello. Tutti noi facciamo riferimento a Velo ed Allocchio.

Ci sono dei meccanismi incredibili…

Esatto. Ma è bello e poi ho l’occasione di restare nel mio ambiente. Il must comunque è: se vedi qualcosa che necessita di un intervento, intervieni. Prendi la decisione. Non aspettare a chiedere. Se si può risolvere, risolvila subito. In corsa le cose cambiano nel giro di pochi secondi.

Avete una vostra radio?

In cuffia parliamo con il motociclista, poi ascoltiamo la radio della direzione con la quale possiamo comunicare tra noi. E possiamo ascoltare anche radiocorsa e se ci sono delle criticità possiamo intervenire anche con loro. La cosa di cui mi sono accorto è che in corsa tutto è talmente dinamico che anche se siamo in tanti, paradossalmente siamo sempre pochi! Inoltre direi che siamo ancora in una fase di rodaggio, per questo ci scambiamo spesso le posizioni. E’ importante prendere confidenza con le varie situazioni del gruppo.

Paolo, hai detto che hai seguito la Sanremo dalla moto: come è stato? E che differenze hai notato tra il farla in bici?

Che in moto è più semplice! E’ sempre fantastica. Già da corridore capisci che una corsa è qualcosa di diverso, ma in moto è unico. Ti accorgi delle velocità folli e colpisce vedere come tutti conoscano tutto: ogni curva, ogni buca, ogni salita.

Solo a novembre scorso, Simion ancora era nel pieno dell’attività. Nel 2021 ha corso con la Giotti Victoria – Savini Due
Solo a novembre scorso, Simion ancora era nel pieno dell’attività. Nel 2021 ha corso con la Giotti Victoria – Savini Due
Dove eri posizionato alla Classicissima?

Fino alla Cipressa sono stato dietro al gruppo. Poi dopo che si è rotto ho fatto la spola tra gruppetti fino al Poggio. A quel punto siamo risaliti sulla fuga per allontanare tutte le auto e le moto. Dovevano andare davanti perché in quei frangenti con le velocità alte e la discesa del Poggio è un attimo che si possano creare degli intoppi. L’obiettivo era liberare la strada il più possibile.

Ti sentiamo davvero entusiasta, Paolo!

E’ bello. La logistica del ciclismo, tutti i mezzi della carovana mi hanno sempre affascinato. S’imparano tante cose. Si hanno competenze trasversali su tanti aspetti della corsa. E sì: sono contento!

Con l’occhio dell’ex corridore chi ti ha colpito di più degli atleti?

Ho corso con campioni come Boonen o Cancellara, ma la facilità di pedalata di Pogacar fa paura. E’ una spanna sopra a tutti. Nel ciclismo di oggi, in cui con quei ritmi assurdi scollinano in 35 sulla Cipressa quando pochi anni fa sarebbero stati in tre, fare certe differenze è incredibile.

Paolo Simion

Dall’Everest alla pista, il ritorno di Simion

24.12.2020
5 min
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Paolo Simion è un personaggio, ragazzi. Un atleta davvero interessante. Fresco laureato in scienze motorie, ex (e di nuovo) pistard, stradista, viaggiatore “estremo” quando stacca dalla bici. Dietro ai suoi occhiali dalla montatura quadrata, Paolo racconta la sua storia, la passione che lo lega a questo sport e a questo ambiente, tanto da aiutare i ragazzini delle squadre giovanili di casa nei ritagli di tempo.

Il ritorno

Villa ci ha detto che Simion aveva chiesto di rientrare e che lui la porta l’avrebbe lasciata aperta, specie a chi ci mette impegno. Inoltre un elemento in più avrebbe fatto comodo al gruppo.

«Sono qui con Villa – dice Simion – perché avevo lasciato il discorso della pista cinque anni fa. Ho dato a Marco la mia disponibilità per essere utile alla causa. Se manca qualcuno posso dare il mio contributo negli allenamenti, più siamo e meglio è. Ti alleni di più, ci sono più stimoli. Nella pista siamo una nicchia ed essere in buon numero conta».

Paolo Simion
Il veneto in cammino verso il campo base dell’Everest lo scorso anno
Il veneto in cammino verso il campo base dell’Everest lo scorso anno

Tuttavia Simion non fa parte del gruppo che sta lavorando per Tokyo.

«Ma è logico! Non sono tornato per rubare il posto a nessuno. A Tokyo non ci penso. I ragazzi hanno lavorato tanto e il livello della pista è elevatissimo, mi servono anni per tornare a quei valori. Io voglio ripartire da capo. Parigi 2024 può essere un obiettivo. La pista non sono mai riuscito a farla bene come dico io. Stefano Giuliani (il nuovo team manager della Giotti Victoria Savini Due, il club dove militerà, ndr) mi supporta in questa mia scelta. Lui è stato anche nella Mtb e approva il discorso di fare più discipline». 

Trainer di se stesso

«Dopo essere stato alla Bardiani CSF seguivo una tipologia di allenamenti e volevo dare una svolta totale dopo il passaggio a vuoto nella squadra cinese.

«E’ vero, mi preparo da solo. Visto quello che stavo apprendendo negli studi viste le mie esperienze ho deciso di fare per conto mio. Di sperimentare e di mettere in pratica quello che studiavo. Mi sono laureato a settembre, anche un po’ prima dei tempi previsti. Così ho preso le nuove metodologie e già a febbraio quando ho capito che non ci sarebbe stato nulla da fare tra squadra cinese e covid ho iniziato a fare i rulli in un certo modo. Molta intermittenza a grandi intensità. L’obiettivo era di richiamare molte fibre muscolari e questo mi ha consentito di riportare su il mio picco di watt negli sprint che a forza di fare allenamenti lunghi era sceso molto. Ho preso questa strada anche in previsione di tornare in pista. Quando la lasciai l’addio fu doloroso».

Paolo Simion
A Formia anche allenamenti in palestra
Paolo Simion
A Formia anche allenamenti in palestra

Dall’Everest alla pista

Per quest’anno nessuna avventura esotica dopo il termine della stagione, tra impegni e covid era meglio evitare.

«Eh sì mi piace viaggiare. Venti giorni a fine anno li faccio sempre. Due anni fa sono andato in Sudafrica, Lesotho, Swaziland e l’anno scorso ho fatto il trekking dell’Everest Base Camp dal lato nepalese. Un’avventura incredibile. Io non sentivo troppo la quota, ma dopo i 3.800-4.000 metri cambiava tutto. Di notte avevo 90 battiti quando di solito ne ho 40. Ma è stata un’esperienza unica e l’Everest è enorme. Quando ci sei sotto sono oltre 3.000 metri di parete, come una Marmolada… ma partendo da Venezia! E’ gigantesco. Quest’anno, come detto, non ho viaggiato e dovrò recuperare».

Una personalità così non può essere banale e il fatto di essere tornato in pista per Villa è un valore aggiunto.

«E poi a me piace voltare pagina. Quel che ho fatto negli ultimi cinque anni non conta. Ogni anno io ripartivo da zero, anche quando le cose andavano bene. Non stavo a dire ho vinto questo o quello».

Un lustro, una nuova era

In cinque anni di assenza dal parquet deve essere cambiato molto. E Simion non solo ne è consapevole, ma lo conferma.

«La mia ultima apparizione internazionale sulla pista risale al 2014. In cinque anni è cambiato tutto. Nell’ultimo quartetto che feci girai con il 54×14, adesso la corona più piccola che ho utilizzato è il 60. Prima c’era la Pinarello Matt, adesso la Bolide… è un altro mondo. Sul lanciato già faccio gli stessi tempi di quando ero al top, per dire quanto si siano evoluti i materiali.

«Anche l’allenamento è cambiato molto. Oggi la forza è fondamentale. Serve potenza. Mi ricordo che nel quartetto si girava in 15”, cioè a 60 all’ora, adesso ci si gira nell’inseguimento individuale».

Simion (28 anni) ha corso cinque stagioni alla Bardiani CSF
Paolo Simion
Simion (28 anni) ha corso cinque stagioni alla Bardiani CSF

L’olio sulla scarpa

Il veneto ritrova quindi i suoi amici di sempre. Ha iniziato a 10 anni, perché pesava 80 chili e la mamma decise di fargli fare sport. Prima gara da G5, poi man mano che perdeva peso andava sempre più forte e sono arrivate le prime vittorie.

«Mia mamma parlò con il papà di un mio compagno di scuola che era il ds del Martellago, la squadretta locale. All’inizio facevo anche un po’ di Mtb, poi la strada e da esordiente è arrivata la prima vittoria. Sono stati Sergio Bianchetto e Cipriano Chemello a portarmi in pista. Ci mettevano dietro moto. Eravamo in 7-8 e i quattro che restavano attaccati facevano parte del “quartetto A” del Veneto. Che tempi! Me la ricordo ancora quella moto, una Cagiva che perdeva olio dalla marmitta. Ogni volta che tornavo a casa dalla pista dovevo ripulire subito la scarpetta destra sporca di olio. Il bello è che quei quattro eravamo sempre noi: Liam (Bertazzo, ndr), Scarte (Scartezzini, ndr)… e certe storie ancora vengono fuori».